IPSE DIXIT
La ricreazione è finita - «La ricreazione è finita. Anche per noi.» – Pierluigi Bersani
EUROPA
L'UE deve accelerare
In occasione del prossimo Consiglio europeo, convocato per il 16 e 17 dicembre l'Europa deve accelerare nell'opera di riforma della governance
Gianni Pittella
Vicepresidente vicario del Parlamento europeo
Proprio nel momento in cui i tempi sembravano maturi per dotare l'Unione europea di maggiori poteri "politici", attraverso il deciso rafforzamento del ruolo di coordinamento delle politiche economiche, la rottura sul Bilancio comunitario e la precipitazione della situazione irlandese riportano l'Europa a confrontarsi con i peggiori scenari e, come sottolineato dal Presidente Van Rompuy, con un rischio "sopravvivenza" dell'Unione.
Pare proprio che a qualche governo non vada giù di cedere competenze nazionali a vantaggio di una gestione comune, né di mettere mano alla cassa in favore di un altro Paese in difficoltà. A spingere in queste ultime ore l'Europa sul bordo del precipizio sono stati soprattutto i tentennamenti della Merkel in occasione dell'intervento di salvataggio prima della Grecia, ed ora dell'Irlanda, e l'azione irresponsabile e demagogica del premier inglese Cameron che ha lavorato per affossare ogni margine di accordo sul bilancio europeo.
In tale scenario anche i mercati finanziari stanno facendo la loro parte nel destabilizzare l'Europa politica, tentando di svincolarsi da qualsiasi forma di coinvolgimento in eventuali ristrutturazioni delle finanze pubbliche. Non é un caso che le fibrillazioni degli investitori siano aumentate a seguito dell'ipotesi ventilata dalla Germania di un coinvolgimento del settore privato nei piani di salvataggio. Ci sono tuttavia gli strumenti e i tempi per ribaltare la situazione e rilanciare l'azione europea. Partiamo dal Bilancio. Scaduti i 21 giorni previsti dal Trattato per trovare un accordo tra Consiglio e Parlamento, adesso la Commissione europea presenterà una nuova proposta che andrebbe approvata entro fine anno per non penalizzare i beneficiari delle risorse europee: dalle Regioni che utilizzano i fondi strutturali gli agricoltori che beneficiano della PAC, dalle Università e centri di ricerca agli enti locali, per finire con le nuove autorità europee responsabili della vigilanza dei mercati che saranno operative da gennaio 2011 ma che, senza bilancio approvato, non avranno nemmeno un euro per partire.
La base negoziale per fare l'accordo é di assoluta saggezza ed il Parlamento, con la massima responsabilità istituzionale, si é mostrato pronto ad accettare l'ulteriore taglio di 4 miliardi richiesto dai governi - per venire incontro alle difficoltà di cassa degli stati membri - a patto però che per il 2012-2013 siano previste maggiori risorse per far fronte ai nuovi compiti che il Trattato di Lisbona conferisce all'UE ed agli obiettivi concordati con la Strategia "Europa 2020" che i governi votarono all'unanimità e che ora é ben strano non vogliano più finanziare.
Mi auguro che in occasione del prossimo Consiglio europeo, convocato per il 16 e 17 dicembre, si registri il medesimo senso di responsabilità mostrato dal Parlamento e che non prevalga la miopia distruttrice di tre Paesi - Inghilterra, Olanda e Svezia - sulla maggioranza di chi vuole coniugare austerità e risparmi con crescita e sviluppo, rigore nella spesa con salvaguardia degli investimenti europei indispensabili per il futuro dei cittadini. In merito poi alla questione irlandese ed alla generale crisi delle finanze pubbliche europee bisogna agire con gli strumenti che sono a disposizione. L'Europa deve mantenere ben saldo il timone puntando a rendere il prima possibile permanente il "meccanismo di stabilizzazione", accelerare nell'opera di riforma della governance economica prevedendo chiari paletti per l'applicazione del patto di stabilità e, parallelamente, continuare nell'azione già in atto di regolamentazione dei mercati finanziari. Anche perché l'euro non puó essere ostaggio di mercati finanziari che stanno facendo la loro parte nel destabilizzare l'Europa politica, tentando di svincolarsi da qualsiasi forma di coinvolgimento in eventuali ristrutturazioni delle finanze pubbliche.
LAVORO E DIRITTI
a cura di rassegna.it
Conoscenza e lavoro: la sfida dei green skill
Lo sviluppo delle energie rinnovabili può dare impulso a una nuova politica industriale che, improntata alla promozione della eco-compatibilità e della qualità dei processi, dei prodotti e dell'occupazione, riqualifica il lavoro
di Serena Rugiero *)
molecoleonline.it
Con la Strategia di Lisbona il Consiglio Europeo ha stabilito l'obiettivo strategico di "far diventare l'Unione Europea l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro ed una maggiore coesione sociale".
La sfida di "un'economia basata sulla conoscenza" è stata resa più ambiziosa perseguendo l'integrazione degli obiettivi di sviluppo economico e sociale con quelli di sostenibilità ambientale: l'Agenda di Lisbona si è così intrecciata con quella dello sviluppo sostenibile, attraverso un rafforzamento reciproco[1].
Entrambe queste strategie mirano a sostenere gli interventi a favore dell'innovazione tecnologica e degli investimenti in capitale umano, sociale ed ambientale.
In linea con il quadro complessivo di politica di sviluppo delineato, le tecnologie rinnovabili si stanno affermando come i fattori portanti di un nuovo paradigma di crescita che, nell'ambito della "riconversione verde" dell'economia, è in grado di connettere competitività, sostenibilità e lavoro. Proprio nell'attuale crisi economico-finanziaria globale esse si configurano, infatti, come un importante obiettivo di politica economica, oltre che ambientale, contribuendo al rilancio produttivo ed occupazionale.
In particolare, lo sviluppo del settore delle rinnovabili, non solo permette di abbattere le emissioni di anidride carbonica, ma può dare impulso ad una nuova politica industriale che, improntata alla promozione della eco-compatibilità e della qualità dei processi, dei prodotti e dell'occupazione, promuove un ripensamento critico dei tradizionali modelli di produzione e di consumo ed una riqualificazione del lavoro.
La nuova politica energetica europea, basata sullo sviluppo delle energie rinnovabili, del risparmio e dell'efficienza energetica[2], difatti, oltre ad avere un impatto positivo sul consumo di energia e sull'ambiente, influenzerà la struttura del mercato del lavoro del settore, la composizione dell'offerta, i profili professionali richiesti dalle imprese, la produzione e la produttività.
Nuove conoscenze per i lavoratori: i green skill
Come è emerso da una ricerca dell'Osservatorio Energia e Innovazione dell'Ires[3] per poter beneficiare delle opportunità offerte dalla crescita delle energie rinnovabili è essenziale un forte investimento in ricerca e sviluppo, parallelamente a quello per la formazione delle figure professionali coinvolte nei processi di innovazione tecnologica. La riqualificazione delle strutture produttive legata alle tecnologie verdi ha, infatti, profonde implicazioni sulle attività lavorative, in termini di richiesta di nuove competenze, conoscenze e abilità, fino al delinearsi di nuovi profili professionali. Molte delle professioni emergenti possono essere considerate come il frutto di processi di riqualificazione attraverso l'acquisizione di nuovi skill (abilita') e sono perciò collocabili lungo un continuum che va da una minima riqualificazione del lavoro tradizionale alla transizione ad una nuova occupazione, sulla base delle tre ipotesi dell'indagine citata, secondo le quali:
i) i nuovi green skill si configurano semplicemente come supplementari ai requisiti richiesti ai lavoratori standard, potendone aumentare l'occupabilità;
ii) i nuovi green skill si collegano a significativi cambiamenti nel lavoro e nei requisiti richiesti al lavoratore diventando un requisito necessario per la professione standard;
iii) i nuovi green skill determinano la transizione a nuovi lavori: le occupazioni verdi emergenti.
Oltre Lisbona: verso la società sostenibile della conoscenza
E' importante sottolineare che la crescita del settore delle rinnovabili può rappresentare un'occasione interessante sia di sbocco occupazionale per i giovani e gli inattivi, se essi sviluppano quelle competenze specifiche di cui il settore ha bisogno, sia di riconversione dei lavoratori in mobilità, ricapitalizzando figure professionali provenienti da settori in crisi che possono vivere una fase di rivitalizzazione generata dalla crescita delle nuove tecnologie rinnovabili (ad esempio, si può assistere ad un incremento di richiesta di forza lavoro qualificata per fare fronte alla accresciuta domanda di turbine eoliche). In questi casi si è in presenza di un processo di riconfigurazione di profili lavorativi standard e/o di un percorso di re-orientamento di figure professionali tradizionali nei comparti delle energie rinnovabili, cui possono beneficiare lavoratori in mobilità, vittime dei processi di espulsione determinati dalla crisi economica.
A tal fine è fondamentale la pianificazione e l'implementazione di interventi per la riqualificazione delle competenze, da aggiornare in funzione delle nuove mansioni e delle nuove specialità, che sono imprescindibili per consentire ai lavoratori di cogliere le opportunità di impiego che derivano dallo sviluppo delle energie verdi e per incidere sulla qualità dell'occupazione.
La formazione delle figure professionali implicate nei processi di innovazione tecnologica deve favorire lo scambio tra istruzione e mercato del lavoro e tra sistema formativo e mondo produttivo attraverso uno sforzo di coordinamento con le politiche finalizzate a promuovere lo sviluppo del settore delle rinnovabili.
E' dunque auspicabile, anche nel nostro Paese, lo sviluppo di politiche industriali ed energetiche capaci di spostare in avanti il paradigma tecnologico con un'adeguata promozione della filiera dell'innovazione e, contestualmente, della formazione che riveste un ruolo centrale nell'accompagnare le trasformazioni in atto nel sistema energetico.
E' seguendo questa direzione che la green economy potrà contribuire all'avvio di un nuovo processo di crescita all'insegna dell'integrazione tra sviluppo economico e tutela dell'ambiente per la costruzione di società sostenibile della conoscenza.
* Serena Rugiero, Ricercatrice, Coordina l'Osservatorio Energia e Innovazione dell'Istituto di Ricerche Economiche e Sociali (IRES)
Note
[1] Con il Consiglio Europeo di Goteborg del 2001 ha preso effettivo avvio la "strategia europea" per lo sviluppo sostenibile; ad essa è seguita la nuova "strategia europea per lo sviluppo sostenibile 2005-2010" e la decisione del Consiglio Europeo del 6 ottobre 2006 inerente gli "Orientamenti strategici comunitari per la coesione economica, sociale e territoriale 2007-2013"; l'integrazione tra le dimensioni economica, sociale ed ambientale viene ulteriormente confermata dalla Nuova Strategia Europa 2020, approvata lo scorso marzo, che mira a promuovere un'economia sociale di mercato sostenibile e a rendere l'Europa competitiva, innovativa e inclusiva con alti tassi di occupazione e una crescita più verde.
[2] Con il Pacchetto Clima-Energia 20-20-20 l'Unione Europea ha stabilito che entro l'anno 2020 dovrà: ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra; portare al 20% il risparmio energetico; aumentare al 20% la quota di energie da fonti rinnovabili.
[3] S. Rugiero, S. Notargiovanni (a cura di), 2010, "Lotta ai cambiamenti climatici, efficienza e fonti rinnovabili: gli investimenti, le ricadute occupazionali e le nuove professionalità", Rapporto di Ricerca Ires, in corso di pubblicazione: http://www.ires.it/node/1047