Il dibattito a sinistra - I
Base ineludibile della democrazia
Per quanto l’agonia possa essere non proprio breve, ci sembra che la fase in discesa di questo centro-destra sia iniziata e con essa anche quella di Berlusconi. Non sarà una fine indolore e preoccupa che chi dovrebbe, per funzione, essere l’alternativa, nei fatti non lo sia.
di Paolo Bagnoli
Da quando Silvio Berlusconi è venuto prepotentemente alla ribalta politica del nostro Paese le discussioni per comprendere il fenomeno che rappresentava – e continua peraltro a rappresentare – così anomalo come anche le recenti inquietanti vicende dimostrano, ha impegnato giornali, scrittori, intellettuali di vario tipo spaccando culturalmente un Paese che aveva, invece, bisogno di ritrovarsi non tanto nella categoria della “condivisione”, che a dire il vero non si capisce cosa voglia dire se non composizione della lotta politica per evitare di farsi troppo male, quanto nell’etica repubblicana; ossia, in quei valori che, al di là delle collocazioni di schieramento e di militanza politica, legittima l’insieme della vita democratica.
L’errore nella valutazione è consistito nel fatto che, per una lunga fase, si è ritenuto che, in quanto leader di uno schieramento di destra, Berlusconi fosse, da chi in esso non si riconosceva e vi si poneva in senso alternativo, l’emblema di una nuova destra nata sullo sfaldamento delle forze storiche della democrazia italiana, caratterizzata dai nuovi approdi degli eredi di Almirante.
In effetti le cose non stanno così. La dissociazione di Fini e la rottura del Pdl ci dicono che esiste una differenza profonda tra lo stesso centro-destra e il berlusconismo. Il centro-destra, infatti, ambiva a rappresentare una politica, non condivisibile, talora eversiva nei confronti della Repubblica e di quanto la ha generata, falsamente liberale e improvvisata nell’esercizio del governo, ma pur sempre uno schieramento che, benché raffazzonato e di basso livello di classe dirigente, esprimeva una intenzione politica. Il berlusconismo no; il centro-destra era, ed è, il mezzo con il quale Berlusconi persegue l’affermazione del disegno valoriale che egli ritiene di rappresentare e, per tali motivi, costituisce un fattore assai più grave della sua stessa coalizione. Le vicende ultime, squallide e arroganti, lo confermano con palmare chiarezza.
Silvio Berlusconi, avendo a motivazione e fine della propria ragione politica solo se stesso, rappresenta la coniugazione politica di vizi, facilonerie, ottimismi fasulli, testimonianza di potenza e di una superegoità con la quale, secondo l’interesse suo proprio, egli pilota lo schierament0o politico di cui è dominus indiscusso anteponendo un proprio costume non solo alla elementarità dei comportamenti morali, ma pure alla sostanza propria dell’operare politico. In tal senso è fonte ed esempio di mala educazione collettiva non solo perché simula e dissimula a piacimento, ma in quanto, invece di perseguire l’interesse collettivo – che è un fine sempre politico – è solo interessato a trarre, dalla posizione che occupa, e per quanto i suoi ingenti mezzi riescono a muovere, una risoluzione in senso personal-privatistico.
Detta per le spicce Berlusconi riduce l’esercizio massimo del potere a egoismo conclamato, affermato e perseguito in virtù di quella dote di furbizia che agli italiani, siamo sinceri, piace tanto. La sostanza della sua politica consiste solo nell’imporre quanto gli torna comodo offrendosi come soggetto positivo del modo migliore con cui si può essere veri italiani. Egli è l’espressione più vera e credibile della malattia morale che affligge l’Italia dall’inizio degli anni ’90 e, purtroppo, una constatazione solo politicistica o di tecnica politica da parte delle varie opposizioni, non ha permesso di mettere a fuoco la questione che è, invece, fondamentale, per cercare di risalire la china dello sfarinamento della democrazia italiana. La questione culturale precede, quindi, quella politica ed è a essa propedeutica.
Quale possa essere il futuro dell’Italia è difficile dire; ma certo, per quanto l’agonia possa essere non proprio breve, ci sembra che la fase in discesa di questo centro-destra sia iniziata e con essa anche quella di Berlusconi. Non sarà, tuttavia, una fine indolore e preoccupa che chi dovrebbe, per funzione, esserne l’alternativa, nei fatti non lo sia, ben oltre le parole, le firme, gli slogans e le proteste di vario tipo che agita.
E’ nella dinamica della storia che anche questa vicenda prima o poi finisca, ma nessuno può solo azzardare quale pagina si troverà l’Italia dopo aver girato quella ingloriosa dei tempi presenti. Una cosa è certa: dalla crisi materiale, anche se molto faticoso e non senza prezzi salati, ci si può riprendere in tempi ragionevoli; non è così per quelle morali e questo è un dato assai preoccupante poiché la morale è, nei sistemi democratici, la base ineludibile della democrazia.
Il dibattito a sinistra - II
Fondazione Nenni: "Socialisti apolidi"
Anche se non esiste un partito che si possa definire lontanamente socialista, esistono tanti socialisti
Diciamo subito chi siamo e che cosa vogliamo. Siamo socialisti che si riconoscono nella storia del PSI. Oggi siamo socialisti apolidi o, per usare la definizione di Silone, “socialisti senza partito”. Vogliamo contribuire alla rinascita di un socialismo all'altezza dei tempi.
Mentre nei paesi europei sopravvivono partiti con il nome antico del socialismo, in Italia è scomparsa anche la vecchia casa dei socialisti. Ma se non esiste un partito che si possa definire lontanamente socialista, esistono tanti socialisti; molti si ignorano o militano altrove. Questo vuoto va riempito, ma il nuovo socialismo può essere costruito solo su un terreno vergine.
Vogliamo dialogare su questa speranza offrendo informazione, cultura e soprattutto idee ai socialisti singoli o associati che non si sono rassegnati. E che vogliono rimettersi in piedi e intraprendere la nuova lunga marcia verso il “sol dell'avvenire”.
Potete trovarci e dialogare con noi iscrivendovi al blog della Fondazione Nenni all'indirizzo: http://fondazionenenni.wordpress.com