martedì 2 novembre 2010

L'impegno dell'Italia per la crescita e la stabilità

Le idee - Europa e Cina nel XXI secolo

Intervento alla Scuola Centrale del Partito Comunista Cinese

di Giorgio Napolitano,
Presidente della Repubblica Italiana

Per secoli Occidente e Cina si sono guardati a distanza. Comunità cinesi, vivaci e operose, sono state a lungo presenti al di là degli oceani. Andavano e venivano, fiorivano seguendo le rotte dei commerci e la creazione di ricchezza, partecipandovi spesso con duro lavoro, sempre con dinamismo creativo.

    Remota, la Cina affascinava il pubblico europeo con fantasiose immagini che penetravano nel costume e nelle arti, per quanto più fedeli all'estetica che alla storia. Per lo più la curiosità occidentale si arrestava davanti all'impenetrabilità del "Regno di Mezzo". Superarla attraverso la tirannia della distanza richiedeva spiriti indomiti. Nel cercare la via della Cina, un italiano, Cristoforo Colombo,....scoprì le Americhe. Altri due italiani, Marco Polo e Matteo Ricci, furono fra i pochi a non darsi per vinti. La loro tenace lungimiranza fu ricompensata da una rara conoscenza di questa parte del mondo e, secoli dopo, dalla memoria che ne conservate, testimonianza della loro eccezionale impresa.

    Cinesi ed europei si sono dunque conosciuti a lungo senza veramente incontrarsi. Nei secoli XIX e XX si intensificarono i rapporti, ma in larga misura in termini conflittuali : le barriere rimasero in piedi. Nel 1949 con la nascita della Repubblica Popolare si aprì per la Cina una nuova storia : posso testimoniare personalmente come molti in Italia e in Europa guardarono a quell'evento come fonte di progresso e di speranza per il mondo e per le relazioni con la Cina. Ma una lunga strada avrebbe dovuto essere percorsa prima che si giungesse al più recente, travolgente cambiamento, che ha avuto la Cina per protagonista. Il cambiamento è stato talmente repentino e intenso che ci stiamo ancora adattando all'idea di recitare dallo stesso unico copione nel teatro del mondo.

    Oggi, il fiume della storia, possente e irresistibile come il vostro grande Yangtze, trascina insieme Cina e Occidente. La vostra cultura millenaria ci insegna a guardare con pazienza alle forze che ne determinano il corso. Sta tuttavia a noi scegliere la rotta nella corrente e plasmarne ed incanalarne le energie per il benessere dei nostri popoli.

    Non possiamo che navigare di conserva. Viviamo in un mondo in cui separazione ed isolamento non sono più possibili - né auspicabili. E' una scoperta eccitante, che apre orizzonti illimitati specie alle generazioni più giovani e alle società più dinamiche - quel dinamismo che è segno distintivo della Cina d'oggi.

    La Cina contemporanea conosce bene l'interdipendenza economica mondiale, molla della fenomenale crescita del vostro paese. Interdipendenza implica che nessuno può prescindere dal contesto globale né fare a meno del concorso altrui al proprio benessere. L'interdipendenza permette di fare causa comune di sforzi, risorse, capacità nazionali in una dinamica virtuosa in cui la somma finale è maggiore degli addendi.

    L'integrazione europea è figlia delle tragiche vicende della prima metà del Novecento. Un'esperienza di cui la mia generazione è stata partecipe e ha sofferto, impegnandosi a scongiurarne il ripetersi, né in Europa né altrove. Fu, all'inizio degli anni 1950, una decisione storica dalla quale sono discesi per i nostri popoli benefici immensi, pur non scevri da apprensioni e contraddizioni. L'Italia conosce bene gli uni come le altre per trarne un bilancio altamente positivo di oltre mezzo secolo. La nostra identità nazionale si è arricchita straordinariamente. All'interno della più ampia comunità di nazioni e di valori transatlantica, abbiamo scelto di fare della "Idea di Europa" una realtà politica ed istituzionale del tutto originale. Insieme agli altri europei, divenuti da ultimo Ventisette Stati membri per una collettività di 500 milioni di persone che condividono spazi, regole, opportunità economiche e libertà di movimento, abbiamo perseguito la costruzione europea con tenacia e perseveranza. Abbiamo incontrato, ed incontriamo ostacoli. Non abbiamo mai desistito ; non abbiamo mai guardato indietro. Questa è oggi l'Unione Europea.

    Sono qui per parlarvi di quello che la Cina e l'Europa possono fare insieme.
    Ancora alla soglia del XXI secolo l'Europa e la Cina erano molto distanti, non solo geograficamente. Pur nell'ambito del vecchio mondo bipolare avevano tuttavia maturato una non dissimile visione del mondo e la ferma determinazione di perseguire crescita economica e sociale in una cornice internazionale di stabilità politica e di sicurezza. Il disordine nega il progresso ; sviluppo e benessere gettano le basi della stabilità. Il binomio è inscindibile.

    Per la Cina questa consapevolezza, maturata attraverso una complessa esperienza, ha disegnato la traiettoria della "ascesa pacifica". I risultati sono davanti agli occhi di tutti, anche del visitatore più distratto.

    L'Europa risorge, 60 anni orsono, dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale, malgrado la nuova linea divisoria che taglia il continente, con la scelta storica della riconciliazione franco-tedesca. E' la condizione indispensabile per il non ripetersi di guerre sul suolo del continente. Pace e stabilità cominciano dallo scioglimento di quel nodo : il confine insanguinato fra Germania e Francia è il cuore dell'Europa. Questa visione è la chiave per capire la costruzione europea. Il resto, i contenuti economici prima, istituzionali e politici dopo, le conquiste sociali e il benessere diffuso, il graduale allargamento fin quasi all'intero continente, verranno di conseguenza. La lunga dinamica di un'integrazione sempre più stretta non ha ancora esaurito la sua spinta propulsiva e coagulante. Ma senza il decisivo passo iniziale l'integrazione dell'Europa sarebbe rimasta nel mondo delle utopie.

    Le diverse ma convergenti esperienze fondanti della Cina contemporanea e dell'Unione Europea ci portano a condividere un concomitante interesse alla stabilità nel mondo e ad una visione multilaterale delle relazioni internazionali.

    Nel 1989, la subitanea fine del confronto fra Est e Ovest dette il via all'abbattimento delle altre barriere che dividevano il mondo. Più graduale ma altrettanto irresistibile. All'epoca ce ne siamo resi solo confusamente conto. In Occidente continuavamo a sentirci al centro del mondo. La Cina ha colto ed espresso il cambiamento prima e più rapidamente di noi. Non solo il baricentro si stava riequilibrando verso il Pacifico. Stava venendo meno l'altro grande spartiacque internazionale, quello fra Nord e Sud, che aveva condannato alla povertà e negato diritti elementari alla maggioranza dell'umanità. Esitante e quasi impercettibile all'inizio, la liberazione dalle catene del sottosviluppo è diventata una forza trascinante del primo scorcio del XXI secolo. Alimentarla e sostenerla è una delle grandi scommesse del nostro tempo. Questo trasferimento di ricchezza, se gestito accortamente, solleva il Sud ma non deprime il Nord.

    La Cina, con tutta l'Asia, è stata grande protagonista. Ha affrancato dall'indigenza centinaia di milioni di esseri umani ; è passata da uno sforzo durissimo per l'autosufficienza ad una crescita economica e sociale sostenuta e continua. Non ne ha beneficiato da sola. La Cina ha avuto un ruolo determinante nell'abbattere il diaframma fra paesi "industrializzati" e paesi "in via di sviluppo", classificazione sempre meno categorica e ricca di movimento e variazioni. Ha fatto da battistrada. Il "miracolo cinese" è stato contagioso, specie per l'Asia. Non solo : quando la grave crisi finanziaria del 2008 si è abbattuta sul mondo industrializzato, la Cina è stata locomotiva dell'economia mondiale. Con tassi di sviluppo "stellari" che ha mantenuto, continua a farlo. Un ruolo che, in passate crisi, ricadde su paesi industriali maturi come la Germania, gli Stati Uniti, il Giappone. La Cina contemporanea non è da meno.

    Per continuare ad essere protagonista internazionale di prima grandezza, la Cina ha bisogno che si mantenga quella stabilità regionale e internazionale che ne ha accompagnato l'ascesa, tanto rapida quanto "pacifica".

    Oltre che dalle energie liberate all'interno da coraggiose e accorte politiche economiche e sociali, il successo cinese è stato alimentato da un'economia mondiale in crescita fino alla recessione del 2008-2009, dalla prevalente liberalizzazione commerciale, dalla parallela crescita dei paesi vicini. Per un ventennio l'ascesa della Cina è così continuata in un clima favorevole. Conditio sine qua non è stato il quadro esterno, regionale e mondiale, di stabilità e di equilibrio. Non c'è crescita senza pace. I leader che si sono succeduti alla guida del vostro paese, sulle orme della lungimirante visione di Deng Xiao Ping, ne sono sempre stati ben coscienti. E hanno concretamente operato per la stabilità e la sicurezza delle relazioni internazionali, specie in Asia e nel Pacifico. E' di vitale importanza l'impegno che la Cina dimostra nel continuare a operare in tal senso.

    Mezzo secolo fa, nello scenario molto diverso di Stati nazionali e società avanzate, ma duramente provate, l'Europa maturava una convinzione non dissimile. La promessa di una stabilità duratura, da secoli sfuggente, gettò le basi per ricostruire prima, per crescere e per consolidare benessere economico e coesione sociale poi.ù

    La storia europea è, largamente, una storia di guerre, in un continente piccolo e affollato, dominato per secoli dalla competizione fra le grandi potenze e dallo scontro dei nazionalismi. Nell'unità al di sopra e a fianco delle nazionalità, gli europei hanno trovato la soluzione per sottrarsi a questa infausta tirannia. L'Europa non è né sarà mai un solo Stato, un grande Stato unitario, come la Cina o gli Stati Uniti. Né aspira ad esserlo. Il progetto dell'Unione Europea è quello di un'integrazione al livello sovranazionale, sempre più stretta istituzionalmente e sempre più penetrante nel tessuto della società, che abbraccia le diversità, rispetta individualità dei paesi membri e, anzi, amplia i margini delle ricche specificità regionali e locali.

    L'integrazione europea e l'allargamento della cerchia dei paesi membri, dai Sei iniziali ai Ventisette attuali, sono altrettanto un "miracolo" di oltre mezzo secolo, politico, economico, sociale e culturale, quanto lo è il successo della Cina. Un miracolo, quello europeo, di compatibilità fra crescente integrazione e perdurante diversità. Il processo continua nei due sensi - del rafforzamento di forme di sovranità condivisa e dell'allargamento a quanti aspirano a diventare, a pieno titolo, membri dell'Unione. Penso, ad esempio, al negoziato con un grande paese europeo, quale la Turchia ; penso al futuro di tutti i Balcani.

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(Pechino, 26/10/2010) - Giorgio Napolitano e Chen Baosheng, al termine dell'intervento alla Scuola Centrale del Partito Comunista Cinese

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Siamo così riusciti a creare una larga e prospera area continentale, in pacifica espansione, di società economicamente avanzate, di benessere sostenibile e diffuso e di libertà di movimento. Abbiamo, naturalmente, problemi che affrontiamo quotidianamente - come il resto del mondo e in termini peculiari. L'invecchiamento della popolazione, la mobilità del lavoro, la permeabilità delle frontiere hanno creato flussi immigratori e confronti culturali con i quali le nazioni europee non si erano misurate in passato. Tuttavia i problemi che affrontiamo impallidiscono di fronte a quelli che abbiamo lasciato dietro le spalle. Il disordine, e le competizioni perverse che hanno a lungo segnato le vicende monetarie europee, ci avrebbero esposto a colpi fatali : nella scorsa primavera abbiamo dovuto sventare la crisi dell'Euro con misure straordinarie, ma guai se non avessimo avuto l'Euro, la moneta unica, nella tempesta globale del 2008-2009. L'Europa ha attraversato un momento difficile ; l'Unione ha tenuto.

    L'integrazione è una realtà della vita quotidiana in Europa ormai regolata dal diritto comunitario, grande conquista dell'integrazione. Ed è l'impatto sui cittadini il più sostanziale "acquis" comunitario, tant'è che le giovani generazioni lo danno per scontato. Per i ventenni europei è difficilmente immaginabile di aver bisogno di passaporto o di valuta diversa da quella nazionale per muoversi nel continente. Non era così fino a pochi anni orsono. Il pericolo è la perdita di memoria e consapevolezza del cammino compiuto. Il patrimonio che abbiamo faticosamente costruito va valorizzato e sviluppato.

    Vi è una certa tendenza a guardare all'Europa come ad un'isola felice, la cui pur rilevante influenza si esaurisce all'interno dei propri confini. Sulla scena mondiale l'Unione reciterebbe da grande attore esclusivamente nella sfera economico-commerciale. E' una valutazione riduttiva che l'Europa stessa - i suoi governi, le sue forze rappresentative - è in parte responsabile di aver accreditato. Ma l'Unione ha ben altra valenza e responsabilità. La radicale trasformazione delle condizioni politiche e di sicurezza nel continente incide anche al di là dei confini dell'Unione. L'Unione Europea ha creato stabilità interna, in un continente dove prima non esisteva, e proietta pace all'esterno.

    Partita da una visione audace - che si è realizzata adattandosi alle successive trasformazioni, in Europa e nel mondo - l'Unione Europea si è consolidata nella maturità. Tre generazioni di statisti e di dirigenze politiche ne hanno fatto un attore internazionale di primo piano. Forse non sempre appariscente, ma solido e presente in tutti i fori rilevanti e attivo in tutte le crisi mondiali, politiche o umanitarie. Essa deve e può superare i limiti entro i quali è finora riuscita a farsi sentire. Col Trattato di Lisbona l'Unione si è dotata degli strumenti per meglio e più efficacemente esprimere una politica estera e di sicurezza comune. Forgiarla, partendo da una pluralità di Stati sovrani, richiede ugualmente tempo e volontà politica. Ma è un fatto che nessuno dei paesi europei, da solo o attraverso gruppi ristretti, potrebbe aspirare ad esercitare lo stesso peso nel mondo.

    Una costante dell'azione internazionale dell'Europa è la stretta aderenza ai principi della carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, e insieme la fiducia nel sistema multilaterale e nella legalità internazionale.

    L'Italia in modo particolare e la Cina si riconoscono nella visione di una sempre maggiore rappresentatività delle Organizzazioni internazionali a cominciare dalle Nazioni Unite, condividendo un approccio costruttivo alla riforma del Consiglio di Sicurezza.

    Quello europeo non è certo un ruolo solitario. Non potrebbe esserlo. Gli europei hanno abbandonato la pretesa di essere al centro del mondo. Nel XXI secolo il mondo è una rete d'interdipendenze con più snodi : tramontato vent'anni fa il bipolarismo della guerra fredda, non era pensabile un mondo unipolare e nemmeno in qualche modo diversamente bipolare. La Cina, l'Asia, il Pacifico costituiscono un polo in ascesa di straordinaria vitalità e dinamismo col quale altre realtà mondiali sono chiamate a cooperare. Non si può esitare a riconoscerlo.

    Come europei, sentiamo tuttavia che il nostro non è neppure un ruolo di secondo piano. L'Europa ha ancora molto da dare al mondo. Intende continuare a recitare la sua parte da protagonista, sia pure su un palcoscenico più rappresentativo e più competitivo che in passato. Ha fiducia nei propri mezzi e nelle risorse della sua gente, del mosaico di popoli, di nazioni e di culture che sono la nostra grande ricchezza. Ha rappresentato, e rappresenta, tradizioni e valori in cui crediamo profondamente.ù

    L'Europa non aspira ad un ruolo che escluda altri. Non opponiamo barriere all'affermarsi sulla scena mondiale degli altri grandi attori internazionali quali la Cina, l'Asia e gli altri grandi paesi emergenti. Il G20 testimonia che l'ingresso è già avvenuto, il loro posto al centro delle vicende mondiali è fermamente assicurato.

    Il peso relativo della Cina, dell'Asia, del "resto del mondo", negli assetti internazionali è destinato a consolidarsi e a crescere. Da buon italiano e da buon europeo considero altamente positiva questa evoluzione. Il successo della Cina e dei grandi paesi emergenti - penso all'India e al Brasile - rappresenta un salto di qualità nelle relazioni internazionali dal quale tutti possiamo guadagnare. Non stiamo assistendo ad uno zero sum game, in cui la vostra crescita è il nostro declino. Possiamo essere tutti vincitori nei nuovi assetti internazionali che - insieme - andiamo costruendo.

    Per riuscirci abbiamo bisogno di mantenere, in un mondo senza più compartimenti stagno, le condizioni che sono state chiave del nostro, come del vostro successo : stabilità, sicurezza, legalità internazionale, rispetto dei diritti fondamentali. Dobbiamo sfuggire alla tentazione del might makes right. Non dobbiamo ricadere in un clima di reciproci sospetti ne' di gare per l'egemonia che ci farebbero ritornare alle tensioni del passato.

    Abbiamo sperimentato direttamente come la stabilità, interna, regionale, internazionale sia una condizione essenziale per sostenere nel tempo la crescita economica e disseminarne le ricadute sociali. Di stabilità ha bisogno la Cina, che malgrado i progressi vertiginosi e l'industrializzazione accelerata, malgrado le città scintillanti dalle audaci architetture, deve ancora strappare alla povertà e a condizioni di vita arretrate quote rilevanti della sua vasta popolazione e del suo territorio; ne ha bisogno l'Asia ; ne ha bisogno tutta quella parte del mondo, a cominciare dall'Africa, che deve ancora pienamente affrancarsi dalle catene della povertà e dell'ignoranza.

    Ne hanno parimenti bisogno l'Italia e l'Europa sia per il benessere e le aspettative dei nostri popoli sia per continuare nel ruolo positivo ed equilibrato su scala mondiale che ci viene riconosciuto. Vogliamo continuare a svolgerlo. Pace e sicurezza internazionale non sono vuote parole : servono a mantenere le basi della prospera maturità, europea e occidentale, come servono a mantenere i tassi di crescita e di generale sviluppo che la Cina persegue.

    Col successo crescono le responsabilità. La Cina è stato il primo grande paese emergente ; è diventato la seconda economia mondiale ; è membro permanente del Consiglio di Sicurezza. Per dimensioni, peso commerciale, risorse strategiche, proiezione politica, il ruolo cinese nel mantenimento della pace e della sicurezza nel continente asiatico è determinante. La Cina possiede una capacità unica d'influenzare positivamente il corso degli eventi nel Pacifico, dove scorre - come nell'Atlantico - molta della linfa vitale che alimenta il resto del pianeta. Può guidare con l'esempio. Cito, ad esempio, il ruolo centrale di Pechino nella penisola coreana e, in generale, nella lotta alla proliferazione nucleare. E gode d'influenza anche in altre realtà regionali, come ad esempio in Pakistan e Afghanistan.

    Il ciclo virtuoso ha bisogno di stabilità e pace, in Europa come in Asia, nel Pacifico, come nell'Atlantico. Il resto del mondo potrà beneficiarne. Mantenere queste dinamiche può essere il grande disegno strategico per il XXI secolo. Siamo tutti chiamati a realizzarlo insieme: innanzitutto, Cina, Europa e Stati Uniti per primi.

    Per l'Europa, la sfida del XXI secolo è di continuare a progredire sulla via dell'integrazione, faticosa e complessa ma necessaria alla nostra credibilità in un mondo più competitivo : l'Unione Europea deve parlare all'unisono sulla scena internazionale, e non solo di economia e di commercio. Soltanto così - ed essa soltanto, nessuno singolo paese europeo - può essere global player nella governance di una realtà planetaria sempre più articolata, insieme agli Stati Uniti e ai grandi paesi emergenti. La leadership cinese sa bene di quali risorse disponga l'Europa e comprende pienamente le potenzialità che essa può dispiegare quanto più sia unita ed autonoma ; ce ne sentiamo perciò incoraggiati e sollecitati a superare limiti e incertezze sulla via dell'integrazione e dell'azione politica comune. La Cina chiede all'Europa di essere lungimirante. L'Europa, soggetto politico, chiede alla Cina di continuare ad essere una forza d'impulso economico e di rassicurazione politica in Asia.

    Recentissimamente, il dialogo bilaterale con Bruxelles non ha dato tutti i risultati che la Cina auspicava. La delusione è comprensibile. La complessità delle istituzioni e delle procedure comunitarie può oscurare la grande visione politica della costruzione europea. Non è, tuttavia, possibile sottovalutare l'Europa, se si misura il cammino che essa ha percorso : volgendo lo sguardo per un attimo indietro, neanche troppo lontano. L'Europa dei miei anni formativi era molto diversa dal modello pacifico e prospero che oggi - fortunatamente - ci accompagna nel mondo.

    In meno di vent'anni, e malgrado la tragedia attraversata, l'Europa fu capace di voltare le spalle al passato e, con l'aiuto determinante degli Stati Uniti, di gettare le fondamenta di un futuro completamente diverso. Il processo d'integrazione innestò una dinamica positiva anche all'esterno. L'uno come l'altra hanno visto in prima fila - sconfitto il fascismo - l'Italia democratica della Costituzione repubblicana.

    Nei decenni della Guerra Fredda l'Europa comunitaria mantenne un suo profilo e una sua iniziativa, fece avanzare costantemente la linea di dialogo e di distensione, dalla Ostpolitik tedesca alla Conferenza di Helsinki, onde evitare un confronto esasperato fra i due blocchi. Operando all'interno della NATO, e nella fermezza della solidarietà atlantica, italiani ed europei sono stati portatori di una visione multilaterale delle relazioni internazionali. Vi rimaniamo fedeli. Il bipolarismo sovietico-americano congelò la dialettica internazionale, a costo di tensioni continue e di guerre per procura ; la breve stagione dell'unilateralismo ha mostrato presto la corda. Il futuro di un mondo diventato nel frattempo più "connesso" e interdipendente non può essere cercato in nuovi bipolarismi o in altre geometrie esclusive e restrittive : questo il filo di continuità nell'approccio italiano ed europeo alla politica internazionale che le sfide del XXI secolo non interrompono.

    Sono sfide in larga misura comuni, che spesso travalicano i confini nazionali o comunitari. Europa e Cina hanno interesse ad affrontarle insieme. L'unità d'intenti strategica non preclude passaggi diversi, come diversi sono stati i nostri punti di partenza.

    L'Europa cerca più integrazione. La Cina si appresta a passare da una crescita mirata quasi esclusivamente all'innalzamento delle condizioni di vita e di lavoro per il proprio popolo ad uno sviluppo aperto ai più ampi orizzonti dell'Asia e del Pacifico.

    In Europa molto resta ancora da fare. Troppo spesso il disegno europeo incontra timidezze, resistenze, miopie, di cui rischiano di fare le spese anche le relazioni con la Cina : viene da pensare all'anacronistica riluttanza a riconoscere la realtà della Cina come economia di mercato. Abbiamo abbattuto molte barriere statuali e istituzionali per riscoprire remore radicate più profondamente dentro di noi. Queste barriere sono spesso psicologiche. Vanno in controtendenza alle trasformazioni mondiali che rendono necessaria "più, non meno Europa" e che richiedono l'effettivo, conseguente riconoscimento del cambiamento intervenuto e in atto negli equilibri mondiali. E' una convinzione che riaffermo senza esitazioni, forte della tradizione europeista, ed integrazionista, dell'Italia.

    Le stesse trasformazioni spingono Cina e Asia ad impegnarsi maggiormente per una efficace concertazione regionale. L'impetuosa crescita economica dell'Asia-Pacifico non può superare fragilità e incognite senza un quadro regionale multilaterale, specie nell'ambito della sicurezza collettiva. In sua assenza possono affiorare le vecchie rivalità e le tentazioni di risolvere i problemi unilateralmente o con prove di forza. La Cina e i partner asiatici sono chiamati a uno sforzo d'immaginazione e di volontà politica che conduca al rafforzamento dei meccanismi di consultazione regionale, con l'obiettivo di creare un sistema multilaterale ben costruito e cooperativo. I fori esistenti sono ancora embrionali, non hanno sviluppato una solida matrice politica, sono del tutto lacunosi nella sicurezza collettiva.

    Gli enormi progressi cinesi non si misurano solo nella sfera economica. Il cammino intrapreso dalla Cina sulla via delle riforme politiche, del rafforzamento dello Stato di diritto, del rispetto dei diritti umani così come dell'apertura e liberalizzazione dei mercati è di fondamentale importanza per una armoniosa integrazione in un sistema internazionale aperto e per una piena sintonia con l'Europa. Sono profondamente convinto che sia nell'interesse cinese portare avanti, in piena autonomia, questo processo.

    Un'Europa ancor più fortemente integrata, soggetto politico globale, capace di esplicare tutte le potenzialità che i Ventisette, insieme, possiedono, può intavolare un dialogo da eguali con la Cina, e insieme alla Cina con quella parte del mondo che usavamo chiamare "Sud". Dall'interdipendenza economico-finanziaria possiamo passare ad una cooperazione interattiva reciprocamente vantaggiosa. L'Italia riafferma il suo impegno di fondo in questo senso.

    Abbiamo anche bisogno di capirci meglio. La Cina ha già dimostrato una straordinaria "voglia di capire" l'Occidente. L'impegno e le risorse che sono state dedicate all'istruzione, anche all'estero, delle giovani generazioni cinesi ne sono una prova, e sono tra le ragioni del vostro successo. L'investimento nello studio, nella ricerca e nell'innovazione paga dividendi altissimi di cui la Cina sta beneficiando. Sono adesso gli europei che hanno da imparare dall'esempio cinese.

    Le comuni minacce alla sicurezza sono un terreno ancora da esplorare, non solo con l'Unione Europea ma anche con le altre grandi istituzioni multilaterali euro-atlantiche : la NATO, il cui nuovo Concetto Strategico fa del dialogo con i grandi paesi emergenti una nuova priorità, come l'Italia ha particolarmente sostenuto ; ed insieme l'OSCE il cui prossimo Vertice si riunisce in dicembre a Astana, nel cuore continentale dell'Asia.

    Il mondo globalizzato del XXI secolo offre un terreno pressoché illimitato alla collaborazione euro-cinese : dalle minacce comuni del terrorismo e della proliferazione nucleare ai cambiamenti climatici, dalle migrazioni alla lotta alla criminalità organizzata, dal funzionamento del sistema multilaterale internazionale alla libertà commerciale, dall'equilibrio dei mercati finanziari e valutari allo sviluppo delle risorse energetiche, convenzionali e rinnovabili.

    Finora le potenzialità del dialogo fra la Cina e l'Unione Europea sono solo state sfiorate. E' aperto dinanzi a noi un ben piu' ampio orizzonte. Esploriamolo insieme.