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Il luterano Younan: “Un intervento militare favorirebbe gli estremisti dei due schieramenti”
Roma (NEV), 4 settembre 2013 - Dopo l'uso di armi chimiche e la minaccia di una ritorsione militare da parte degli Stati Uniti, il conflitto siriano è tornato prepotentemente al centro delle preoccupazioni degli organismi ecumenici internazionali e delle chiese in tutto il mondo.
E' di oggi una lettera aperta inviata dal pastore Olav Fykse Tveit, segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC), al Consiglio di sicurezza dell'ONU nella quale l'esponente religioso chiede che "venga fatto tutto il possibile per estinguere il fuoco della guerra piuttosto che ravvivarlo attraverso un intervento militare". L'intervento di Tveit segue la sua partecipazione ad Amman (Giordania) di un incontro di leader religiosi promosso dal principe Ghazi bin Muhammad e centrato sulle sfide che stanno davanti ai cristiani mediorientali. "il crimine dell'uso di armi chimiche deve essere investigato a fondo e perseguito - ha scritto il segretario generale del CEC -. Tuttavia, un attacco esterno alla Siria aumenterà la sofferenza e il rischio di ulteriori violenze" per l'intera popolazione.
Il pastore Guy Liagre, segretario generale della Conferenza delle chiese europee (KEK) ha condannato l'uso delle armi chimiche in Siria. “Si tratta di una notizia allarmante per i cittadini di tutto il mondo e, in particolare, del Medio Oriente”, ha affermato Liagre in un comunicato stampa datato 28 agosto. Liagre ha quindi aggiunto che qualsiasi decisione venga presa per rispondere a questo terribile atto, deve considerare “prima di tutto il bene della popolazione siriana e non le esigenze dei politici”.
E' invece di due giorni fa una dichiarazione della Federazione luterana mondiale (FLM), firmata dal suo presidente, vescovo Munib Younan, e dal segretario generale, pastore Martin Junge. I due esponenti luterani chiedono alla comunità internazionale di “rinunciare ad ogni azione militare per risolvere la complessa situazione siriana”. In particolare, Younan, vescovo della chiesa luterana in Giordania e Terra santa, ha ricordato che “gli unici a beneficiare di un intervento militare dell'Occidente sarebbero gli estremisti di entrambi i fronti. Come cristiano e come arabo, sono preoccupato degli effetti che questo tipo di violenza avrebbe su tutte le comunità siriane, sunnite, sciite, alawite, druse o cristiane che siano”.
In Gran Bretagna la chiesa metodista, l'Unione battista e la chiesa riformata unita hanno salutato con favore la decisione del parlamento di Westminster di non impegnarsi in un'azione militare in Siria. “Siamo riconoscenti ai nostri parlamentari per aver esaminato accuratamente l'opzione militare e per averla respinta”, si legge in un comunicato congiunto. Nella speranza che le parti in conflitto possano sedersi a un tavolo negoziale, i rappresentanti delle tre chiese chiedono che venga data priorità alla protezione della popolazione siriana esposta alla violenza.
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RELIGIONI FRA PACE E GUERRA
Questa settimana fa notizia l’invito del papa ad una giornata di digiuno per scongiurare il lancio dei missili occidentali contro la Siria di Assad.
di Marcello Vigli
L’umanità ha bisogno di vedere gesti di pace”, ripete Francesco, indicendo “per tutta la Chiesa, il 7 settembre, una giornata di digiuno e di preghiera” alla quale ha invitato tutti, cattolici, ortodossi, musulmani e non credenti.
“Mai più la guerra! Mai più la guerra! La pace è un dono troppo prezioso, che deve essere promosso e tutelato”, ha ribadito il papa riproponendosi, con il suo invito, come interlocutore non solo dei governi, ma anche dell’intera Comunità internazionale esortandola a fare ogni sforzo per promuovere, iniziative chiare per la pace nel segno della collegialità.
La sua sfida , infatti, non è solo ai governi che minacciano l’intervento, ma anche a quelli dei Paesi islamici nemici di Assad, che lo auspicano.
La memoria torma all’analogo grido d’allarme lanciato da Pio XII alla vigilia della seconda guerra mondiale, all’appello di papa Giovanni in occasione della crisi di Cuba, e a quello di Giovanni Paolo II a Saddam e Bush, alla vigilia dell’attacco all’Iraq.
Essi possono essere letti nel quadro di quella condanna lanciata da Paolo VI all'Onu nel 1965 con la sua teoria della guerra come conseguenza fatale del peccato.
Papa Francesco l’ha confermata aggiungendo, però, che per rendere inequivocabile la condanna della guerra è necessario porgere l'orecchio al «grido che sale» dalla terra: di cui parla la Sacra scrittura. Il suo invito va oltre una deplorazione rituale chiede di compiere gesti concreti: non solo preghiera, ma anche un giorno di digiuno. Esso non è rivolto solo ai capi delle religioni e a tutti i credenti, ma anche ai non credenti e agli atei.
Per questo ha ottenendo il plauso del pacifismo laico, testimoniato dalla dichiarazione della radicale Emma Bonino che si è detta ben lieta che il papa si sia assunta la responsabilità di mettere in guardia l’opinione pubblica mondiale sul rischio che un intervento un Siria possa innescare un conflitto generale.
Fra i capi religiosi ha aderito Gregorio III Laham, patriarca greco-cattolico di tutto l'Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme dei Melchiti e il Gran mufti di Siria, e Ahmad Badreddin Hassou, leader spirituale dell'islam sunnita in Siria, si detto profondamente colpito dall'appello del Papa.
Più ovvia, ma non così scontata nella sua diffusione, l’adesione delle organizzazioni cattoliche e delle diocesi italiane che stanno organizzando iniziative pubbliche di partecipazione.
Non è sempre stato così nella Chiesa cattolica… (continua la lettura dell’articolo al sito di italialaica)