lunedì 9 settembre 2013

La situazione politica - Difetto di manico

 Il voto sulla decadenza di Berlusconi sarà un voto politico, non una scelta giuridica tra diverse interpretazioni.

 di Felice Besostri

 Giusta o sbagliata che sia – e a mio avviso è sbagliata – questa è la scelta della nostra Costituzione, e discende direttamente dall’art. 66 Cost.: “Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità”.

    Una scelta che in origine, molto tempo fa, aveva una forte motivazione di tutela dei parlamentari, per proteggerli dall’assolutismo regio e da una magistratura asservita al potere esecutivo; ma allora deputati e senatori erano individui, non espressione di partiti o di gruppi parlamentari. Non che fossero migliori, e basti ricordare qui ai tempi in cui alla Camera dei Comuni c’era un ufficio dal quale i rappresentanti del popolo elettore passavano per riscuotere il compenso per il loro voto conforme ai desideri del Governo di Sua maestà. Semplicemente non c’era, nell’usus di allora, una logica di partito.

    Tornando ai giorni nostri, questa logica si ravvisa invece, e massicciamente, tra i membri delle due Camere appartenenti al PdL, i quali hanno fatto un uso arbitrario dell’art. 66 più sopra riportato. All’avvio della XIV Legislatura, per esempio, la maggioranza guidata dal PdL non ha convalidato l’elezione di 14 deputati d’opposizione, in spregio al diritto. Senza contare che, sempre nel 2006, vi fu un uso illegale (da parte di tutte le forze politiche presenti in Parlamento) per lasciar fuori i radicali dal Senato.

    Non solo: il potere del Parlamento di decidere sui suoi membri è stato ulteriormente esteso, con accordo trasversale, alle operazioni elettorali preparatorie, comprese l’ammissione e persino l’esclusione di liste e candidati, complice la magistratura ordinaria e amministrativa. Ricordiamo poi che fu l’ultimo dei governi Berlusconi  nel 2010 a non dare attuazione ad un precisa delega del Parlamento dov’era stabilito di affidare alla giustizia amministrativa i ricorsi contro le operazioni elettorali preparatorie, decisa con l’art. 44 della L. 69/2009. Decisione grave, passata sotto silenzio anche da quei giuristi democratici adusi a vedere attentati alla Costituzione un giorno sì e uno no.

    Siamo un Paese che ha legalizzato un colpo di Stato, complici le leggi elettorali maggioritarie. Sì, perché una maggioranza artificiale come quella uscita dal porcellum consente a una minoranza politica, trasformata in maggioranza parlamentare, di modificare ancora la legge elettorale: e a questo punto nulla teoricamente impedisce la concessione di premi maggioritari collocati al 70%, anche oltre la soglia cioè che consentirebbe di cambiare la Costituzione senza dover neppure sottoporre le modifiche a un referendum confermativo.

    Forse pochi sanno o forse molti fanno finta di non sapere che una legge elettorale incostituzionale non è impugnabile prima delle elezioni. Dopo di esse saranno competenti ad esaminare i ricorsi le Camere elette con la legge eventualmente incostituzionale. Uno scandalo unico in Europa e nel più assoluto silenzio delle forze politiche tutte e dei costituzionalisti.

    Si parla spesso di contrasti tra magistratura e politica, ma si tace della loro alleanza contro i diritti degli elettori e delle elettrici, che rappresentano il popolo, unico detentore della sovranità secondo l’art. 1 della Costituzione. Questo meccanismo di protezione giudiziale del potere politico è stato rotto grazie alla Corte di Cassazione con l’ordinanza 12060 del 21 marzo-17 maggio 2013 indotta a prendere posizione dall’acribia di un pugno di cittadini elettori, tra cui lo scrivente in funzione di rappresentante legale pro bono di 27 cittadini elettori che dopo acer impugnato invato le elezioni del 2008 innanzi alla  giustizia amministrativa e alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, hanno introdotto un'azione di accertamento del diritto a votare secondo Costitizione. Respinta con dubbie motivazioni dal Tribunale e dalla Corte d'Appello di Milano hanno fatto ricorso alla Corete di Cassazione. La Prima Sezione ha acolto l'ecezione di costituzionalità su cui deciderà la Consulta il 3 dicembre prossimo. L'agenda politica del paese è cambiata, ma nssuno lo riconoscerà per v b non confessare l'inerzia delle forze politiche e dei mezzi di comunicazione.

    Ora, dopo sette anni di fatiche da parte dei pochi oppositori reali e di guai per il Paese, abbiamo finalmente portato il porcellum all’attenzione della Consulta.

    Ma il difetto strutturale sta nel manico, e non è stato ancora superato.

    Per rimediare bisogna rompere alcuni tabù come il divieto di ricorso diretto alla Corte Costituzionale; e poi occorre, come in Germania, assegnare l’ultima parola alla Corte Costituzionale sulle decisioni del Parlamento in termini di convalida degli eletti.

    Nei tempi ristretti a disposizione di Berlusconi si applicano le norme vigenti e quindi il voto in Giunta delle Elezioni e in Senato sarà una decisione politica, nel bene e nel male. I suoi supporter stanno blaterando di ricorsi alla Corte Europea dei diritti dell’uomo ignorando che i rappresentanti del Governo italiano presso la Corte, nominati dal Governo Berlusconi, hanno sostenuto la tesi dell’inammissibilità dei ricorsi 11583/08 e altri 16, tra cui il 35953/08, presentato dagli stessi cittadini che avevano impugnato le elezioni del 2008: La convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo tutela i diritti civili e non quelli politici. Forse la Nemesi esiste.

 

 

 

IPSE DIXIT

 Esiste il risentimento - «Esiste il risentimento, che è memoria infetta.» – Edgar Morin

 Fare politica - «La politica non si fa con i sentimenti... figuriamoci con i risentimenti!.» – Pietro Nenni