Al congresso del PSF Pierluigi Bersani ha parlato di socialismo in
francese, con il suo accento emiliano, ma di ottimo livello.
di Felice Besostri
Scrivo queste note come inviato dell'ADL dal Congresso di Tolosa del Parti Socialiste, dove mi trovo a rappresentare da solo il PSI. Ieri mi sono ascoltato Bersani, cui è stato dato un posto di rilievo all'inizio del congresso, dopo Sigmar Gabriel (SPD) e il Presidente del Partito Socialista portoghese.
Bersani ha parlato in francese, con il suo accento emiliano, ma di ottimo livello. Un nuovo esempio di socialismo transalpino, mentre, tra l'altro è della provincia di Piacenza, avremmo bisogno di un socialismo Cisalpino, anche come antidoto al leghismo Cispadano.
Ebbene nel testo francese le parole "sinistra", "socialismo", "socialisti" ecc. ricorrono più volte, almeno tante quante "progressisti" e/o "democratici". Insomma, per sentire quelle parole, che non ricorrono nemmeno una volta nel Documento d'Intenti "Italia Bene Comune" sottoscritto da PD-PSI-SEL, bisogna venire all'estero.
Bersani, che qui può essere presentato come camarade, senza colpire la sensibilità di Rosy Bindi, non si è dimenticato di essere il segretario del PD, di cui è segretario da tre anni. E infatti ha voluto sottolineare i 150 anni della SPD (detto per inciso: alla SPD egli si è riferito più volte, in perfetta sintonia con i francesi, perché tutti sanno che senza una vittoria Socialdemocratici/Verdi in Germania, non cambierà la politica europea). A fronte della SPD il suo partito è un bebé di appena 5 anni, ha aggiunto, ma malgrado ciò "il primo partito italiano".
Questa parte del discorso, insieme con la valorizzazione di Monti, sempre declinato al passato, è stata la parte meno convincente del discorso. Per il resto, in un contesto socialista Bersani mi ha ricordato i concetti da lui espressi nel messaggio di saluto al Gruppo di Volpedo in occasione del convegno genovese per il 120° dalla fondazione del Partito dei Lavoratori. In quella storia e in quei valori anche il PD ha una parte delle sue radici.
Detto di passaggio: vi è stato anche l'accenno a una nuova organizzazione che possa raggruppare in Europa progressisti e democratici. È la vecchia concezione secondo cui basta cambiare il nome, quasi fosse la substantia rerum, per risolvere problemi che sono politici.
Di fronte alla crisi planetaria che attraversiamo il problema non è più quello di coniugare il socialismo con la democrazia. Questo, dopo il fallimento del comunismo sovietico, è un dato acquisito. Ora il problema è di convincere i democratici conseguenti di rapportarsi con l'esigenza di sconfiggere la minaccia antidemocratica insita nell'attuale fase del capitalismo. Per raggiungere l'obiettivo di smantellare il welfare, controllare la dinamica salariale verso il basso, mantenere le diseguaglianze nella distribuzione del reddito e della ricchezza (e anzi accentuarla a favore di quell'1% di privilegiati che hanno una nazionalità non coincidente con quella dei loro capitali in paradiso... fiscale), i capitalisti non possono permettersi la democrazia.
Non possono permettersi né la democrazia rappresentativa con i parlamenti che controllano gli esecutivi, né forme di partecipazione diretta e popolare alle decisioni di politica economica. Democrazia significherebbe che alla lunga il principio "una testa un voto" farebbe prevalere il 99%, o quantomeno ci sarebbe il rischio, se mai finisse il monopolio informativo, che resta uno strumento di intossicazione dell'opinione pubblica, anche quando le proprietà restano minoranza politica in Parlamento.
Tornando a Tolosa. Questo del Parti Socialiste è stato un Congresso come raramente se ne svolgono in Italia. Si sono confrontate cinque mozioni. Tempi contingentati per tutti. Il segretario, sostenuto da una mozione con il 66% dei voti, è stato eletto con il 77%. Emotivamente spostato a sinistra, il più grande applauso è stato tributato a un discorso di un delegato dei lavoratori del Gruppo PILPA in lotta, quando ha concluso attaccando "quelli che non rispettano il valore del lavoro: la ricchezza deve tornare ai salariati". Faceva il paio con l'attacco alla finanza tout court, non alla finanza neo liberista o sregolata indicata come "il nostro nemico" da Segolenè Royale (attuale Vicepresidente dell'Internazionale Socialista).
Si potrebbe fare dell'ironia sull'estremismo verbale come copertura di una politica governativa ancora incerta. Sarebbe facile. C'era Gerard Filloche approdato da tempo al Parti Socialiste, dopo essere stato leader di una piccola formazione della galassia comunista, molto settaria, rispetto alla quale Ferrero farebbe la figura di un socialdemocratico di sinistra. Accanto a lui il Ministro degli Interni Manuel Valls, ugualmente applaudito quando si è richiamato alla Repubblica bene supremo della nazione (“è la sinistra che ha inventato la nazione"), e poi ancora molto applaudito quando ha annunciato la massima durezza contro le bande giovanili, che siano espressione di gruppo estremisti religiosi o di criminalità di quartiere: “Non tollereremo nelle nostre periferie alcun ordine mafioso o jihadista, il solo ordine è quello repubblicano”.
Ricchezza delle diversità, dunque, più che delle contraddizioni. Ed è di per sé bello vedere un assemblea multirazziale anche negli oratori o vedere un compagno come Harlem Desire, figlio di una coppia mista e fondatore di SOS Racisme, diventare "Premier secrétaire".
Tolosa mi piace. È bello rivedere il compagno Raymond Forni, di origine piemontese, già presidente dell’Assemblea Nazionale al tempo di Jospin, insieme all'attuale presidente, il compagno Claude Bartolone, di origini siculo-maltesi, nato in Tunisia.
Vi consegno un pensiero tratto dal Manifesto del Mouvement Utopia presente al congresso: "Bisogna avere dei sogni sufficientemente grandi per non perderli di vista".