giovedì 30 marzo 2017

La Germania verso le urne - SAAR - Un test a dimensione ridotta

di Felice Besostri

Alla vigilia del voto le previsioni attestavano una vittoria della SPD con il 32,5%, che sommato al 12,8% della Linke davano una vittoria ad una possibile coalizione di sinistra, perché la CDU sarebbe stata sì il primo partito con il 36%, ma senza alleati in quanto sia i liberali della FDP che i Verdi non avrebbero superato la soglia del 5%: esclusa una Jamaica Koalition, essendo i colori dei partiti nero (CDU), giallo (FDP) e verde gli stessi della bandiera della patria del reggae, che governò la Saar dal 2009 al 2012. Nel 2012 si sostituì al governo una Grosse Koalition CDU-SPD con 37 seggi su 51, cioè superiore ai due terzi. La realtà è stata altra, perché la CDU ha preso il 40,7% (+5,5), la SPD il 29,6% (-1) e la Linke 12,9% (-.3,2). La sinistra passa dal 46, 7% del 2012 al 44,3% e i Verdi escono dal Landtag con il 4%( -1).

Una maggioranza relativa di destra esiste sulla carta – CDU + AfD – con il 46,8% e 27 seggi, ma politicamente impraticabile perché CDU e AfD sono alternative alle elezioni federali. Il sistema di riparto dei seggi, per i partiti sopra soglia, favorisce il partito più grande e perciò SPD con 17 seggi e la Linke con 7 hanno lo stesso numero di seggi della CDU, cioè 24, pur avendo un 4% in più.

Le ridottissime dimensioni della Saar non ne fanno un test significativo per le prossime elezioni federali, se non la conferma che l’AfD sarà rappresentata nel Bundestag, come la è ormai in 11 dei 16 Land tedeschi. I liberali sono a rischio di esclusione. La partita CDU vs. SPD si gioca anche su questo e sulla capacità di Verdi e Linke di stare nella stessa coalizione.

Se la Saar fosse il modello non si potrebbe essere ottimisti. I rapporti tra Linke e i Verdi sono pessimi da sempre. Infatti, malgrado un chiaro 51,7% a sinistra (Linke al 21, 3%, SPD al 24,5% e Verdi al 5,9%) il ri­sultato fu un governo CDU, FDP e Verdi. Le coalizioni “Jamaica” non funzionano. Anche nella Saar non si completò la legislatura e nel 2012 si andò ad elezioni anticipate. Ma in linea di principio i Verdi non sono incompatibili con un’alleanza con la CDU di Angela Merkel. Al suc­cesso CDU ci sono spiegazioni locali la Ministerpresidentin è popolare e un buon governo alternativo non era credibile.

I Socialde­mo­cratici erano reduci da una Grosse Koalition a guida democristiana. La Linke ha disperso in pochi anni un consenso del 21%, mai raggiunto in un Land dell’Ovest. I Verdi, infine, non hanno dato prova di essere affidabili per un governo stabile. Se a ciò si aggiunge, che settori di opinione pubblica sono dell'idea, dimostrata dalla più alta percentuale di votanti degli ultimi 15 anni, che per arginare l'estrema destra la cosa tatticamente più saggia sia rinforzare la Mutti, cioè Angela Merkel… Un voto CDU-CSU a spese dei liberali è anche un'ottima assicurazione contro una maggioranza rosso-rosso-verde.

Freschi di stampa, 1917-2017

Nell’anno delle due rivoluzioni russe l'ADL di allora poté “coprirle” entrambe con materiale di prima mano. Ciò grazie soprattutto ad An­ge­li­ca Bala­banoff, fautrice de­gli stretti legami tra i so­cia­listi ita­liani e russi impe­gna­ti, insieme al PS svizzero, nella gran­de campagna di “guerra alla guerra”. Campagna lanciata con la Con­fe­renza di Zimmerwald. E culminata nella Rivoluzione d'Ottobre.

Questa settimana ripubblichiamo ampi stralci tratti da due testi apparsi in prima pagina sull'ADL del 31 marzo 1917.

LA RIVOLUZIONE RUSSA

 «Sulla Russia sono fissi oggi gli occhi di tutto il mondo. Guardano tremebondi i governanti, i dominatori; guardano ansiosi, pieni di speranza e di fede, gli sfruttati, i calpestati di tutta la terra.»

«Al divampare delle fiamme rivoluzionarie, il 9 corrente, le notizie del grandioso movimento giunsero telegraficamente ai Gabinetti d'Eu­ropa.»

«Prima cura delle borghesie fu quella di nascondere il fatto ai po­po­li. Poi, a piccole dosi, giorno per giorno la verità si è fatta strada. (...)».

«Dal “gesto magnanimo” dello czar, e dalla “rivoluzione per la guerra”, siamo passati alla “rinuncia volontaria” del nuovo czar Mi­chele, all'internamento “volontario” dei sovrani spodestati, alla loro “prigionia”, all'arresto di Ministri, Generali, poliziotti (...)».

«È tutta qui la verità? Non sappiamo. Intuiamo che nei giorni che seguiranno altro sapremo: altro che ci farà balzare il cuore di gioia, e che farà spegnere forse nei biechi reazionari di tutta Europa, di tutto il mondo, l'ultima speranza che il movimento rivoluzionario di Russia sia stroncato (...)».

«Altro intuiamo.»

«Comprendiamo lo spasimo borghese; ci rendiamo conto dello spa­simo nostro. (...) la borghesia sta facendo il suo dovere, rap­pre­sen­tato dal suo interesse. E cerca l'inganno, la censura, e prepara strumenti di oppressione. (...) I socialisti, quelli che tennero fede, d'innanzi al fatto della guerra, al principio internazionalista, lo stanno facendo (...)».

«Il fenomeno è grande, grande la ripercussione.»

«Prepariamoci. Se l'ora è matura anco per noi, che l'ora ci trovi al no­stro posto, sicuri, fidenti, temprati e forti! Abbasso la guerra! Ev­­vi­va la rivoluzione sociale!» (ADL 31.3.1917)

 

Un manifesto del Partito socialista russo

Cittadini!

«La capitale si trova nelle mani del popolo, una parte delle truppe s'è unita ai ribelli. Il proletariato rivoluzionario e l'esercito rivoluzionario salveranno il paese dalla rovina totale verso la quale lo spingeva il Go­verno dello czar. La classe lavoratrice e l'esercito rivoluzionario for­me­ranno il Governo provvisorio, si assumeranno l'incarico di creare e con­solidare il nuovo stato repubblicano, proteggeranno i diritti del po­polo, solleciteranno la confisca fondiaria, della proprietà ecclesiastica, onde questa possa passare nelle mani del popolo, introdurranno la gior­nata di otto ore e convocheranno un'assemblea costituente basata sul suffragio popolare.»

«Il Governo provvisorio considera altresì per un suo dovere di prov­vedere immediatamente all'approvvigionamento dell'esercito e del­la po­polazione civile mercé la requisizione dei viveri accumulati dal Go­verno precedente e dalle amministrazioni comunali. Ancora il mo­stro della reazione può alzare la testa; è compito del popolo di sof­fo­care tut­te le tendenze liberticide, antirepubblicane.»

«Il Governo rivoluzionario ha la ferma intenzione di entrare in comunicazione con i proletari di tutti i paesi belligeranti per met­tere rapida fine alla carneficina dei popoli.» (ADL 31.3.1917)


giovedì 23 marzo 2017

Londra - NO ALLA PAURA.

Ieri in seguito a un attacco al Parlamento britannico sono morte cinque persone, incluso l'attentatore. Un uomo alla guida di un Suv ha travolto i passanti sul ponte di Westminster andandosi a schian­tare contro una cancellata, sceso dal veicolo ha poi accoltellato un agente ed è stato infine ucciso dalla polizia. Theresa May: "Non ce­deremo mai al terrore".

di Renzo Balmelli

Si parla tanto di strategie per cambiare l'Europa, ma dopo quanto è accaduto a Londra nelle ultime 24 ore non sembra vi sia altra opzione allo stato attuale delle cose se non quella di formare un fronte comune per arginare la sfida senza respiro del terrorismo. Restare uniti è la principale forza di contrapposizione che i governi del continente possono mettere in campo proprio per impedire all' Isis di realizzare esattamente l'obiettivo a cui mira: sgretolare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni in modo da creare un terreno di coltura per la sua bacata ideologia.

    Alcune inquietanti coincidenze mostrano con ogni evidenza come l'attacco al cuore della capitale inglese non nasca per caso, ma sia il frutto di un disegno deliberato ed elaborato nei minimi particolari dalla cupola dell'organizzazione criminosa onde seminare il panico tra la gente. Per lastricare di vittime innocenti il ponte di Westminster, il ponte simbolico del Millennium e del progresso, è stata scelta una data densa di significati in quanto si colloca a un anno dal sanguinoso attentato di Bruxelles e alla vigilia del vertice di Roma convocato per sottolineare il sessantesimo anniversario dei Trattati che portano il nome della città e che in primo luogo vanno letti e interpretati appunto come un manifesto contro l'oscurantismo.

Pur nel solco del dolore e dello sdegno provocati dalla barbara aggressione davanti all'imponente e storico edificio che ospita il Parlamento del Regno Unito sarebbe un errore imperdonabile mostrare al mondo l'immagine di una Europa balbettante, timorosa e in balia dei suoi nemici: quelli esterni, certo, subdoli e sfuggenti, ma anche quelli interni che non perdono occasione per indebolirla. Dalla base è però salito un messaggio universale di solidarietà e di identificazione nei valori dello spirito e della cultura propri dell'Europa che in questi momenti carichi di angoscia fa bene al cuore. Un messaggio in tutte le lingue per dire: "Non abbiamo paura!".

martedì 14 marzo 2017

Freschi di stampa, 1917-2017 - Prima scena di una storia remota

La prima scena di questa storia remota, per dirla con Thomas Mann, «s'è svolta ed ebbe a svolgersi nel tempo che c'era una volta, nei giorni antichi del mondo di prima della Grande guerra, il cui inizio tante cose iniziò che ben difficilmente hanno già cessato d'iniziare».

Questa non è tutta né soltanto la storia della Giornata della donna, lo Woman's Day che nasce a Chicago nel 1908 per iniziativa di Corinne Brown, leader socialista americana, allo scopo di unire le rivendicazioni sindacali delle camiciaie e delle altre lavoratrici con la battaglia per il diritto di voto, dal quale la metà femminile della cittadinanza americana era allora esclusa.

Due anni dopo lo Woman's Day sbarca in Europa, a Copenaghen, dove Clara Zetkin riesce far accogliere dalla seconda Conferenza internazionale delle donne socialiste una risoluzione che istituisce la “Giornata della Donna”. Non ovunque si formalizza subito la data dell'Otto marzo. Ma “la nave va”, e con l'anno successivo la Giornata viene celebrata in un numero crescente di città, a partire dalla metà di febbraio.

Il 10 marzo 1917 su L'Avvenire del lavoratore (così, al singolare, si chiamava allora la nostra testata) si legge che: «Come tutti gli anni… le donne socialiste di diversi paesi organizzano la giornata… di lotta e di dimostrazioni, [che] deve servire di conforto e di incitamento alle sfruttate del mondo intero, perché guidate dal pensiero socialista rivendichino i loro diritti – tutti quanti i loro diritti».

Tutti quanti i loro diritti! A scrivere queste parole è Angelica Balabanoff (1878-1965), che si prepara a un giro di comizi in lingua italiana e tedesca nella Svizzera centro-orientale. E, infatti, poco sotto il suo pezzo, un poscritto annuncia che il 18 marzo 1917 la compagna Balabanoff parlerà a Zurigo, nella sala grande del Volkshaus, e che sarà «ben lieta, qualora ci fosse un discreto intervento di proletarie italiane, di rivolgere a queste un discorso in italiano perché dai comizi esca un voto unanime di donne svizzere ed italiane, unite dalla visione delle ingiustizie che subiscono oggi e della radiosa liberazione che porterà loro il socialismo» .

Ma, se nella Confederazione elvetica è ancora possibile convocare pubblicamente una regolare manifestazione a favore dei diritti delle donne, tutt'intorno infuria una guerra tremenda che, giunta al suo terzo anno, ha già mietuto dieci milioni di morti. Perciò Angelica, che guida la battagliera testata pacifista degli emigranti italiani, riprende dal giornale delle socialiste svizzere le parole che seguono, e che le servono a collegare la questione femminile con le indicibili sofferenze provocate dal grande massacro bellico:

«Non più luce per illuminare le loro case, non più carbone per scaldarsi, non più pane per sfamarsi. Non più sangue nei corpicini denutriti dei bimbi, non più sangue nelle vene dei superstiti figli adulti destinati a tornare ad innaffiare del loro sangue di campi di battaglia. Non più forza nelle braccia per stringere al cuore straziato i poveri mutilati tornati dalla guerra, non più forza per informarsi all’apposito ufficio o al giornale, se esiste o non esiste più quello che era l’unico bene loro».

Questo scriveva un secolo fa Angelica Balabanoff. E, nelle stesse ore in cui mandava in stampa queste parole, fu proprio una Giornata della Donna a scoccare la scintilla che incendiò una grande prateria.

L'Otto marzo 1917 le operaie di alcune fabbriche tessili pietroburghesi entrarono in agitazione, appellandosi al sostegno dei metalmeccanici: «Sembrava non esserci alcun nuovo motivo, salvo le code sempre più lunghe per il pane, a farle scioperare», leggiamo nelle memorie del rivoluzionario russo Vasilij Kajurov.

In poche ore quelle operaie tessili in sciopero aggregano circa centomila manifestanti. La dimostrazione spontanea che segue si svolge in maniera tutto sommato pacifica. Scoppia qualche scontro con la polizia zarista solo quando il corteo vira verso il centro della capitale, il cui accesso è per ora impedito. E non di meno quella sera iniziano a finire la Prima guerra mondiale e tre imperi.

Il giorno dopo duecentomila lavoratrici e lavoratori invadono San Pietroburgo, manifestando per il pane e la pace, e quindi contro la guerra e contro l'autocrazia zarista. L'insurrezione dilaga. La polizia inizia a sparare sulla folla, ma dalla folla c’è chi risponde al fuoco.

Il 15 marzo 1917, lo zar Nicola II (1868-1918) si vede costretto a compiere un passo indietro, cedendo i poteri al Primo ministro liberale Georgij L'vov (1861-1925), al quale in luglio succederà il laburista (trudovik) Aleksandr Kerenskij (1881-1970). Ma la guerra continua e Kerenskij dilapida ogni popolarità in una sanguinosa offensiva militare, fallita la quale per Vladimir Lenin (1870-1924) diviene possibile ordinare l'assalto del Palazzo d'Inverno al grido: Pace subito!

Un anno dopo la presa del potere da parte dei bolscevichi – alle ore 11.00 dell'11.11.1918 – entra in vigore l'Armistizio che segna la fine della Grande guerra.

Lo stesso giorno ha luogo l'abdicazione del Kaiser tedesco Guglielmo II (1859-1941): dopo lo sciopero generale proclamato dalla maggioranza di sinistra nel Parlamento di Berlino i poteri passano al presidente socialdemocratico Friedrich Ebert (1871-1925). Ma quell'11 novembre anche il Kaiser austriaco Carlo (1887-1922) deve rimettere i propri poteri ai rappresentanti del popolo, sotto l'egida del cancelliere socialdemocratico Karl Renner (1870-1950).

Questo articolo inaugura una serie di testi ispirati o ripresi dall'ADL nell’anno delle due rivoluzioni russe che hanno cambiato il mondo. La nostra redazione di allora poté “coprirle” entrambe con materiale di prima mano. Ciò grazie soprattutto ad Angelica Balabanoff, fautrice degli stretti legami sviluppatisi tra i socialisti italiani e russi intensamente impegnati insieme al PS svizzero nella grande campagna di “guerra alla guerra”. Campagna lanciata con la Conferenza di Zimmerwald. E culminata nella Rivoluzione d'Ottobre.