lunedì 21 dicembre 2009

Il dibattito nel Partito del Socialismo Europeo


Nuovi interventi nella Good Society Debate
http://www.goodsociety.social-europe.eu

Can The State Still Be Saved?
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"The state is crucial for the promotion of social justice,
and must be defended from its many detractors.…"
by Karin Roth

The Future of Social Democracy: A Spanish Vision
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"To solve our current problems realist and practical policies are required,
but they must also always retain a social-democratic ethos.…"
by Jesus Caldera Sanchez Capitan

Fair taxes are part of the Good Society
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"Fiscal deficits can be managed and are less dangerous than cuts.…" by Will Straw

The Next Left: Lessons from the Past, Challenges for the Future
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"New thinking is needed to enable social democrats
to overcome their divisions and begin to work together.…"
by Ernst Stetter

Overcoming the Economic Recession with Green Policies:
An Opportunity we cannot afford to miss!
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"There is no need to choose between environmental protection,
economic development and social justice.…"
by Margot Wallstrom

A new public-private Mix for Market Economies
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"The finance sector should not be shielded by tax-payers
from Schumpeterian creative destruction.…"
by Tapio Bergholm and Jaakko Kiander

The Social Democracy of Fear
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"We need to be bolder in attacking the ideology of the right.…" by Stephanie Blankenburg

For a European Left open to the World
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"It is time for the EU to move away from its
inegalitarian policies towards the countries of the South.…"
by Lorenzo Marsili

Politics before Economy and Ideology before Reality?
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"Grand visions can run the of risk of overlooking important facts on the ground.…" by Cristian Ghinea

Poverty and Social Exclusion: A Question of Democracy
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"We must make the most of the opportunities that are presented
by the European Year of Combating Poverty and Social Exclusion.…"
by Niccolo Milanese

Facing Up To Our Mistakes 
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"Social democrats must be promoters of progressive change, not technocrats.…"
by Niels Annen 

venerdì 11 dicembre 2009

CEFISI (PSI) RAPPRESENTANTE ITALIANO NELL'UFFICIO DI PRESIDENZA DEL PSE

Il congresso del PSE ha ratificato il ritorno dei socialisti italiani al loro nome storico, PSI. I superstiti della diaspora socialista puntano a costruire nel Pse un'unità dei riformisti insieme al Pd, ma anche alla Sinistra di Fava e a quella di Vendola.

(PRAGA, 8-12-09) - Il congresso del PSE a Praga ha confermato la nuova presidenza, che affiancherà il presidente Poul Rasmussen. Rispetto al congresso di Porto nel 2006, e per la prima volta dal 1992, anno di fondazione del Pse, ne farà parte soltanto un rappresentante italiano, il responsabile internazionale del PSI, Luca Cefisi. Il posto dei Ds, confluiti nel PD, rimarrà vacante finchè il partito di Bersani non scioglierà le riserve.

    Secondo Cefisi -- consapevole della necessità di realizzare una presenza italiana nel PSE più vasta di quella che egli attualmente può garantire -- "è utile che il PD decida di partecipare pienamente alla vita del PSE, e non solo come invitato ai congressi. Non sono più i tempi di una concorrenza a sinistra negli organi europei, ma di costruire nel Pse un'unità dei riformisti".

    Il responsabile esteri del PSI di Nencini auspica "di essere al più presto affiancato da un esponente del Pd nell'organo di governo del PSE, perchè il PSE deve diventare il punto di riferimento in Europa dei riformisti italiani, e penso al PD, ma anche alla Sinistra di Fava e a quella di Vendola".

    Il congresso del PSE ha anche ratificato il "ritorno" dei compagni italiani al loro nome storico, Partito Spcialista Italiano. Si tratta di un tributo della solidarietà internazionale alla speranza che la classe dirigente del SI-SDI-PS-PSI si mostri degna della storia alla quale essa ora esplicitamente si richiama, dopo la soluzione di continuità avvenuta nel 1994.

    Pia Locatelli, Presidente dell’Internazionale socialista donne, intervenendo al congresso del Pse a Praga, nella sessione sulla crisi finanziaria internazionale ha parlato della crisi in corso. "La finanza è uno strumento, non un fine in sé e la crisi in corso non è frutto di casualità, ma il risultato di ben precise scelte politiche”,ha detto.

    “Troppe sono le vittime della crisi, - ha continuato l’esponente socialista - occorre compiere scelte politiche di governo dell'economia, regolando il segreto bancario, favorendo la trasparenza e l'affidabilità dei sistemi finanziari. I fallimenti dei vertici di grande banche e istituzioni finanziarie, un mondo molto maschile e maschilista, suggeriscono anche che l'apertura alle donne anche in questi ambiti sarebbe un progresso, e del resto è provato – conclude Locatelli - che le donne al vertice degli istituti finanziari mostrano di solito una performance più prudente e equlibrata”.

       
Elzeviro

A proposito di modernità

di Gerardo Milani 
 
La modernità (concetto unilaterale e riduttivo) non coincide necessariamente con la contemporaneità. Essa è una forma particolare della contemporaneità, affermatasi con l’emergere di un senso storico e di una coscienza individuale in epoca umanistica e con il manifestarsi di un processo dinamico di superamento dello stadio di civiltà feudale e gentilizia a fondamento agricolo. I presupposti scientifici (l’indagine sul mondo della natura) risalgono al Rinascimento, mentre la sua fase di pieno sviluppo coincide con le grandi rivoluzioni di fine Settecento (la costituzione degli Stati Uniti d’America e la Rivoluzione francese) e la dominanza della cultura tecnico-scientifica. Nella coscienza individuale la modernità, così radicata nella finitezza della storia, si è costituita come percezione del presente, del nostro essere qui ed ora, e del suo costruirsi con un carattere, transitorio e fuggevole, di assoluta singolarità. Roland Barthes ha voluto intenderla come un’avventura proiettata verso la periferia, oltre gli ambiti di verità fondati su concezioni razionalistiche, in contrasto con il movimento centripeto proprio del culto dell’antico. Essa ha assunto, come suo tratto distintivo, una qualità trascendentale interna al soggetto e indipendente dall’esperienza storica. Ci è apparsa e appare tuttora ciò che non è, ossia una condizione umana essenziale e perenne legata alla concezione di un tempo lineare e fondata sull’idea della capacità dell’uomo di autodeterminarsi e progettare il futuro. Forte del suo cammino secolare, nella sua presunzione di superiorità si arroga illegittimamente il diritto di essere eterna.

    Nel corso del Novecento tramonta la fase propulsiva e ottimistica, mentre insorgono scadenze ultimative che investono le sorti del nostro pianeta spazzato dal “vento globale” e soggetto a mutazioni climatiche e antropologiche. Nello stesso tempo la definitiva rottura con il passato operata dalle avanguardie ha consacrato il trionfo di una contemporaneità “absoluta” e avvolgente, simile a una sorta di bunker inaccessibile, uno spazio/tempo chiuso e insonorizzato, sorvegliato da sentinelle tecnologiche ad alta specializzazione. Conseguenza inevitabile: l’uscita, dalla scena, del futuro, tra le determinazioni temporali quella con funzione primaria. Alla fine degli anni Settanta Jean-François Lyotard (sostenitore della fine delle “grandi narrazioni”) ha parlato di condizione umana “postmoderna”. Zygmunt Bauman ne analizza oggi i risvolti “liquidi”, contraddittori e sfuggenti.

    In relazione alle drammatiche contingenze del nostro Paese, interessa constatare il fallimento del progetto etico sotteso all’Illuminismo, cuore della modernità. Venuta meno la fiducia nella positiva moralità della ragione (insieme con l’idea di armonia e ordine delle relazioni umane), la coscienza individuale ha dimostrato la sua inconsistenza, la sua incapacità “ontologica” di mediare una coscienza collettiva, un Noi in grado di dispiegarsi e operare per il bene comune. Alla coscienza intenzionale, motivata da impulsi morali, si è sostituita, come surrogato, una coscienza empirica, opportunistica, totalmente immersa nel commercio delle cose. La fine del “viaggio” conoscitivo dell’Illuminismo ha coinvolto il destino della sinistra (e della sua versione socialista) nata dalla Rivoluzione francese nei giorni convulsi della Convenzione. Essa è e rimane oggi quello che fu all’origine: una somma di opinioni individuali. Devastata da un processo incontrollabile di frammentazione (fenomeno intrinseco e costitutivo della realtà postmoderna, governato da Eris, nume della discordia), per dirla con Besostri, appare animata da “spinte irrazionali in direzione mortale”. Vittima, aggiungo, di una patologia maligna, un’ipertrofia dell’io che chiamerei “singolarismo”.

      Milan Kundera in un suo romanzo (L’identità ) fa dire a un personaggio: “L’invenzione di una locomotiva contiene in germe il progetto di un aereo, che a sua volta conduce inevitabilmente al missile interplanetario. Questa logica è insita nelle cose stesse – in altre parole, fa parte del progetto divino”.

    Può essere. Che il nostro mondo sia assoggettato ai voleri di una divinità malvagia?       

C'era papà 

Ipse dixit

C’era papà  - «Era metà pomeriggio, stavo tornando a casa e mi sono fermato a far benzina. In effetti l’ho saputo da lui, dal benzinaio: "Ha sentito? Hanno messo una bomba alla Bna di Piazza Fontana". E come un lampo mi è venuto in mente che mio padre era là. Trattava lubrificanti per macchine agricole, quel giorno c’era il mercato. Ho girato la macchina e sono corso. Al cordone di polizia ho spiegato, mi hanno fatto passare. E così ho visto i primi morti. Ma lui non c’era. Neanche tra i vivi lì attorno però. A casa neppure. Ho pensato: disperso in giro? In ospedale? Ma quale? Allora sono andato in questura, per chiedere. E ci ho trovato mio fratello Giorgio, arrivato lì per lo stesso motivo. Ci hanno mostrato un elenco di nomi: niente. Stavo quasi per tirare il fiato. Finché invece un funzionario ci ha detto che "in realtà abbiamo un morto non ancora identificato". Ci ha accompagnato in obitorio. Hanno sollevato un lenzuolo. Sotto c’era papà».- Paolo Silva, figlio di Carlo Silva, vittima della Strage di Piazza Fontana     
       

IL DIBATTITO POLITICO NEL  PARTITO DEL SOCIALISMO EUROPEO
 
Good Society Debate
sulla rivista "Social Europe"
Policies for the Future that Social Democracy in Europe deserves
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"Some critical responses to the Good Society document.…"
by Yusuf Isik
In Pursuit Of Utopia
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"In these conservative times we must look to the past for our utopian values.…"
by Wojciech Przybylski
All Served In A Bucket – With Eggs On Top
"Can social democracy be a goal in itself, and not just a means to some other end?…"
by Remi Nilsen
The Good Old Days Should Come Back
"We need to engage with the world as it is, and use the language of ordinary people.…"
by Artur Celinski
Desperately seeking Social Democracy
"Social democracy needs to redefine itself, and in particular it needs to separate itself from right-wing ideas.…"
by Lucile Schmid
Green Pathways
"National decisions remain the essential building blocks
of effective ecological internationalism.…"
by David Ritter
Why Not Socialism?
"‘Building the Good Society’ contains no mention of ‘socialism’.…"
by Mike Cole
What now for Social Democracy in Europe?
"The reality is more complex than a simple story of social democracy in inevitable decline.…"
by Keith Grech
There Is No Third Way: Why Social Democrats Must Be Anti-Capitalists
"If social democracy has a future, then it can only lie in fully accepting the lessons of its own past, both distant and recent.…"

by Jeremy Gilbert
A Good Society Not Only For Academic Professionals!
"Social democrats must reaffirm their commitment to people whose security is threatened by modernisation.…"
by Rene Cuperus        

L'Europa e i privilegi neo-clericali

Laicità

Nell’indifferenza pressoché generale, il 1° dicembre è entrato in vigore il Trattato di Lisbona. Dire che è stata un’operazione di vertice è dire poco . . .  Per Papa Benedetto l’articolo 17 garantisce i “diritti istituzionali” delle chiese. Che cosa ne pensano – se ne pensano – i nostri rappresentanti, che hanno votato a favore del Trattato, non è dato sapere.

di Vera Pegna

Nell’indifferenza pressoché generale, il 1° dicembre è entrato in vigore il Trattato di Lisbona. Dire che è stata un’operazione di vertice è dire poco. Che la si sia voluta tale, lo ha confermato Giuliano Amato secondo il quale i capi dell’UE avevano “deciso” di rendere il nuovo trattato “illeggibile” per evitare che le riforme chiave fossero riconosciute ad una prima lettura e magari seguite da proposte di referendum nei singoli stati membri.

    C’è chi invece indifferente non è stato ma anzi ha aspettato con una certa trepidazione l’ultima firma necessaria al completamento della ratifica del trattato apposta dal ceco Vaclav Klaus. Senza quella firma, senza l’entrata in vigore del trattato, l’attività tenace svolta dalla Santa Sede per assurgere a un riconoscimento istituzionale da parte dell’UE avrebbe potuto essere annullata da futuri dirigenti dell’UE, meno propensi a cedere alle pressioni vaticane.

    Nel 1996 il Consiglio europeo di Torino aveva respinto la richiesta della COMECE (la Commissione dei vescovi europei) di riconoscere un ruolo pubblico alle chiese con la motivazione che la Santa Sede non era uno stato membro dell’Unione. Né poteva diventarlo dato che – unico stato in Europa – la Santa Sede non è firmataria della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.

    Ciò nonostante, negli ultimi otto anni , da quando fu messa mano alla elaborazione del trattato costituzionale europeo, la richiesta delle gerarchie vaticane ha fatto grandi passi in avanti. Insistendo sulla “morale naturale” e sui “valori universali” della dottrina cattolica e, soprattutto, mettendo i suoi servitori più fedeli nei posti chiave all’interno della Commissione, la Chiesa cattolica ha ottenuto ciò che le era stato rifiutato nel 1996, ovvero la menzione delle chiese in un documento legislativo europeo. Nel trattato di Amsterdam, nonostante le insistenze affinché lo status delle chiese fosse accolto nel corpo del testo,  il Vaticano ottenne solamente una   dichiarazione aggiuntiva annessa al trattato. Invece ecco che qualche anno dopo, nella bozza del trattato costituzionale europeo, appare un articolo sullo status delle chiese, questa volta all’interno del trattato stesso, nonostante un folto gruppo di parlamentari, fra cui gli italiani Lamberto Dini e Elena Paciotti, ne avessero chiesto la soppressione per i seguenti motivi:  Non si capisce perché ciò che è stato inserito in una Dichiarazione non vincolante nel Trattato di Amsterdam debba oggi essere innestato nella Costituzione… L'Unione non ha, e la Convenzione non ricerca, una competenza nel settore della teologia o della filosofia… 

    La tattica seguita dalle gerarchie cattoliche per arrivare a tanto è stata duplice: chiedere due cose per ottenerne almeno una e alzare un gran polverone su quella rinunciabile - la menzione delle radici cristiane - in modo da far passare quatton quattoni quella irrinunciabile contenuta nell’articolo 52 (diventato 17 nel nuovo trattato) difficile da far ingoiare ad una popolazione secolarizzata come quella europea.

    L’articolo 17 rassicura il Vaticano circa tre obiettivi prioritari. Primo: il riconoscimento della dimensione istituzionale della libertà religiosa. Secondo il Vaticano, la dimensione religiosa si estende a tutto ciò che riguarda l’essere umano e siccome la chiesa si proclama “esperta in umanità” è giusto che le sia riconosciuto uno status specifico, diverso da quello attribuito alle associazioni della società civile.

    Secondo: la facoltà per le chiese di intervenire su quei progetti di legge europei da esse considerati di loro competenza prima che tali progetti arrivino in aula. Con ciò la chiesa cattolica, ente privato i cui rappresentanti non sono eletti dai propri fedeli, entra a far parte del processo legislativo europeo provocando un duplice danno: la delegittimazione del parlamento poiché i membri eletti non bastano più a rappresentare le istanze degli elettori e l’inquinamento del sistema di democrazia rappresentativa, pilastro dello stato di diritto.

    Terzo: l’esenzione da quelle leggi e normative europee che sono in contrasto con la dottrina morale cattolica. Ciò riguarda in particolare la facoltà per le organizzazioni cattoliche che gestiscono servizi pubblici quali scuole, ospedali, ecc. di discriminare i propri dipendenti in base sia alla loro religione sia alle loro scelte di vita. È ciò che accade già in Italia per gli insegnanti di religione la cui assunzione o permanenza in servizio possono essere bocciate dalla diocesi di appartenenza qualora questa consideri che non si attengono alla morale cattolica.

    Per Papa Benedetto l’articolo 17 garantisce i “diritti istituzionali” delle chiese. Che cosa ne pensano – se ne pensano – i nostri rappresentanti che hanno votato a favore del Trattato di Lisbona non ci è dato sapere.

       
Lotta alla xenofobia 

SEL (Milano)
su Lega e Minareti

Sinistra Ecologia e Libertà di fronte alle deliranti grida di giubilo di esponenti della Lega sul risultato del referendum tenutosi in Svizzera circa il divieto di erigere minareti nelle città elvetiche ricorda che diritti e libertà (compresa quella religiosa) sanciti dalla Costituzione, sono indisponibili alla volontà di maggioranze e referendum, tanto più locali.

    Castelli ha chiesto di inserire nel tricolore una croce, Borghezio pretende a gran voce che si svolga urgentemente un referendum sui minareti anche in Italia. Ora aspettiamo un commento illuminato anche da parte di Salvini, che a suo tempo propose carrozze speciali sui convogli della metropolitana riservate agli immigrati. 

    Boutade, provocazioni. Sulle dichiarazioni dei leghisti si sorvola sempre. Le compagne e i compagni milanesi di Sinistra Ecologia e Libertà ritengono invece che questo continuo tentativo di erodere i diritti e le libertà fondamentali, sia pure di minoranza, mini il basamento su cui poggia da oltre 60 anni la Repubblica.

    Ricordiamo alla Lega Nord che anche il suo consenso rappresenta nel Paese una minoranza i cui diritti sono garantiti proprio da quei principi di cui si intende fare carta straccia.       

È morto un politico

La Catena di san Libero 
 
di Riccardo Orioles 

Roma. E' morto un politico, di freddo, sul marciapiede. Si chiamava Sher Khan e aveva cominciato la sua carriera politica lottando contro il regime militare del suo Paese, il Pakistan. Esule politico, era fuggito in Italia e qui aveva organizzato le prime le prime associazioni degli immigrati (come l'United Asian Workers Association). Con padre Luigi Di Liegro, il fondatore della Caritas, e Dino Frisullo aveva partecipato all'occupazione della Pantanella, nei primi anni '90. Anche dopo la scomparsa di Frisullo e padre Di LIegro aveva continuato il suo impegno politico a favore degli immigrati, senza maio chiedere nulla per sè, vivendo anzi in estrema miseria.

    Ultimamente viveva in una casa occupata, in via Salaria; "sgomberato" di forza,con tutti gli altri, per ordine del Comune negli ultimi mesi dormiva in mezzo alla strada. Aveva ottenuto lo status di rifugiato politico ma questo, essendo stato abolito l'articolo 10 della Costituzione ("Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà demoratiche, ha diritto d'asilo...), non l'ha salvato da Ponte Galeria nè dal marciapiede. Il freddo delle ultime notti, e il basso livello di civiltà di questo Paese, l'hanno ucciso. Fra le molte cose di cui noi italiani dovremo vergognarci per questi anni, la fine del politico Sher Khan è fra le peggiori.    

lunedì 7 dicembre 2009

Trattato di Lisbona, per un'Europa più efficiente

Riceviamo e volentieri pubblichiamo
 
Un’Unione europea piu’ efficiente e piu’ partecipata dai cittadini nelle sue decisioni  e piu’ forte sulla scena mondiale: e’ questa la visione della nuova Europa contenuta nel trattato di Lisbona entrto in vigore dal primo dicembre.

di Roberta Angelilli e Gianni Pittella
Vicepresidenti del Parlamento europeo

L’iter lungo e travagliato dell’adesione al trattato, per la comprensibile resistenza di molti Stati a cedere sovranita’ e a rinunciare a diritti di veto a favore delle istituzioni europee, e’ probabilmente la migliore testimonianza a favore della profondita’ dei cambiamenti che il nuovo patto porta con se’. Avvicinare la Ue ai cittadini e i cittadini alla Ue rafforzando, accanto all’intermediazione dei governi nazionali che sono stati finora i veri ‘’signori’’ dell’Unione politica, il ruolo dei parlamenti, e’ il primo obiettivo della riforma istituzionale che sta ridisegnando la governance di Bruxelles.

    L’adozione di tutta la normativa europea, da cui deriva, e’ bene ricordarlo, il 75% del nostro corpus legislativo, sara’ soggetta d’ora in poi a un livello di controllo parlamentare che non ha riscontri in nessun’altra struttura sovranazionale o internazionale. Infatti tutta la legislazione europea richiedera’, con poche eccezioni, la duplice approvazione del Consiglio e del Parlamento europeo. Inoltre scatta un importante coinvolgimento dei parlamentari nazionali nel processo decisionale. Ciascuno di essi infatti ricevera’ infatti tutte le proposte legislative dell’Unione, in tempo utile per discuterle con i suoi ministri prima che il Consiglio europeo adotti una posizione e avra’ anche il diritto di proporre un nuovo esame se ritiene che non sia rispettato il principio di sussidiarieta’, per il quale ogni decisione va presa al livello di governo piu’ vicino possibile al territorio.

    Ma i cittadini stessi conteranno di piu’, perche’ avranno la possibilita’ di presentare direttamente iniziative legislative alle istituzioni europee. Secondo questa nuova disposizione di democrazia partecipativa, un milione di cittadini appartenenti a un numero significativo di Stati membri, puo’ invitare la Commissione a presentare una proposta su questioni per le quali ritiene necessario un atto giuridico ai fini dell’attuazione del trattato di Lisbona.

    Anche la voce dell’Europa sulla scena mondiale potra’ essere piu’ forte se sara’ politicamente colta una delle principali novita’ del trattato. A rappresentare l’unicita’ della politica ‘’estera’’ dell’Ue sara’ una nuova carica istituzionale, nominata per la prima volta nei giorni scorsi dal Consiglio. La carta di Lisbona stabilisce principi e obiettivi comuni per l’azione esterna dell’Unione: democrazia, Stato di diritto, universalita’ ed inscindibilita’ dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali, rispetto della dignita’ umana e dei principi di uguaglianza e solidarieta’.

    Un’importante novita’ riguarda anche l’organismo di rappresentanza dei governi: la durata del mandato del presidente del Consiglio e’ stata prolungata, in modo da rafforzarne il suo potere di coordinamento. Inoltre il trattato estende il voto a maggioranza qualificata a nuovi ambiti politici per arrivare a processi decisionali piu’ snelli su questioni cruciali come il clima, la sicurezza energetica, gli aiuti umanitari, ambiti per i quali la carta prevede per la prima volta apposite sezioni. L’unanimita’ e’ stata mantenuta solo per la politica fiscale, estera, la difesa e la sicurezza sociale. Si chiude davvero un’epoca, spetta a tutti noi europei pretendere che se ne apra una nuova, forti del trattato di Lisbona.        
       

BASTA IMMOBILISMO POLITICO, BISOGNA AGIRE

Ipse dixit

Occhi chiusi  - "Vivere senza filosofare è davvero come tenere gli occhi chiusi, senza cercare mai di aprirli." - René Descartes 

       
VISTI DAGLI ALTRI

A cura di Internazionale - Prima Pagina

Il giorno di Spatuzza In questo momento l'agenda politica italiana ruota intorno a Gaspare Spatuzza, il collaboratore di giustizia che oggi dovrà testimoniare di fronte ai giudici della corte d'appello di Palermo, riuniti a Torino per ragioni di sicurezza, nell'ambito del processo d'appello al senatore Marcello Dell'Utri, condannato in primo grado a nove anni di prigione per concorso esterno in associazione mafiosa. Le parole di Spatuzza potrebbero gettare nuove ombre sul presidente del consiglio Silvio Berlusconi. Secondo il collaboratore di giustizia, infatti, Berlusconi e Dell'Utri sono stati, fin dagli anni ottanta, interlocutori politici ed economici dei fratelli Graviano, noti boss di Cosa Nostra.
Le Monde, Francia
http://www.lemonde.fr/europe/article/2009/12/03/les-accusations-d-un-mafieux-repenti-fragilisent-silvio-berlusconi_1275526_3214.html#ens_id=1259809


Diecimila donne contro la violenza e il velinismo
Mentre Veronica Lario e Patrizia D'Addario denunciavano il sistema politico-sessuale orchestrato da Silvio Berlusconi, perché le altre donne non protestavano? Questa domanda se la sono fatta in molti, dentro e fuori l'Italia, di fronte al machismo impudente del presidente del consiglio del "paese di Casanova". Le prime reazioni sono arrivate a ottobre, quando Berlusconi ha insultato Rosy Bindi. Il 28 novembre migliaia di donne - diecimila secondo gli organizzatori - hanno finalmente manifestato a Roma contro la violenza machista e lo sfruttamento del corpo delle donne a fini politici ed economici.

El País, Spagna
http://www.elpais.com/articulo/internacional/10000/mujeres/dicen/basta/Roma/violencia/velinismo/elpepuint/20091128elpepuint_11/Tes.    


Riceviamo e volentieri pubblichiamo

ATTENTATO IN SOMALIA, IL COSV ESPRIME RABBIA E CORDOGLIO

Una reazione di dolore e cordoglio ma anche una protesta contro l’immobilismo della politica. Sono le ong italiane presenti in Somalia che esprimono rabbia e sgomento dopo l’attentato suicida di oggi a Mogadiscio all’Hotel Shamo dove hanno perso la vita 4 ministri del Governo transitorio somalo, due giornalisti e oltre 15 studenti dell’università laica del Benadir.
“Un attacco senza precedenti” commenta da Nairobi Novella Maifredi, responsabile dei progetti in Somalia del COSV “dopo anni di crisi politica e umanitaria oggi ci troviamo di fronte a un punto di non ritorno, mai avevamo visto la Somalia in queste condizioni. Questa e la dimostrazione della forza e del potere sul territorio di Al Shabab, la componente fondamentalista che ha in mano gran parte del paese”. Attentato oggi grave in quanto colpisce direttamente continua Maifredi “le forze vive di un paese e di una citta come Mogadiscio ormai alla deriva, dove noi cooperanti da almeno due anni non possiamo entrare perche bersagli di attacchi e dove anche la popolazione e ostaggio della violenza e della poverta”. Cosa fare allora? “Non si può restare immobili, siamo stanchi di registrare solo parole di indignazione e nessun atto concreto da parte della politica, italiana e internazionale, e il momento di dire apertamente che cosa si vuole fare per non far implodere la Somalia” sottolinea la cooperante COSV.
Un appello alla politica dunque, all'Italia, all'Europa, perchè non si continui a dare per scontato che la Somalia è persa, abbandonata a un destino ineluttabile.
Per informazioni:  cosvngo@tin.it 

       

domenica 6 dicembre 2009

IL DIBATTITO POLITICO NEL PARTITO DEL SOCIALISMO EUROPEO

 
 
 
Andrea Nahles
segretaria centrale della SPD
interviene sul tema
La buona società

 
Intervento video in lingua inglese