giovedì 21 dicembre 2017

Freschi di stampa, 1917-2017 (28) - Autunno

I celebri versi ungarettiani – Si sta come / d'autunno / sugli alberi / le foglie – non alludono soltanto all'Eneide (VI, 309-312), ma anche all'imperatore Guglielmo di Germania che, nell'agosto del 1914, aveva predetto ai suoi soldati in partenza per il fronte: «Torne­re­te nelle vostre case prima che siano cadute le foglie».

 Nella primavera dell'anno successivo – dopo che le verdi chiome si erano ormai da tempo trasfigurate in fango – Clara Zetkin riuniva a Berna l'Internazionale Socialista delle Donne, il cui manifesto for­mu­lava questa duplice domanda: «Dove sono i vostri mariti? Dove i vostri figli?».

    A nove mesi dall'inizio della guerra che doveva porre fine a tutte le guerre: «Essi ormai a milioni riposano nelle fosse comuni. A centinaia e centinaia di migliaia nei lazzaretti, i corpi straziati, gli arti maciul­lati, gli occhi spenti a ogni luce, distrutto l'equilibrio della mente, giac­ciono assediati da epidemie o prostrati dallo sfinimento. Le città e i villaggi incendiati, i ponti in rovina, i boschi distrutti e le semina­gio­ni sconvolte fanno segno alle loro gesta».

    La Seconda Internazionale era morta, di fatto, da quando vari partiti – tra cui quelli di Francia, Gran Bretagna e Germania – si erano al­li­neati agli interessi delle rispettive nazioni e dei rispettivi governi. Il no­no congresso dell'Inter­nazio­nale, convocato nell'agosto 1914 a Vienna, non aveva avuto luogo. Ma intorno al movimento delle donne guidato dalla Zetkin si era andato formando un Comitato Socialista Interna­zio­na­le, detto anche "Internazionale di Berna", al quale si deve la con­vo­cazione di tre Conferenze Internazionali per la pace.

    La Prima Conferenza Internazionale si tiene a Zimmerwald, in Sviz­zera, dal 5 all'8 settembre 1915 e fa propria la mozione da un delegato russo, Lev Troc­kij, non ancora aderente alla frazione bol­sce­vica. La mozione di Troc­kij, che si pre­fig­ge una cessazione generale delle osti­lità "senza cessioni o an­nes­sioni", prevale su quella presentata da Lenin che chiede di tra­sfor­mare la guerra imperialista in guerra civile. Le fi­nalità zimmerwaldiane sono ribadite con forza nell'aprile 1916 a Kien­thal, sempre in Svizzera, nel corso di una Seconda Conferenza Inter­nazionale. E nella Terza Conferenza, che ha luogo a Stoccolma nel­l'estate del 1917, Angelica Balabanoff, convinta sostenitrice della linea di Zimmerwald, è eletta, con voto unanime Segretaria generale.

Ma al terzo anno di guerra i tempi si sono fatti cruenti come non mai. Lo testimonia anche un editoriale dell'ADL che il 22 set­tembre 1917 lancia questo interrogativo, marziale fin dal titolo: «L'ora della resa dei conti è vicina?».

Dalla frontiera italo-svizzera, che "torna permeabile" e che anche grazie alle notizie portate dai passatori permet­te di capire meglio la situazione in Italia, si apprende che: «Torino ha dato un formidabile crollo al regime di guerra: un grido solo ha echeggiato per le vie della industriale città proletaria: "Pane e non guerra". Grido di minaccia e di battaglia» (ADL 22.9.1917).

    Il governo italiano, come ai tempi di Crispi e di Bava Beccaris, risponde al popolo facendo fuoco. Quelle stesse mitragliatrici che i me­tal­meccanici torinesi avevano «fabbricate pel "nemico", sono usate dal capitalismo contro il "nemico esterno" o contro il "ne­mi­co interno"(…) indifferentemente». Da Londra a Stoccolma rimbalza un bi­lan­cio di cinquanta morti, numerosi i feriti, migliaia gli arrestati. Ma la situazio­ne, da ciò che trapela attraverso il Comasco e la Val d'Os­so­la, è più grave: «le ultime notizie portano a seicento i morti, donne e fanciulli in abbondan­za, che giacquero insanguinati sulle vie, e si spensero sotto l'unghia ferrata della Caval­le­ria italiana» (ADL 22.9.1917).

    Esagerazioni? «È accertato che tutti i dirigenti del movimento sov­versivo ed i Co­mi­tati direttivi delle organizzazioni sindacali sono arrestati. La Camera del Lavoro occupata dalle autorità militari. È accertato che bersaglieri e fanteria si sono rifiu­ta­ti di sparare sulla folla. È accertato che gli ufficiali mitraglieri sono scesi a mitraglia­re il popolo, e l'hanno fatto con satanica voluttà» (ADL 22.9.1917).

L'editoriale dell'ADL del 22 settembre 1917

L'incendio, giungendo ormai alla casa della mobilitazione totale, ha assunto il carattere pervasivo di uno stato d'emergenza che dilaga.

    «Ancora: a Genova, ad Alessandria, a Torino, sotto la formula della "Zona di guerra" viene dichiarato lo stato d'assedio. Anche ad Ales­san­dria ed a Genova, una spallata rivoluzionaria deve avere squassato i poteri statali.

    Ancora: in provincia di Como, ad Albese, il Sindaco socialista viene colpito con tre anni di sospensione dai pubblici uffici per avere in­sce­nata e capitanata una violenta dimostrazione del popolo.

    Ancora: Costantino Lazzari [leader del PSI, ndr] viene dall'ono­re­vo­le Orlando deferito al Procuratore del re per una circo­la­re diramata alle Amministrazioni comunali socialiste di tutta Italia, in­vi­tante alle dimissioni in massa per protesta clamorosa contro la guer­ra.

    Ancora: dappertutto (…) i centri d'infezione social-pacifista, leni­ni­sta – [dice] il rivoluzionarissimo foglio di Mussolini – si svilup­pano, si estendono, minacciano.

    Il grido di spavento della borghesia (…) si traduce in pressanti in­vi­ti alla reazione, fulminea, sanguinosa. "L'ordine di Varsavia" è ri­chie­sto a gran voce dal Popolo d'Italia che vuole lo stato d'assedio (…) e la fucilazione dei socialisti, in massa» (ADL 22.9.1917).

    Il “rivoluzionarissimo”Mussolini, e il suo “rivoluzionarissimo”quo­ti­diano, il Popolo d'Italia, stanno avvistando lo strumento principe di quella che sarà la prima "rivoluzione conservatrice" d'Europa. L'esten­sio­ne totalitaria dello stato d'assedio consentirà al futuro duce di riaf­fer­mare il pri­mato della nazione, dell'ordine e della disciplina, mo­stran­do a tutti la via lungo la quale l'ondata rossa va fer­mata. Man­ga­nello e olio di ricino diverranno così i simboli della repressione fascista che ope­rerà come risposta minuziosa e implacabile al tumulto leninista.

    “Trasformare la guerra imperialista in guerra civile” – questa pa­rola d'ordine era sì uscita minoritaria da Zimmerwald. Ma nell'e­sta­te in­fuocata del 1917 il bolscevismo riemerge come dispo­si­tivo d'emer­gen­za a salvaguardia della Rivoluzione russa (di Febbraio!) e dei mo­vimenti interna­zionalisti per la pace. Poco importa qui misurare quan­to il sostegno del Kaiser tedesco potesse avere trasmesso a Vla­di­mir Il'ič Ul'janov la spinta decisiva verso la conquista del potere. Il punto è che adesso tutto cambia di nuovo e l'intero grande veicolo del­l'esta­blish­ment bellico europeo già fa "macchina indietro tutta".

    Di fronte alla "trasformazione" leniniana del bellum in tumultus, le destre reazionarie si predispongono per parte loro a riassorbire il tu­mul­to dentro un “rivo­lu­zio­narissimo”stato di guerra, d'assedio e d'eccezione sparato ad alzo zero sulla protesta popolare. Eccola qui, la nuova normalità nazional-fascista, l'ideazione in gestazione di una forma di Stato che è figlia ultimogenita della Prima guerra totale e che nasce già gravida della Seconda. È il suicidio d’Europa che vuol consumarsi fino al fondo sfondato della sua deflagrante civiltà.

    «L'antagonismo tra la classe borghese e le folle proletarie coscienti è alla fase più acuta della storia.

    Vi è dunque in Italia una situazione minacciosa. Una situazione che non è più allo stato potenziale. (…)

    Il "grisou" anti-guerresco, anti-borghese, socialista è nel cuore e nello spirito delle folle. (…)

    L'inverno prossimo sarà risolutivo. Il grido di Treves: "Quest'in­ver­no non più in trincea" è oramai programma. (…)

    Vi siamo dunque? Siamo alla resa dei conti? L'ora è vicina? Sta per iscoccare?

    (…) L'urto è inevitabile. È incominciato. Le fasi successive ci da­ranno la battaglia campale. Tutta l'anima nostra, tutto il cuore nostro, tutta la passione nostra, per la rivoluzione sociale» (ADL 22.9.1917).

    La categoria politica della "rivoluzione sociale" fa qui la sua com­par­sa in un'accezione completamente diversa rispetto al significato che a essa attribuirà a Livorno nel 1921 il padre del riformismo italiano.

    Per Filippo Turati la "rivoluzione sociale" ha luogo nelle menti e nei cuori delle masse, nella trasformazione quotidiana dei rapporti tra le classi e tra le persone, in una prospettiva assolutamente estranea ri­spetto a quella dello stato di guerra, d'assedio, o d'eccezione. È l'esatto contrario della "rivoluzione politica" che invece accade come rottura della forma statuale vigente dopo la conquista delle casematte del po­tere.

    Questo è il punto dolente. Su di esso Turati il 19 gennaio del 1921 a Livorno dirà: «Tut­te forme queste – violenza, culto della violenza, dit­tatura del pro­le­tariato, perse­cu­zio­ne dell'eresia – che (…) hanno un solo presup­po­sto (…) che per noi è l'illusione – che la rivoluzione sociale, inten­dia­mo­ci, non una rivoluzione politica, che abbatte e cam­bia sistema, sia il fatto volontario di un giorno o di un mese o di qual­che mese, sia l'im­provviso alzarsi di un sipario, il calare di uno sce­na­rio nuovo, sia il do­mani di un posdomani di un calen­dario, mentre il fatto di ieri, di og­gi, di sempre, che esce dalle viscere stesse della so­cietà capitalistica, di cui noi creiamo soltanto la consapevolez­za, che noi possiamo sol­tan­to agevolare nei molteplici adattamenti della vita politica, ma non possiamo né creare, né apprestare, né precipitare, che dura da decen­ni, che si avvererà tanto più presto quanto meno lo sforzo della vio­len­za (…) provocante, bruta, prematura, e quindi de­stinata al fallimento, esasperando resistenze avversarie e pro­vocando reazioni e con­tro­rivoluzioni, le ritarderan­no il cammino e l'ob­bli­ghe­ranno di ritornare su se stessa.» (Dalla trascrizione ste­no­gra­fica del discorso di Filippo Turati a Livorno, ripubblicata integralmente sul­l'ADL del 19.11.2008, pp. 106sg.).

(28. Continua)

Prosegue la serie di testi ispirati o ripresi dall'ADL nell'anno delle due rivolu­zio­ni russe che hanno cambiato il mondo. La nostra redazione di allora poté "coprirle" entrambe con materiale di prima mano. Ciò grazie soprattutto ad Angelica Balabanoff, fautrice degli stretti legami svilup­pa­tisi tra i socialisti italiani e russi impegnati, insieme al PS sviz­zero, nella grande campagna di "guerra alla guerra". Campagna lan­ciata con la Conferenza di Zimmerwald. E culminata nella Rivoluzione d'Ottobre.

lunedì 18 dicembre 2017

Letzte Front - Mostra zurighese dedicata alla vita e all'opera di Andy Rocchelli (1983-2014),

curata da Miklós Klaus Rózsa.


Iniziativa promossa nel 120° dell'ADL


Ingresso libero.


Orari: mercoledì-sabato 12-21. domenica 12-18

Abbiamo promosso questa mostra per chiedere che si faccia

luce sull'assassinio di Rocchelli e Mironov. Protestiamo contro la disumanità della guerra e contro l'uccisione dei giornalisti di guerra per mano di chi vuole negare il diritto di tutti a essere informati da fonti indipendenti su ciò che realmente accade nei teatri bellici.

La red dell'ADL

Organizzano: Collettivo Cesura, Coopi, Fabbrica di Zurigo, Famiglia Rocchelli,

Fondo Gelpi Ecap Schweiz, Photobastei, Società Dante Alighieri, Syndicom Schweiz.

Con il patrocinio dell'Istituto Italiano di Cultura Zurigo

e della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera.

Info: +41 44 2414475 - cooperativo@bluewin.ch

Crowdfunding

OBIETTIVO RAGGIUNTO

Il nostro obiettivo di auto-finanziamento è stato raggiunto e superato:

abbiamo, infatti, raccolto 7'625 CHF (circa € 6'550). All'inizio del 2018 pubblicheremo sull'ADL il bilancio consuntivo dell'iniziativa.

mercoledì 13 dicembre 2017

Freschi di stampa, 1917-2017 (27) - Il delitto

Il delitto del "social-patriottismo" in Russia è un testo che rivendica alla Rivoluzione di Febbraio quel carattere genuinamente socialista e democratico, nonché pacificatore, che però, proprio per questo imprinting, avrebbe richiesto una conduzione di governo conseguente, capace di far procedere la rivoluzione "per la stessa via", la strada di una “vita nuova”. Invece, non è stato né fatto né risolto niente di fondamentale: «La questione delle terre? Dell'espropriazione delle industrie? Tutto rinviato all'Assemblea Costituente. E l'Assemblea Costituente? Anche quella rinviata.» A questo punto, allora, «ben venga Korniloff, la reazione, la contro-rivoluzione», prosegue il testo E non chiedeteci come mai l'esercito tedesco ha ripreso l'avanzata, perché «la risposta è purtroppo, unica e sola. La Russia aveva ripreso l'offensiva». Riferimento trasparente: «Questo è il delitto di Kerenski, è il delitto del social-patriottismo.» Ecco, dunque formulata la tesi di cui al titolo, ribadita e rafforzata poco sotto: «Kerenski ha tradito la patria. Il social-patriottismo russo ha tradito la patria russa» (ADL 15.9.1917).

    Il livello dello scontro tra "patrioti" e "internazionalisti" si riassume ormai in accuse ad alto potenziale delegittimatorio: «Ed ora? Ora l'imperialismo tedesco cinicamente abusa della situazione, tende arrivare a Pietrogrado, ove spera vincere il nemico belligerante e debellare nel medesimo tempo la minacciante rivoluzione europea. Se questo avviene, lo dobbiamo al social-patriottismo» (ADL 15.9.2017).

   Dopo il fallimento della Conferenza "social-diplomatica" di Stoccolma, dove "social-patrioti" e "internazionalisti" avrebbero dovuto trovare una linea comune, la Grande guerra sta assumendo i contorni di un conflitto combattuto non solo con le armi della metafora anche all'interno del movimento operaio organizzato: «Ma la lezione serve: grandiosa, tragica, funesta. Nella storia, situazioni simili, aprono gli occhi ai popoli di tutto il mondo. Oggi gli altri popoli vedono nell'esperimento russo il pericolo del naufragio di una rivoluzione: il social-patriottismo, che genera la guerra, che si avvale della collaborazione di classe, che non risolve i fondamentali problemi sociali, che tradisce la rivoluzione» (ADL 15.9.2017).

    Qui la parola "rivoluzione" trae ancora i suoi significati dal 14 luglio francese e dalle idee liberali del 1789 che animarono la Presa della Bastiglia – liberté, egalité, fraternité – e che attraverseranno l'Ottocento marcandone le spinte emancipatorie, in modo ambivalente. La Francia rivoluzionaria sarà così un riferimento neo-umanistico universale nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, ma sarà anche il modello iper-patriottico della Grande Nation che tutti i popoli d'Europa saranno indotti a imitare realizzando il affrancamento dall'età dell'assolutismo. Il Febbraio russo è "ancora" tutto dentro questo schema nazional-democratico. Solo con la Presa del Palazzo d'Inverno, che si offre sul piano simbolico quale pendant pietrogradese della Bastiglia, la sostanza politica muta in un rovesciamento "di classe" del fronte di guerra. E allora la parola "rivoluzione" muterà il proprio significato nella sua accezione compitamente novecentesca.

    L'ecumenismo liberal-democratico del Febbraio, d'altronde, muore con l'Offensiva Kerenskij e viene sepolto dal tentato golpe del generale Kornilov. Ora tutte le acquisizioni democratiche "borghesi" sono rimesse in discussione. E allora, tanto peggio, tanto meglio: «Perché la rivoluzione non naufraghi occorre: Abbattere la classe dominante, completamente. Nel suo dominio politico come in quello economico. Strappare i denti della vipera; abolire la proprietà privata d'un colpo. Al primo momento. Fare sparire le classi livellandole in una, e creando nelle masse proletarie, rese signore di questa conquista, le armi formidabili decisive, spontanee, naturali, che impediscano un ritorno alle separazioni delle classi ed al privilegio di classe. Questa opera in Russia non si è fatta: contro la volontà dei bolscewiki, per volontà dei social-patrioti. La storia raccoglie, accerta, e condanna.» (ADL 15.9.2017).

    Il "tanto peggio, tanto meglio" è un salto di qualità della violenza, non solo verbale, che avviene in senso contrario al progetto politico, sotto la pressione degli eventi bellici e in un clima di crescente psicosi di massa. Questa questione è inestricabile dal contesto in cui si svolge l'anno assiale 1917.

Giunti sin qui non possiamo non citare un testo dedicato a Friedrich Adler, fisico e matematico austriaco, amico di Albert Einstein, figlio del presidente del partito socialdemocratico, Victor Adler, e dell'esponente socialista Emma Braun Adler.

    «Adler ha rivoluzionato la psicologia delle masse proletarie in Austria. Ha parlato per primo». E perciò, Friedrich Adler avrebbe dovuto finire sul patibolo, se l'imperatore d'Austria-Ungheria non lo avesse graziato «evitando che il marxista, rivoluzionario, l'internazionalista Adler penzolasse dal tragico strumento di morte: la forca!». (ADL 15.9.2017)

    La pena capitale è commutata in diciotto anni di carcere duro. Ma, caduto l'impero austro-ungarico, Friedrich Adler verrà, di lì a un anno, amnistiato dalle autorità della neonata Repubblica e diverrà uno dei principali esponenti della socialdemocrazia austriaca, attraversando per lungo tragitto l'opposizione alla guerra, l'impegno repubblicano e poi la guida dell'Internazionale Socialista, l'opposizione antifascista e l'esilio statunitense dopo lo Anschluss, fino al rientro in Europa nel 1946 e alla morte nel 1960.

Recependo il resoconto anonimo di «un amico bosniaco, che visitò in questi giorni la cella del grande prigioniero politico», l'ADL descrive le condizioni in cui Adler si trova nel momento in cui deve affrontare l'esecuzione, dinanzi alla cui prospettiva efli si mantiene per altro del tutto imperturbabile.

«Per dare un solo esempio dell'eroico stato d'animo in cui Adler si trovò, prima ancora della commutazione della sua pena, il su lodato amico mi disse che Adler conduceva una vita attiva e serrata dentro la sua cella, senza preoccuparsi della propria sorte. Alle sette del mattino Federico era già in piedi e fino alle sette di sera, leggeva, scriveva e studiava. (…)

    Questo amico (…) presenziò anche l'ormai celebre processo (…):

    È invitato dai giudici a parlare colle spalle voltate al pubblico. Egli parla. La voce di Adler è sonora. Rimbomba nella sala. Molti piangono. Così passano sei ore.

    In ultimo Adler si volta improvvisamente verso il pubblico e grida: "Evviva l'Internazionale Rivoluzionaria!"

    Un brivido acuto di commozione passa sugli astanti, che elettrizzati dalla forza di volontà di Federico, rispondono spontaneamente: "Evviva l'Internazionale Rivoluzionaria! Evviva Federico Adler!"» (ADL 15.9.2017).

    Leggendo il testo dell'ADL si sarebbe indotti a pensare a un intellettuale pacifista, incarcerato a causa delle sue idee da un regime liberticida. In realtà Adler ha ammazzato il premier austriaco Karl Stürgkh, freddandolo a colpi di pistola il 21 ottobre 1916 nella sala da pranzo dell'Hotel Meissl & Schadn.

    Dapprima, la stampa di partito condanna l'assassinio come "estraneo e inconcepibile per l'intero universo ideale socialista", atto del "seguace di una folle illusione" che nel "fanatismo dell'autodistruzione" annienta crudelmente anche se stesso e "ciò che avrebbe contenuto una ricca promessa di fioritura", si legge sulla Arbeiter Zeitung.

    Ma Adler va a processo e riesce a rovesciare l'accusa contro la componente riformista “socialcristianizzata, nazionalizzata, piccoloborghesizzata” del suo stesso partito, cioè quella componente “social-patriota” considerata rea di complicità con la guerra nonché impermeabile a qualunque tentativo di aprire una discussione interna. Di qui la risoluzione di compiere un attentato “contro la morale austriaca”, apertamente votato a una “professione di violenza” che non pretende di sostituire né di scatenare la lotta di massa, ma solo di “creare le condizioni psicologiche per azioni di massa a venire”, argomenta Adler, il cui atto di "giustizia proletaria" trasforma l'attentatore in un vero e proprio eroe popolare da contrapporsi come “professione di violenza” alla violenza di guerra.

    Di fronte a questo imputato che non recede, e miete anzi l'entusiasmo generale, l'establishment socialdemocratico prima e poi quello imperiale tot court pare pronto a riconoscere se non proprio uno statuto di "martire del movimento operaio", certo almeno quello di “martire del suo proprio convincimento”. E così, a furor di popolo, arriva la grazia del "beato" Carlo I d'Asburgo. Un gesto effettivo di clemenza? O il tentativo di depotenziare l'eclatante tendenza al martirio che in Friedrich Adler è sfida aperta all'establishment austro-ungarico?

(27. continua)

Prosegue la serie di testi ispirati o ripresi dall'ADL nell'anno delle due rivoluzioni russe che hanno cambiato il mondo. La nostra redazione di allora poté "coprirle" entrambe con materiale di prima mano. Ciò grazie soprattutto ad Angelica Balabanoff, fautrice degli stretti legami svilup­pa­tisi tra i socialisti italiani e russi impegnati, insieme al PS sviz­zero, nella grande campagna di "guerra alla guerra". Campagna lan­ciata con la Conferenza di Zimmerwald. E culminata nella Rivoluzione d'Ottobre.

martedì 5 dicembre 2017

Freschi di stampa, 1917-2017 - Angelica Balabanoff - Ecco la costellazione dominante

Dopo il tentativo di golpe del generale Kornilov e con il mutare brusco dello scenario in Russia, la Conferenza “social-diplomatica” promossa dal Soviet a Stoccolma s'inabissa in un mare di veti incrociati: «Non si può fare a meno di riconoscere che il tentativo è definitivamente fallito», constata Angelica Bala­ba­noff in un taglio basso di prima pagina che appare sull'ADL del 15 settembre 1917 (“Intorno alla mancata conferenza di Stoccolma”). Le ragioni del falli­mento stanno nelle pressioni esercitate dai governi belligeranti sulle delega­zioni “social-patriottiche” dei loro paesi. Le quali, in base ai più diversi calcoli strategici e alle più varie dinamiche politiche interne, non ritengono ancora «giunto il momento di parlare di pace», nota la Balabanoff, con amarezza.

    Accanto al testo della Dottoressa, un trafiletto a centro pagina (“Fino ad oggi”) s'incarica di squadernare i numeri sanguinosi della guerra. Le perdite umane si attestano a 9'750'000 morti: «Una media cioè di 264'000 al mese, 8'700 al giorno… 5'000'000: ciechi, sordi, muti, monchi di braccia, di gambe. Frutto magnifico, e magnifico testi­mo­nio, domani, della civiltà borghese» (ADL 15.9.1917).

    È il "suicidio dell'Europa" di cui aveva scritto Maksim Gor'kij. E le proporzioni di questo macello, già tutte mostruosamente novecen­te­sche, non può che far apparire surreale la paralisi delle coscienze di cui l’esito della Conferenza di Stoccolma è espressione. Surreale, ma an­che coerente con la logica della guerra: «Come conciliare le sincere aspirazioni alla pace dei delegati russi colle mire apertamente im­pe­rialiste dei delegati inglesi e collo sfrenato social-imperialismo dei delegati francesi?» (ADL 15.9.1917). 

    La Balabanoff non dimentica Lugano, dove nell’autunno 1914, alla Conferenza pacifista convocata dai so­cia­listi italiani, russi e svizzeri, i compagni francesi si erano presentati in divisa militare. Ora la situa­zio­ne patisce tuttavia un ulteriore degrado. «Se non è possibile una intesa fra i rappresentanti della stessa coalizione, come sperare che la si pos­sa raggiungere fra rappresentanti di coalizioni divise da fondamentali quistioni d’interesse?» (ADL 15.9.1917).

    La guerra si approssima al lugubre traguardo dei dieci milioni di mor­ti, ma neppure in paesi tra loro alleati, come la Francia e la Gran Bre­tagna, la sinistra riesce a individuare un bandolo comune per rites­se­re la tela della pace. A fronte di ciò gli zimmerwaldiani spingono a tut­to gas sulla “rivoluzione mondiale”. È una strategia della deterrenza, po­tremmo dire, che mira sul breve periodo alla salva­guar­dia della Ri­vo­luzione russa in pericolo, sul medio periodo a "convin­ce­re" le bor­ghe­sie nazionali che solo la pace potrà evitare un vasto con­ta­gio rivo­lu­zio­nario, e che sul lungo periodo fungerà da banca mondiale del con­tro-potere operaio. Nell'immediato, in parallelo alla linea della de­ter­­renza pan-rivoluzionaria, si rafforza il partito filo-bolsce­vi­co, cioè la propensione per quella “pace separata” origi­na­ria­mente percepita in aperta contraddizione con l'uni­ver­sa­lismo zimmerwaldiano.

    In Russia la situazione precipita ogni giorno di più: «Riga è caduta nelle mani dell’esercito imperialista di Germania. Le truppe del Kaiser marciano verso Pietrogrado. Korniloff, il generalissimo russo che doveva difendere la patria contro l’invasore nemico, tenta il colpo di stato, di sciogliere il governo provvisorio per afferrare nelle sue mani il potere, e marcia verso Pietrogrado alla testa delle sue truppe. Il go­verno provvisorio si dimette cedendo a Ke­ren­ski la dittatura» (ADL 15.9.1917).

    A questo punto due grandi esponenti del socialismo e del fem­mi­ni­smo europeo – non solo Angelica Balabanoff, quindi, ma anche Cla­ra Zetkin – spezzano una lancia a favore di Lenin. In un articolo pub­bli­cato al seguito di quello della Dottoressa Angelica, la Zetkin evi­den­zia il senso della svolta. Gli interessi del­la Rivoluzione anti-za­ri­sta (di Feb­braio) inducono il grosso degli “inter­na­zio­na­listi” a con­vergere con la “estrema sinistra” dei bolscevichi, e ora tutti «no­no­stante alcune di­vergenze di idee, sono concordi nella lotta di principio contro ogni of­fen­siva e per la pace immediata» (ADL 15.9.1917).

Le “divergenze” di chi, come Rosa Luxemburg, vede il leninismo in­stradarsi irreversibilmente nella trappola di una "dittatura sul pro­leta­riato", finiscono in secondo piano, insieme alla parola d'ordine della “pace universale”. Dopo l'Offensiva Kerenskij, la formula vincente è ora “pace immediata”, in rima neppur tanto occulta con la "pace se­parata" che si prometterà a piene mani nei pro­clami d'autunno per gli operai e i soldati del Soviet di Pietroburgo e che, dopo la presa del Palazzo d'Inverno, troverà attuazione a Brest-Litovsk, nel trattato del febbraio 1918 stipulato tra la Russia e gli Imperi Centrali.

    D'altronde – argomenta la redazione in un fondo dal titolo “Il delitto del social-patriottismo in Russia” – siamo giunti al momento delle scel­te: «Ger­ma­nia e Russia di fronte. Kerensky e Korniloff petto a petto. In­vasione straniera e guerra civile in patria. Ecco il quadro. Disordine nei servizi pubblici, scarsità di viveri, situazione economica minaccio­sa. Ecco il quadro completato.» (ADL 15.9.1917).

    Il testo redazionale, non firmato (e quindi attribuibile al direttore Fran­cesco Misiano), evidenzia il punto di saldatura della strategia zim­mer­waldiana con la centralità della Rivoluzione russa (di Febbraio): «I gazzettieri di tutto il mondo al servizio delle borghesie ve lo dicono chia­ro e netto (…) La voce borghese, impaurita della rivoluzione rus­sa, preoccupata d’uno sviluppo epidemico in tutti gli altri paesi (…) la voce borghese, anche quella dell’Intesa, non na­scon­de le sue gioconde soddisfazioni nell’annunziare l’avanzata tedesca da un lato, quella di Korniloff dall’altro e in costui, in questo traditore della patria e della rivoluzione, pone tutte le sue speranze. E si comprende: per la bor­ghe­sia del­l’In­tesa, la Germania è un pericolo, è un nemico. Ma la rivolu­zio­ne è un peri­co­lo di gran lunga maggiore» (ADL 15.9.1917).

    Ed ecco la costellazione dominante del secolo breve – la "rivolu­zio­ne con­ser­vatrice“ in traiettoria di collisione con la ”rivo­luzione mon­dia­le" – eccola che si staglia già all'orizzonte del cielo notturno. Pre­sie­de­rà allo scatenamento della Seconda guerra mondiale. Ma questo "do­po", perché il suo primo grande effetto è, tra poche set­ti­ma­ne, l'Ottobre Rosso.

Nell’anno delle due rivoluzioni russe l'ADL di allora poté “coprirle” entrambe con materiale di prima mano. Ciò grazie soprattutto ad An­ge­li­ca Bala­banoff, fautrice de­gli stretti legami tra i so­cia­listi ita­liani e russi impe­gna­ti, insieme al PS svizzero, nella gran­de campagna di “guerra alla guerra”. Campagna lanciata con la Con­fe­renza di Zimmerwald. E culminata nella Rivoluzione d'Ottobre.

Besostri sul 120° dell'ADL e le leggi elettorali truffa

Ecco il link dell'intervista con l'avvocato socialista Felice Besostri, già condirettore dell'ADL, per il 120° dalla fondazione della nostra testata. L'intervista è stata raccolta da Raniero Fratini per la RSI (Radio della Svizzera Italiana) il 18 novembre scorso al Coopi di Zurigo.

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