giovedì 22 marzo 2012

Coesione sociale e volontà di progresso

150Ieri al Quirinale

 

Riportiamo di seguito ampi stralci dell'intervento del Presidente Napolitano all'incontro a conclusione delle celebrazioni per il 150° anniversario dell'Unità d'Italia

 

di Giorgio Napolitano

predidente della Repubblica

 

Sul significato di questa complessiva, vivissima, variegata risposta, "dall'alto e dal basso", all'appello per celebrare insieme, non formalmente e non retoricamente, i 150 anni dell'Italia unita, abbiamo già detto molto - anche io stesso in diverse occasioni : e non poco ci dice ora la ricerca del Censis - le cui risultanze sono state appena rese note - sui "valori degli italiani", quali appaiono ridisegnati dall'esperienza del profondo travaglio in atto nella nostra società e anche dal mix di sentimenti e riflessioni suscitato dalla ricorrenza del Centocinquantenario. Affiora da questa ricerca un'evoluzione verso atteggiamenti più socievoli, più sensibili culturalmente e civilmente, più legati all'idea di stare solidalmente insieme come nazione : qualcosa che ci conforta nella nostra professione di fiducia nell'avvenire dell'Italia.

    E mi si consenta di calare ora più decisamente nel presente il discorso sul paese, alla luce del bilancio cui questa cerimonia è stata dedicata.

    Nel trarre - all'inizio di ottobre - le prime conclusioni dell'intensa esperienza delle celebrazioni del Centocinquantenario, scrissi che si era prodotto "un risveglio di coscienza unitaria e nazionale" le cui tracce erano destinate a restare, i cui frutti rimanevano ancora largamente da cogliere. Ebbene, credo che quei frutti li stiamo raccogliendo anche e in particolare nella fase speciale e cruciale che la vita pubblica italiana ha imboccato quattro mesi fa. Si sta facendo sentire e mostrando prezioso quel "lievito di nuova consapevolezza e responsabilità condivisa" che avevamo visto crescere nel moto sempre più profondo e diffuso delle celebrazioni.

    Lo dico pensando al clima in cui si è risolta in novembre un'assai difficile crisi politica ; e al clima in cui un governo formatosi fuori degli schemi ordinari, con caratteristiche per varii aspetti mai sperimentate, sta portando avanti un'azione tutt'altro che indolore. Tutto sarebbe stato e sarebbe più arduo se in precedenza, nel ripercorrere gli alti e bassi della nostra storia unitaria, non si fosse ritrovato e potenziato il senso dell'interesse generale da far prevalere su ogni interesse particolare, il senso e il valore della coesione sociale e nazionale come leva per superare - oggi al pari di ieri - sfide e prove ineludibili.

    Hanno certamente spinto nella direzione giusta i crudi fatti del rischio di insostenibile tensione e catastrofico cedimento cui sempre di più nella seconda metà del 2011 è risultato esposto, nel contesto europeo, l'equilibrio dei nostri conti pubblici, il debito sovrano del nostro Stato, il futuro del nostro paese. Ma di ciò si è preso coscienza da parte di larghi strati della popolazione con una maturità, direi sorprendente, stimolata da quel recupero di valori nazionali, civili e morali di cui questa mattina abbiamo voluto tracciare il bilancio.

    A loro volta le principali forze politiche hanno avvertito la stanchezza dell'opinione pubblica e dell'elettorato per il perpetuarsi di una conflittualità esasperata e paralizzante in momenti di evidente emergenza, tali da richiedere invece il massimo sforzo di avvicinamento e convergenza nell'interesse comune. Il senso di responsabilità dimostrato da forze già al governo e già all'opposizione nel rendere possibili la formazione e le scelte urgenti di un esecutivo estraneo a entrambi gli schieramenti partitici, ha anch'esso rispecchiato la consapevolezza della fondamentale sollecitazione scaturita dalle celebrazioni del Centocinquantenario.

 

    Aggiungerei che si trattava di una sollecitazione anche al recupero della grande lezione dell'Assemblea Costituente e della strada maestra della Costituzione repubblicana. Non si è forse avuta nei mesi scorsi la prova della vitalità di un assetto costituzionale, e di un patrimonio di concreta e ricca esperienza costituzionale, capace di suggerire e garantire in modo non traumatico un passaggio politico tra i più delicati e inediti?

    L'evoluzione in senso più costruttivo nei comportamenti di importanti soggetti sociali e politici, sotto la pressione di una forte reazione critica e di una netta domanda di cambiamento provenienti dalla società, si è manifestata in parallelo con la messa in campo, per il governo del paese, di qualificate energie e competenze di cui l'Italia disponeva, e si è tradotta nell'espressione di un largo sostegno parlamentare al governo del Presidente Monti. Ne sono già scaturiti risultati di innegabile rilievo: in sostanza, una rinnovata fiducia, in sede europea e internazionale, nella capacità di ripresa e di sviluppo dell'Italia e nel suo apporto al superamento della crisi dell'eurozona e del progetto europeo. Di qui anche l'allentamento della pressione, nei mercati finanziari, sui titoli del nostro debito pubblico, a conferma che il rimedio sovrano dinanzi ad attacchi speculativi e a più complesse insidie di carattere economico-politico è sempre il capitale di fiducia che si è acquisito o riacquisito.

    Questi risultati, superiori a pure possibili previsioni positive, sono tutti da consolidare e integrare : definendo e applicando rigorosamente i provvedimenti ancora all'esame del Parlamento, spingendo fino in fondo l'impegno per la revisione e il contenimento della spesa pubblica, per la stabilizzazione di una prassi di pareggio di bilancio, per la sostanziale riduzione, attraverso tutte le vie percorribili, dello stock del debito pubblico. Non mettendo in forse questo processo di risanamento finanziario, ma integrandolo con misure e politiche per il rilancio della crescita, al momento solo avviate in sede nazionale e annunciate in sede europea, si potranno porre le basi per la soluzione dei problemi di fondo che travagliano la società e lo Stato italiano.

    Sono certo che questa assoluta necessità di continuare senza cadute e senza regressioni nel cammino intrapreso, sia ben presente alle forze politiche più responsabili. Il garantire la continuità di scelte di governo e parlamentari che stanno palesemente giovando alla causa della salvezza e al prestigio dell'Italia non mortifica la politica, ma contribuisce a rivalutarla, a riaccreditarla nella sua missione più autentica di espressione dell'interesse generale e di rafforzamento della compagine nazionale. E' una missione cui ci ha richiamato lo spirito del Centocinquantenario e che può oggi tornare ad essere riconosciuta alla politica anche a condizione che le sue forze più rappresentative dimostrino in questa fase di saper varare riforme istituzionali condivise, già per troppo tempo eluse, e tendano a garantire nel futuro comportamenti trasparenti sul piano della moralità, nonché più alti livelli di qualità nelle rappresentanze istituzionali e di governo.

    Mi permetto peraltro di dissentire da chi vede un pericolo di svalutazione o marginalizzazione della politica nelle cessioni di sovranità da parte del nostro e degli altri Stati nazionali a favore dell'Unione europea. Quelle cessioni, quelle volontarie autolimitazioni furono l'idea-chiave del lungimirante progetto di integrazione e unità lanciato a Parigi 62 anni orsono. Un'idea-chiave e un progetto che traggono oggi maggior forza e decisivo impulso dal processo di globalizzazione e dal grande cambiamento mondiale. Mi ha confortato in tale convinzione sentire qualche sera fa il cancelliere tedesco richiamare il fatale restringimento del peso del nostro continente al 7 per cento della popolazione del mondo d'oggi, ed evocare il rischio della marginalità per tutti i nostri paesi se non saremo capaci di integrarci più strettamente. Per tutti i nostri paesi, compreso il più grande e dinamico che ella rappresenta. Una sempre più stretta integrazione europea, attraverso il crescente ricorso a forme di sovranità condivisa che riducano l'area delle distinte e separate sovranità nazionali, è una necessità oggettiva del nostro tempo e non conduce alla fine né della politica né della democrazia.

    Piuttosto, muoviamo in Europa verso nuovi scenari e modi di essere della vita democratica, nel rispetto delle diversità e peculiarità delle nostre storie e culture nazionali, ma superando gli steccati di ormai asfittici sistemi nazionali. E questa diventa anche la proiezione di quel sentimento di identità, appartenenza e unità italiana, di quel rinnovato attaccamento alla patria, che abbiamo sollecitato e visto riemergere con le celebrazioni del Centocinquantenario.

    Continuiamo dunque a coltivare, a tener vivo quel sentimento che è anche impegno di coesione, approfondendolo sul piano della consapevolezza storica e del costume civile, e connettendolo con la prospettiva del crescere insieme in Europa, fianco a fianco con le altre nazioni e gli altri popoli del continente cui è consegnato il nostro comune futuro.

    Ho detto "continuiamo". Sì, perché è finito l'anno delle celebrazioni del grande nuovo inizio per l'Italia segnato dal 17 marzo del 1861, ma non è finita l'opera del rilancio del nostro patrimonio unitario, e non può mancare la determinazione nel portarla avanti.

    Sancisce e stimola la continuità del nostro impegno collettivo a interrogarci sulla storia dell'Italia unita, a studiarla e discuterla, la decisione, che saluto, di fare del 17 marzo, in via permanente, la "Giornata dell'anniversario dell'Unità d'Italia". E già si presenta vicina e concreta la scadenza del centenario - il 1915, per il nostro paese - della 1a Guerra Mondiale, passaggio storico cruciale per lo Stato unitario sorto da poco più di cinquant'anni e per un popolo che ancora conosceva poco sé stesso e per la prima volta si riuniva in una drammatica e complessa esperienza comune. Proseguono programmi scolastici felicemente avviati per il Centocinquantenario, restano aperti o stanno per aprirsi canali informatici e restano disponibili materiali didattici, come in particolare ci si suggerisce da Torino, che nel 2010-2011 è già stata centro propulsore ed esempio operoso per il programma complessivo delle celebrazioni dei nostri 150 anni. Faremo tutti la nostra parte come nel periodo celebrativo che oggi si conclude ; la faremo nella convinzione di coltivare un filone non esteriore e rituale ma autentico e vitale, di azione sociale e pubblica, di pedagogia e di partecipazione nazionale, capace di portare a un livello più alto la coscienza civile, la coesione e la volontà di progresso degli italiani.