giovedì 21 dicembre 2017

Freschi di stampa, 1917-2017 (28) - Autunno

I celebri versi ungarettiani – Si sta come / d'autunno / sugli alberi / le foglie – non alludono soltanto all'Eneide (VI, 309-312), ma anche all'imperatore Guglielmo di Germania che, nell'agosto del 1914, aveva predetto ai suoi soldati in partenza per il fronte: «Torne­re­te nelle vostre case prima che siano cadute le foglie».

 Nella primavera dell'anno successivo – dopo che le verdi chiome si erano ormai da tempo trasfigurate in fango – Clara Zetkin riuniva a Berna l'Internazionale Socialista delle Donne, il cui manifesto for­mu­lava questa duplice domanda: «Dove sono i vostri mariti? Dove i vostri figli?».

    A nove mesi dall'inizio della guerra che doveva porre fine a tutte le guerre: «Essi ormai a milioni riposano nelle fosse comuni. A centinaia e centinaia di migliaia nei lazzaretti, i corpi straziati, gli arti maciul­lati, gli occhi spenti a ogni luce, distrutto l'equilibrio della mente, giac­ciono assediati da epidemie o prostrati dallo sfinimento. Le città e i villaggi incendiati, i ponti in rovina, i boschi distrutti e le semina­gio­ni sconvolte fanno segno alle loro gesta».

    La Seconda Internazionale era morta, di fatto, da quando vari partiti – tra cui quelli di Francia, Gran Bretagna e Germania – si erano al­li­neati agli interessi delle rispettive nazioni e dei rispettivi governi. Il no­no congresso dell'Inter­nazio­nale, convocato nell'agosto 1914 a Vienna, non aveva avuto luogo. Ma intorno al movimento delle donne guidato dalla Zetkin si era andato formando un Comitato Socialista Interna­zio­na­le, detto anche "Internazionale di Berna", al quale si deve la con­vo­cazione di tre Conferenze Internazionali per la pace.

    La Prima Conferenza Internazionale si tiene a Zimmerwald, in Sviz­zera, dal 5 all'8 settembre 1915 e fa propria la mozione da un delegato russo, Lev Troc­kij, non ancora aderente alla frazione bol­sce­vica. La mozione di Troc­kij, che si pre­fig­ge una cessazione generale delle osti­lità "senza cessioni o an­nes­sioni", prevale su quella presentata da Lenin che chiede di tra­sfor­mare la guerra imperialista in guerra civile. Le fi­nalità zimmerwaldiane sono ribadite con forza nell'aprile 1916 a Kien­thal, sempre in Svizzera, nel corso di una Seconda Conferenza Inter­nazionale. E nella Terza Conferenza, che ha luogo a Stoccolma nel­l'estate del 1917, Angelica Balabanoff, convinta sostenitrice della linea di Zimmerwald, è eletta, con voto unanime Segretaria generale.

Ma al terzo anno di guerra i tempi si sono fatti cruenti come non mai. Lo testimonia anche un editoriale dell'ADL che il 22 set­tembre 1917 lancia questo interrogativo, marziale fin dal titolo: «L'ora della resa dei conti è vicina?».

Dalla frontiera italo-svizzera, che "torna permeabile" e che anche grazie alle notizie portate dai passatori permet­te di capire meglio la situazione in Italia, si apprende che: «Torino ha dato un formidabile crollo al regime di guerra: un grido solo ha echeggiato per le vie della industriale città proletaria: "Pane e non guerra". Grido di minaccia e di battaglia» (ADL 22.9.1917).

    Il governo italiano, come ai tempi di Crispi e di Bava Beccaris, risponde al popolo facendo fuoco. Quelle stesse mitragliatrici che i me­tal­meccanici torinesi avevano «fabbricate pel "nemico", sono usate dal capitalismo contro il "nemico esterno" o contro il "ne­mi­co interno"(…) indifferentemente». Da Londra a Stoccolma rimbalza un bi­lan­cio di cinquanta morti, numerosi i feriti, migliaia gli arrestati. Ma la situazio­ne, da ciò che trapela attraverso il Comasco e la Val d'Os­so­la, è più grave: «le ultime notizie portano a seicento i morti, donne e fanciulli in abbondan­za, che giacquero insanguinati sulle vie, e si spensero sotto l'unghia ferrata della Caval­le­ria italiana» (ADL 22.9.1917).

    Esagerazioni? «È accertato che tutti i dirigenti del movimento sov­versivo ed i Co­mi­tati direttivi delle organizzazioni sindacali sono arrestati. La Camera del Lavoro occupata dalle autorità militari. È accertato che bersaglieri e fanteria si sono rifiu­ta­ti di sparare sulla folla. È accertato che gli ufficiali mitraglieri sono scesi a mitraglia­re il popolo, e l'hanno fatto con satanica voluttà» (ADL 22.9.1917).

L'editoriale dell'ADL del 22 settembre 1917

L'incendio, giungendo ormai alla casa della mobilitazione totale, ha assunto il carattere pervasivo di uno stato d'emergenza che dilaga.

    «Ancora: a Genova, ad Alessandria, a Torino, sotto la formula della "Zona di guerra" viene dichiarato lo stato d'assedio. Anche ad Ales­san­dria ed a Genova, una spallata rivoluzionaria deve avere squassato i poteri statali.

    Ancora: in provincia di Como, ad Albese, il Sindaco socialista viene colpito con tre anni di sospensione dai pubblici uffici per avere in­sce­nata e capitanata una violenta dimostrazione del popolo.

    Ancora: Costantino Lazzari [leader del PSI, ndr] viene dall'ono­re­vo­le Orlando deferito al Procuratore del re per una circo­la­re diramata alle Amministrazioni comunali socialiste di tutta Italia, in­vi­tante alle dimissioni in massa per protesta clamorosa contro la guer­ra.

    Ancora: dappertutto (…) i centri d'infezione social-pacifista, leni­ni­sta – [dice] il rivoluzionarissimo foglio di Mussolini – si svilup­pano, si estendono, minacciano.

    Il grido di spavento della borghesia (…) si traduce in pressanti in­vi­ti alla reazione, fulminea, sanguinosa. "L'ordine di Varsavia" è ri­chie­sto a gran voce dal Popolo d'Italia che vuole lo stato d'assedio (…) e la fucilazione dei socialisti, in massa» (ADL 22.9.1917).

    Il “rivoluzionarissimo”Mussolini, e il suo “rivoluzionarissimo”quo­ti­diano, il Popolo d'Italia, stanno avvistando lo strumento principe di quella che sarà la prima "rivoluzione conservatrice" d'Europa. L'esten­sio­ne totalitaria dello stato d'assedio consentirà al futuro duce di riaf­fer­mare il pri­mato della nazione, dell'ordine e della disciplina, mo­stran­do a tutti la via lungo la quale l'ondata rossa va fer­mata. Man­ga­nello e olio di ricino diverranno così i simboli della repressione fascista che ope­rerà come risposta minuziosa e implacabile al tumulto leninista.

    “Trasformare la guerra imperialista in guerra civile” – questa pa­rola d'ordine era sì uscita minoritaria da Zimmerwald. Ma nell'e­sta­te in­fuocata del 1917 il bolscevismo riemerge come dispo­si­tivo d'emer­gen­za a salvaguardia della Rivoluzione russa (di Febbraio!) e dei mo­vimenti interna­zionalisti per la pace. Poco importa qui misurare quan­to il sostegno del Kaiser tedesco potesse avere trasmesso a Vla­di­mir Il'ič Ul'janov la spinta decisiva verso la conquista del potere. Il punto è che adesso tutto cambia di nuovo e l'intero grande veicolo del­l'esta­blish­ment bellico europeo già fa "macchina indietro tutta".

    Di fronte alla "trasformazione" leniniana del bellum in tumultus, le destre reazionarie si predispongono per parte loro a riassorbire il tu­mul­to dentro un “rivo­lu­zio­narissimo”stato di guerra, d'assedio e d'eccezione sparato ad alzo zero sulla protesta popolare. Eccola qui, la nuova normalità nazional-fascista, l'ideazione in gestazione di una forma di Stato che è figlia ultimogenita della Prima guerra totale e che nasce già gravida della Seconda. È il suicidio d’Europa che vuol consumarsi fino al fondo sfondato della sua deflagrante civiltà.

    «L'antagonismo tra la classe borghese e le folle proletarie coscienti è alla fase più acuta della storia.

    Vi è dunque in Italia una situazione minacciosa. Una situazione che non è più allo stato potenziale. (…)

    Il "grisou" anti-guerresco, anti-borghese, socialista è nel cuore e nello spirito delle folle. (…)

    L'inverno prossimo sarà risolutivo. Il grido di Treves: "Quest'in­ver­no non più in trincea" è oramai programma. (…)

    Vi siamo dunque? Siamo alla resa dei conti? L'ora è vicina? Sta per iscoccare?

    (…) L'urto è inevitabile. È incominciato. Le fasi successive ci da­ranno la battaglia campale. Tutta l'anima nostra, tutto il cuore nostro, tutta la passione nostra, per la rivoluzione sociale» (ADL 22.9.1917).

    La categoria politica della "rivoluzione sociale" fa qui la sua com­par­sa in un'accezione completamente diversa rispetto al significato che a essa attribuirà a Livorno nel 1921 il padre del riformismo italiano.

    Per Filippo Turati la "rivoluzione sociale" ha luogo nelle menti e nei cuori delle masse, nella trasformazione quotidiana dei rapporti tra le classi e tra le persone, in una prospettiva assolutamente estranea ri­spetto a quella dello stato di guerra, d'assedio, o d'eccezione. È l'esatto contrario della "rivoluzione politica" che invece accade come rottura della forma statuale vigente dopo la conquista delle casematte del po­tere.

    Questo è il punto dolente. Su di esso Turati il 19 gennaio del 1921 a Livorno dirà: «Tut­te forme queste – violenza, culto della violenza, dit­tatura del pro­le­tariato, perse­cu­zio­ne dell'eresia – che (…) hanno un solo presup­po­sto (…) che per noi è l'illusione – che la rivoluzione sociale, inten­dia­mo­ci, non una rivoluzione politica, che abbatte e cam­bia sistema, sia il fatto volontario di un giorno o di un mese o di qual­che mese, sia l'im­provviso alzarsi di un sipario, il calare di uno sce­na­rio nuovo, sia il do­mani di un posdomani di un calen­dario, mentre il fatto di ieri, di og­gi, di sempre, che esce dalle viscere stesse della so­cietà capitalistica, di cui noi creiamo soltanto la consapevolez­za, che noi possiamo sol­tan­to agevolare nei molteplici adattamenti della vita politica, ma non possiamo né creare, né apprestare, né precipitare, che dura da decen­ni, che si avvererà tanto più presto quanto meno lo sforzo della vio­len­za (…) provocante, bruta, prematura, e quindi de­stinata al fallimento, esasperando resistenze avversarie e pro­vocando reazioni e con­tro­rivoluzioni, le ritarderan­no il cammino e l'ob­bli­ghe­ranno di ritornare su se stessa.» (Dalla trascrizione ste­no­gra­fica del discorso di Filippo Turati a Livorno, ripubblicata integralmente sul­l'ADL del 19.11.2008, pp. 106sg.).

(28. Continua)

Prosegue la serie di testi ispirati o ripresi dall'ADL nell'anno delle due rivolu­zio­ni russe che hanno cambiato il mondo. La nostra redazione di allora poté "coprirle" entrambe con materiale di prima mano. Ciò grazie soprattutto ad Angelica Balabanoff, fautrice degli stretti legami svilup­pa­tisi tra i socialisti italiani e russi impegnati, insieme al PS sviz­zero, nella grande campagna di "guerra alla guerra". Campagna lan­ciata con la Conferenza di Zimmerwald. E culminata nella Rivoluzione d'Ottobre.