giovedì 15 novembre 2012

Viva Obama e abbasso noi?

Dibattito politico 1

 

Sono personalmente contento che Obama abbia vinto e penso sinceramente che sia meglio per l’America e per il mondo. C’è troppa ideologia nel Partito Repubblicano di oggi e c’era dunque il rischio che i problemi dell’America e del mondo Romney li tagliasse con l’accetta, appunto, dell’ideologia.


di Giuliano Amato

www.giulianoamato.it


Le lezioni che ricavo dal voto  americano sono fondamentalmente due e nessuna delle due mi porta a concludere "viva Obama, abbasso noi". Penso anzi che noi, e qui intendo noi italiani e noi europei, non abbiamo  particolari ragioni per essere invidiosi e abbiamo anche qualcosa da insegnare.

    La lezione numero uno è per noi italiani e ci invita a smetterla di decantare la migliore qualità (rispetto al nostro) del sistema istituzionale americano, che consente agli elettori di sapere subito dopo il voto chi li governerà nel quadriennio successivo.

    Sì, quegli elettori sanno subito chi sarà il loro Presidente, ma se contemporaneamente hanno eletto un Congresso nel quale la maggioranza va al partito opposto a quel Presidente, quest’ultimo dovrà quotidianamente negoziare con quella maggioranza le sue misure e ne uscirà o un governo condiviso o un governo addirittura bloccato. Né si tratta di un caso eccezionale, giacché è quello che è capitato a più presidenti prima di Obama, a lui durante il suo primo mandato e gli sta ricapitando ora dopo queste elezioni. La differenza dal nostro sistema non offre perciò particolari motivi di invidia, tanto più che i nostri governi dispongono dell’arma della fiducia, che non c’è negli Stati Uniti, e possono imporre (c’è chi ritiene anche troppo) la propria volontà al Parlamento con maxiemendamenti e decreti, che penso alla Casa Bianca guardino, loro sì, con invidia.

    Sia chiaro, noi  ne abbiamo tante di cose da aggiustare nella nostra forma di governo e sarà bene che lo facciamo con qualche idea chiara in testa. Mentre gli ondeggiamenti senza bussola ai quali assistiamo nei tentativi di riforma della legge elettorale  dimostrano che per il momento di sicuro non è così. Ma non partiamo dalla premessa che l’erba del vicino è sempre più verde e che possa bastarci importarne un po’.

    Il che ci porta alla lezione numero due. Nei mesi scorsi Washington ha ansiosamente monitorato i rischi promananti dall’eurozona per la crescita e la stessa stabilità dell’economia mondiale e per questo Obama ha ricevuto e chiamato i nostri leaders. Ebbene ora dovremo noi seguire le vicende americane esattamente per gli stessi motivi. Il rieletto Presidente ha infatti davanti a sé una brutta gatta da pelare e se non riesce a farlo già nelle prossime settimane, gli Stati Uniti potrebbero cadere in una pesante recessione, che si cumulerebbe alla nostra con effetti disastrosi su tutti noi. Ci riuscirà con il Congresso che si trova davanti?

 

Sta entrando in questi giorni nel lessico comune la locuzione “fiscal cliff”, che si avvia ad affiancare lo "spread" fra le fonti dei nostri incubi diurni e notturni. Si tratta del precipizio (cliff, che alla lettera vuol dire roccia scivolosa a perpendicolo) nel quale gli Stati Uniti possono scivolare se a gennaio diventeranno operative le misure   imposte mesi fa dai repubblicani per spingere a un’azione vigorosa sul debito. Tali misure, se non rimpiazzate, comporteranno la automatica adozione di tagli di spese e di aumenti fiscali a carico dei ceti medi, che farebbero sparire oltre 600 miliardi dall’economia e le darebbero un colpo che finirebbe, come l’onda di uno tsunami, per attraversare gli oceani.

    Il Presidente e il Congresso hanno la responsabilità di trovare un accordo per evitarlo e sebbene l’esperienza della trascorsa legislatura testimoni il contrario, è ragionevole attendersi che quel muro contro muro possa ora non ripetersi. Lo scopo prioritario dei Repubblicani  durante il primo mandato di Obama era stato quello di estremizzare le sue difficoltà per impedire la sua rielezione. Ora quello scopo non ha più ragion d’essere e il merito delle questioni dovrebbe prevalere.

    Ma qui tocca in primo luogo al Presidente trovare proprio in noi europei l’ispirazione per misure di risanamento finanziario, alle quali si è finora sottratto. Noi abbiamo ecceduto e continuiamo ad eccedere  nell’austerità a senso unico, ma una lezione incoraggiante per noi è che possiamo dare lezione all’America sui modi per riportare sotto controllo i programmi di spesa che ne sono usciti.

    Non basta far pagare più tasse ai ricchi, come il Presidente ha appena annunciato. Il programma di assistenza per gli anziani, Medicare, con il formidabile aumento di beneficiari dovuto al ciclo demografico e all’allungamento della vita (noi lo sappiamo bene), corre dritto verso la bancarotta nel giro di un decennio. E le spese per la difesa hanno raggiunto livelli insostenibili.

    Noi, Grecia compresa, stiamo superando difficoltà e resistenze enormi per riportare in equilibrio i nostri bilanci. C’è da augurarsi che Obama e il Congresso sappiano fare altrettanto, senza essere fermati, fra l’altro, dai veti di coloro che hanno tanto, troppo finanziato le loro campagne elettorali.

    Anche qui, nel freno imposto alle spese elettorali e ai condizionamenti che possono portare con sé, Europa docet.

    Insomma, in un Occidente che si sta adattando con difficoltà ad un mondo che cambia e mette in campo nuovi protagonisti, l’Europa, con tutti i suoi guai, ha ancora un ruolo e qualcosa da insegnare. Anche Obama farà bene a tenerne conto.

 

 

 

IPSE DIXIT


Un minimo di cinismo 1 - «Senza un minimo di cinismo non c'è destra che tenga.» – Giuliano Ferrara


Un minimo di cinismo 2 - « Dobbiamo liberarci da quel tanfo di sacrestia di una classe dirigente che al mattino si presentava sul palcoscenico elettorale con l'acquasantiera e il crocifisso in mano. La sera approntava la scena del burlesque. Una classe dirigente che ha fatto a gara per mettersi in prima fila nel Family day. La notte il Family day lo celebrava con qualche escort e con un po' di cocaina.» – Nichi Vendola


Un minimo di cinismo 3 - «È infatti della Lega l'emendamento alla legge salva-Sallusti (che ridere) che, approvato ieri a scrutinio segreto, prevede il gabbio per i giornalisti che incappano in condanne per diffamazione (...) Scusi Maroni, lei si ricorda che è libero, e ha potuto fare il ministro dell'Interno, solo perché si è fatto fare una legge ad personam che ha abolito il reato di oltraggio a pubblico ufficiale per il quale era stato condannato a quattro mesi di carcere? Scusi Castelli, nobile senatore leghista, sa che lei è libero solo perché il Parlamento ha negato l'autorizzazione a procedere per diffamazione quando aveva dato dello sprangatore a Diliberto? E scusi senatore Calderoli, ci spiega come mai non ha mai pagato per quegli undici morti negli scontri fuori dal consolato di Bengasi seguiti alla sua idea geniale di presentarsi, in nome della libertà di opinione, al Tg1 con la maglietta anti Islam? E scusate, leghisti, come mai Bossi è a piede libero pur avendo subito decine di condanne per diffamazione a magistrati, capi dello Stato, avversari politici? (...) Io andrò a San Vittore, ma loro tra pochi mesi spariranno nel nulla dal quale provenivano.» – Alessandro Sallusti