Discorso pronunciato alla festa nazionale del PSI di Perugia nel settembre scorso in occasione dell'uscita del suo libro sull'Avanti!
di Ugo Intini
Una forza politica non ha futuro se non ha identità, se non è ancorata a una radice che sta nella storia. A un vincolo solido che la unisce a una famiglia internazionale. Questa sinistra italiana non ha futuro perché non è ancorata a nulla, è una foglia secca al vento. Il nostro piccolo partito è il continuatore, oserei dire il custode, dell’unica identità possibile per questa sinistra senza anima: il socialismo democratico. Il nostro compito è quello di contribuire a dare identità socialdemocratica alla sinistra.
Il libro è uno strumento per questo compito. Racconta la storia dell’Avanti!. dalla nascita(1896) alla fine (1993). Una storia gloriosa in simbiosi con il socialismo europeo. La storia stessa del socialismo. La storia di un secolo.
Non la racconto io. La raccontano le pagine stesse dell’Avanti!, i suoi articoli riportati tra virgolette, che fotografano il secolo meglio di chiunque. È la storia politica dell’Italia e dell’Europa, perché i direttori e protagonisti dell’Avanti! questa storia l’hanno fatta: da Bissolati a Mussolini, Gramsci, Nenni, Saragat, Pertini e Craxi. È la storia della cultura, perché sull’Avanti! hanno scritto i più grandi intellettuali del Novecento. Il secolo lo raccontano in questo libro anche i suoi testimoni, con i quali ho registrato ore di conversazioni, che ho lasciato agli archivi della Camera. Il loro racconto è una “macchina del tempo” che porta molto lontano. Nenni ha ascoltato un compagno della Comune di Parigi del 1870. Io ho ascoltato Nenni. Un giovane compagno che sarà ancora qui nel 2070 può ascoltare me. 1870-2070: duecento anni attraverso la voce di tre persone. Le testimonianze del libro portano novità storiche anche inedite, che non anticipo adesso e che solleveranno polemiche.
<>
Il passato affascina, ma a noi interessa soprattutto per il presente e per il futuro, per contribuire a dare una bussola alla sinistra che si è smarrita, per rispondere ai problemi più scottanti del momento. Nella storia, le risposte ci sono tutte.
La via maestra del socialismo riformista, del socialismo democratico, ha attraversato tutto il secolo diciannovesimo e la sinistra europea la percorre ancora oggi. Il testimone è stato consegnato attraverso una lunga staffetta di generazione in generazione. Turati e Bissolati. Poi Nenni, Saragat, Pertini, Riccardo Lombardi. Poi Craxi. Poi i socialisti europei a cominciare da Hollande. In Italia, solo in Italia, c’è il vuoto. Nel secolo scorso, dalla via maestra (il libro lo racconta) si sono staccati il fascismo e il comunismo, per finire nella tragedia e nel nulla. Anzi, si sono staccati da una costola dell’Avanti!, che è stato per questo, in modo quasi incredibile, al centro di tutta la storia politica italiana. Mussolini, direttore dell’Avanti!, lo lascia e fonda Il Popolo d’Italia, culla del fascismo. Gramsci è nel 1920 il leader dell’edizione di Torino dell’Avanti!(ce ne erano tre:Milano, Roma e Torino). Quando il direttore centrale Serrati la chiude, il giorno dopo, negli stessi locali e con gli stessi redattori (tra gli altri Terracini e Togliatti) Gramsci fonda l’Ordine Nuovo quotidiano, la culla del comunismo.
Dall’Avanti! dunque nascono purtroppo anche il fascismo e il comunismo. Ma dalle sue pagine, come dicevo prima, nascono le risposte ai problemi di oggi.
L’Europa e l’euro sono il tema del momento. Turati, nel 1896, nel suo primo discorso alla Camera, traccia l’obbiettivo degli “Stati Uniti d’Europa”, di una Europa cioè politicamente unita e federale. Nel 1929 insiste. Prevede che senza l’unità politica l’Europa sarà subalterna agli Stati Uniti: “questa colonia di un tempo che per il suo predominio economico ognor crescente sta per fare dell’Europa una sua propria colonia”. Vede che l’unità dell’Europa sarà impossibile sino a che dall’Europa non sarà estirpato il “cancro abominevole” del fascismo “il quale- dice Turati- è e si vanta di essere l’anti Europa”. Vero. E vero ancora oggi. La finanza americana e anglosassone non vuole l’Europa perché vuole conservare il suo predominio. E perché l’Europa è in crisi? Anche perché si sta riformando il “cancro abominevole”. Non il fascismo tradizionale, certo. Ma il post fascismo che gli assomiglia, il razzismo, l’intolleranza, il separatismo localista, l’anti parlamentarismo e la anti politica, l’egoismo. È il nuovo cancro dell’Europa, da estirpare.
Al congresso di Firenze del 1947, campeggiava un enorme slogan. “Non c’è Europa senza socialismo, non c’è socialismo senza Europa”. Verissimo. Non ci sarà Europa se non tornerà la solidarietà e la politica solidale, che è l’essenza del socialismo. Non ci saranno le riforme socialiste vere in nessun singolo Paese europeo senza l’unità politica dell’Europa. Perché le riforme sono possibili soltanto in una Europa unita. Perché un singolo Paese che si metta di traverso contro lo strapotere dei mercati senza regole e senza morale sarebbe travolto. L’Europa può. Un singolo Paese europeo no. Non c’è socialismo senza Europa.
L’Europa l’hanno fatta la politica e i partiti. Generazioni di dirigenti socialisti e democristiani solidali tra loro si sono passate il testimone. Per i socialisti prima Turati, Leon Blum , Otto Bauer, Vandervelde, Kautski. Poi Nenni, Spaak, Mendes France, Mollet. Poi Craxi, Brandt, Mitterrand, Gonzales. Per i democristiani, De Gasperi, Adenauer, Kohl. Guardavano a un ideale prima che ai conti. E infatti, non dimentichiamolo, l’Europa ha una sua comune identità. Anche rispetto al resto dell’Occidente. In Europa, c’è lo Stato sociale e non la pena di morte. Negli Stati Uniti, esattamente il contrario. Saranno la politica e i partiti che hanno iniziato a costruirla, non gli economisti a salvare, con l’Europa, il nostro futuro. L’unità politica dell’Europa deve essere il primo impegno della sinistra italiana.
Il tema del momento è la mafia. Ma l’Avanti! ci racconta come la storia è cominciata. Ci ricorda che i grandi media, l’Italia che conta sono sempre pronti a dare lezioni. Ma nel momento decisivo non ci sono. E non sono mai pronti a fare una pur minima autocritica. Scrive l’Avanti! nel 1947. “Caduto il fascismo, cacciata la monarchia, la classe agraria, avendo perduto le sue ultime speranze separatiste sotto la protezione straniera, è portata a buttarsi allo sbaraglio. La mafia è di nuovo a sua disposizione. La mafia, armata di tutte le armi lasciate dalla guerra, batte i campi e le città, minacciando, intimidendo, provocando, uccidendo”.
<>
Nella primavera del 1948, durante la campagna elettorale, i compagni assassinati sono 35. “Cittadini- grida l’Avanti!- in breve tempo, 35 contadini e dirigenti sindacali sono stati freddamente assassinati da mafiosi assoldati dai latifondisti. Vogliono col terrore e col sangue frenare il moto del popolo siciliano per il rinnovamento economico e democratico della Sicilia”. Nel 1955, viene ucciso il compagno sindacalista Salvatore Carnevale. “La sera- racconta la mamma all’Avanti!- non usciva, rimaneva a casa per leggere e studiare. Diceva che i socialisti studiano e sanno cosa dire quando parlano”. L’Avanti! fa una grande inchiesta di prima pagina che contribuisce a scoprire gli assassini e i mandanti. Pertini accompagna mamma Carnevale a portare le prove ai magistrati. Di tutto ciò, il Corriere della Sera pubblica una notizia a due colonne nella settima pagina in basso, per un giorno. Poi più nulla. A combattere ci sono solo i partiti e i giornali di partito. Dove erano i grandi giornalisti, dov’è l’Italia che conta e che oggi continua a dare lezioni in un’orgia di retorica anti mafia? Nel momento decisivo, pensavano che la mafia fosse in fondo una garanzia di controllo sul territorio e di stabilità sociale: un tema cui poteva appassionarsi l’Avanti!, ma non il Corriere. La grande stampa alla fine si accorgerà del disastro. Ma troppo tardi e dopo che il contagio si sarà esteso anche al nord.
Il tema del momento è lo scontro tra la politica e la magistratura. Nel libro lo chiamo la guerra dei trent’anni. Una tragicommedia infinita. Come la mafia, un altro caso unico in Europa, perché in nessun Paese europeo due poteri dello Stato sono in conflitto da decenni. Attenzione, perché anche questi casi unici sono all’origine dello spread. La chiamo la guerra dei trent’anni perché è cominciata all’inizio degli anni ’80 ed è del 1987 la vittoria socialista che stabilisce con il referendum la responsabilità civile dei magistrati: uno dei tanti referendum disattesi e dimenticati. Ma non è Craxi a sollevare il problema. Nenni aveva già capito tutto nel 1964. Scriveva. “L’indipendenza della magistratura va assumendo forme che fanno di quest’ultima il solo vero potere, un potere insindacabile, incontrollabile e a volte irresponsabile”. Aveva già parlato chiaro e forte il presidente della Repubblica Pertini nel 1981. Lui, prima di Napolitano, aveva ricordato la Costituzione e l’Avanti! lo aveva ringraziato. “Importante- scrive l’Avanti!- appare la riaffermazione solenne della presunzione di non colpevolezza attraverso il richiamo non certo casuale alla Costituzione, là dove afferma che l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Un richiamo che non sarà mai abbastanza sottolineato di fronte all’uso distorto che alcuni magistrati, e una parte consistente della stampa, fanno di atti preliminari al processo istituiti, come è il caso della comunicazione giudiziaria, a fini garantisti, ma divenuti in realtà impietosi strumenti di discredito e di condanna preventiva”. 1981, trentun anni fa!
<>
Il tema del momento è la legge elettorale. I nostri vecchi dicevano che le teste si spaccano o si contano. Ma che bisogna contarle onestamente. Non è possibile accettare a cuor leggero che una testa valga due e un’altra zero. Prima di abbandonare il proporzionale con giochi delle tre carte all’italiana bisogna pensarci cento volte. Lo ha abbandonato la legge fascista Acerbo del 1923, che ha condannato al carcere e all’esilio una generazione di democratici. Ma che era meglio del Porcellum. Lo ha abbandonato la legge Scelba del 1953, che ha indignato la sinistra dei nostri padri fondatori, che è passata alla storia come legge truffa, che ha provocato i morti in piazza, ma che era immensamente meglio delle leggi elettorali della seconda Repubblica. Una sinistra senza memoria ha accettato tutto. Per la governabilità e la stabilità. Per la governabilità e la stabilità che ci hanno portato al punto in cui siamo. Attenzione. Il premio di maggioranza è quasi unico al mondo. Esiste solo in Grecia, e non è un bel segnale. Attenzione. Se la democrazia è al suo minimo storico di credibilità è anche perché le teste non si contano più onestamente e perché di conseguenza i cittadini non vanno a votare, o votano scheda bianca, o votano costretti e disgustati col naso turato, per il meno peggio. Bisogna contare onestamente, ma anche semplicemente contare. Se si conta, si scoprono le menzogne della seconda Repubblica. Menzogne da regime. Vi dico una cosa che ha strabiliato anche me. Hanno riscritto la storia e ci hanno fatto credere che la coalizione Craxi,Forlani, quadripartito abbia perso le elezioni nel 1992 e sia stata di conseguenza delegittimata. Ci hanno fatto credere che il voto popolare abbia invece legittimato le coalizione vincenti dell’ultimo ventennio. Ma non è vero. Bisogna contare. Il quadripartito delegittimato e sconfitto secondo i media nel 1992 ha preso più voti di quanti Prodi e Berlusconi abbiano mai preso. Il quadripartito sconfitto nel 1992 ha ottenuto due milioni di voti in più del berlusconismo trionfante nel 2008. Contare e contare onestamente è il primo argine alla anti politica.
Oggi c’è confusione e incertezza sulle alleanze, ma la storia indica la via. Abbiamo avuto le grandi stagioni di libertà e progresso quando la sinistra riformista si è alleata al centro democratico, isolando gli opposti estremismi e le opposte irrazionalità di sinistra e di destra.
<>
Turati e Giolitti nel primo decennio del ‘900 non hanno potuto giungere a una alleanza formale di centro sinistra, ma si sono capiti e hanno costruito la belle epoque italiana. Una stagione felice, travolta dalla guerra. Una guerra causa del confuso magma ribellista che ha originato fascismo e comunismo.
Il centro sinistra degli anni ’60 e oltre, costruito da Nenni, Saragat e Moro, ha prodotto tutte le conquiste e le riforme ancora oggi esistenti: scuola media unica, assistenza sanitaria per tutti, pensioni, statuto dei lavoratori, decentramento dello Stato, diritti delle donne, divorzio e aborto, rinnovamento del costume. Allora i comunisti dicevano che era troppo poco e votavano contro. Oggi, si pensa che sia troppo. Il centro sinistra e Nenni sono stati travolti da un altro magma ribellista, quello del 1968, dal terrorismo, dalla eversione rossa e nera.
Il centro sinistra degli anni ’80 e il governo Craxi hanno prodotto l’ultima nostra stagione di progresso che oggi viene rimpianta. Travolta dal magma ribellista del nuovismo anti partitocratico e da Mani Pulite. Il peggiore. Perché se quella del 1992-94 è stata una rivoluzione, è stata l’unica rivoluzione della storia soltanto distruttiva, assolutamente priva di un progetto. E infatti ha distrutto la prima Repubblica senza costruirne un’altra, ha creato per l’Italia il ventennio perduto, quello del degrado economico, politico e morale. Il tunnel al termine del quale troviamo oggi la bancarotta del paese e la ridicolizzazione della politica.
Il magma ribellista è la maledizione italiana e si ripropone continuamente, a distanza di decenni. Nel 1992, lo hanno cavalcato gli ex comunisti ed ex fascisti, poi Di Pietro, adesso Grillo. Nenni diceva. “Il y a touyours un pure plus pure qui t’epure”. C’è sempre un puro più puro che ti epura. Ed è così. Anche Lenin , per una volta, ha visto giusto. Diceva. La storia, quando si ripete, da tragedia diventa farsa. Infatti siamo al grillismo.
Il ventennio perduto iniziato nel 1992 ha bruciato il futuro di una generazione. Ma ancora una volta i socialisti e l’Avanti! hanno capito forse più degli altri. Un tema del momento sono le rivelazioni sugli americani e Mani Pulite. Ma l’Avanti! già allora scriveva che, finita la terza guerra mondiale tra Est e Ovest, il potere economico, partendo dagli Stati Uniti, intendeva ridimensionare la politica e i partiti. La rivoluzione liberista lanciata in California voleva non solo lo Stato minimo, ma anche la politica minima. Privatizzata l’economia, si voleva la privatizzazione anche della politica. È il titolo di un mio libro. E ci siamo arrivati. Soprattutto in Italia. Occhetto e i comunisti festeggiavano la “gioiosa macchina da guerra” che pensavano avrebbe vinto le elezioni. L’Avanti! titolava invece “un ’68 alla rovescia”, perché già vedeva che la rivoluzione in atto era liberista e individualista, il contrario del ’68. Infatti ha portato a un ventennio dominato dalla destra, da Berlusconi e dagli ex fascisti. L’Avanti! titolava anche “golpe strisciante”. E indicava le componenti golpiste. Molto diverse e conflittuali tra loro, ma convergenti nell’obbiettivo di liquidare la prima Repubblica. Sono state qui sino al disastro finale. E ancora sono qui, a strepitare e dare lezioni. “Tornano a muoversi i fascisti- scriveva l’Avanti!- che decenni di democrazia hanno ridotto al silenzio ma non cancellato. Si muove quella parte del potere economico che considera finito il ruolo di mediazione dei partiti e dei sindacati e vuole governare direttamente (Passera ci è arrivato). Si muovono quei settori dei corpi statali mai pienamente conquistati alla egemonia della politica sulla burocrazia (adesso i burocrati fanno i ministri). Si muovono le forze localiste disgregatrici, che vedono giustamente nei partiti storici il cemento dell’unità nazionale. Si muove quella parte della tradizione ecclesiastica che vuole riprendere direttamente il controllo sulla società civile, senza più la mediazione del partito cattolico, sì, ma laico, costruito da De Gasperi. Si muove il rivoluzionarismo post sessantottino, galvanizzato dalla possibilità di aggredire, cavalcando mode nuove, un avversario antico. Si muovono i vetero comunisti, spinti dal complesso di Sansone (crollata l’ideologia comunista e il PCI, crollino tutti i partiti e il mondo partitocratico intero”.
La domanda, del momento è: il golpe strisciante è stato aiutato dagli americani? Certo, una immensa ragnatela di intercettazione copre tutto il mondo, può registrare qualunque telefonata e penetrare qualunque computer. Non è NATO, ma solo anglosassone (nasce dal patto Ukusa tra Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda). La rete si chiama Echelon ed è coordinato dalla National Security Agency. Ha 21 centri di ascolto in tutti i continenti. Nella sua sola sede centrale, a Fort Meade, occupa 92.200 militari e 29.000 civili. Si è disinteressata all’Italia e a Mani Pulite? Ciascuno può ragionare e dare la sua risposta. Certo, il capo della CIA di allora, James Woolsey, ha dichiarato testualmente nel 2000. “L’industria americana non vince contratti internazionali con le tangenti. Lo stesso non è altrettanto vero per i comportamenti dei nostri amici e alleati. Noi li abbiamo spiati in passato. E io spero che il governo degli Stati Uniti continui in futuro a spiare contro la corruzione”. Woolsey faceva la morale. Ma la grande finanza faceva gli affari, perché ha comprato per quattro soldi il sistema industriale italiano distrutto da Mani Pulite.
La storia dunque dà le risposte sui temi più scottanti di oggi. Ne ho ricordato alcuni, ma ce ne sono molti altri. Uno per uno, città per città, possono essere al centro di dibattiti per i quali sono disponibile, possono aggregare intorno al nostro piccolo partito amici, interlocutori e socialisti dispersi sotto tutte le sigle. C’è da riempire un vuoto enorme, perché una intera generazione non sa cosa sia il socialismo ed è urgente raccontarglielo, prima che sia troppo tardi. Prima che si dimentichi che in Italia ed Europa non c’è stata battaglia di libertà e giustizia che non sia stata combattuta dai socialisti e dal loro giornale. Molto spesso avanti di decenni sui tempi. Così che la storia ci ha dato sempre ragione.
Non è un problema solo dei socialisti. C’è bisogno di far sapere ai giovani cosa sono stati la politica e i partiti con la P maiuscola. Tutti i partiti.
C’è bisogno di far capire che se vogliamo una moneta europea dobbiamo volere anche una politica europea, che è fatta dai partiti radicati nella storia e appartenenti sino in fondo alle grandi famiglie politiche europee.
C’è bisogno di spiegare che la politica italiana ha una unicità ormai impensabile non solo in Europa, ma persino in Sud America. Non esistono nelle democrazie i partiti personali. I Berlusconi, i Di Pietro, i Grillo sono unicità italiane. E anch’esse unicità che aumentano lo spread.
C’è bisogno di mettere a tacere gli analfabeti politici i quali sostengono che destra e sinistra sono concetti obsoleti, che la divisione è oggi tra nuovo e vecchio. In una settimana, fortunatamente, chiunque ha visto le convenzioni repubblicana e democratica negli Stati Uniti. Chiunque ha toccato con mano cosa è la destra e cosa la sinistra nel Paese più moderno, che precede il resto del mondo.
<>
Ho fatto un lavoro enorme di ricerca e documentazione. Mi ha incoraggiato il presidente Napolitano e credo non per caso. Perché è ormai un socialista riformista e un socialdemocratico. Sulla copertina del libro, c’è un suo giudizio generoso. “Non dubito- ha scritto- che questo libro susciterà grandissimo interesse e approvazione, stimolando vuoi memorie personali e collettive, vuoi riflessioni sulle molte incognite della politica italiana in questa sua fase, per molti aspetti insolita. Mi compiaccio con te per avere immaginato e portato a termine questa tua fatica”. Lo ringrazio e osservo, a proposito della contrapposizione ossessiva, tutta italiana, tra nuovo e vecchio, tra giovani e anziani, una realtà obbiettiva. I due presidenti più anziani sono stati Pertini e Napolitano. Ma sono anche i due che hanno salvato l’Italia da un baratro prendendola per i capelli. È un caso? Non credo. Sono i due presidenti cresciuti alla scuola della politica e dei partiti, appunto, con la P maiuscola.
Questo libro aiuterà dunque, spero, i giovani a capire cosa è stato e cosa ancora può essere il socialismo. Attenzione però. Il socialismo è idee, razionalità, ma prima ancora è cuore. Lo ha scritto Edmondo De Amicis, che di cuore se ne intendeva e che era un fedele collaboratore dell’Avanti! Lo ha scritto parlando di una parola (“compagno”)“, della quale la sinistra italiana oggi quasi si vergogna. “Solo l’operaio che s’ode chiamare ‘compagno’ dallo studente, il signore che si sente dare quel nome dal povero, il dotto a cui lo dice l’uomo incolto, il giovinetto a cui lo dice il vecchio; solo colui che giunto in una città sconosciuta si ode chiamare ‘compagno’ da cento giovani mai veduti; questi soltanto, noi soli, possiamo sentire e comprendere la poesia e la forza, che questa parola racchiude. Questa parola ‘compagno’, che ha acquistato un senso nuovo in tutte le lingue europee è per noi un argomento di conforto e di gioia. Quando pure la vecchiaia o l’infermità ci condannasse nei nostri ultimi anni a essere soldati disarmati e inoperosi all’idea che si splende nella mente, questa parola ci rimarrebbe sempre nell’anima, come l’espressione del più alto stato a cui la nostra coscienza e la nostra vita di uomini e di cittadini si siano sollevate. E all’ultima nostra ora, il nostro sguardo cercherà un amico, uno almeno, al quale possiamo dire ancora una volta ‘compagno’ come nei nostri bei giorni di lavoro e di battaglia”. C’è retorica nelle parole di De Amicis? Anche. Ma nell’Internazionale socialista ci si chiama ancora compagni. Quando la sinistra italiana riscoprirà cosa vuol dire compagno, quando si riapproprierà della sua storia, riprenderà anche in Italia il suo cammino.
Ugo Intini, giornalista e scrittore, ha scritto numerosi libri di politica e di storia, già direttore del quotidiano di Genova Il Lavoro, è stato direttore responsabile dell’Avanti! (con Craxi direttore politico) dal 1978 al 1981, e poi direttore politico dal 1983 al 1987. Parlamentare dal 1983 al 1994 e dal 2001 al 2006, portavoce del Partito socialista dal 1987 al 1993. Nel governo Prodi II anni 2006-2008 è stato prima sottosegretario e poi vice ministro degli esteri.
Ugo Intini, Avanti! Un giornale, un'epoca
Edizioni Ponte Sisto, Roma 2012