martedì 29 novembre 2011

1 5 0 - Laicamente

Laicità dello Stato, libertà religiosa, diritti degli immigrati – questi i temi all'ordine del giorno per i protestanti italiani, che sono stati ricevuti dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 22 novembre scorso al Quirinale. Occasione dell'incontro il convegno "Il protestantesimo nell'Italia di oggi. Vocazione Testimonianza Presenza", organizzato dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) in occasione dei 150 anni dell'Unità d'Italia, cui hanno partecipato Chiti, Staderini, Pezzotta, Orlando e Mussi.

di Paolo Naso

 

Il 22 novembre un'ampia rappresentanza di evangelici italiani è salita al Quirinale dove, alla presenza del Capo dello Stato, ha presentato il convegno "Il Protestantesimo nell'Italia di oggi. Vocazione Testimonianza Presenza" svoltosi nel pomeriggio dello stesso giorno presso il Senato della Repubblica.

    Con questa iniziativa che si inquadra nelle celebrazioni dei 150 anni dell'Unità, gli evangelici hanno inteso qualificare la loro presenza nello spazio pubblico italiano, come ha detto il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, pastore Massimo Aquilante, dichiarando che gli evangelici italiani, mentre affermano "il principio della distinzione delle competenze e dei ruoli tra lo Stato e le confessioni religiose", credono nella "possibilità di un dialogo e di un confronto" tra le comunità di fede e le istituzioni.

    E' un'idea di laicità che va oltre la semplice separazione tra la sfera di competenza dello Stato e quella di pertinenza delle comunità religiose, e che delinea uno spazio pubblico sempre più partecipato e pluralista.

    La strada è tutta in salita e piena di ostacoli. Per la sua storia civile e religiosa, l'Italia – la sua classe politica, il sistema della comunicazione, molti intellettuali – non è affatto pronta a riconoscere e tanto meno ad ascoltare le voci di tradizioni teologiche, religiose e spirituali diverse da quella storicamente maggioritaria.

    Le generalizzazioni sono sempre da evitare ma vi è ampia evidenza mediatica del fatto che per la maggior parte dei cattolici e dei "laici" italiani la Chiesa cattolica costituisca l'unica e verace espressione del sentimento religioso nazionale. Le altre confessioni, comprese quelle più radicate nella storia del Paese come ebrei e valdesi, costituiscono minoranze "accidentali", sconnesse e distanti da quella fede mainstream che viene fatta coincidere con la tradizione e l'identità cattolica.

 

La presenza evangelica nello spazio pubblico intende forzare i recinti di questo assunto infondato e incapace di cogliere le dinamiche sociali del tempo di post-secolarizzazione che si vive anche in Italia. Sono in molti ad osservare, infatti, che negli ultimi anni è cambiata anche la scena religiosa nazionale e che riferimenti e discorsi religiosi oggi riscuotono un interesse crescente.

    Ma quello che stiamo vivendo non è affatto un ritorno al passato degli oratori affollati e dei rintocchi rassicuranti delle campane. E' piuttosto il tuffo in uno scenario nel quale le dinamiche della post-modernità condizionano anche l'universo della religione e determinano interessi e comportamenti nuovi, magari confusi e ambigui ma certamente diversi e distanti da quelli tradizionali.

    Il pluralismo è un tratto di questo tempo post-secolare nel quale lo spazio pubblico si affolla di protagonisti, nuovi simboli e nuove tradizioni. Pluralismo di idee religiose, di modelli di spiritualità, di etiche, di teologie, di espressioni della fede. Censurato, minimizzato, deprecato, questo pluralismo cresce sotto traccia e una società sarà compiutamente democratica e laica soltanto se saprà prenderne atto e modificare coerentemente la sua auto rappresentazione. Nella società post-secolare, insomma, pluralismo religioso e democrazia nell'accesso allo spazio pubblico sono assai più strettamente interconnessi che in passato.

    Scorrendo l'agenda ecumenica di questi giorni possiamo rilevare che in questi giorni sono in calendario importanti convegni sulla bioetica (Udine) e sulla pace e la giustizia (Milano); negli stessi giorni altri ancora gli evangelici raccoglieranno firme nell'ambito della campagna "L'Italia sono anch'io" per i diritti degli immigrati. E' in questa forma che gli evangelici italiani intendono contribuire al dibattito pubblico del Paese: da "laici" che sanno distinguere tra Chiesa e Stato da una parte, e da credenti che sentono la responsabilità di testimoniare pubblicamente la propria fede dall'altra. ( nev 45/2011 - adl )

 

 

IPSE DIXIT

E quindi siamo impacciati - «C'è il tema della finalità riconciliativa delle procedure democratiche. Se affidate all'invettiva dei media diventano procedure di contrapposizione, diventano l'inveramento della politica schmittiana, non della politica democratica: il trionfo del rapporto tra nemici. Ciò che rende fondamentalmente impossibile la coesione e la condivisione. E che fa prevalere l'ostilità nei confronti del nemico al posto della responsabilità davanti al problema. C'è un problema, ne dovremmo essere responsabili, lo imputiamo a un nemico e – inveendo contro il nemico – assolviamo al nostro compito politico e raccogliamo consensi attorno all'invettiva piuttosto che intorno alla soluzione. Col risultato che, quando poi si avvicina il momento di gestire la soluzione, noi sappiamo solo gestire l'invettiva e quindi siamo impacciati.» – Giuliano Amato