LAVORO E DIRITTI
a cura di www.rassegna.it
Aumenta la manodopera straniera nel settore delle costruzioni. Senza di loro l'anno scorso si sarebbero costruite 30mila case in meno. Ma crescono le disparità con i colleghi italiani. E aumenta anche il lavoro sommerso. Dossier Ires-Fillea: "Siamo al medioevo produttivo".
Nei nostri cantieri due lavoratori su dieci sono migranti, per la maggior parte romeni, albanesi, magrebini, polacchi e sloveni. Nonostante la crisi, nel 2010 questo numero è aumentato di 62mila unità, ma si tratta di una crescita "malata": rispetto ai colleghi italiani, infatti, gli stranieri hanno salari inferiori fino al 22 per cento e in sei casi su dieci sono inquadrati con un livello più basso (contro il 31 per cento dei colleghi italiani).
Cresce addirittura del 160 per cento per loro il ricorso al part time che, come noto, nell'edilizia nasconde quasi sempre il ricorso al lavoro nero. E aumentano gli infortuni e i morti, tanto che il comparto delle costruzioni ha il triste primato di "settore killer" per i lavoratori giunti dall'estero nel nostro paese.
È quanto emerge dal sesto rapporto sul tema curato dalla Fillea Cgil (il sindacato degli edili) e dall'Ires (l'isituto di ricerca) presentato il 15 dicembre presso la sede nazionale dagli edili Cgil, a Roma, alla presenza del segretario generale Walter Schiavella, di Emanuele Galossi dell'Ires e Kurosh Danesh della Cgil.
Secondo la Fillea, gli immigrati, senza i quali nel 2010 si sarebbero costruire 30mila case in meno, cioè il 30 per cento del patrimonio edificato, sono i più colpiti dai fenomeni devianti. "Il settore - afferma Schiavella - si è trovato impreparato ad affrontare la crisi, a causa della frammentazione e destrutturazione del sistema delle imprese, troppe e troppo piccole, e a causa di un governo inetto, che è stato incapace di promuovere misure e interventi concreti per rafforzare le regole e liberare risorse per riavviare il settore".
In questo modo, sottolinea il sindacalista, "l'edilizia italiana è stata scaraventata in un medioevo produttivo, caratterizzato dalla crescita esponenziale di irregolarità e illegalità, dall'esplosione di fenomeni come il caporalato, dalla presenza massiccia di cartelli criminali che hanno inquinato il sistema degli appalti, dalle pratiche opache e corrotte di cui ha troppo spesso dato prova la politica, come dimostrano le tante indagini in corso della magistratura".
Il risultato è che oggi abbiamo un sistema malato, prosegue il segretario Fillea, "dove in pericolo sono le imprese sane e strutturate, circondate e cannibalizzate dall'impresa irregolare o illegale. È in questo scenario che dobbiamo collocare la vita dei lavoratori stranieri dell'edilizia" quasi 350mila regolari a cui si aggiungono gli oltre 400mila fantasmi, completamente irregolari o sotto caporali "i più ricattati a causa di una legge razzista, la Bossi Fini, che impedisce a questi lavoratori di chiedere aiuto alle istituzioni italiane per uscire dallo stato di sfruttamento e schiavitù in cui sono costretti".
Un esempio di disparità che emerge dal dossier dell'Ires riguarda i salari. Nel Mezzogiorno, a fronte di uno stipendio medio di 985 euro, gli stranieri ne guadagnano 275 in meno, per una differenza del 21,8 per cento. Proprio sul tema della legalità e dell'affermazione dei diritti del lavoro e di cittadinanza la Fillea lancerà a gennaio una campagna di sensibilizzazione nei cantieri all'interno della più vasta iniziativa confederale "L'Italia sono anch'io".
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Aumenta la manodopera straniera nel settore delle costruzioni. Senza di loro l'anno scorso si sarebbero costruite 30mila case in meno. Ma crescono le disparità con i colleghi italiani. E aumenta anche il lavoro sommerso. Dossier Ires-Fillea: "Siamo al medioevo produttivo".
Nei nostri cantieri due lavoratori su dieci sono migranti, per la maggior parte romeni, albanesi, magrebini, polacchi e sloveni. Nonostante la crisi, nel 2010 questo numero è aumentato di 62mila unità, ma si tratta di una crescita "malata": rispetto ai colleghi italiani, infatti, gli stranieri hanno salari inferiori fino al 22 per cento e in sei casi su dieci sono inquadrati con un livello più basso (contro il 31 per cento dei colleghi italiani).
Cresce addirittura del 160 per cento per loro il ricorso al part time che, come noto, nell'edilizia nasconde quasi sempre il ricorso al lavoro nero. E aumentano gli infortuni e i morti, tanto che il comparto delle costruzioni ha il triste primato di "settore killer" per i lavoratori giunti dall'estero nel nostro paese.
È quanto emerge dal sesto rapporto sul tema curato dalla Fillea Cgil (il sindacato degli edili) e dall'Ires (l'isituto di ricerca) presentato il 15 dicembre presso la sede nazionale dagli edili Cgil, a Roma, alla presenza del segretario generale Walter Schiavella, di Emanuele Galossi dell'Ires e Kurosh Danesh della Cgil.
Secondo la Fillea, gli immigrati, senza i quali nel 2010 si sarebbero costruire 30mila case in meno, cioè il 30 per cento del patrimonio edificato, sono i più colpiti dai fenomeni devianti. "Il settore - afferma Schiavella - si è trovato impreparato ad affrontare la crisi, a causa della frammentazione e destrutturazione del sistema delle imprese, troppe e troppo piccole, e a causa di un governo inetto, che è stato incapace di promuovere misure e interventi concreti per rafforzare le regole e liberare risorse per riavviare il settore".
In questo modo, sottolinea il sindacalista, "l'edilizia italiana è stata scaraventata in un medioevo produttivo, caratterizzato dalla crescita esponenziale di irregolarità e illegalità, dall'esplosione di fenomeni come il caporalato, dalla presenza massiccia di cartelli criminali che hanno inquinato il sistema degli appalti, dalle pratiche opache e corrotte di cui ha troppo spesso dato prova la politica, come dimostrano le tante indagini in corso della magistratura".
Il risultato è che oggi abbiamo un sistema malato, prosegue il segretario Fillea, "dove in pericolo sono le imprese sane e strutturate, circondate e cannibalizzate dall'impresa irregolare o illegale. È in questo scenario che dobbiamo collocare la vita dei lavoratori stranieri dell'edilizia" quasi 350mila regolari a cui si aggiungono gli oltre 400mila fantasmi, completamente irregolari o sotto caporali "i più ricattati a causa di una legge razzista, la Bossi Fini, che impedisce a questi lavoratori di chiedere aiuto alle istituzioni italiane per uscire dallo stato di sfruttamento e schiavitù in cui sono costretti".
Un esempio di disparità che emerge dal dossier dell'Ires riguarda i salari. Nel Mezzogiorno, a fronte di uno stipendio medio di 985 euro, gli stranieri ne guadagnano 275 in meno, per una differenza del 21,8 per cento. Proprio sul tema della legalità e dell'affermazione dei diritti del lavoro e di cittadinanza la Fillea lancerà a gennaio una campagna di sensibilizzazione nei cantieri all'interno della più vasta iniziativa confederale "L'Italia sono anch'io".
Allarme razzismo - Pogrom a Torino
Diciamola, la parola pogrom , per terribile che possa apparire.
di Marco Revelli
Quello di Torino è stato un pogrom in senso proprio, come quelli che avvenivano nella Russia ottocentesca. O nella Germania degli anni Trenta. Di quei riti crudeli ha tutti gli elementi, a cominciare dall'uso distruttivo del fuoco, per liberare la comunità dall'intruso considerato infetto (per "purificarla", si dice).
E poi l'occasione scatenante, trovata in un presunto - e falso - atto di violenza su una vittima per sua natura innocente (può essere il neonato "rubato", come qualche anno fa a Ponticelli o, appunto, la "vergine" violentata). E lo stato di folla che s'inebria della propria furia vendicatrice, convinta di compiere un "atto di giustizia".
Ora, che il mostro si sia materializzato, in questo dicembre del 2011, a Torino dovrebbe farci riflettere. Qui, nella ex "capitale operaia". Nella città delle lotte del lavoro, dove è nata la nostra democrazia industriale. Né serve ripetere la stanca litania che Torino è un esempio di "integrazione e di accoglienza". Che la maggioranza la pensa diversamente dalle poche decine di invasati che a colpi di fiaccola e di accendino ha tentato una strage.
Non è così. Se una ragazzina spaventata e (per questo) bugiarda ha evocato i "due zingari" per accreditare una violenza mai avvenuta, è perché ha pensato che quell'immagine rendesse credibile - in famiglia e nel quartiere - un racconto altrimenti improbabile. Se centinaia di persone sono scese in piazza in una fredda serata d'inverno per manifestare, non è purtroppo perché si trattava di una violenza sessuale (quante sono passate ignorate in questi anni!), ma perché i suoi presunti (e falsi) autori erano di un'etnia odiata a priori .
Se le decine di incendiari hanno potuto agire sotto lo sguardo compiacente degli altri abitanti del quartiere, è perché mettevano in scena un comportamento condiviso.
La verità è che la "città dell'accoglienza" è oggi priva di anticorpi contro i nuovi mostri che emergono dalle sue viscere provate dalla crisi. Politica e informazione ne sono responsabili. Da anni ogni discussione in Consiglio comunale sui "campi nomadi" si apre e si chiude sempre e solo su un unico tema, gli sgomberi. E il quotidiano cittadino La Stampa ha dato notizia del fatto, poco prima che la sedicenne confessasse, sotto l'indecente titolo a quattro colonne: Mette in fuga i due rom che violentano la sorella .
Perché i giovani balordi delle Vallette dovrebbero essere migliori dei loro amministratori e giornalisti? (. . .)
Caro compagno Revelli, d'accordo su tutto, ma perché non azzardi tu una risposta intelligente alla domanda finale? - La red dell'ADL
di Marco Revelli
Quello di Torino è stato un pogrom in senso proprio, come quelli che avvenivano nella Russia ottocentesca. O nella Germania degli anni Trenta. Di quei riti crudeli ha tutti gli elementi, a cominciare dall'uso distruttivo del fuoco, per liberare la comunità dall'intruso considerato infetto (per "purificarla", si dice).
E poi l'occasione scatenante, trovata in un presunto - e falso - atto di violenza su una vittima per sua natura innocente (può essere il neonato "rubato", come qualche anno fa a Ponticelli o, appunto, la "vergine" violentata). E lo stato di folla che s'inebria della propria furia vendicatrice, convinta di compiere un "atto di giustizia".
Ora, che il mostro si sia materializzato, in questo dicembre del 2011, a Torino dovrebbe farci riflettere. Qui, nella ex "capitale operaia". Nella città delle lotte del lavoro, dove è nata la nostra democrazia industriale. Né serve ripetere la stanca litania che Torino è un esempio di "integrazione e di accoglienza". Che la maggioranza la pensa diversamente dalle poche decine di invasati che a colpi di fiaccola e di accendino ha tentato una strage.
Non è così. Se una ragazzina spaventata e (per questo) bugiarda ha evocato i "due zingari" per accreditare una violenza mai avvenuta, è perché ha pensato che quell'immagine rendesse credibile - in famiglia e nel quartiere - un racconto altrimenti improbabile. Se centinaia di persone sono scese in piazza in una fredda serata d'inverno per manifestare, non è purtroppo perché si trattava di una violenza sessuale (quante sono passate ignorate in questi anni!), ma perché i suoi presunti (e falsi) autori erano di un'etnia odiata a priori .
Se le decine di incendiari hanno potuto agire sotto lo sguardo compiacente degli altri abitanti del quartiere, è perché mettevano in scena un comportamento condiviso.
La verità è che la "città dell'accoglienza" è oggi priva di anticorpi contro i nuovi mostri che emergono dalle sue viscere provate dalla crisi. Politica e informazione ne sono responsabili. Da anni ogni discussione in Consiglio comunale sui "campi nomadi" si apre e si chiude sempre e solo su un unico tema, gli sgomberi. E il quotidiano cittadino La Stampa ha dato notizia del fatto, poco prima che la sedicenne confessasse, sotto l'indecente titolo a quattro colonne: Mette in fuga i due rom che violentano la sorella .
Perché i giovani balordi delle Vallette dovrebbero essere migliori dei loro amministratori e giornalisti? (. . .)
Caro compagno Revelli, d'accordo su tutto, ma perché non azzardi tu una risposta intelligente alla domanda finale? - La red dell'ADL
LAVORO E DIRITTI
a cura di www.rassegna.it
Cgil: La mobilitazione unitaria prosegue tra scioperi e presidi
Piccoli passi verso l'equità ma è ancora troppo poco
Primi risultati frutto di una mobilitazione che proseguirà anche nei prossimi giorni lungo le tappe dell'iter di approvazione della manovra. Un percorso di mobilitazione che la Cgil ha intrapreso con Cisl e Uil e che, dopo lo sciopero di lunedì 12 dicembre, segnerà nuovi appuntamenti nei prossimi giorni con l'obiettivo di cambiare la manovra per renderla più giusta e più equa.
Da stamattina è iniziata la due giorni di sciopero (15-16 ottobre) per i lavoratori dei trasporti. Una protesta che interesserà il trasporto pubblico locale e ferroviario, proclamata unitariamente, per rivendicare "il ripristino dei finanziamenti al servizio pubblico locale ed al servizio ferroviario universale e per il nuovo contratto della Mobilità". Lo sciopero interesserà anche il personale di bus, metro e tram dei servizi urbani con modalità diverse da città a città. Ad astenersi dal lavoro domani saranno inoltre anche i lavoratori del settore del credito. Anche qui unitariamente perché le modifiche alla manovra introducono solo "un embrione di equità" ma confermano in pieno le ragioni della protesta.
La prossima settimana, invece, lunedì 19 dicembre sarà la volta dei lavoratori del pubblico impiego e della scuola. Per i lavoratori pubblici lo sciopero durerà l'intera giornata mentre per il settore della conoscenza le modalità sono diverse. Per la scuola sarà di un'ora mentre per i lavoratori dell'università, della ricerca e Afam per l'intera giornata. Sempre lunedì inoltre è in programma lo sciopero unitario dei lavoratori delle Poste italiane per le ultime tre ore di turno, la stessa modalità e lo stesso giorno per i lavoratori dell'energia (elettrici, petrolio, gas-acqua).
Parallelamente continuano i presidi di Cgil, Cisl e Uil davanti al Parlamento. Appuntamento in piazza Montecitorio domani pomeriggio e anche sabato mattina. Si riparte poi lunedì della prossima settimana, tutti i giorni, per arrivare a sabato 24 dicembre. Anche alla vigilia di Natale le tre confederazioni si sono date appuntamento davanti alla Camera. La mattina di sabato a partire dalle 10, i leader di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, saranno in piazza per dimostrare come ci sia ben poco da festeggiare per gran parte degli italiani.
I presidi di Montecitorio andranno avanti per i prossimi giorni con un alternarsi tra le diverse regioni e categorie. Ecco il calendario completo: sabato 17 dalle ore 10 alle 12 Cgil Roma e Lazio; lunedì 19 dalle 9,30 alle ore 12,30 Funzione Pubblica (Lazio e Roma); martedì 20 dalle ore 15 alle ore 18 Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Valle D'Aosta, Piemonte, Lombardia; mercoledì 21 dalle 15 alle 18 Umbria, Marche, Campania, Liguria, Puglia; giovedì 22 dalle 15 alle 18 Sicilia, Sardegna, Calabria, Abruzzo, Molise, Basilicata; venerdì 23 dalle 15 alle 18 Toscana, Emilia Romagna, Lazio.
Sabato 24 dalle ore 10 alle ore 13 la conferenza stampa con Camusso, Bonanni e Angeletti.