giovedì 1 novembre 2012

Rifugiati: nuove accuse all'Italia

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.rassegna.it


Il sistema Dublino II scricchiola. Un'altra corte ci boccia, stavolta in Inghilterra. Il rientro di 4 rifugiati viene confermato, ma la nostra situazione è definita "inquietante". L'avvocato italiano: "Decisione pilatesca"

di Carlo Ruggiero e Fabrizio Ricci


Ancora un caso giudiziario, e ancora una volta sotto accusa c'è l'Italia. Dopo le decine e decine di tribunali tedeschi, dopo quelli norvegesi e svizzeri di cui abbiamo dato notizia, stavolta a puntare il dito contro le terribili condizioni in cui vivono i rifugiati politici nel nostro paese è una corte inglese.

    Con una sentenza del 17 ottobre scorso, infatti, the England and Wales Court of Appeal (Civil Division) ha respinto i ricorsi di quattro tra richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale che si appellavano contro il loro trasferimento in Italia, così come specificato dal Regolamento europeo, il famigerato "Dublino II".

    A differenza di quanto successo più volte in Germania, quindi, in questo caso i giudici britannici hanno respinto la richiesta dei quattro "dublinati", ma non senza definire "estremamente preoccupanti" e tutt'altro che poco critiche le prove portate dalle difese a loro sostegno. In sostanza, il tribunale ha preso una decisione che aggira il problema: non ha escluso la possibilità che i rifugiati possano trovarsi, al momento del loro rientro in Italia, in una situazione di abbandono, ma ha comunque giustificato il loro espatrio. I giudici ritengono che le carenze evidenziate all'interno del sistema di protezione nel nostro paese, di fatto, "non possano ritenersi indice di una disfunzione strutturale del sistema".

    In parole povere, i giudici ammettono le carenze italiane, ma non le ritengono "sistematiche", quindi non abbastanza da comportare un'infrazione dell'art. 3 della Corte europea dei diritti dell'uomo, che recita: "Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti".

     "Una scelta pilatesca", commenta Loredana Leo, avvocato che a Roma segue decine di casi di rifugiati sottoposti al "regime Dublino", e autrice di un dettagliato rapporto sulla situazione italiana che le difese inglesi hanno sottoposto ai giudici della Court of Appeal. "Parlano di situazione inquietante, ma affermano che non si tratta di una disfunzione sistematica. Da quello che scrivono i giudici, però, risulta evidente che nel nostro sistema ci sono delle falle".

    Tra l'altro, la corte inglese nel prendere questa decisione ha fatto esplicito riferimento alle raccomandazioni che recentemente l'Unhcr ha mosso al governo italiano. Proprio quelle richieste hanno spinto gli inglesi a credere che non tutto l'impianto di accoglienza italiano fosse da buttare. Secondo la Corte, infatti, l'Unhcr fa una serie di raccomandazioni, ma "nessuna di queste suggerisce di riparare a delle disfunzioni sistematiche, ma soltanto di implementare il funzionamento". "Eppure l'alto commissariato ha toccato ogni singolo aspetto della procedura italiana, anche se con il suo tipico tono pacato", ribatte l'avvocato Leo.

    Verrebbe da pensare che sia stato proprio quel tono ad aver tratto in inganno i giudici inglesi. Senonché si scopre che la corte inglese ha fatto anche riferimento ad un rapporto sull'Italia del Consiglio d'Europa stilato nel 2011. Un rapporto, anche quello, piuttosto tranquillizzante, mentre ha taciuto del tutto sul resoconto 2012, in cui il commissario Nils Muižnieks esprimeva invece fortissime preoccupazioni sui rifugiati, i richiedenti asilo, i migranti, i rom e gli apolidi presenti sul nostro territorio.

    A conti fatti, si direbbe che la strana decisione inglese nasca dall'esigenza di salvare, almeno per il momento, il sistema Dublino II, quel complesso marchingegno legislativo che l'Europa ha costruito per difendere i propri confini dall'"invasione" di milioni di disperati in fuga da guerre e discriminazioni. Un sistema che ormai scricchiola pericolosamente. Tra i corridoi di Bruxelles, infatti, si vocifera che sia già proto il testo di un nuovo regolamento. Una norma che tenga conto del funzionamento o meno dei sistemi di accoglienza di ogni singolo paese membro. Le bocche, però, restano cucite, nessuno ne parla esplicitamente.

    In ogni caso, per i quattro rifugiati che non vogliono tornare in Italia, la speranza non è ancora morta. La sentenza della England and Wales Court of Appeal non è definitiva. È stato già richiesto un ulteriore grado di giudizio. Per il momento resteranno in Inghilterra. In attesa che l'Unione europea batta un colpo.