Il delitto del "social-patriottismo" in Russia è un testo che rivendica alla Rivoluzione di Febbraio quel carattere genuinamente socialista e democratico, nonché pacificatore, che però, proprio per questo imprinting, avrebbe richiesto una conduzione di governo conseguente, capace di far procedere la rivoluzione "per la stessa via", la strada di una “vita nuova”. Invece, non è stato né fatto né risolto niente di fondamentale: «La questione delle terre? Dell'espropriazione delle industrie? Tutto rinviato all'Assemblea Costituente. E l'Assemblea Costituente? Anche quella rinviata.» A questo punto, allora, «ben venga Korniloff, la reazione, la contro-rivoluzione», prosegue il testo E non chiedeteci come mai l'esercito tedesco ha ripreso l'avanzata, perché «la risposta è purtroppo, unica e sola. La Russia aveva ripreso l'offensiva». Riferimento trasparente: «Questo è il delitto di Kerenski, è il delitto del social-patriottismo.» Ecco, dunque formulata la tesi di cui al titolo, ribadita e rafforzata poco sotto: «Kerenski ha tradito la patria. Il social-patriottismo russo ha tradito la patria russa» (ADL 15.9.1917).
Il livello dello scontro tra "patrioti" e "internazionalisti" si riassume ormai in accuse ad alto potenziale delegittimatorio: «Ed ora? Ora l'imperialismo tedesco cinicamente abusa della situazione, tende arrivare a Pietrogrado, ove spera vincere il nemico belligerante e debellare nel medesimo tempo la minacciante rivoluzione europea. Se questo avviene, lo dobbiamo al social-patriottismo» (ADL 15.9.2017).
Dopo il fallimento della Conferenza "social-diplomatica" di Stoccolma, dove "social-patrioti" e "internazionalisti" avrebbero dovuto trovare una linea comune, la Grande guerra sta assumendo i contorni di un conflitto combattuto non solo con le armi della metafora anche all'interno del movimento operaio organizzato: «Ma la lezione serve: grandiosa, tragica, funesta. Nella storia, situazioni simili, aprono gli occhi ai popoli di tutto il mondo. Oggi gli altri popoli vedono nell'esperimento russo il pericolo del naufragio di una rivoluzione: il social-patriottismo, che genera la guerra, che si avvale della collaborazione di classe, che non risolve i fondamentali problemi sociali, che tradisce la rivoluzione» (ADL 15.9.2017).
Qui la parola "rivoluzione" trae ancora i suoi significati dal 14 luglio francese e dalle idee liberali del 1789 che animarono la Presa della Bastiglia – liberté, egalité, fraternité – e che attraverseranno l'Ottocento marcandone le spinte emancipatorie, in modo ambivalente. La Francia rivoluzionaria sarà così un riferimento neo-umanistico universale nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, ma sarà anche il modello iper-patriottico della Grande Nation che tutti i popoli d'Europa saranno indotti a imitare realizzando il affrancamento dall'età dell'assolutismo. Il Febbraio russo è "ancora" tutto dentro questo schema nazional-democratico. Solo con la Presa del Palazzo d'Inverno, che si offre sul piano simbolico quale pendant pietrogradese della Bastiglia, la sostanza politica muta in un rovesciamento "di classe" del fronte di guerra. E allora la parola "rivoluzione" muterà il proprio significato nella sua accezione compitamente novecentesca.
L'ecumenismo liberal-democratico del Febbraio, d'altronde, muore con l'Offensiva Kerenskij e viene sepolto dal tentato golpe del generale Kornilov. Ora tutte le acquisizioni democratiche "borghesi" sono rimesse in discussione. E allora, tanto peggio, tanto meglio: «Perché la rivoluzione non naufraghi occorre: Abbattere la classe dominante, completamente. Nel suo dominio politico come in quello economico. Strappare i denti della vipera; abolire la proprietà privata d'un colpo. Al primo momento. Fare sparire le classi livellandole in una, e creando nelle masse proletarie, rese signore di questa conquista, le armi formidabili decisive, spontanee, naturali, che impediscano un ritorno alle separazioni delle classi ed al privilegio di classe. Questa opera in Russia non si è fatta: contro la volontà dei bolscewiki, per volontà dei social-patrioti. La storia raccoglie, accerta, e condanna.» (ADL 15.9.2017).
Il "tanto peggio, tanto meglio" è un salto di qualità della violenza, non solo verbale, che avviene in senso contrario al progetto politico, sotto la pressione degli eventi bellici e in un clima di crescente psicosi di massa. Questa questione è inestricabile dal contesto in cui si svolge l'anno assiale 1917.
Giunti sin qui non possiamo non citare un testo dedicato a Friedrich Adler, fisico e matematico austriaco, amico di Albert Einstein, figlio del presidente del partito socialdemocratico, Victor Adler, e dell'esponente socialista Emma Braun Adler.
«Adler ha rivoluzionato la psicologia delle masse proletarie in Austria. Ha parlato per primo». E perciò, Friedrich Adler avrebbe dovuto finire sul patibolo, se l'imperatore d'Austria-Ungheria non lo avesse graziato «evitando che il marxista, rivoluzionario, l'internazionalista Adler penzolasse dal tragico strumento di morte: la forca!». (ADL 15.9.2017)
La pena capitale è commutata in diciotto anni di carcere duro. Ma, caduto l'impero austro-ungarico, Friedrich Adler verrà, di lì a un anno, amnistiato dalle autorità della neonata Repubblica e diverrà uno dei principali esponenti della socialdemocrazia austriaca, attraversando per lungo tragitto l'opposizione alla guerra, l'impegno repubblicano e poi la guida dell'Internazionale Socialista, l'opposizione antifascista e l'esilio statunitense dopo lo Anschluss, fino al rientro in Europa nel 1946 e alla morte nel 1960.
Recependo il resoconto anonimo di «un amico bosniaco, che visitò in questi giorni la cella del grande prigioniero politico», l'ADL descrive le condizioni in cui Adler si trova nel momento in cui deve affrontare l'esecuzione, dinanzi alla cui prospettiva efli si mantiene per altro del tutto imperturbabile.
«Per dare un solo esempio dell'eroico stato d'animo in cui Adler si trovò, prima ancora della commutazione della sua pena, il su lodato amico mi disse che Adler conduceva una vita attiva e serrata dentro la sua cella, senza preoccuparsi della propria sorte. Alle sette del mattino Federico era già in piedi e fino alle sette di sera, leggeva, scriveva e studiava. (…)
Questo amico (…) presenziò anche l'ormai celebre processo (…):
È invitato dai giudici a parlare colle spalle voltate al pubblico. Egli parla. La voce di Adler è sonora. Rimbomba nella sala. Molti piangono. Così passano sei ore.
In ultimo Adler si volta improvvisamente verso il pubblico e grida: "Evviva l'Internazionale Rivoluzionaria!"
Un brivido acuto di commozione passa sugli astanti, che elettrizzati dalla forza di volontà di Federico, rispondono spontaneamente: "Evviva l'Internazionale Rivoluzionaria! Evviva Federico Adler!"» (ADL 15.9.2017).
Leggendo il testo dell'ADL si sarebbe indotti a pensare a un intellettuale pacifista, incarcerato a causa delle sue idee da un regime liberticida. In realtà Adler ha ammazzato il premier austriaco Karl Stürgkh, freddandolo a colpi di pistola il 21 ottobre 1916 nella sala da pranzo dell'Hotel Meissl & Schadn.
Dapprima, la stampa di partito condanna l'assassinio come "estraneo e inconcepibile per l'intero universo ideale socialista", atto del "seguace di una folle illusione" che nel "fanatismo dell'autodistruzione" annienta crudelmente anche se stesso e "ciò che avrebbe contenuto una ricca promessa di fioritura", si legge sulla Arbeiter Zeitung.
Ma Adler va a processo e riesce a rovesciare l'accusa contro la componente riformista “socialcristianizzata, nazionalizzata, piccoloborghesizzata” del suo stesso partito, cioè quella componente “social-patriota” considerata rea di complicità con la guerra nonché impermeabile a qualunque tentativo di aprire una discussione interna. Di qui la risoluzione di compiere un attentato “contro la morale austriaca”, apertamente votato a una “professione di violenza” che non pretende di sostituire né di scatenare la lotta di massa, ma solo di “creare le condizioni psicologiche per azioni di massa a venire”, argomenta Adler, il cui atto di "giustizia proletaria" trasforma l'attentatore in un vero e proprio eroe popolare da contrapporsi come “professione di violenza” alla violenza di guerra.
Di fronte a questo imputato che non recede, e miete anzi l'entusiasmo generale, l'establishment socialdemocratico prima e poi quello imperiale tot court pare pronto a riconoscere se non proprio uno statuto di "martire del movimento operaio", certo almeno quello di “martire del suo proprio convincimento”. E così, a furor di popolo, arriva la grazia del "beato" Carlo I d'Asburgo. Un gesto effettivo di clemenza? O il tentativo di depotenziare l'eclatante tendenza al martirio che in Friedrich Adler è sfida aperta all'establishment austro-ungarico?
(27. continua)
Prosegue la serie di testi ispirati o ripresi dall'ADL nell'anno delle due rivoluzioni russe che hanno cambiato il mondo. La nostra redazione di allora poté "coprirle" entrambe con materiale di prima mano. Ciò grazie soprattutto ad Angelica Balabanoff, fautrice degli stretti legami sviluppatisi tra i socialisti italiani e russi impegnati, insieme al PS svizzero, nella grande campagna di "guerra alla guerra". Campagna lanciata con la Conferenza di Zimmerwald. E culminata nella Rivoluzione d'Ottobre.