lunedì 7 novembre 2011

1 5 0 - I - L'Italia degli immigrati

Gli immigrati regolari sono 5 milioni e almeno 500 mila i clandestini. Lo dice il rapporto annuale realizzato dalla Caritas Italiana, dalla Fondazione Migrantes e dalla Caritas diocesana di Roma.

 

Nel 1861, anno di proclamazione dell'Unità d'Italia, gli stranieri immigrati nel nostro Paese erano 88.639, con un'incidenza dello 0,4% sulla popolazione residente. Oggi sono 4.570.317 su una popolazione di 60.650.000 di residenti; circa 50 volte in più, pari al 7,5% della popolazione del Belpaese. Nonostante la crisi, l'aumento è stato di 335.258 residenti nel 2010.

    E se si tiene conto di circa altri 400 mila cittadini stranieri, regolarmente presenti ma non ancora registrati in anagrafe, si tratta di quasi 5 milioni di persone: cifra invariata rispetto allo scorso anno.  Viene inoltre stimata in circa mezzo milione la presenza di persone in posizione irregolare. E' questo lo scenario che fotografa il XXI Dossier statistico immigrazione 2011, il rapporto annuale realizzato dalla Caritas Italiana, dalla Fondazione Migrantes e dalla Caritas diocesana di Roma.

    L'on. Franco Narducci, che ha assistito alla presentazione del Dossier effettuata nel Teatro Don Orione di Roma, ha sottolineato che in Italia, ormai, gli immigrati sono una presenza strutturale, e ciò è avvalorato dai dati inconfutabili che scaturiscono dalla lettura del Dossier Caritas. Essi, infatti, al pari degli italiani all'estero, contribuiscono a costruire la ricchezza del nostro Paese, apprezzandone la cultura ed il modo di vivere oltre che la tradizionale umanità che ci contraddistingue. In questo senso l'on. Narducci è convinto che bisogna arrivare a definire un nuovo modello di welfare, che sull'esperienza maturata dagli italiani all'estero, faccia leva sull'inclusione.

    Secondo il Dossier, negli ultimi dieci anni gli immigrati nel mondo sono aumentati di 64 milioni, arrivando a 214 milioni (dato Oim), di cui 4,2 di italiani e 3,7 di studenti stranieri. Nel 2009 sono 32,5 milioni i residenti con cittadinanza straniera nell'Ue a 27(6,5 per cento della popolazione), mentre altri 14,8 milioni sono diventati cittadini dei Paesi di accoglienza (attualmente nella misura di 776 mila l'anno), per cui quasi un decimo della popolazione europea non e' nata sul posto.

    Nel futuro cambieranno gli scenari migratori e, a causa della diminuzione della popolazione in età attiva, la Cina sarà il massimo polo di attrazione migratoria, così come continuerà a esserlo l'Europa.

    In Italia, oltre ai dati forniti sopra, si registra una presenza di lavoratori immigrati pari a oltre due milioni di persone, circa un decimo della forza lavoro, e sono determinanti in diversi comparti per un tasso di attività più elevato e la disponibilità a ricoprire anche mansioni meno qualificate. Interessante è anche il dato relativo alle donne, sul piano occupazionale, che hanno inciso per la metà sui nuovi assunti del 2010. La popolazione immigrata è più giovane di quella autoctona e lontana dal pensionamento, infatti versa annualmente oltre 7 miliardi di contributi previdenziali,assicura maggiore flessibilità territoriale e la disponibilità a inserirsi in tutti i settori lavorativi, crea autonomamente lavoro anche con i suoi 228.540 piccoli imprenditori, si occupa dell'assistenza delle famiglie, degli anziani e dei malati, anche se sta pagando più duramente la crisi in termini di disoccupazione e complessivamente rende più di quanto costi alle casse dello Stato.

    Si tratta di un dato inconfutabile di cui bisogna prendere atto rifuggendo ogni deriva xenofoba. Come dice mons. Merisi, presidente di Caritas Italiana, gli immigrati sono "la base indispensabile perché si avvii un nuovo corso, che congiunga il nostro passato di emigrazione con il presente che stiamo vivendo come Paese di immigrazione. Impariamo insieme a essere aperti ma non approssimativi, a farci carico dello sviluppo del nostro Paese senza trascurare gli altri, a vivere una globalizzazione all'insegna dei diritti e di uno sviluppo autentico. Impariamo a vivere con gli immigrati e chiediamo agli immigrati di collaborare".