mercoledì 7 marzo 2012

IL PD ALLA PROVA DELLA SUA COLLOCAZIONE IN EUROPA

Lettera da Bratislava

A margine di un intervento di Castagnetti sul temuto avvicinamento tra PD e PSE.

 

L'Unità del 15 febbraio ha ospitato un intervento di Castagnetti sul temuto avvicinamento tra PD e PSE. Già il titolo era un sommario, anzi un abstract, dell'intero articolo: "Il PSE? Non si va avanti con la testa volta all'indietro". Una verità lapalissiana se solo fosse vero che andare verso il PSE, significhi voltarsi all'indietro.

    In tutto lo scritto non c'è una esemplificazione sulle posizioni del PSE dal Congresso di Praga del 2009 alla Conferenza Progressista e Socialista di 2 anni dopo a Bruxelles. Proprio in quest'ultima conferenza si è accentuata la critica a "Quella finanza che ha svelato l'impotenza di un'Europa perennemente in costruzione. La stessa finanza che pretende di dirigere il mondo senza la politica, non solo senza la signoria delle regole, ma senza il controllo, anzi il semplice contatto con la realtà dei popoli fatti di uomini in carne e ossa". Se queste sono le preoccupazioni di Castagnetti avrebbe dovuto essere colpito dallo slogan del Manifesto di Madrid, con il quale il PSE ha condotto le Europee 2009: "People first", la gente prima di tutto.

    Se è illuminante l'analisi di Reichlin per Castagnetti dovrebbe essere capace di datarla come un modo vecchio di deformare la realtà da parte dell'ideologo di turno che, come vedremo nella polemica con Macaluso, non è stato capace di liberarsi dalla vulgata hegeliana della coincidenza/convergenza del reale e del razionale, non nelle dimensioni epocali della storia, addirittura nella contingenza della politica, il cui nuovo corso inizia con la fondazione del PD, peraltro incubato dalla svolta di Salerno, dalla via italiana e democratica al socialismo, dall'arco costituzionale e dal compromesso storico e che ha il suo sviluppo, forse il coronamento nel governo dei tecnici e nella sua istituzionalizzazione, anche dopo le elezioni del 2013.

    Peccato che questa sia anche la visione di Veltroni, mentre Reichlin dovrebbe essere per coerenza l'ideologo di Bersani, dal momento che se è lui il Segretario, ci sarà una ragione oggettiva che lo giustifica. Non per nulla Pierluigi Castagnetti è "grato a Pier Luigi Bersani perché la chiarezza sul tema contenuta nel suo intervento su Repubblica ha chiuso la polemica tanto assurda quanto deviante, sollevata da chi sul Foglio aveva proposto di fare del PD un «cazzuto partito di sinistra»" senza nominare il reprobo, perché la Chiesa insegna, che si dice il peccato, ma non il peccatore.

    In effetti il responsabile di tutto è Scalfari che aveva perentoriamente escluso, la domenica precedente, che il PD potesse diventare un partito socialdemocratico. Per Castagnetti, ma non è il solo, socialdemocrazia rimanda alle scissioni degli anni Venti e alla contrapposizione con il comunismo sovietico, al welfare state, al più al Programma di Bad Godesberg, cioè a un mondo che non esiste più. Per non far figura di reazionario Castagnetti critica da un punto di vista europeista la Conferenza intergovernativa di Bruxelles del 14 febbraio 2000 (Castagnetti la colloca invece a Nizza, dove si svolse il Consiglio Europeo di dicembre), quando al governo dell'UE c'erano 13 primi ministri socialisti su 15: e il 14° era un futuro democratico DOC di nome Massimo e cognome D'Alema.

    Il Trattato di Nizza non è stato all'altezza delle aspettative federaliste, ma non ha fatto fare passi indietro all'integrazione europea dal momento che sono aumentate le materie con voto a maggioranza qualificata invece che all'unanimità ed è stata incrementata la co-decisione del Parlamento Europeo.

    Il processo di integrazione non è stato bloccato dai primi ministri socialisti, molti dei quali di governi di coalizione, ma dall'allargamento dell'Unione da 15 a 25 poi a 27 per arrivare prossimamente a 28 con la Croazia: in questa nuova Europa i primi ministri socialisti non arrivano alle dita di una mano e la situazione migliorerà di poco con la vittoria socialdemocratica in Slovacchia e con la Croazia.

    Invece di fare una polemica a distanza di 12 anni Castagnetti avrebbe dovuto dire che la cooperazione intergovernativa in luogo di decisioni comunitarie è responsabilità della MERKEL E SARKOZY, cioè di due esponenti del PPE. Inoltre le scelte dei grandi partiti del PSE, in quella fase erano dominate da Terze Vie e Nuovi Centri, cioè da modelli tipo Ulivo, che del PD è stato l'incubatore. Quella fase è rigettata dal PSE e dai partiti che la interpretavano: il Labour e la SPD.

    Castagnetti ha un merito, quello di aver detto con chiarezza che "I cattolici del PD non hanno una congenita incompatibilità con la socialdemocrazia" e  che "Non sono loro, i cattolici, a porre un problema di identità religiosa, che in politica sarebbe fuori luogo". In effetti sarebbero degli strani cristiani, dato che in Scandinavia e in Gran Bretagna i cristiani sono stati parti essenziali nella fondazione dei partiti laburisti e socialdemocratici.

    Quando è la fede, cioè un modo di stare nel mondo, e non il Vaticano, a dettare la loro condotta politica, i cattolici possono addirittura scavalcare a sinistra i socialdemocratici, come è stato per il movimento dei Cristiani per i Socialismo in Nicaragua o formazioni come il Mapu nel Cile di Allende, per non parlare di cattolicissimi terroristi dell'IRA o dell'ETA.

    La replica di Fassina (l'Unità del 17/2/12) non è stata pertinente con il richiamo al pensiero cattolico che può aiutare il PD a vincere il liberismo. Castagnetti ha posto un problema da laico e su quel terreno andava risposto, con riferimenti puntuali alla elaborazione del PSE e di suoi partiti o se voleva stare sul generale, come Castagnetti, sull'Europa e sul discorso del vecchio Helmut Schmidt al Congresso della SPD, di netta contrapposizione alla Merkel.

    Più pertinente è apparso Andrea Orlando su Le Ragioni del Riformista del 26 febbraio, sia pure con la preoccupazione di non prendere le distanze dal governo Monti. Monti nei suoi sviluppi sarà sempre più distante da un'ipotesi di sinistra per quanto moderata in senso socialdemocratico, cioè anche se dovesse stipulare un nuovo compromesso con il capitalismo (in tal caso sarebbe un esponente della controparte), invece di porre un'alternativa di modello di società e di scala di valori come suo fondamento.

    Sono per questa ipotesi, ma da elaborare con progetti credibili, realistici e convincenti per la gente normale. I destinatari dei nostri discorsi, ci guarderebbero con sospetto e aumenterebbe la loro diffidenza se noi dovessimo seguire Castagnetti nel suo ragionamento finale.

    Allo stesso modo il suo ritenere che dalla costituzione di un grande partito di sinistra aderente al PSE sorgerebbero, come d'incanto, domani che cantano illuminati dal sole dell'avvenire. Ci sarebbe comunque a nostro favore una positiva differenza, cioè voler stare in compagnia di altri in Europa e nel mondo. Mentre Pierluigi Castagnetti non vuol "compromettere l'ambizione più alta che fu di tutti quelli che hanno inventato il Partito democratico, non per esigenze di accasamento ma per dare una prospettiva alla civiltà, alla democrazia e alla politica in questo complicatissimo tornante della storia."

    Non il destino del Governo Monti o dell'Italia dipende dal successo del PD, ma addirittura la civiltà e la democrazia. Scusami, Castagnetti, ma qui nella visione PiDicentrica stiamo delirando.

 

Felice C. Besostri

portavoce del Gruppo di Volpedo, Network per il Socialismo Europeo