Dal "Corriere di Tunisi" – la storica testata italiana fondata nel 1956 da Elia Finzi insieme ad altri esuli antifascisti – riceviamo un segnale d'allarme sulla situazione del Paese. L'editoriale, che qui di seguito riportiamo integralmente, descrive un clima teso e complesso. All'indomani della lettura del "Preambolo" della futura costituzione, le elezioni sono state rinviate al giugno 2013. Un dirigente del partito laico di opposizione, il Nidaa Tounes, è stato ucciso da frange filo-islamiste. Il Preside di Lettere all'Università di Manouba, simbolo della lotta per le libertà accademiche, rischia cinque anni di galera.
Periodo molto complesso per la Tunisia all'indomani della lettura del Preambolo della futura costituzione che dovrà/dovrebbe permettere il passaggio da una politica di transizione democratica ad una democrazia tout court.
Periodo anche molto teso dovuto al timore che dopo la fatidica data del 23 ottobre che corrisponde teoricamente alla fine del mandato per l'assemblea costituente democraticamente eletta per presentare la nuova costituzione, si sarebbe dovuto andare alle elezioni, riportate invece a giugno 2013. Timore di nuove ondate di contestazione, di ulteriore insicurezza, di disobbedienza civile.
Se la tensione permane lo scoglio fatidico del 23 che doveva sancire la fine del mandato del governo provvisorio è stato superato nella calma e con un senso di grande responsabilità civile anche da parte di coloro che ne contestano la legittimità dopo quella data.
Gli ultimi avvenimenti, specie quelli di Tataouine segnano pero' un degrado del dibattito tra le varie sensibilità politiche presenti nel paese. L'uccisione del segretario del partito Nidaa Tounes di Tataouine da parte di frange di militanti vicini agli Islamisti al potere ha scosso l'opinione pubblica.
A ciò si aggiunge il processo in corso contro il Preside della Facoltà di Lettere, Habib Kazdaghli, diventato per una maggioranza di universitari tunisini (ma anche francesi, italiani, svizzeri ecc.) il simbolo della lotta per le libertà accademiche contro coloro che pretendono strumentalizzare il dibattito identitario in atto in Tunisia per imporre una loro visione della società ma soprattutto del sapere attraverso un progressivo degrado dell'istituzione ed attraverso atti di violenza come quelli che hanno caratterizzato il difficile anno accademico 2012.
Il Preside Kazdaghli (eletto dai colleghi), in effetti, non aveva ceduto, in accordo col Consiglio Scientifico della Facoltà (egualmente eletto dai colleghi), alla violenza con la quale si era cercato di imporre in aula studentesse coperte da velo integrale, primo passo per l'adozione di un progetto che divida le aule per sesso e probabilmente anche per… tematiche.
Oggi, il Preside Kazdaghli, che ha subito anche violenze da parte degli estremisti, ha dovuto comparire in aula davanti ai giudici penali per difendersi da due studentesse in burka che lo accusano di atti di violenza, mentre tutte le testimonianze concordano nell'affermare il contrario. Il Preside Kazdaghli rischia cinque anni di prigione.
E cosa rischia l'Università?
In Siria, malgrado si speri che durante l'Aïd ci sia una tregua, la situazione è sempre più disastrosa e si capiscono sempre meno gli interessi che muovono questa sporca guerra. Molti tra i ribelli arrestati e uccisi non sono di nazionalità siriana.
In Italia le primarie del Partito Democratico si annunciano diversamente calde. Per parafrasare il deputato eletto per la nostra circoscrizione, Marco Fedi, la candidatura di Bersani ci pare l'unica via coerente perseguibile dal PD. Ancora una volta, anche se in altro contesto, i rottamatori servono gli interessi di chi? Certamente non degli italiani, che debbono fare i conti con la crisi economica e sociale in atto. Né tantomeno servono agli italiani all'estero, che hanno vitale bisogno di un governo italiano serio, ma soprattutto credibile.