mercoledì 25 maggio 2011

Questione socialista 2 - La difficoltà di essere 'praticabili'

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Forse (dico forse) i socialisti dovrebbero dire o proporre qualcosa sulla questione sollevata da Napolitano, ricordando Giolitti, intorno alla "alternativa praticabile"


di Alberto Benzoni


Ricordando Antonio Giolitti, il Capo dello Stato ha riproposto la versione che lo stesso Giolitti dava dell'alternativa, come proposta "credibile, affidabile e praticabile"; questo per sottolineare, neanche troppo implicitamente, che il discorso politico, in particolare del Pd, da molti anni a questa parte non soddisfaceva per nulla a questi requisiti.

    Il rilievo è incontrovertibile; e basti ripercorrere gli eventi più recenti. Questi dimostrano, al di là di ogni possibile dubbio, che, quando il Pd si deve scontrare con il "berlusconismo allo stato brado", dà il meglio di sé; mentre quando si misura con i problemi - che riguardino la Fiat, la riforma della giustizia o la Libia - annaspa e si contraddice, spesso in modo plateale. In questo senso l'"antiberlusconismo primario" costituisce non già la causa delle sue debolezze, ma un possibile rimedio alle medesime; rimedio che potrebbe funzionare solo nel caso che il Cavaliere determinasse una crisi istituzionale grave e tale da provocare elezioni anticipate. Uno scenario che chi scrive ritiene tuttora probabile; ma non fino al punto di farci totale affidamento. Perché, se lo stesso Cavaliere riuscisse ad arrivare senza strappi al 2013, in una elezione normale, la sinistra dovrebbe esibire le sue carte; e, in mancanza di carte credibili sarebbe condannata ad un'ulteriore sconfitta.

    Ciò, doverosamente, premesso, perché mai la sinistra Pd non riesce ad essere un'alternativa credibile?

    La spiegazione più accreditata (anche perché, attenzione, costantemente proposta e dal centro-destra e dal terzo polo) contesta ai "comunisti" il fatto di essere, in qualche modo, prigionieri del proprio passato; e, quindi, di essere tuttora condizionati da estremismi, ideologismi, conservatorismi di ogni tipo.

    Ora questo condizionamento esiste, ma riguarda il cosiddetto "popolo di sinistra" assai più che la sua classe dirigente. Nel suo caso, anzi, il difetto d'origine è opposto; perché non sta nell'essere prigionieri del passato ma piuttosto nell'averlo frettolosamente liquidato; gettando via il bambino assieme alla (magari tanta) acqua sporca. Per dirla in parole povere, il Pci di fine anni novanta poteva, anzi doveva, diventare un partito socialdemocratico, ma non l'ha fatto, anzi si è mosso in una direzione esattamente opposta.

    Tutto nasce dalla lettura de "combinato disposto" della caduta del muro di Berlino e della immediatamente successiva crisi di Tangentopoli. L'allora Pds interpreta la prima in termini di caduta di ogni prospettiva di tipo socialista e vede la seconda come legittima rivolta della cosiddetta "società civile" contro il "troppo Stato, troppa politica, troppi partiti" che avrebbero caratterizzato la prima repubblica. Il meno che si possa dire è che le cose potevano essere viste in tutt'altro modo: la fine del "socialismo reale" come spazio per il socialismo possibile e la rivoluzione di Tangentopoli come sdoganamento di una cultura di destra condannata all'emarginazione nei decenni precedenti.

     "Ma c'era Craxi che ci annebbiava la vista", ripetono ancor oggi gli amici del Pd; meglio non replicare per non farsi altro cattivo sangue…

    Il punto che qui c'interessa è poi un altro; il fatto che la quèrelle tra i "nuovisti" (impersonati, tanto per capirci, da Veltroni) e gli "aspiranti socialdemocratici" (vedi Bersani) non si è affatto sciolta nel corso del tempo; anzi non è mai venuta alla luce in un vero confronto politico.

    Il risultato è un partito che oscilla penosamente tra la Cgil e Marchionne ( oggetto, tra l'altro, di un appoggio senza se e senza ma); tra quanti vogliono un partito e quanti sognano una nebulosa indistinta amministrata dalle primarie; tra nostalgici della proporzionale e cultori dell'uninominale secco; tra quanti ritengono necessario un ritorno del ruolo dello Stato e quanti vogliono scavalcare Berlusconi all'insegna di una "rivoluzione liberale" da completare e potremmo continuare all'infinito.

    Il risultato di tutto questo è l'assenza di ogni politica o, peggio ancora, l'immagine di un partito in cui il povero Bersani tenta di proporre qualcosa per essere oggetto di un immediato dileggio da parte della "Rottamatori s.p.a.".

    Inutile sottolineare, a questo punto, che senza scelta politica non esiste alternativa. Mentre, magari, si potrebbe sommessamente aggiungere che, se questa possibile alternativa ha a che fare con l'attualità della questione socialista, forse (dico forse) i socialisti (dico noi del Psi) dovrebbero dire o proporre qualcosa a questo riguardo. O no?