martedì 22 giugno 2010

Un varco per la repubblica 

RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO

Dall’assemblea dei Comitati Dossetti: "La Costituzione in mano al popolo e ai partiti".
di Raniero La Valle 

Un evento abbastanza straordinario, anzi unico, si è prodotto lo scorso venerdì 4 giugno a Bologna nella grande biblioteca del convento di San Domenico, appena sufficiente a contenere le 500 persone, di ogni provenienza, che vi hanno preso parte. Tutti i partiti dell’attuale opposizione, dal Partito Democratico all’Italia dei Valori all’UDC a Rifondazione comunista a Sinistra e Libertà, rappresentati al massimo livello, hanno accettato e sostenuto il confronto con le analisi, le istanze, i rimproveri, le attese espressi dai Comitati Dossetti per la Costituzione, sul tema della difesa, dell’attuazione e dello sviluppo della Costituzione repubblicana.

    Evento unico per la presenza allo stesso tavolo di giuristi come Onida, Ferrajoli, Dogliani, Carlassare, e politici come Rosy Bindi, Paolo Ferrero, Anna Finocchiaro, Rocco Bottiglione, Leoluca Orlando, Pierluigi Castagnetti, Vittorio Prodi, Elettra Dejana. Unico per il rapporto stabilitosi tra una agguerrita rappresentanza di base, fatta di giuristi e popolo, e dirigenti di partiti disposti all’ascolto; un rapporto adulto, fuori di ogni diffamazione della politica, fuori sia da “servo encomio” che da “codardo oltraggio”.

    Grazie a questo, la Costituzione ha vissuto la sua grande giornata, riportata al suo intero valore, come patto di convivenza ma anche come nuova antropologia in forma di diritto, nuova cultura, nuovo pensiero politico, svolta dalla guerra alla pace, assunzione come bene pubblico inestimabile di ogni persona umana, carta necessaria alla vita come era necessaria durante la guerra la carta del pane. Costituzione che oggi è sotto attacco da parte di falsi novatori e veri guastatori, che usano il potere acquistato per instaurare un potere incontrollabile, dissolvere i mille volti del popolo nella maschera di un capo, fare dello Stato un patrimonio personale assicurato dal populismo e quotato dai sondaggi, estirpare la rappresentanza, rendere ordinaria la illegalità, strutturale la corruzione, vano il pluralismo politico.

    Una analisi non ideologica ma scientifica, come quella di cui sono capaci i giuristi, dice che a Costituzione ancora invariata tutto questo è già avvenuto ed è in corso. Di qui l’unanime consenso sul fatto che, salvo eventuali e circoscritti miglioramenti del sistema, questo meno che mai è il tempo della riforma costituzionale, che non potrebbe che formalizzare il degrado già esistente e trasformare le violazioni in norme; sicché non c’è alcun “tavolo delle riforme” a cui andarsi a sedere. Si è insistito invece, anche se qui con minore ascolto dei partiti, sulla necessità di mettere in Costituzione nuovi diritti, nuove garanzie, sciogliere i nodi della commistione tra pubblico e privato e del conflitto d’interessi, stabilire l’immodificabilità di principi e istituti fondamentali, costituzionalizzare il principio di proporzionalità nelle elezioni politiche.
Il Presidente dei Comitati, Raniero La Valle, ha rilevato che il costituzionalismo non solo critica e fronteggia il degrado della democrazia in Italia, ma anche il capitalismo selvaggio della cattiva globalizzazione e le politiche di dominio di Israele, manifestatesi da ultimo con la chiusura delle sponde di Gaza alla flotta pacifista.

    Onida ha rilevato la profonda iniquità di due formule demagogiche, come quella del “non mettere le mani in tasca agli italiani”, che trasforma le tasse in furto, e quella di “trasferire la tassazione dalle persone alle cose”, che è il gran regalo ai ricchi di abolire ogni progressività delle imposte.
Rosy Bindi ha chiesto che il dialogo continui, ha affermato “l’inderogabile fedeltà” del suo partito alla Costituzione, ha sostenuto che per salvare la centralità del Parlamento occorre un nuovo equilibrio tra esecutivo e legislativo e rendere più efficienti i processi decisionali; Orlando ha rivendicato la funzione dell’opposizione, Buttiglione  ha severamente criticato il bipolarismo, trovando in ciò il pieno consenso di Ferrero, ed ha patrocinato un sistema elettorale alla tedesca, Anna Finocchiaro ha denunciato il rischio di una ulteriore modifica peggiorativa dei regolamenti parlamentari, da cui il Parlamento riceverebbe il colpo di grazia, Elettra Dejana ha messo in guardia sul maggior rischio di futuri eventuali referendum costituzionali.

    Paolo Ferrero ha dimostrato come il bipolarismo rappresenti il vero attacco alla Costituzione; esso infatti espelle dalla politica la possibilità dell’alternativa, ciò che va benissimo per chi non vuole cambiare, ma allontana dalle istituzioni e dalle urne chi avverte la necessità di nuove condizioni di vita e nuove politiche. Il bipolarismo porta con sé la scomparsa della sinistra, stretta tra l’impossibilità di sottrarsi al dovere di unirsi agli altri per battere le destre, e l’impossibilità di partecipare a governi dai quali ai suoi elettori non ci sarebbe alcun ritorno in termini di cambiamento. Di qui la proposta di un “patto repubblicano” che vada dal PD all’UDC a Rifondazione al solo fine di difendere la Costituzione e cambiare la legge elettorale, ma senza alcuna implicazione programmatica di altra natura. L’obiezione a questo scenario, suggerita anche dalla Finocchiaro, è che tuttavia è pur necessario governare. Tra queste due esigenze c’è spazio però per un approfondimento e per un incontro. Da un lato la difesa della Costituzione, se è politica, offre a un accordo elettorale materia ben più ricca che non quella limitata a una semplice convergenza difensiva;  dall’altro sono sempre possibili due livelli di alleanza, uno di maggioranza e l’altro di governo, ciò che i Comitati Dossetti chiamano “costellazione democratica”.

    In ogni caso questo è uno dei varchi lasciati aperti dall’assemblea di Bologna; attraverso questo varco può passare forse la salvezza della Costituzione e della Repubblica.