martedì 13 maggio 2008

LA TERRA SANTA E LA SUA INVENZIONE


Il dibattito su Israele, la sinistra e il sionismo

Prosegue oggi la riflessione di Besostri su "Israele e il sionismo". La prima puntata è apparsa sull'ADL dell'8 maggo scorso sotto il titolo "Israele, la Sinistra e il Sionismo". Testi precedentemente pubblicati sul medesimo tema: Vera Pegna, "Sionismo o pace: la scelta è vostra" (ADL 28.4.08), Claudio Vercelli, "Lo Stato d'Israele ha sessant'anni" (ADL 5.5.08).

di Felice Besostri

La creazione dello Stato di Israele è il frutto di un lungo processo storico, del quale la nascita dal sionismo rappresenta soltanto una
componente. Henry Laurens (La question de Palestine, Parigi, Fayard, 1999) ubica nel periodo 1799-1922 come "L'invenzione della Terra Santa" e fa risalire alla spedizione napoleonica di Egitto del 1798 (connessa all'invasione del Sinai e della pianura costiera palestinese nel 1799) il legame tra quell'area e le vicende europee: l'impero ottomano, ancora Califfato, si alleò alla Gran Bretagna, protestante, all'Austria Ungheria, cattolica, e alla Russia ortodossa per contrastare l'espansione delle idee di Nation e di diritti del popolo, nate dalla Rivoluzione Francese.
La dichiarazione di Balfour del 2 novembre 1917 è di più di un secolo dopo, non prevedeva lo stabilimento di uno Stato ebraico, bensì di un Focolare nazionale per il popolo ebreo, "essendo chiaramente inteso che nulla sarà fatto che possa portare lesione ai diritti civili e religiosi delle comunità non ebree esistenti in Palestina, sia ai diritti ed allo statuto politico, di cui gli Ebrei dispongono in tutti gli altri paesi.
Pochi anni dopo l'articolo 22 del patto della Società delle Nazioni adottato a Versailles il 28 aprile 1919 prevedeva che alle colonie ed ai territori, che a seguito della guerra hanno cessato di essere sotto la sovranità degli Stati, che le governavano in precedenza (quindi anche alla Palestina, già soggetta alla Sublime Porta) e che sono abitati da popoli non ancora capaci di dirigersi da essi stessi, dovesse applicarsi una tutela internazionale.
"Il benessere e lo sviluppo di questi popoli formano una sacra missione di civiltà". Da questo scaturì il mandato britannico, quindi imputare al sionismo ed ai primi insediamenti ebraici la responsabilità è una deformazione dei fatti ad uso strumentale.
Il nazismo e la Shoah erano ancora lontani di più di venti anni. Lo sviluppo degli insediamenti ebraici fu più un frutto delle condizioni degli ebrei nei paesi dell'Europa Orientale, che creava l'ambiente adatto all'espansione del sionismo nella sua versione socialista, che di una politica favorevole della potenza mandataria. La Gran Bretagna proprio nel 1939 con il Libro Bianco restrinse severamente l'immigrazione ebraica in Palestina, provocando la reazione di Lev Trotsky).

La Gran Bretagna, che nelle colonie aveva sempre applicato il principio del divide et impera anzi contrasta l'espansione degli insediamenti ebraici, anche quando dai territori conquistati da Hitler giungevano notizie sempre più preoccupanti sulla sorte degli ebrei. Un contrasto che è proseguito anche alla fine della guerra, con episodi come quello della nave Exodus, tanto che un settore del sionismo, quello revisionista, compì atti di terrorismo contro i britannici (esplosione dell'Hotel King David a Gerusalemme). Contrasto ma anche collaborazione con la formazione ebraica, che si incorporò nell'Armata britannica, con il nome di Brigata palestinese.
Nello sviluppo successivo dei rapporti tesi nell'area entrò il contrasto di costumi tra i palestinesi musulmani, in gran parte, con gli ebrei sionisti, laici e socialisti, uomini e donne, che praticano rapporti liberi da condizionamenti religiosi.
Tuttavia, non si può dimenticare che il Gran Muftì di Gerusalemme, Amin al Husseini, si alleò a Hitler in funzione antiebraica ed anti-inglese.
L'acquisto di terre fu reso possibile dall'aiuto delle comunità ebraiche di tutto il mondo, ma anche dalla struttura feudale della Palestina, con grandi proprietari terrieri e terre facenti capo alle comunità religiose, paragonabili alla manomorta ecclesiastica nei paesi europei.
Terre improduttive e con proprietari assenteisti non furono divise tra i contadini poveri in seguito ad una riforma agraria, ma comprate dai più dinamici kibbutzim, sperimentatori di un diverso modo di vivere più consono ai loro ideali socialisti ed egalitaristi.
E proprio gli insediamenti ebraici non da ultimo per lo sviluppo economico che innescarono, contribuì a una crescita esponenziale della popolazione araba, in arrivo anche dai paesi vicini.
In questa mescolanza di popolazioni, quindi, parlare di "popoli indigeni" espropriati e di "europei" espropriatori è una mezza verità. Ma, "una mezza verità", come insegna il Talmud, "è una bugia intera".