martedì 24 febbraio 2009

Non è salvo

Ipse dixit
Responsabilità - «La sinistra ha molte responsabilità nella propria continua sconfitta di questi ultimi anni. Ma nessuna è forse così rilevante quanto la rimozione con cui continua a negarsi la verità su se stessa». - Lucia Annunziata

Io resto - «Se Veltroni ha deciso così vuol dire che ha avuto le sue buone ragioni. Io resterò qui con voi. Non lascio la politica. E non prenderò un aereo per Roma, non ho mai pensato di prenderlo... Veltroni ha ragione, oggi Berlusconi ha conquistato l'egemonia culturale in questo Paese. E come possiamo batterlo? Con altre televisioni? Con internet? No, su internet abbiamo già vinto, anzi stravinto. Ma c'è tanta gente che non ha il computer, e che non lo avrà mai. E allora? Allora bisogna lavorare in profondità. Sulla cultura degli ignoranti. Sulle coscienze dei qualunquisti. Solo così possiamo battere l'incultura del nichilismo che ha svuotato le coscienze. Dobbiamo aprire dappertutto sezioni di partito, e magari riaprire le case del popolo». - Renato Soru

A mio padre partigiano - «Se mi eleggerete segretario il mio primo atto domani sarà a Ferrara. E, di fronte al castello Estense dove in una lunga notte del 1943 furono trucidati dalle squadre fasciste tredici cittadini innocenti e furono lasciati per ore sulle strade della città, perché li vedessero tutti, anche i ragazzi che andavano a scuola... Chiederò a mio padre, che ha 87 anni ed è stato un partigiano, di portare la sua vecchia copia della Costituzione Italiana e le giurerò fedeltà». - Dario Franceschini    

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A cura di Internazionale - Prima Pagina
Berlusconi non è salvo
Appena eletto, Silvio Berlusconi ha fatto approvare una legge che gli garantisce l'immunità. La sentenza di ieri contro l'avvocato britannico David Mills dimostra che è stata una scelta azzeccata. Tuttavia, il presidente del consiglio italiano non è completamente al sicuro. La legge, entrata in vigore a luglio del 2008, è al vaglio della orte ostituzionale che potrebbe annullarla. A quel punto, potrebbe ricominciare anche il processo contro di lui.

The Guardian, Gran Bretagna
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A cura di Internazionale - Prima Pagina
Tensione in Argentina per le battute di Berlusconi
Una frase pronunciata durante la campagna elettorale per le elezioni regionali in Sardegna ha provocato un incidente diplomatico tra Buenos Aires e Roma. Il governo ha convocato l'ambasciatore italiano in Argentina, Stefano Ronca, per esprimere profonda preoccupazione e chiedere spiegazioni sulle dichiarazioni del presidente del consiglio Silvio Berlusconi sui voli della morte organizzati dalla dittatura militare argentina.

La Nación, Argentina
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martedì 10 febbraio 2009

Resistenza umana - Per chi giunge alle campane

Il presente testo è redatto dal principale esponente dell'illuminismo partenopeo in uno stile che però ricorda vagamente il cattivismo padano, espressione questa di non nuovo conio di cui in questi giorni taluni rivendicano incerte paternità.*)

di ser Pulcinella da Napoli
Esponente dell’illuminismo partenopeo
"Di Pietro espelle i suoi se restano nelle giunte campane". Qualche giorno questo titolo, apparso su un grande quotidiano nazionale, mi ha lasciato di sasso. Ma che significa!? Ma a me non mi dà senso!!!

L'articolo non fornisce la benché minima informazione su quando mai siano giunte queste benedette campane.
Che prete le ha benedette?!
Sono giunte dove? E da dove? E là qualcuno sapeva che fossero partite?
Io penso che la abbiano benedette, perché altrimenti non sarebbe bello se le avessero issate nude e crude.
E mi domando: issate su quale campanile?
Era basso? Era alto? Era medio?
E se poi cadono giù?
Spero che siano state fissate saldamente, soprattutto se i nostri amici dipietristi, giunti dentro di esse, hanno voluto farsi issare con le campane fin sulla cima del campanile.

Alt, fermi tutii. Storia incredibile. Io non la bevo.
Non credo minimamente che esistano degli esponenti politici così bauscia da andarsi a mettere in quella situazione. Non tra quelli del Di Pietro. Chi non capisce che le campane, una volta giunte lì, benedette dal prete e issate sul campanile, alto o basso o medio che sia... be', chi non capisce che iniziano a suonare? E tu, dipietrista, mi resti dentro la campana benedetta, issata e suonante? Ma lo sai o non lo sai che così mi diventi sordo?!

No. Incredibile! Io non me la bevo mica.
Qui si vuol avvalorare una versione assurda dei fatti. Non potete pretendere che noi si creda a questa leggenda metropolitana che il prete, all'atto di benedire le campane, avrebbe scoperto quelli di Di Pietro, che poi li chiamano "i suoi" ma non si capisce se sono esponenti dell'IDV o parenti...

Secondo i giornalisti menzogneri questi, non appena le campane erano giunte lì dove dovevano giungere, cioè sotto il campanile, e lascia stare l'altezza, ebbene costoro si sarebbero acquattati dentro al bronzo, appesi ai battacchi.

E lì, sembra voler dire il giornalista menzognero, il prete avrebbe invitato tutti a sgomberare: "Uscite dalle campane, uomini di poca fede! E giù le mani dai battacchi!"

Quindi il prete, di fronte al rifiuto opposto dai dipietristi occupanti, avrebbe telefonato al leader dell'IDV chiedendogli di buttarli fuori lui, "i suoi".

Ma va là.
E questa, secondo voi, sarebbe la storia dell'espulsione dipietrista dalle campane giunte sotto al campanile?! Io non ci credo. Secondo me non mi dà senso.

*) Caro ser Pulcinella, sulle incerte paternità del "cattivismo" precisiamo che in effetti la nozione è stata coniata sull'ADL del 25 settembre 2007 da un lettore, Gianfranco Tannino, che da Monaco scriveva così: "Ieri in calce a una mia lettera cattivista contro la microcriminalità avete annotato che a forza di anitibuonismo c'era il rischio di finire nel leghismo". Quando si dice la preveggenza...

La red dell'ADL

Santa Sede

Ipse dixit
Un augurio - «Nell’augurio che non si apra nella società italiana una "guerra di religione" di cui non si sente davvero il bisogno, né se ne comprende la giustificazione, è interessante notare come, sul caso Eluana, sia stata la Santa Sede a esprimere i toni più forti ed esasperati, sia nella polemica pubblica sia col protagonismo indiscusso del Segretario di Stato, cardinal Bertone, nel dialogo con i leader della nostra scena politica. Questo corrisponde alla prevalenza, ormai evidente nel pontificato di Benedetto XVI, degli aspetti teologici su quelli diplomatici. Un carattere che tende a sottovalutare il ruolo anche di capo di Stato che il Pontefice riveste e, quindi, delle pesanti conseguenze che certe parole e certe accuse possono avere sul rapporto tra Vaticano e presidente di uno Stato laico».

Luigi La Spina

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A cura di Internazionale - Prima Pagina
Saviano: la mafia non è solo in Italia
Intervenendo al festival letterario BCNegra di Barcellona, lo scrittore italiano Roberto Saviano ha ricordato che la battaglia contro la mafia non si combatte solo in Italia, ma anche nel resto d'Europa. "In Catalogna e nel sud della Spagna", ha detto Saviano, "ci sono delle importanti basi d'appoggio e di smistamento per i narcotrafficanti".

La Vanguardia, Spagna
http://www.lavanguardia.es/premium/epaper/20090205/53633817554.html

mercoledì 4 febbraio 2009

Barack Obama e l'Essenza meticcia

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A cura di Internazionale - Prima Pagina
La sinistra italiana a pezzi
Lo scrittore di gialli italiano Andrea Camilleri ha votato per il Partito democratico (Pd) alle ultime elezioni politiche. Nove mesi dopo, la profonda delusione verso il leader del Pd, Walter Veltroni, l'ha spinto a entrare in politica.

Camilleri si è alleato con il giudice Antonio Di Pietro e il direttore della rivista Micromega, Paolo Flores D'Arcais, per formare un Partito dei senza partito in vista delle elezioni europee di giugno. La scelta di Flores e Camilleri è l'ultimo sintomo della dissoluzione di un centrosinistra diviso in tante correnti, e spesso accusato di essere troppo compiacente verso il governo di Berlusconi.

El País, Spagna
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Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Nel segno della frammentazione
La sinistra a Roma, frammentata come la destra a Gerusalemme, è mini-autoreferenziale: giustamente indignata per lo sbarramento elettorale introdotto da Berlusconi e Veltroni prima alle politiche poi alle europee non trova il tempo, tra una manifestazione di velleitaria indignazione e un bruciamento di bandiere israeliane, per reagire nell'unico modo concreto, associandosi in una lista elettorale unica.

di Claudio Bellavita
A breve si vota per il rinnovo del parlamento israeliano, in una situazione interna e internazionale tra le più difficili della storia di Israele. Nell'incertezza sui risultati e sulle conseguenze per la politica estera e militare del piccolo stato, c'è una sola certezza: come sempre, non ci sarà nessun sbarramento per impedire la moltiplicazione dei partitini che rappresentano, talvolta ai limiti dell'assurdità, la storica tendenza al settarismo degli israeliani, soprattutto di quelli religiosi. Moltiplicazione che rende sempre più difficile la costituzione di un governo che abbia una politica unitaria, soprattutto quando la situazione interna e internazionale rende necessari dei coraggiosi cambi di rotta.

Non credo che sia un argomento su cui riescano a riflettere le schegge della nostra sinistra alternativa e mini-autoreferenziale, giustamente indignate per lo sbarramento elettorale introdotto da Berlusconi e Veltroni prima alle politiche poi alle europee, che tra una manifestazione di velleitaria indignazione e un bruciamento di bandiere israeliane non trovano il tempo e il modo per reagire nell'unico modo concreto, associandosi in una lista elettorale unica.

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Barack Obama e l'Essenza meticcia
Obama recupera l’essenza meticcia dell’America, le sofferenze delle generazioni passate, soprattutto degli uomini e delle donne che nell’oscurità, conoscendo anche “la sferza della frusta”, hanno fatto l’America. Una riflessione sul fenomeno Obama dal punto di vsita delle organizzazioni migranti.

di Rodolfo Ricci *)
Nulla si crea e nulla si distrugge, dicono. Tutto permane trasformandosi oppure tutto di trasforma, permanendo. Obama recupera toni e vessilli antichi, quelli dei “padri fondatori”, quelli che fecero la prima grande guerra di indipendenza e si emanciparono dalla colonizzazione inglese. Quelli che fecero la guerra civile contro la schiavitù. In mezzo c’è la rivoluzione francese, quella dell’egalité, liberté, fraternité.

Toni che un po’ lasciano perplessi noi europei, più avvezzi alla gestione del gestibile, al pragmatismo –non raramente ideologico- che lascia intatta la struttura delle cose.

Obama recupera l’essenza meticcia dell’America, le sofferenze delle generazioni passate, soprattutto degli uomini e delle donne che nell’oscurità, conoscendo anche “la sferza della frusta”, hanno fatto l’America.

Senza di loro, senza le schiere dei neri e dei migranti che “solcarono gli oceani”, non ci sarebbe stata America.
Manca, forse, una parallela considerazione di coloro che in America c’erano già; di quelli, annientati a milioni, Obama non ha parlato.

Ma tant’è: l’America attuale è effettivamente il prodotto dei migranti e degli schiavi africani, e insieme, lo sappiamo almeno da quando il piccolo grande uomo raccontava le sue peripezie e da quando Kevin Costner ballava coi lupi, del genocidio dei nativi.

Ascoltando Obama, mi tornava in mente qualche discorso del meticcio Chavez, per il suo rimando a Bolivar, interprete della liberazione tentata e mancata, il giuramento a Montesacro, il richiamo ai milioni di diseredati del sud, quelli che cominciarono a rifarsi vivi alla fine del secolo scorso, quelli che portano al potere in Brasile, il migrante nordestino e metalmeccanico Lula, quelli che eleggono Evo Morales, primo indigeno a tornare al potere in Bolivia, dopo 500 anni di dominazione bianca e gringa.

I sopravvissuti alla terribile stagione degli anni ‘60 e ‘70, incarcerati, squartati, desaparecidos, che vanno al potere democraticamente in Venezuela, Brasile, Argentina, Uruguay, Cile, Bolivia, Paraguay, dove un vescovo memore della breve quanto grande epoca delle missiones gesuitiche, Fernando Lugo, governa il paese guaranì.

Mi tornava in mente che nel lontano 2001, sei mesi, prima di Genova e otto mesi prima delle Torri gemelle e dell’inizio della guerra infinita della banda dei quattro, a Porto Alegre si era riunito per la prima volta, quel mondo di sconfitti, insieme ai contadini asiatici e africani, ai “ribelli” europei, con tanti premi nobel e intellettuali di diverse latitudini emarginati dai media mainstream. C’erano anche i nordamericani cresciuti sulle note di Peete Seeger e Woody Gutrie, le cui canzoni degli anni ’40 hanno preceduto, il 19 gennaio, il giuramento di Obama, come ci ricorda oggi Alessandro Portelli.

C’erano i pacifisti israeliani e i palestinesi. E c’erano, come ho ricordato in altre occasioni, decine di migliaia di discendenti di emigrati italiani nell’America Latina.
Le avvisaglie di un nuovo mondo stavano presentandosi per la prima volta insieme, da tutto il mondo, per dire che “un altro” mondo era - ed è - possibile.

Nel pomeriggio dell’11/09, ricevetti la telefonata di una cara amica che mi disse, sconcertata: “ora tutto quello che si stava costruendo, sarà distrutto”. E venne, effettivamente, l’Afganistan con il Mullah Omar e venne l’Irak, con le sue armi di distruzione di massa. E le centinaia di migliaia di morti civili. Ed ultima, ed in extremis, venne Gaza, dove le vittime di un tempo si trasformarono, nuovamente in bestie.

Ma è importante ricordare che prima dell’11/09 c’era stata la crisi della new economy clintoniana: l’enorme bolla speculativa che aveva scoperto “l’economia immateriale”, come succedanea soluzione al “problema” costituito dalla crescita della conoscenza globale, del lavoro cognitivo non riconosciuto. Era il tentativo di imbrigliare dentro il meccanismo capitalistico, l’enorme valore del sapere universale diffuso, il tentativo di utilizzare, come nuova miniera di valorizzazione, il sapere delle persone che viaggiava nella rete, in internet, questa strada che mostra, per la prima volta nella storia –forse- come lo spirito umano, insieme alle sue braccia, sia la fonte imprescindibile della conoscenza e della ricchezza.

Il crollo delle borse mondiali che avevano investito su questo sapere libero e diffuso convinse la leadership globale alla guerra. Con tutti i suoi vassalli, valvassori e valvassini nazionali, prezzolati (molti) o meno (purtroppo tanti anche loro).

La regressione verso il burda (islamico e nostrano) e le altre infinite ragioni a sostegno della guerra che abbiamo dovuto sorbirci in questo decennio, sono le stesse che oggi fanno affermare al nostro ministro dell’Interno che è uno scandalo pregare (da islamici) di fronte a chiese cattoliche. Ma Dio, se c’è, non è unico e incommensurabile ?

E Cristo, adorato –come la Madonna- dagli adepti di Hallah, massimo dei profeti e persino più grande di Maometto (valoroso, ma semplice amanuense della divinità), non è forse l’uomo della speranza che il cardinal Martini, perdente di fronte al pontefice tedesco, tentava di reintepretare contro la logica dell’assedio e della paura?

Ora che Obama, col suo dizionario, con le parole necessarie alla lingua degli anni dieci del terzo millennio, parla al mondo, già si intravvedono i cambiamenti di posizione.

Certo che il comunismo ha fallito. O meglio il socialismo reale. Ma le parole dei padri fondatori vanno interpretate. Dal modo in cui si interpretano dipende come gira il mondo.
“Verrà un giorno un uomo dagli occhi chiari che rileggerà quelle di Francesco”, diceva Pasolini in Uccellacci e Uccellini.

Verranno da sud, uomini e donne, si potrebbe dire, oggi, a rinverdire le stesse parole, fratello sole, sorella acqua, ecc., ecc.

La battaglia delle estetiche, delle ermeneutiche, delle puntuazioni di potenza, non è affatto conclusa. La grande crisi che secondo la Banca Europea “coinvolgerà le future generazioni”, è la grande occasione della storia.
Certamente, le sciocchezze relative alle misure di rilancio dell’economia (capitalistica), del salvataggio delle banche, della salvaguardia degli interessi diffusi di chi ha prosperato negli anni della guerra infinita, fanno il paio con il dibattito parrocchiale tra PD e PDL, commissione di vigilanza RAI, e con il tentativo di rilanciare la lotta tra poveri e migranti, ultimo escamotage di riserva di un potere nazionale che si accinge ad abbandonare il paese.

Casini, leader dell’UDC ha affermato martedì scorso che tra tre, quattro mesi, “la gente ci tirerà dietro pomodori ed altro” se non risolviamo i problemi. “Saggia apostrofe a tutti i caccianti”.

Ma i problemi sono irrisolvibili al di fuori di una nuova equilibrata ridistribuzione di redditi e ricchezze. “Dentro e fuori delle frontiere”, come ha detto il grande capo Obama.

*) Segretario nazionale Fiei.