Dopo il violentissimo sisma, che ha causato 1200 morti, il governo nipponico ha proclamato lo stato di allarme e chiuso 11 centrali atomiche. In una si registra un aumento di radiazioni. 6000 cittadini sono stati evacuati.
Con il terremoto più forte della storia del Giappone torna anche l'incubo nucleare. L'allarme è partito nella tarda mattinata di oggi quando l'ente che gestisce la centrale nucleare di Fukushima ha comunicato che il sistema di raffreddamento del reattore è andato in panne in seguito ai danni subiti per il fortissimo sisma. Un allarme ulteriormente accresciuto poi dalla decisione del Governo giapponese di proclamare lo stato di emergenza nucleare, con la conseguente chiusura di 11 centrali, tra cui quella di Onagawa, dove si era sviluppato un incendio in uno dei reattori.
Intorno alle 13, il sito internet dell'Asahi shinbun scriveva che "se le operazioni in corso per far abbassare la temperatura non dovessero andare in porto, potrebbero esserci danni a cinque muri in cemento armato che imprigionano il materiale radioattivo e quindi fuoriuscite".
Poco dopo la notizia della decisione di evacuare 2000 residenti (presto diventati 3000 e poi 6000) nei pressi della centrale di Fukushima che sorge alle porte dell'omonimo capoluogo provinciale, nel nord est del Paese, in una delle zone più colpite dal sisma (il più forte della storia giapponese, che di terremoti è ricchissima).
E infine, intorno alle 18.30, la notizia di un rialzo del livello delle radiazioni presso l'impianto nucleare numero uno.
Inevitabile a questo punto il panico per l'incubo nucleare. Un incubo quasi rimosso dopo Chernobyl e molti anni di apparente tranquillità ma che il devastante terremoto giapponese ha ridestato.
E in Italia, dove si è recentemente riaperta la partita tra favorevoli e contrari, si è subito innescata una serie di reazioni soprattutto nel fronte anti atomico. La prima è quella di Greenpeace che in una nota ha espresso la sua "preoccupazione per i danni che il terremoto e lo tsunami possono aver provocato agli impianti nucleari, nonché alle altre industrie pericolose come le raffinerie di petrolio e di prodotti chimici".
L'associazione ambientalista ha poi sottolineato che "anche se vengono spenti immediatamente, i reattori devono essere raffreddati e servono grandi quantità di acqua per evitare il rischio di surriscaldamento e fusione". Per questo Greenpeace continuerà a monitorare una situazione che è in rapida evoluzione. "Ci auguriamo che le indagini sugli impatti agli impianti nucleari e sui rischi per la popolazione e l'ambiente - ha detto ancora l'associazione - vengano condotte in modo indipendente e comunicate al pubblico".
Preoccupazione è stata espressa anche da Alfiero Grandi, Presidente del Comitato "SI alle energie rinnovabili NO al nucleare". Per Grandi l'allarme generatosi in Giappone "è la conferma che le centrali nucleari sono pericolose. Durante il funzionamento - ha osservato Grandi - come dimostrano studi recenti, le centrali rilasciano radioattività che fa aumentare le leucemie nei bambini e nel caso di eventi interni o esterni, come in Giappone, le centrali diventano pericolose per il rischio di incidenti. Il Governo italiano - ha aggiunto il presidente del comitato anti nucleare - farebbe bene a ripensarci e a bloccare l'avventura nucleare in cui vorrebbe precipitare l'Italia, zona notoriamente esposta a terremoti ed altri rischi idrogeologici".
Per Legambiente, anche se il rischio Chernobyl viene escluso dagli esperti (in particolare in Italia dal Cnr), la situazione resta preoccupante, "perché anche il rilascio di piccoli contaminanti mette a repentaglio la salute umana". Ciò detto, "è difficile immaginare il livello di distruzione che un terremoto di queste dimensioni potrebbe causare in Italia - ha aggiunto Cogliati Dezza, presidente di Legambiente- e quali potrebbero essere le conseguenze se avessimo centrali sul nostro territorio". Anche per questo motivo, conclude l'associazione, "ci auguriamo fortemente che l'Italia riveda il suo masochistico programma nucleare".
Intanto, un paio di ore dopo il massimo allarme, la prefettura di Fukushima gettava, letteralmente, acqua sul fuoco affermando che il livello d'acqua nel reattore nucleare della centrale di Fukushima sarebbe stato sufficiente per coprire e raffreddare le barre del combustibile atomico. Allo stesso tempo però la struttura veniva consegnata all'esercito nipponico.
Quindi situazione sotto controllo? Secondo Paolo Clemente, responsabile del Laboratorio prevenzione rischi naturali e mitigazione effetti dell'Enea "è presto per capire il tenore dell'allarme in merito alle notizie diffuse finora dal Giappone", ma "non è il terremoto il motivo per dire no al nucleare" perché "oggi siamo in grado di costruire impianti nucleari ed edifici che resistono a terremoti così violenti".
Nella notte è giunta però la notizia di un'esplosione verificatasi nella centrale nucleare Fukushima N°1, a 250 km da Tokyo, nella quale venerdì si erano registrate radioazioni superiori ai limiti di guardia (di qui il decreto di evacuazione per un raggio di dieci chilometri emanato dal governo).
La televisione Nhk ha diffuso le immagini di una fumata bianca sopra la centrale che sarebbe stata causata da una potente esplosione. La gabbia esterna di contenimento di uno dei reattori risulterebbe essere stata polverizzata, afferma la televisione giapponese.
Per riassumere la situazione altamente drammatica nel paese del Sol levante un corrispondente di SkyTg24 ha raccontato un di un sintomatico episodio accaduto in trasmissione nella tv di Stato giapponese. Un giornalista avrebbe parlato di un fuggi fuggi da parte degli addetti della centrale e subito dopo si sarebbe sentita una voce fuori campo dire chiaramente: «Questa è una notizia che non andava letta». Alla popolazione non ancora evacuata dalle zone limitrofe all'impianto le autorità hanno chiesto di rimanere in casa e non aprire nè porte nè finestre.
Intanto sale continuamente il numero dei morti causati dal terremoto e soprattutto dallo tsunami che si è abbattuto sulle coste giapponesi: l'ultimo bilancio parla di mille e duecento vittime, ma sembra purtroppo destinato ad aumentare.
IPSE DIXIT
Senza nome
«Spesso si fa coincidere l’otto marzo con l’incendio di una fabbrica di camicie di New York in cui morirono 146 persone, soprattutto giovani donne immigrate dall’Italia e dagli shtetl dell’Europa orientale.
In realtà l’incendio avvenne il 25 marzo 1911, pochi giorni dopo la prima manifestazione internazionale delle donne, e i due fatti rimasero così collegati fra loro che li si associa entrambi all’Otto marzo.
Il cimitero di Evergreen, al confine tra Brooklyn e i Queens, dove i Newyorkesi hanno eretto un monumento di pietra, un bassorilievo dedicato alle ultime sei vittime dell’incendio, mai identificate e sepolte in una bara comune a causa dello strazio dei corpi causato dalle fiamme. Dopo cento anni, grazie alla dedizione di un ricercatore, Michael Hirsch, le vittime sono state identificate e, in occasione del centenario, il nome di ciascuna di esse sarà letto nella cerimonia di commemorazione.» – Pia Locatelli
I nomi di sei ragazze
morte il 25.3.1911
Yetta Berger(18 anni, immigrata austriaca)
Catherine Uzzo(22 anni, immigrata italiana)
Annie Nicholas (18 anni, immigrata ebrea russa)
Rose Oringer (19 anni, immigrata austriaca)
Rose Liermark (19 anni, immigrata russa)
Molly Gerstein (17 anni, immigrata russa)