mercoledì 23 dicembre 2015

L’Italia e l’Europa

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Ieri in Parlamento il premier Renzi ha cercato un rilancio del Governo nell'esposizione alle Camere della linea che l'Italia terrà a Bruxelles: "L'Italia è solida e solidale, ma non annuncia interventi militari bombardando a destra e a manca semplicemente perché pensa di essere più forte di quello che pensano gli altri".

 

Sotto schiaffo per le vicende di Banca Etruria col coinvolgimento della ministra Boschi e altri, per i dati non buoni dell'economia e il rapido raffreddamento dei rapporti con l'UE che pare non accontentarsi solo delle promesse, il Presidente del Consiglio ha tentato – illustrando quale sarà la linea dell'Italia al Consiglio europeo di oggi e domani, il primo dopo gli attentati di Parigi – di alzare il profilo del suo Governo partendo proprio dalla politica estera. Ecco alcuni stralci del suo intervento e in coda l'intervento nel dibattito e la dichiarazione di voto alla Camera della capogruppo socialista Pia Locatelli.

    "Siamo tutti impegnati a contrastare Daesh e la terribile azione di morte che persegue in tutto il mondo. Dobbiamo però avere il coraggio di dirci che gli attentati del 13 novembre sono un atto di morte e che pongono una riflessione: bisogna costruire una strategia che sia a tutto campo europea".

    "Per questo, propongo al Parlamento un approccio che vogliamo mettere a disposizione dei colleghi europei per riuscire finalmente ad avere una reazione, ma anche una visione per i prossimi anni. L'Italia propone la questione della sicurezza, elemento cruciale nella percezione quotidiana, che deve essere accompagnata da investimenti per un segnale immediato alle nostre Forze dell'ordine. Ma diciamo che non basta, perché – ha aggiunto – non c'è sicurezza senza un investimento diplomatico. In tal senso l'Italia è tornata nei tavoli che contano. Poi c'è l'investimento militare, ma che non è un racconto superficiale: non è avere 4 Tornado in più che cambia la politica militare del Paese che non si fa sulla base delle emozioni del momento, ma con un disegno strategico di medio-lungo periodo. Bisogna avere la convinzione che l'Italia è l'Italia, non il paese dei balocchi, quindi sicurezza, diplomazia e investimenti militari devono avere la stessa attenzione comune con la convinzione che serve un approccio unitario".

    Per combattere i terroristi "chiudiamo Schengen per fare che cosa? Per tenerli chiusi dentro? Ma coloro i quali sono stati considerati attentatori avevano un passaporto anche europeo".

    "La chiusura di Schengen a che cosa serve se non a dare in pasto all'opinione pubblica un elemento di tranquillità psicologica?", ma "l'alternativa al nichilismo che porta generazioni di giovani a farsi saltare in aria dentro un teatro, un ristorante o fuori da uno stadio viene dalla risposta al senso di vita che ognuno di noi si darà" e "la politica può agevolare questo valorizzando il senso del bene e la cultura dei nostri valori".

    Sulla sicurezza "abbiamo individuato una serie di proposte nella legge di Stabilità. Spero che almeno alcune possano incrociare un consenso più ampio rispetto a quello della maggioranza".

    "Nelle prossime settimane il ministro della Difesa, d'intesa con il ministro degli Esteri, presenterà, presso le commissioni competenti" di Camera e Senato "una ipotesi molto avanzata di ulteriore impegno da parte dell'Italia, che è un impegno serio e non estemporaneo in Iraq".

    "A Mosul c'è una diga che è lesionata, se quella diga crolla, per Bagdad e tutto l'Iraq è una situazione di disastro. È italiana l'azienda che può rimettere a posto quella diga". "Lo faremo se il parlamento sarà d'accordo in sede di commissione, perché l'Italia non si tira indietro di fronte alla proprie responsabilità.

    "L'Italia è solida e solidale, ma non annuncia interventi militari bombardando a destra e a manca semplicemente perché pensa di essere più forte di quello che pensano gli altri". "Trovo strabiliante che in Europa qualcuno abbia voluto aprire una procedura di infrazione perché non tutte le persone che abbiamo salvato in mare sono state identificate con le impronte digitali".

    "Non tutte le persone arrivate in Germania nel mese di agosto sono state identificate e la cancelliera Merkel disse: prima la solidarietà e poi la burocrazia. Quello che vale per la Germania non sembra valere per l'Italia".

    "Cara Europa – ha concluso il premier – qual è il tuo ruolo? Quello di affermare regolamenti, norme burocratiche, linee di indirizzo o quello di risolvere i problemi? Noi pensiamo ci sia bisogno di identificare tutte le sorelle e i fratelli che arrivano in Europa e negli immigrati ultimi mesi siamo sostanzialmente al 100%. Non solo, vogliamo arrivare al riconoscimento facciale, all'identificazione. Non siamo titubanti su questo tema. Quello che vogliamo dire è che l'Europa non può avere il consueto approccio di reazione, senza strategia sul tema dell'immigrazione".

    "L'Italia ha aperto il primo hot spot, domani apre il secondo a Trapani, siamo pronti su Taranto e Pozzallo. Siamo pronti a intervenire tenendo fede ai nostri impegni, chiederemo agli europei se sono in grado di tener fede ai loro impegni. Noi avevamo parlato di hot spot, rimpatri e riallocazioni, sta andando avanti solo ciò che segue l'Italia"."Segno evidente – ha ribadito il residente del Consiglio – che prima di aprire procedure di infrazione si dovrebbe collegare la realtà con le proprie idee, mi pare non sempre accada. Noi siamo europeisti convinti ma talvolta l'Europa fa di tutto per dimenticare cosa è e dovrebbe essere".

 

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La replica di Pia Locatelli - "Grazie, signora Presidente. Signor Presidente del Consiglio, l'agenda del prossimo Consiglio europeo mette, giustamente, al primo posto la lotta al terrorismo. Siamo tutti d'accordo sul fatto che dobbiamo combattere Daesh, annientarlo, come ha detto ieri il Presidente degli Stati Uniti, lo siamo meno, purtroppo, sugli strumenti da adottare. Una strada è senza dubbio quella di bloccare le fonti di finanziamento, un'altra importantissima è quella di dare vita a un sistema di intelligence europeo comune, la sua mancanza, anche solo il mancato coordinamento tra Paesi UE, è una delle cause della presenza di esponenti radicali criminali nei nostri Paesi. Pochi giorni fa, nei Dialoghi del Mediterraneo, organizzati da Farnesina e ISPI, è stato detto che le informazioni in possesso dell'intelligence italiana sono di provenienza USA per l'80 per cento, per il 4 per cento da Israele, 12 per cento dalla Francia e 2 dal Regno Unito; oltre i quattro quinti delle informazioni non ci vengono dall'UE ed è assurdo. Il primo lavoro da fare è quello di creare un ambiente che ci metta in condizioni di fidarci fra noi europei e, quindi, di scambiarci le informazioni.

    La lotta all'ISIS e la paura non devono però farci venir meno al rispetto dei principi fondamentali. La Francia è il Paese UE più colpito e noi dobbiamo avere una sorta di rispetto maggiori per il loro dolore e anche per le loro proposte, ma dobbiamo farlo senza perdere di vista alcuni pilastri della nostra civiltà. A noi pare inaccettabile che la Francia, Paese fondatore dell'Europa, dichiari, comunicandolo alla Corte di Strasburgo, la CEDU, che per i prossimi tre mesi non rispetterà la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

    Le chiedo, quindi, signor Presidente, di svolgere tutte le azioni possibili durante il Consiglio.

    Io credo che, se noi derogassimo a questo, consegneremmo la nostra civiltà, e non solo quella giuridica, a Daesh".

 

Dichiarazione di voto sulla mozione di maggioranza. "Signora Presidente, l'agenda del prossimo Consiglio europeo è molto affollata: il fatto è che i punti in discussione si moltiplicano perché si allarga la crisi che investe l'Unione. Sappiamo bene che costruire un'Unione sempre più integrata richiede tempo, determinazione e visione, ma questi elementi sono spesso mancati e le nuove leadership europee in buona parte hanno manifestato la tendenza a chiudersi in una visione nazionale, se non nazionalistica.

    I muri concreti o virtuali confermano questo atteggiamento, nell'illusione che ciascuno pensando a sé possa salvarsi: ma è appunto un'illusione.

    La mancanza di visione strategica degli ultimi anni ha impedito di riconoscere le nuove sfide in arrivo, e ci si è accontentati di volta in volta di soluzioni parziali, lasciando problemi irrisolti. Il caso dei flussi di persone verso l'Europa è emblematico: un milione di persone ha attraversato il Mediterraneo o percorso la rotta balcanica in quest'ultimo anno, e noi europei abbiamo dato risposte diverse. C'è chi come l'Italia, la Germania, la Svezia si è fatto carico del problema; e chi ha solo alzato la voce, oltre che i muri, pensando così di risolvere il problema del proprio Paese.

    Su questi temi noi italiani, e pure noi socialisti, siamo stati i primi a dire che non di emergenza si trattava, ma di esodo epocale. Siamo stati i primi a dire che la soluzione non poteva che essere europea. Siamo stati i primi a salvare con Mare Nostrum tante vite umane, e a convincere i nostri partner europei che Frontex era inadeguata e andava rafforzata. Ed ancora, i primi a parlare di corridoi umanitari per togliere il fatturato agli scafisti e a tutti coloro che guadagnano sulla pelle di queste persone.

    Andiamo al Consiglio europeo a chiedere una politica europea in tema di immigrazione e di asilo, e andiamo al Consiglio europeo a difendere Schengen, consapevoli che cambiarlo in senso restrittivo sarebbe l'inizio della fine dell'Unione: perché Schengen è il primo atto visibile, tangibile per tante persone, cittadini, uomini e donne dell'Unione. Non facciamo passi indietro: ci aiuteranno non certo a risolvere i problemi, ma solo ad allontanare le soluzioni. I socialisti voteranno a favore della risoluzione di maggioranza!"

 

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mercoledì 16 dicembre 2015

ESCALATION

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  Mentre Putin fa un riferimento tutt’altro che tranquillizzante all’uso dell’arma atomica e fa intensificare i bombardamenti sulle posizioni dell’Isis, dall’altra parte dell’oceano, il Capo del Pentagono, Ash Carter, si lascia sfuggire davanti alla Commissione Difesa del Congresso un’ammissione tutt’altro che tranquillizzante: “La realtà – ha detto – è che siamo in guerra”.

 La situazione in Siria dopo gli attentati di Parigi e quello di San Bernardino, sembra aver imboccato la strada dell’escalation militare. La coalizione di Paesi, Usa, Russia e Francia, – cui di recente si è aggiunta anche la Germania – decisa a sradicare la presenza del terrorismo islamico in Siria, non è ancora né veramente unita né tanto meno coordinata, ma ciò nondimeno, ognuno sembra intenzionato a aumentare la pressione militare e comunque lancia messaggi che non lasciano trasparire nessuna arrendevolezza sul terreno bellico.

    La Russia ha scatenato una vera e propria tempesta di fuoco con i bombardieri e con i missili da crociera. Ieri sera durante un vertice con il ministro della Difesa Sergey Shoigu, Putin ha detto che i missili Kalibr e i missili da crociera A-101 “possono essere armati sia con testate convenzionali sia con testate speciali, cioè quelle nucleari. Certamente nulla di questo è necessario nella lotta ai terroristi, e spero che non sarà mai necessario”. Parole inquietanti mentre si intensificavano i raid ‘contro obiettivi dell’Isis e di altri gruppi terroristici’, – come ha fatto sapere oggi il ministero della Difesa – utilizzando anche un sottomarino, il Rostov-on-Don, – sottomarino della classe Varshavyanka con tecnologia stealth avanzata – dispiegato nel Mediterraneo con lanci di missili che si è unito alle operazioni condotte dai cacciabombardieri Tupolev Tu-22M3. La decisione di moltiplicare i lanci missilistici è stata presa dal presidente Vladimir Putin in persona, precisa una nota del dicastero, nella sua qualità di Comandante supremo delle Forze armate russe.

    La decisione russa sembra avere una portata politica che va ben al di là dello scontro sul terreno con i miliziani del Califfo. L’obiettivo politico sembra essere ancora una volta il governo turco cui non solo Mosca non ha perdonato l’abbattimento del suo cacciabombardiere SU-24, ma anche, evidentemente, il protrarsi di un sostegno alle milizie che combattono contro Assad e chissà, forse anche ancora allo stesso Isis. Un gioco sul filo del rasoio perché la Turchia è membro della Nato e un coinvolgimento diretto negli scontri potrebbe avere ripercussioni terribilmente gravi. >>> Continua la lettura sull’avantionline

       

   

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 Spagna: È sfida a sinistratra Podemos e il PSOE

 di Silvia Gernini - @sgernini

 In Spagna mancano poco più di dieci giorni alle elezioni e la campagna elettorale si sta trasformando in un campo di battaglia per la sinistra. Mentre il Partido Popular di Mariano Rajoy al governo si confermerebbe, secondo l’ultimo sondaggio, il favorito con oltre il 28% dei voti che però non gli consentirebbero di governare senza un accordo. A otto punti percentuali di distanza dal Pp si piazza il Psoe, seconda forza politica del Paese.

    Ed è in questa situazione che Rajoy continua a smarcarsi dai dibattiti tv per evitare gli attacchi degli altri partiti, mentre all’interno della sinistra è iniziata, insieme alla campagna elettorale, una guerra tra Psoe e Podemos per accaparrarsi i voti degli indecisi che potrebbero fare la differenza per i socialisti.

    Il leader socialista Pedro Sánchez punta a battere Podemos per concentrarsi sulla competizione contro il partito di Rajoy e con un’unica battuta attacca sia Iglesias che il leader dei popolari: “L’unica garanzia di cambiamento è il Psoe; non votarlo (votando Podemos, ndr) significa regalare il voto al presidente della disoccupazione e della corruzione, ovvero Rajoy”.

    Iglesias, aggiunge Sánchez, “ha un modo strano di fare politica. Dice che il Psoe non può contare sui voti di Podemos se vogliamo formare il governo. Il fatto è che Iglesias ama solo se stesso”, così il leader socialista, che accusa Podemos di voler sottrarre voti al Psoe anche se “è chiaro che non vincerà le elezioni”.

    Iglesias, da parte sua, teme il calo di consensi registrato negli ultimi sondaggi (sarebbe la quarta forza politica con meno del 10%) e cerca, in questi pochi giorni che restano, di recuperare terreno, cercando di prendere il voto degli elettori socialisti delusi. E con lui anche il segretario politico di Podemos Íñigo Errejón che proprio al popolo socialista ha annunciato la “buona notizia”: per queste elezioni hanno un’alternativa, possono votare Podemos. “Sánchez – ha commentato invece Iglesias – è fuori dalla corsa elettorale. E lo dico con amarezza”.

    In questa guerra all’ultimo voto tra Psoe e Podemos, la sinistra sembra dimenticare Ciudadanos, il partito liberale moderato, che continua a crescere nelle rilevazioni posizionandosi come terza forza politica del Paese con un leggero distacco dal Psoe. Il partito di Albert Rivera sarebbe ai livelli dei due principali partiti che hanno governato dal 1982 a oggi e nelle elezioni del 20 dicembre potrebbe rappresentare il vero ago della bilancia.

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martedì 1 dicembre 2015

ALTA TENSIONE

Da Avanti! online www.avantionline.it/

 

Non è mai stata così alta la tensione tra la Russia e un Paese della Nato dagli anni della guerra fredda.

 

di Armando Marchio

 

L’abbattimento ieri di un jet russo a opera dell’aviazione militare turca sul confine tra Siria e Turchia con la morte di uno dei due piloti, probabilmente ucciso dai ribelli turcomanni anti-Assad e protetti dal governo di Ankara, ha portato la temperatura delle relazioni tra i due Paesi al calor bianco. L’unica buona notizia fino a oggi è che il secondo uomo dell’equipaggio del Sukhoi SU-24 abbattuto con un missile aria-aria dal caccia F16 turco, è stato recuperato dalle forze di soccorso in un’operazione congiunta tra siriani e russi. Per il resto continuano ad addensarsi nubi nere sull’orizzonte delle relazioni tra i due Paesi e sull’intera regione con pesanti riflessi sui tentativi di costruire una coalizione internazionale per combattere contro il terrorismo dell’Isis.

    Mosca, da cui è lecito attendersi una rappresaglia mirata contro la Turchia perché non è immaginabile che Putin incassi un colpo di questo genere senza reagire, ha schierato batterie di missili nella base di Latakia destinate a sconsigliare eventuali bis dell’aviazione turca mentre è arrivata – ha annunciato il ministro della Difesa russa Serghiei Shoigu – nelle acque prospicienti le coste siriane, un incrociatore – il Moskva – che si unisce alle altre cinque navi da guerra già presenti e ad almeno due sottomarini. I sistemi di difesa anti missilistica S-400 spostati ora nella base di Khmeimim, a Latakia, completano il quadro dello schieramento militare russo che, a detta degli analisti occidentali, ha trasformato la ‘storica’ base navale di Tartus, in un avamposto “inespugnabile”.

    E a rendere se possibile ancora più delicato il quadro, c’è anche la presenza cinese. Secondo l’agenzia di intelligence israeliana DEBKA, i cinesi avrebbero già schierato a ridosso delle coste siriana la portaerei Liaoning ed un incrociatore lanciamissili.

    Le Forze armate turche intanto hanno rafforzato i controlli aerei del confine con la Siria e da oggi i caccia F-16 turchi di pattuglia saranno 18 e non più 12. >>> Continua la lettura sul sito Vai al sito dell’avantionline

 

 

 

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La Germania interverrà in Siria

 

Berlino invierà i Tornado nella guerra contro l’Isis. Lo riferisce Henning Otte, parlamentare Cdu e membro della Commissione Difesa del Bundestag. “Non rinforzeremo solo la missione di addestramento nel nord dell’Iraq”, dice, “ma invieremo i nostri Tornado di ricognizione in Siria per la guerra contro l’Isis”.

 

Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Dpa, la decisione è stata presa da Angela Merkel insieme ai ministri competenti “come conseguenza degli attentati di Parigi”.

    Secondo quanto riferisce la Sueddeutsche Zeitung, la flotta dei Tornado tedeschi è composta da 85 velivoli dotati di fotocamere ottiche e di uno scanner a raggi infrarossi. Una parte di essi sarà impiegata in Siria, se il Bundestag darà il via libera.

    Sempre in base a quanto riportato dalla Dpa, la Germania parteciperà inviando anche una nave da guerra. Vai al sito dell’Unità

 

 

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Pacifismo e nonviolenza

 

Vorrei contribuire a cogliere alcuni dei motivi profondi della crisi del movimento per la pace. Potrebbe trattarsi, infatti, di una crisi di crescita.

 

di Danilo Di Matteo

 

Polemos è padre di tutte le cose, sosteneva Eraclito: la dimensione conflittuale è parte integrante dell’esistenza dei singoli e dei gruppi, e anzi la vivifica. Pretendere di estirparla sarebbe irragionevole. Potrebbe trattarsi di uno degli errori di un pacifismo ingenuo: che inoltre è forse attraversato da alcuni retropensieri che lo condizionano assai, riguardo in particolare al rapporto fra Nord e Sud del pianeta, il primo visto quasi sempre come “oppressore” e “sfruttatore”, con la complicità delle classi dirigenti del secondo.

    La ricerca della pace, dunque, concepita per lo più come una forma di tutela dei “poveri” e degli “emarginati” del mondo (si scorge insomma l’eco di una visione “di classe” delle relazioni internazionali).

    L’esperienza della nonviolenza, invece, si inserisce proprio nel quadro dei conflitti, divenendo una forma formidabile di conquista della libertà. Affermava il Mahatma Gandhi: “La mia resistenza alla guerra non mi porta al punto di ostacolare coloro che desiderano parteciparvi. Ragiono con loro. Presento loro la via migliore e li lascio fare la loro scelta”. La scelta come dimensione umana fondamentale: decisione e responsabilità. E che dire del pastore battista nero Martin Luther King e della sua “guerra alla povertà”? Il gesto di Rosa Parks, che il 1° dicembre 1955 viene arrestata per il suo rifiuto di sedere nella sezione posteriore dell’autobus, riservata ai neri, non è a suo modo conflittuale?

    L’ignavia, accanto all’indifferenza, è il peso morto della storia; il rifiuto di prendere posizione. Per pigrizia o per averne assunta una fin dall’inizio, magari in maniera implicita: quella antioccidentale. Ma noi perseguiamo pace e giustizia anche perché figli dell’Occidente.