lunedì 28 gennaio 2008

Via Prodi, comincia l'assedio a Veltroni

di Stefano Cappellini

«Da oggi inizia una nuova storia», ha detto Walter Veltroni. Che si riferisse al governo tecnico? Istituzionale? No, Veltroni parlava di uno stadio a Roma tutto per il rugby. Questa è l’unica dichiarazione epocale che il leader del Pd si è concesso ieri. Anche perché, per Veltroni, la storia che si apre dopo la caduta del governo Prodi non solo non appare nuova, ma rischia di rivelarsi un remake dei mesi trascorsi inutilmente a cercare una quadra sulla legge elettorale.

La prudenza di Veltroni in questo frangente nasconde varie paure: timore di uno scontro aperto con Prodi, di un precipizio elettorale che lo costringerebbe a una campagna in salita, lasciando il Campidoglio aperto alle scorrerie del centrodestra e buttandosi in una sfida senza rete. Il leader democratico ha seguito la diretta del voto di fiducia in Senato chiuso nel Lotf con il vicesegretario Dario Franceschini e il capogruppo alla Camera Antonello Soro. Un’immagine simbolo di ciò che Veltroni può fare in questa fase: stare a guardare.

Il sindaco di Roma è convinto che Prodi non miri a ottenere un reincarico, sebbene la vera novità del discorso del Professore ieri in Senato sia stata l’ammissione che il paese non può tornare alle urne senza la riforma della legge elettorale. Fino a ieri Prodi aveva sempre parlato di voto anticipato in caso di sua caduta, senza se e senza ma. Veltroni non gradirebbe certo questa soluzione, devastante in termini di immagine se fosse costretto alla corsa alla premiership in primavera. Nel Pd, però, non tutti la pensano come lui. D’altra parte, e non è problema da meno, il Pd è al momento un’etichetta dietro la quale ciascuna fazione porta avanti un progetto diverso. Massimo D’Alema, per esempio, non si sposta da Prodi: «Se è disponibile, il nostro candidato per un governo a tempo resta lui», ripete in queste ore il ministro degli Esteri. Conferma Nicola Latorre: «Il Pd è fortemente determinato a raccogliere le indicazioni del discorso di Prodi al Senato per proseguire sulla strada da lui indicata per il paese».

Veltroni non ci crede, ma non potrebbe certo opporsi a un eventuale Prodi bis. Può però auspicare, e con fondata speranza di essere soddisfatto, che sia il Colle a stoppare sul nascere l’operazione, anche sulla scia dell’irritazione per l’insistenza con cui il Prof ha cercato la conta in Senato. Ma un conto è tenere Prodi lontano da palazzo Chigi, un altro è immaginare un suo ritiro dalle cose della politica. Prodi avrà su Veltroni, da qui al giorno delle elezioni, un potere di interdizione fortissimo: difficilmente potrà dare corso alla minaccia di ricandidarsi, ma certo può cospargere di mine la road map veltroniana, fino al punto di ritirare la sua benedizione al Pd.


Non finisce qui. Veltroni ha avuto negli ultimi mesi due soli alleati: Fausto Bertinotti e Silvio Berlusconi. Il primo deve fare i conti con un partito in fibrillazione, che non è disposto a imbarcarsi in un esecutivo tecnico quale che sia.

Ieri il capogruppo al Senato Giovanni Russo Spena ragionava così sulle prossime mosse: «Mi pare difficile che tocchi a Prodi il reincarico, un po’ perché non sembrano volerlo né il Pd né il Quirinale e poi perché l’Udc ha già chiesto come condizione che non sia lui a guidare un esecutivo a tempo». E per Russo Spena - così come per il ministro Paolo Ferrero - l’Udc è l’unica sponda realistica per una soluzione istituzionale: «Vedo Marini premier, ma a quel punto io sono totalmente d’accordo con Casini: per la riforma si vota l’ultima bozza Bianco, modello tedesco».

Per Veltroni sdoganare questo scenario potrebbe essere una necessità, se vuole evitare le urne, ma significa anche stracciare i vecchi piani di riforma bipolare e acconciarsi a subire la vittoria della linea D’Alema-Rutelli. Perché in questo caso il Colle non è alleato, ma avversario dichiarato: Napolitano, che ha bocciato il modello presidenziale francese, ritiene il fronte “tedesco” l’unica base trasversale per una maggioranza istituzionale. Quanto a Berlusconi, seppur tentato da soluzioni di unità nazionale, per ora ha dettato ai suoi una linea chiara: cercare di arrivare al voto in primavera col governo Prodi in carica e sfiduciato. È vero che c’è una diplomazia forzista al lavoro per studiare sbocchi bipartisan, ma si tratta di mandati esplorativi.

Gianni Letta è al centro di numerose trame, e si è sentito più volte con Veltroni, ma anche con Rutelli. E Beppe Pisanu, altro canale aperto, non chiude la porta a un’intesa con Veltroni: «Se dal Pd arrivasse un’offerta seria, con un premier super partes e un’agenda chiara, ci ragioneremmo, ma non possiamo essere noi a togliere le castagne dal fuoco a Veltroni». Ma il segretario del Pd questa proposta non può avanzarla. Può sperare che lo faccia il Colle, dato che il nome di Mario Draghi è tra quelli in cima al taccuino di Napolitano sulla crisi. Ma l’incarico a Draghi significherebbe spostare in avanti l’orologio delle elezioni almeno fino al 2009. Ammesso che Berlusconi voglia accettare questo timing, Veltroni perderebbe Rifondazione («Noi un governo Draghi non possiamo sostenerlo», giura Russo Spena) e l’operazione diventerebbe altro, una Grossa coalizione che troverebbe proprio dentro il Pd - e probabilmente in Prodi - il primo grande ostacolo.

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venerdì 25 gennaio 2008

Il discorso di Romano Prodi a Montecitorio

Un'alleanza destinata a durare

Signor Presidente, Onorevoli colleghi, intervengo in quest'Aula a seguito della crisi venutasi a creare nella maggioranza dopo la decisione dell'Udeur di non farne più parte. Sicuramente sulla scelta del partito del senatore Clemente Mastella ha influito la vicenda giudiziaria che lo ha investito sul piano personale e politico, episodio per il quale gli ho espresso personalmente e a nome del governo piena solidarietà assumendo l'interim del Ministero della Giustizia. Solidarietà che gli ho in più occasioni rinnovato, così come è stato fatto da tutti i partiti della coalizione. Clemente Mastella non è stato lasciato solo, né come esponente politico, né come Ministro della Repubblica, né tanto meno come uomo.
Oggi era previsto che io dovessi esporre qui la relazione annuale sullo stato della giustizia. Impegno al quale, sia pure brevemente, intendo fare onore.
Il nostro è uno Stato nel quale proprio al potere giudiziario è affidato il compito di affermare e tutelare sempre la sovranità della legge. Una sovranità che si impone ovviamente anche ai giudici e che chiede ad essi di essere i primi a sottoporsi con lealtà e, permettetemi di dire, purezza di cuore e serenità di intenti, al rispetto pieno delle nostre regole giuridiche.
Riguardo alla relazione a cui oggi mi riferisco, è dovuto al senatore Mastella un sincero apprezzamento. Per il lavoro fatto come Ministro che, dopo aver operato con passione non solo per portare a compimento la più ampia riforma dell'ordinamento giudiziario che il nostro Paese abbia avuto, ma anche per avviare molte e importanti interventi di cui vi è ampia traccia nella
relazione che è stata depositata al Parlamento a nome dell'intero Governo.

Una relazione ricca non solo di dati e di bilanci ma anche di problemi e di interrogativi; di riflessioni critiche e di chiari inviti al Parlamento affinché le tante iniziative già avviate possano trovare presto piena approvazione.
Una relazione che riflette con rigore le luci e le ombre della giustizia italiana nella difficile fase storica che stiamo vivendo;
che dà forte sostegno ai giudici, ai quali come potere e come ordine va l'apprezzamento e la riconoscenza del Paese. Una relazione che chiede alla classe politica e al Parlamento un eccezionale impegno.
Una relazione, voglio ancora sottolinearlo, che è stata approvata da tutto il Consiglio dei Ministri e che dunque costituisce, in ogni sua parte, la posizione dell'intero Governo.
Gli ultimi quindici anni sono stati contrassegnati da una situazione, a volte palese e a volte nascosta, di tensioni tra politica e magistratura; tensioni rese più drammatiche dalla crisi di fiducia che ha purtroppo interessato entrambi i settori.
La politica occorre ricordarlo ha per definizione la finalità di realizzare aggregazioni del consenso dirette a risolvere i problemi del Paese, e deve poter operare nel libero esercizio delle proprie funzioni, senza con questo ambire ad una sorta di irresponsabilità.
Netta e precisa è la sua primazia nei confronti di ogni altra istituzione allorché concorre, nelle sedi parlamentari e in rappresentanza del popolo sovrano, alla formazione delle leggi.
La magistratura ha il compito di assicurare la legalità in rapporto a singole fattispecie e situazioni demandate al suo giudizio.
Nell'esercizio delle funzioni ogni magistrato è soggetto soltanto alla legge, "sempre e costantemente alla maestà della legge", nel senso che deve mantenersi nell'ambito della legittimazione assegnatagli dalla Costituzione e dalle norme processuali. Senza che in questo ambito vi siano differenziazioni, in coerenza con l'art. 3 della Carta costituzionale. Né la magistratura deve o può cercare il consenso sulle proprie decisioni, in quanto esse sono conseguenti all'applicazione della legge e, dunque, "vincolate".
D'altra parte il controllo di legalità è il contrappeso dell'ampia libertà di cui, in uno stato democratico, gode l'autorità politica per la realizzazione dei suoi fini. Esso deve essere soltanto un rimedio nell'equilibrio delle istituzioni. Le categorie dalla politica hanno come contrappeso non tanto il principio esterno della responsabilità penale, che vale certo anche per i rappresentanti politici, bensì, soprattutto, quello interno di una responsabilità che è e resta di tipo politico.
Una responsabilità che spetta direttamente ai cittadini far valere non soltanto nell'occasione elettorale ma attraverso una costante relazione tra politica e collettività che assicuri una reale e continua capacità di partecipazione e di controllo.
Per altro verso, autonomia e indipendenza della magistratura, intesa come organizzazione indipendente da ogni altro potere dello Stato, devono trovare il proprio contrappeso nella professionalità, nella responsabilità e nell'adesione alla legge cui ogni magistrato è
sottoposto. Perché è bene ribadirlo autonomia e indipendenza dell'ordine giudiziario hanno come presupposto necessario e imprescindibile la professionalità, l'imparzialità, la neutralità politica, la responsabilità, e il rigido rispetto della legge.
Tuttavia non è solo di giustizia che si può parlare oggi in quest'Aula, ma anche di quanto accaduto nelle ultime ore sul piano politico e istituzionale, dopo le dichiarazioni rilasciate ieri dal Senatore
Mastella.
Per il rispetto che nutro nei confronti del Parlamento e per abbreviare i tempi di una crisi che rischia di generare tensioni di cui il Paese non ha bisogno, ho quindi deciso di presentarmi immediatamente per riferire sulla situazione. Perché è dal Parlamento che un Governo trae la sua legittimità ed è nel Parlamento che deve verificare l'esistenza della fiducia.
Onorevoli colleghi, sono convinto che nei momenti di decisione sia bene e salutare assumere comportamenti che implichino l'assunzione di responsabilità limpide da parte delle istituzioni preposte al governo del paese, a partire dal Parlamento. In un paese legato allo stato di diritto non sono le agenzie di stampa e neppure i dibattiti televisivi che determinano le sorti di un governo.
Siete voi, colleghi deputati che dovrete decidere e assumere limpidamente e pubblicamente le responsabilità per cui siete stati eletti. E' nel Parlamento e solo nel Parlamento che si può decidere la sorte del Governo.
Ho assunto l'interim del Ministero della Giustizia e, come ho già ripetuto, il governo condivide la relazione dell'ex Ministro Mastella. Se poi entrano in discussione in modo opaco preoccupazioni di riforma elettorale o di altro genere è bene che tutto venga alla luce in questa sede, nelle aule
parlamentari. Esse sono la sede fondamentale della democrazia.
Questo è un Governo che, nato su un patto di legislatura sottoscritto da tutti i partiti dell'Unione il 20 giugno del 2005, si era ripromesso, cito testualmente, "un'alleanza destinata a durare per l'intero arco della legislatura". Questo è un Governo che, nato sulla base di un Programma
elettorale firmato e condiviso da tutti i partiti dell'Unione l'11 febbraio del 2006, ha avuto il mandato di guidare il Paese per cinque anni dopo una vittoria elettorale tanto difficile quanto attesa dalla maggioranza degli italiani.

Questo è un Governo che ha saputo rimettere in piedi il Paese e gli ha permesso di riprendere il cammino, facendolo uscire dalle emergenze.
Da due anni la nostra crescita si attesta sui livelli massimi dell'ultimo decennio. Abbiamo ripristinato l'avanzo primario, il debito cala costantemente. E abbiamo cominciato, in modo onesto e responsabile, a redistribuire risorse alle famiglie, ai lavoratori e ai pensionati.
Questo è un Governo che ha riconquistato fiducia in Europa, (come proprio ieri sera ha certificato il commissario Almunia). Ha riconquistato credibilità nei mercati e nelle istituzioni internazionali.
Un governo che, con la sua politica estera e di sicurezza, ha saputo riconquistare all'Italia il posto che le spetta sullo scenario internazionale.
Che ha saputo chiudere senza sbavature l'avventura in Iraq; che ha guidato il processo che ha portato alla missione di pace in Libano; che è presente con determinazione, professionalità e umanità ovunque la pace è in pericolo.
Un governo che ha saputo combattere la criminalità organizzata, diffondere la cultura del rispetto e lottare nel mondo con successo per far trionfare la pace e condannare la pena di morte.
Questo è un Governo che ha cominciato a far pagare le tasse a chi non lo faceva, ha combattuto la precarietà, abbattuto la disoccupazione, abolito le ingiustizie sociali e investito sui giovani, sul loro essere il futuro dell'Italia. Un lavoro che sta producendo ogni giorno frutti e che sono certo
continuerà a darne.
Questo è un Governo che ha saputo liberalizzare servizi e combattere corporazioni, che ha ridato certezze sul senso di equità e di giustizia, che ha messo la casa al centro delle sue politiche, tagliando l'Ici, facendo costruire nuove abitazioni per i giovani, agevolando gli affitti per le coppie e gli universitari.
Questo è un Governo che ha creduto e crede nell'ambiente e nella sua tutela.
Non operando con politiche cieche e immobilistiche, ma con la consapevolezza che solo investendo sull'ambiente si investe sul futuro. E anche quando ci siamo trovati di fronte ad emergenze come quella dei rifiuti non abbiamo gridato allo scandalo, non abbiamo cercato di addossare ad altri responsabilità storiche: ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo cominciato ad affrontare concretamente il problema.
Ecco, questa è la sintesi dell'attività di Governo che oggi presento con orgoglio a questo Parlamento. Un Governo che ha combattuto i privilegi e tagliato i costi della politica non sull'onda di polemiche demagogiche, ma perché fermamente convinto che solo dando l'esempio si ottengono risultati per tutti.
Con questi risultati e con questi principi ci apprestiamo ad affrontare questo delicato momento. Le priorità che hanno accompagnato e guidano il nostro cammino si chiamano riforme, efficienza, equità.
Per ottenere questi risultati ci vogliono coerenza e coraggio. Ci vuole continuità di azione. Soprattutto in un momento in cui l'economia mondiale è di fronte a un'evoluzione negativa della quale non riusciamo ancora a comprendere le conseguenze ultime.
Dopo i sacrifici della prima Finanziaria, obbligata dalla gestione dissennata di chi ci ha preceduto, abbiamo risanato i conti pubblici e tagliato la spesa.
Ora, con la legge Finanziaria 2008 e dopo il grande accordo sul welfare votato da cinque milioni di lavoratori e di pensionati, siamo pronti a diminuire le tasse e aumentare i redditi dei lavoratori garantendo anche un aumento della produttività, come testimonia il recentissimo accordo per il
contratto di lavoro dei metalmeccanici.
Ci aspettano progetti importanti che responsabilmente abbiamo avviato senza pensare che decisioni solitarie ed episodiche potessero metterli in forse.
Abbiamo preso con gli elettori e con il Paese impegni che intendiamo rispettare, secondo quanto stabilito dalle regole parlamentari e costituzionali.
Proprio domani, in quest'Aula, il Presidente della Repubblica celebrerà il sessantesimo anniversario della Carta fondante la nostra democrazia.
Mai come oggi siamo chiamati a dimostrare coi nostri comportamenti, con le nostre decisioni e con atti formali che ci impegnamo tutti di fronte al Paese, la fedeltà e il rispetto per la nostra Carta fondamentale. Alla Costituzione mi richiamo dunque per chiedere a voi, onorevoli
deputati,
e, in seguito ai vostri colleghi senatori, di esprimere con un voto di fiducia il vostro giudizio sulle dichiarazioni che avete ascoltato.

giovedì 24 gennaio 2008

60° Anniversario della Costituzione - grande riferimento unitario

Alla seduta congiunta di Camera e Senato il presidente Napolitano parla di una "acuta crisi e incertezza" della politica, crisi nella quale la Costituzione "resta un riferimento unitario per i cittadini", mentre "nessuna delle forze oggi in campo può rivendicarne in esclusiva l'eredità, né farsene strumento nei confronti di altre".

ROMA – La Costituzione, in questo momento di "acuta crisi e incertezza", "resta un grande quadro di riferimento unitario per i cittadini". Lo ha rimarcato il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano parlando a senatori e deputati riuniti in seduta congiunta nell'Aula della Camera per celebrare il 60 anniversario della nostra Carta costituzionale. Seduta apertasi con l'Inno di Mameli.
"Non ha senso imputare alla Costituzione errori e distorsioni che hanno rappresentato il frutto di una complessa dialettica politica" ha detto il Capo dello Stato, sollecitando a "fare bene attenzione a non confondere indirizzi costituzionali e scelte politiche, responsabilità politiche".
Napolitano ha sottolineato la necessità di "porre mano a quel rinnovamento della vita istituzionale, politica e civile, in assenza del quale la comunità nazionale, in tutte le sue parti, sarebbe esposta a crisi gravi".
Il Presidente della Repubblica ha ricordato alle forze politiche che le riforme istituzionali devono essere fatte insieme. La Costituzione "non è intoccabile ma rappresenta più che mai, nella sua comprovata validità, un patrimonio comune" e "nessuna delle forze oggi in campo può rivendicarne in esclusiva l'eredità, né farsene strumento nei confronti di altre. Possono solo tutte insieme richiamarsi ai valori e alle regole della Costituzione, e insieme affrontare anche i problemi di ogni sua specifica, possibile revisione".
"Non c'è terreno comune migliore di quello di un autentico, profondo, operante patriottismo costituzionale. E', questa, la nuova, moderna forma di patriottismo nella quale far vivere il patto che ci lega: il nostro patto di unità nazionale nella libertà e nella democrazia" ha aggiunto il Capo dello Stato.

Per Napolitano il nostro Paese "ha le forze per superare questo cruciale momento storico". Ma, ha ammonito il Capo dello Stato "è necessario porre mano a quel rinnovamento della vita istituzionale, politica e civile, in assenza del quale la comunità nazionale, in tutte le sue parti, sarebbe esposta a crisi gravi" E "la condizione del successo è in un concorso di volontà, che non può, non deve mancare". Un concorso di volontà "più forte di tutte le ragioni di divisione, pur nello svolgimento di una libera dialettica politica e sociale" ha concluso il Presidente della Repubblica .
Il Presidente del Senato Franco Marini nel suo intervento ha ricordato che nella nostra Costituzione "sono contenuti i principi e i valori che costituiscono le condizioni indispensabili di un'Italia democratica, moderna ed evoluta".La Carta ha detto "è uno degli elementi propulsivi dello sviluppo democratico del nostro Paese che ha mantenuto attualità e capacità persuasiva
attraverso i radicali cambiamenti degli ultimi decenni e nel confronto, anche acceso, tra le forze politiche, sociali ed economiche". La seconda carica dello Stato ha sottolineato il "dibattito riformatore"' in corso da tempo e la necessità di "alcuni mirati adeguamenti istituzionali perché la nostra democrazia possa incidere più efficacemente di fronte ai tanti cambiamenti che
incalzano". Marini ha espresso l'auspicio che Marini la seduta solenne e le celebrazioni per il 60° della Costituzione "possano costituire un'altra stagione importante della nostra crescita civile e democratica".
Il Presidente della Camera Fausto Bertinotti ha rimarcato che "le basi dell'unità del Paese e della sua riforma sono custodite nella Costituzione della Repubblica italiana e nella testimonianza di civiltà che vi hanno impresso i Costituenti, consegnandola alla responsabilità nostra e delle
generazioni che ci seguiranno".
La terza carica dello Stato ha ricordato che "oggi viviamo un momento di acuta crisi della politica, che ha determinato una preoccupante distanza che separa i cittadini dalla vita pubblica, dalla politica e dalle istituzioni".
"Colmare questa distanza – ha avvertito - rappresenta il presupposto necessario per la risoluzione dei numerosi elementi di criticità con cui si confronta in questa fase la comunità nazionale, nell'epoca di un grande cambiamento denso di problemi molto ardui e assai dolorosi". (Inform)


DOCUMENTAZIONE - PATRIOTTISMO COSTITUZIONALE

La parte conclusiva del discorso del presidente Giorgio Napolitano nel 60° anniversario della Costituzione.

"E' innegabile che alle diverse persistenti contraddizioni e inadeguatezze dell'ordinamento della Repubblica si possa porre riparo intervenendo su alcune disposizioni della seconda parte della Costituzione."
"Ho perciò più volte auspicato che in quella direzione le forze politiche si impegnassero avviando un realistico confronto - nella ricerca del necessario e possibile consenso - su talune, essenziali e ben delimitate proposte di riforma dell'ordinamento costituzionale. Proposte che abbiano loro ragioni, di più lungo periodo, rispetto a un distinto e parallelo cammino - che pure ho auspicato - di riforma elettorale. Più in generale, ogni discorso sulla Costituzione deve prescindere da calcoli contingenti, caratterizzarsi per la sua autonomia e la sua ponderazione."
"Naturalmente, qualsiasi posizione culturale o politica favorevole a più drastici mutamenti del modello di riferimento della seconda parte della Costituzione repubblicana, può essere legittimamente sostenuta nel dibattito pubblico. Ma siffatti eventuali mutamenti vanno colti e prospettati nella loro complessità; le loro implicazioni e le loro incognite non possono essere eluse,
ed è bene rifuggire - nell'ipotizzarli - da semplificazioni e miracolismi."
"Un problema di equilibri istituzionali si pone comunque in un sistema democratico. Nell'unico paese europeo in cui sia stato introdotto il regime semi-presidenziale, con l'elezione di un Capo dello Stato partecipe dell'esercizio di poteri di governo, è oggi in corso un processo di riforma
dettato anche dal riconoscimento di una carenza di "contropoteri", e dunque rivolto, tra l'altro, al "riequilibrio delle istituzioni", al rafforzamento del ruolo del Parlamento, al riconoscimento del ruolo dell'opposizione. E negli Stati Uniti, nel sistema presidenziale per eccellenza, opera un forte
Parlamento, opera un insieme di controlli e bilanciamenti che ha fatto grande la democrazia americana."

"In realtà, dovunque, quale che sia il quadro istituzionale, la speditezza del processo decisionale è chiamata a fare i conti con la realtà dei conflitti e dei rapporti di forza politici. Se per l'Italia la via concretamente perseguibile, la più ponderata e saggia è - secondo l'opinione di molti - quella di un riequilibrio entro la forma di governo parlamentare, si deve essere ben consapevoli del fatto che la stabilità dei governi e la tempestività delle decisioni anche legislative, resteranno sempre legate in non lieve misura al livello di aggregazione e di coesione tra le forze politiche che si
alternano alla guida del paese, al loro grado di rappresentatività, alla loro autorevolezza."
"La ricorrenza del 60° anniversario dell'entrata in vigore della Costituzione ci sollecita a un grande impegno comune per porre in piena luce i principi e i valori attorno ai quali si è venuta radicando e consolidando l'adesione di grandi masse di cittadini di ogni provenienza sociale e di ogni ascendenza ideologica o culturale al patto fondativo della nostra vita democratica. Quei principi vanno quotidianamente rivissuti e concretamente riaffermati : e, ben più di quanto non accada oggi, vanno coltivati i valori - anche e innanzitutto morali - che si esprimono nei diritti e nei doveri sanciti nella Costituzione. Nei doveri non meno che nei diritti. Doveri, a cominciare da
quelli "inderogabili" di solidarietà politica, economica e sociale, che debbono essere sollecitati da leggi e da scelte di governo, ma debbono ancor più tradursi in comportamenti individuali e collettivi."
"Non posso non rilevare come invece troppi siano oggi i casi di non osservanza delle leggi e delle regole, di scarso rispetto delle istituzioni ma anche di scarso senso del limite nei rapporti tra le istituzioni, di indebolimento dello spirito civico e, in ciascuno, del senso delle proprie responsabilità. Così come non posso non esprimere allarme per ogni smarrimento di valori essenziali come quello della tolleranza e della libertà di confronto tra diverse posizioni di pensiero e ideali. Da tutto ciò traggo più che mai l'incitamento a un forte ancoraggio nei principi e nello spirito della Costituzione nata sessant'anni orsono."
"Signori Presidenti, onorevoli Parlamentari, Signore e Signori, l'Italia vive, insieme con l'Europa, tutte le incognite, le sfide e le tensioni del mondo che ci circonda, con le sue molteplici, incalzanti trasformazioni. E' mia convinzione - da voi, ne sono certo, sostanzialmente condivisa - che non
manchino al nostro paese le forze per superare le prove di questa fase storica e di questo cruciale momento. E' però necessario porre mano a quel rinnovamento della vita istituzionale, politica e civile, in assenza del quale la comunità nazionale, in tutte le sue parti, sarebbe esposta a crisi gravi."
"La condizione del successo è in un concorso di volontà, che non può, non deve mancare. Un concorso di volontà più forte di tutte le ragioni di divisione, pur nello svolgimento di una libera dialettica politica e sociale.
Ci unisce e ci incoraggia in questo sforzo la grande, vitale risorsa della Costituzione repubblicana. Non c'è terreno comune migliore di quello di un autentico, profondo, operante patriottismo costituzionale. E', questa, la nuova, moderna forma di patriottismo nella quale far vivere il patto che ci lega : il nostro patto di unità nazionale nella libertà e nella democrazia."

mercoledì 23 gennaio 2008

Forum delle associazioni per la sinistra

Riceviamo dal FORUM DELLE ASSOCIAZIONI PER LA SINISTRA e volentieri pubblichiamo

Per un'assemblea generale della sinistra e degli ecologisti

Il documento scaturito dall'incontro del Forum il 26 novembre

La costruzione di una sinistra nuova, unita e plurale non può più attendere.
L'accordo tra i partiti è indispensabile ma non è sufficiente. Serve una sinistra che o sarà costituita e segnata dalla differenza di sesso o non sarà un soggetto politico in grado di corrispondere alle sfide del presente. Solo così si potranno ricreare le forme, le idee, le pratiche condivise, ridando slancio, fiducia, volontà di fare. Chiamare alle manifestazioni, pur necessarie, non basta. Il popolo della sinistra deve essere chiamato alla partecipazione attiva: sugli obiettivi, sulle forme di associazione, sui rappresentanti, sui modelli di comportamento.

Una nuova grande forza di sinistra, pur nelle diversità delle opinioni e delle culture, non avrebbe senso se non esprimesse una reale capacità di innovazione rispetto a idee e metodi non più validi, e a pratiche politiche consumate e spesso deteriori. Essa perciò non può prescindere dalle iniziative in corso tese a mettere in rete l'attività di ricerca e di elaborazione teorica e culturale che c'è a sinistra. Le diversità non solo non ostacolano ma possono favorire una coesione ideale, morale e politica, indispensabile a una forza che voglia aspirare al ruolo che le spetta. L'ideologia liberista può continuare a dominare, nonostante i suoi falli-menti e le disastrose guerre da
essa sostenute e giustificate, perché è venuto a mancare un reale antagonista, forte di idee nuove maturate nell'analisi della realtà, radicate tra le lavo-ratrici e i lavoratori.

Alla crisi globale di un modello di sviluppo, resa manifesta da un disastro ambientale che ha assunto i caratteri di una crisi ecologica planetaria e aggravata dalla crescita del divario tra ricchezza e povertà, può risponderesoltanto una cultura capace di interpretare i radicali mutamenti del mondo contemporaneo.

Di questa forza c'è bisogno in Europa. E c'è particolarmente bisogno in Italia dove sono ancora in volta in discussione le basi stesse del sistema democratico rappresentativo. Si ritorna infatti a discutere di legge elettorale. E sarebbe auspicabile che la sinistra partecipas-se al confronto
che si sta avviando con posizioni comuni.

La crisi dell'alleanza di centrodestra non può nascondere la volontà di rivincita che attra-versa quel campo di forze. E la riorganizzazione in atto nei diversi settori del moderatismo può addirittura convergere con alcune delle aspirazioni e degli obiettivi che si agitano a destra. Nonostante il centrosinistra sia al governo del paese, sotto attacco sono il ruolo del lavoro
nella società, i suoi diritti, la parte del reddito prodotto ad esso assegnata, la sua stes-sa capacità di coesione sul piano sindacale. Ma in pericolo è anche la libertà di donne e uo-mini nelle relazioni sessuali e nelle pratiche dei corpi. Ogni pur piccolo passo avanti sul ter-reno sociale provocato dall'azione del governo, dopo tante imposizioni liberiste, è messo in discussione all'interno stesso della maggioranza, sino alla minaccia del suo disfacimento da parte dei gruppi più moderati che ne fanno parte.

Avanza una rischiosa crisi economica e finanziaria generatasi nel più grande paese capi-talistico. Nuove guerre vengono minacciate. La Costituzione italiana, salvata dal referendum popolare, continua a essere messa in discussione nei suoi principi. Il diritto all'informazione rimane sotto la cappa del monopolio televisivo privato. La legalità democratica è ancora a rischio in intere
regioni per opera della criminalità organizzata.

Per la causa del lavoro, per la difesa della democrazia e della pace, per conquistare gi-ustizia e libertà, una sinistra nuova è indispensabile.

Per queste ragioni il Forum delle associazioni per la sinistra aderisce in piena autonomia all'Assemblea generale della sinistra e degli ecologisti convocata per l'8 e il 9 dicembre per sostenervi l'obiettivo della costruzione di un nuovo soggetto politico unitario della sinistra italiana. Per il Forum la federazione, che dall'Assemblea dovrebbe prendere le mosse, è solo il primo
passo di un ben più ampio processo costituente per dare vita a una nuova, unitaria, plurale forza della sinistra italiana che trovi la sua principale fonte di legittimazione nella par-tecipazione attiva dell'intero popolo della sinistra. Perciò per noi la federazione dovrà essere una soggettività politica, aperta all'adesione diretta dei singoli, capace di unire non solo i partiti, ma le diverse associazioni e le iniziative territoriali unitarie e autonome già formate o in costruzione, che assuma sul piano organizzativo la costruzione delle Case della Sinistra co-me luoghi nei quali nel territorio maturino nuove esperienze unitarie, una pratica e un sentire comuni, nuovi rapporti tra agire politico e vita quotidiana dei cittadini.

Hanno firmato: Associazione per il rinnovamento della Sinistra; Movimento Sardista; Uniti a Sinistra; Sinistra Romana; Unaltralombardia; Socialismo XXI; Associazione RossoVerde; Sinistra Ligure; Sinistra in Movimento; Laboratorio Politico; Sinistra E-coanimalista Piemontese; Sinistra RossoVerde; Associazione Luigi Longo; Per la Si-nistra; Il Cantiere; Liberassociazione; Associazione Bella Ciao; Articolouno

R.E.D.S. Rinnovamento Evoluzione Della Sinistra / aggiornamento del 5.12.07 /
http://associazionereds.com/

martedì 22 gennaio 2008

L’Italia prigioniera del bipolarismo rovinoso

di Emanuele Macaluso

Il governo è sempre più in bilico tra l’essere e il non essere, anzi, dopo l’addio di Clemente Mastella pende più verso il non essere. La crisi politica si acuisce, ma non si intravedono vie d’uscita. Prodi e Berlusconi dicono la stessa cosa: se cade questo governo si va subito alle elezioni, con la legge elettorale vigente. Quale sarà la situazione in cui, con quella legge, si ritroverà il paese non interessa né all’uno né all’altro. Il primo, Prodi, deciso a resistere, costi quel che costi (e questo è anche comprensibile), fa dell’esistenza di questo governo l’ultima trincea del centrosinistra. Il secondo, il Cavaliere, ha una sola ambizione e un solo interesse: tornare al più presto a Palazzo Chigi.

L’Italia, ancora una volta, è prigioniera di un "bipolarismo" rovinoso, espresso da due persone che da quattordici anni condizionano e paralizzano la politica italiana. Ma questa paralisi è stata possibile perché nelle forze politiche che compongono i due poli non c’è stata una reale dialettica democratica e i rapporti con i leader sono stati fondati sul parassitismo o sul ricatto. Tuttavia, con lo sganciamento dell’Udc di Casini e, soprattutto, con la nascita del Pd con le ambizioni indicate dal suo leader Veltroni, sembrava che il quadro politico dovesse essere rivoluzionato. Non è così.

Tutti i giornali hanno considerata rivoluzionaria la decisione, solennemente annunciata da
Veltroni al convegno di "Libertàeguale", che il Pd, in ogni caso, anche se si votasse con la legge attuale, si presenterà da solo. E ha chiesto di fare lo stesso a Berlusconi. Il quale, invece, puntando sulla crisi, rimette insieme i cocci della sua Casa delle Libertà. E Casini, dal momento che si è allontanato la possibilità di varare una legge elettorale come quella "tedesca" che gli consentiva una ripresa di autonomia, è già pronto a rientrare in "casa". E siamo punto e daccapo.

Ma veramente il Pd, se si vota, si presenterà da solo? Con quale legge elettorale? Con quali alleanze? I socialdemocratici tedeschi si sono sempre presentati soli, ma sempre hanno dichiarato prima le alleanze. E nelle ultime elezioni hanno detto che non avrebbero fatto il governo con Lafontaine e gli ex-comunisti del Pds. Dire, come dichiarato Franceschini ieri al Corriere, a proposito delle alleanze, che più «che alle sigle guardiamo agli italiani», è incredibile. Quindi tutti i partiti sono solo sigle? Tranne il Pd? La verità è un’altra e va individuata nel rapporto tra sinistra e Berlusconi.

Infatti nel momento in cui Veltroni propone al Cavaliere di presentarsi come lui con una sola lista, questi non è più il "cancro della democrazia" ma un perno virtuoso del sistema. E se, come pare, Berlusconi rimette insieme i cocci della Casa e anche Casini rientra nella sua stanza, come ha fatto capire, cosa fa il segretario del Pd?

Francamente ho l’impressione che con questa iniziativa - che ha pure una sua forza perché raccoglie il disgusto della gente per il frazionamento politico e i partiti personali - Veltroni tende ad evitare uno scontro politico sulle scelte da fare, sulle riforme sociali, sulla laicità, sulle istituzioni e sulla forma del suo partito. Il Pd, ha detto Chiamparino, è solo un contenitore, e Gianni Cuperlo ha scritto che è una «confederazione di personalità». Veramente si pensa che l’identità di questo partito possa emergere da una sfida elettorale in cui a prevalere sarebbe solo un appello alla semplificazione del sistema politico chiedendo un "premio" alto a un vincitore? Si ignora che l’esito di questa competizione a due sarebbe segnato da un’ingovernabilità dovuta all’opposizione sociale e politica della maggioranza reale del paese.
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