Ipse dixit
Come infilare un bastone dentro un alveare
«Ed è stato come infilare un bastone dentro un alveare. Si è visto subito che il sistema elettorale si regge quasi ovunque su di una legislazione tanto barocca quanto disattesa. Una lunga catena fatta di piccole e grandi violazioni, o se si vuole di piccoli e grandi soprusi rispetto ai quali chi dovrebbe controllare tende a chiudere un occhio. Finché qualcuno - per pignoleria o piuttosto perché ha deciso di creare il caso politico - decide di mettersi di traverso. E il sistema rischia di collassare proprio perché non è abituato a tale, chiamiamolo così, controllo di legalità.» - Stefano Folli
Le idee
«Dove sono finite le idee, i progetti, i programmi, i sogni o anche le affabulazioni che la politica dispensava a piene mani prima di ogni elezione? Scomparse. Inghiottite da un malessere diffuso, da una cupezza che sembra aver coperto tutto. Le giornate sono scandite dagli scandali, dalle risse intestine e dalla sciatteria... È difficile immaginare che questa trascuratezza, questi veleni e questo pressappochismo possano poi trasformarsi in illuminata capacità di governo.» - Mario Calabresi
Video sull'irregolarità sul sito del Corriere della Sera
http://video.corriere.it/?vxSiteId=404a0ad6-6216-4e10-abfe-f4f6959487fd&vxChannel=Dall%20Italia&vxClipId=2524_c2d00c12-2700-11df-b168-00144f02aabe&vxBitrate=300
VISTI DAGLI ALTRI
A cura di Internazionale - Prima Pagina
Le dimissioni di Di Girolamo
Dopo un acceso dibattito, il senato ha accettato le dimissioni del senatore del Pdl Nicola Di Girolamo. Persa l'immunità parlamentare, Di Girolamo dovrà affrontare le accuse di associazione per delinquere e di essere stato eletto grazie ai voti della 'ndrangheta. Il suo nome è emerso nel corso di un'indagine più ampia sulle responsabilità di due compagnie di telecomunicazioni in un giro di riciclaggio e frode fiscale.
Financial Times, Gran Bretagna
http://www.ft.com/cms/s/0/cbfbd19c-26d1-11df-bd0c-00144feabdc0.html
Italiani nel mondo
L'AFFAIRE DI GIROLAMO E IL VOTO ALL'ESTERO
E’ facile immaginare che gli imbrogli di Di Girolamo non siano gli unici. Occorre cambiare la legge Tremaglia prima che essa crei guai maggiori.
di Ugo Intini
Lo scandalo del sen. Di Girolamo è frutto del malaffare, certo, ma è stato reso possibile da una legge, quella Tremaglia per il voto degli italiani all’estero, concepita in modo sconclusionato e balordo. Una tipica legge nata sotto la spinta della demagogia, del populismo e del nuovismo, come spesso è accaduto in quella seconda Repubblica che è giunto il momento di archiviare.
Basta leggere le cronache di questi giorni sullo scandalo per rendersene conto., Ha dell’incredibile il racconto di come è stato scelto da AN, nel 2008, il candidato Di Gerolamo. Nessuno sapeva chi fosse, e nessuno adesso neppure sembra ricordarsi come si è arrivati alla sua scelta.
Tuttavia bisogna dare a ciascuno il suo e ricordare che il piccolo partito dei socialisti non si piegò alla unanimità novista e fu l’unico a contrastare l’ondata unanimista, sollevata da destra e da sinistra, per approvare la legge dissennata subito e comunque.
Anzi. Da capogruppo socialista alla Camera mi riuscì a poco a poco di convincere, con una serie di interventi in aula, un nucleo di deputati di buon senso a riflettere meglio, così che negli scrutini segreti i dodici voti di opposizione della pattuglia socialista si moltiplicarono quasi per sei. Non solo. Oltre a quelli che si astennero o votarono contro, alla fine, molti altri, a destra come a sinistra, ammisero che si era fatta una sciocchezza e che non avevano osato opporsi per disciplina di partito (d’altronde, l’unanimità di partenza avrebbe comunque reso inutile ogni resistenza).
Gli argomenti (pratici e di principio) da me sollevati erano sostanzialmente i seguenti.
La legge creava un sistema grottesco, dove mancava il rapporto tra elettore ed eletto, consentendo ogni tipo di abuso. Come si può immaginare ad esempio un deputato che rappresenti contemporaneamente gli italiani di Tunisi e di Sidney, di Nizza e di Mosca?
Si consentiva di votare a persone che avrebbero potuto anche non avere mai messo piede in Italia, non parlare italiano e non sapere nulla del nostro Paese. Un nonno italiano su quattro, ad esempio, non garantisce di per sé nulla di tutto ciò.
Se vale il principio no taxation without rapresentation, vale anche il principio opposto: non si capisce perché debbano concorrere a decidere il bilancio dello Stato italiano persone che non pagano le tasse in Italia, né vi hanno interessi.
Nessun cittadino può essere escluso dall’elettorato sia attivo che passivo. L’esclusione costituisce inoltre un precedente pericoloso. La legge Tremaglia vieta ad esempio a un cittadino italiano residente a Roma di essere candidato e eletto in Sud America.
E se domani, caduto il rispetto per questo evidente principio costituzionale, il leghismo separatista puntasse a stabilire che ci si può candidare in una circoscrizione elettorale solo se si risiede in essa? Che ad esempio non ci si può candidare in Veneto se non si vive lì?
Infine, e soprattutto, in tutti i Paesi del mondo, da sempre, i cittadini all’estero votano tranquillamente. Lo si vede ad ogni elezione americana quando, ad esempio, i residenti in Italia di origine texana o californiana vanno a un consolato(o spediscono una lettera)ed esprimono regolarmente il voto contato poi nella loro regione di origine. Perché mai in Italia si doveva inventare un sistema macchinoso assolutamente unico al mondo?
Ormai, l’obiettivo deve essere quello di cambiare la legge Tremaglia. Prima che essa crei guai maggiori. E’ facile infatti immaginare che gli imbrogli di Di Girolamo non siano gli unici.
Soprattutto, per faciloneria e irresponsabilità, si sono sottovalutati i pericoli possibili. Ad esempio, cosa sarebbe accaduto se lo scandalo fosse scoppiato non adesso, ma nella legislatura scorsa, quando la maggioranza in Senato correva sul filo di un solo voto? Immaginate la destabilizzazione e le risse?
Fortunatamente, i socialisti non sono da tempo più soli a sottolineare l’assurdità della legge Tremaglia. Sergio Romano, sul Corriere della Sera dell’11 aprile 2008, rispondeva infatti così a una lettrice italiana in Australia che esprimeva le sue critiche.
“Cara Signora, credo che molti si siano accorti dell' assurdità della legge Tremaglia e abbiano un grande desiderio di cambiarla. Ma non sarà una impresa facile. Occorrerà anzitutto modificare nuovamente la costituzione per eliminare le grandi circoscrizioni create al di fuori del territorio nazionale. Occorrerà scavalcare coraggiosamente la lobby dei professionisti dell' emigrazione che hanno lungamente lavorato alla costruzione di questa complicata macchina elettorale per garantire a se stessi un seggio in Parlamento e la difenderanno tenacemente. E occorrerà poi definire con maggiore rigore la figura dell' elettore italiano all'estero. Fra i Paesi di grande emigrazione l' Italia è infatti il solo che abbia spensieratamente elargito il diritto di voto anche a coloro che non hanno mai vissuto nella patria d' origine e non parlano italiano. Qualche giorno fa è apparsa su Il Sole 24 Ore una intervista con il senatore Pallaro, industriale argentino e rappresentante degli italiani dell' America Latina. Pallaro vuole tornare in Senato e ha indirizzato ai suoi elettori una lettera-programma scritta in spagnolo. Non ne sono sorpreso.
Nel 2006, in occasione delle ultime elezioni, Rai International trasmise una tribuna elettorale nel corso della quale molti candidati della circoscrizione latino-americana fecero dichiarazioni di voto in un italiano stentato e arrugginito, infarcito di ispanismi. Uno degli effetti paradossali di questa legge è di avere suscitato nei governi stranieri due reazioni diametralmente opposte. Non è piaciuta in Paesi come il Canada e l' Australia, giustamente infastiditi dalla prospettiva di una battaglia politica straniera combattuta sul loro territorio nazionale. Ma è stata accolta con favore in alcuni Paesi dell' America Latina, dove i governi sanno che il parlamentare inviato a Roma ha la doppia nazionalità e diventerà così una piccola «quinta colonna» argentina o brasiliana nel Parlamento italiano. Mi spiego meglio con un esempio.
Non chiedete a un deputato o a un senatore italo-argentino di difendere a Buenos Aires la causa dei risparmiatori italiani, proprietari di bonds argentini, che sono stati duramente colpiti dalla politica della presidenza Kirchner. Lo mettereste in grave imbarazzo. La sua osservazione sugli italo-romeni e gli italo-filippini mi è parsa calzante. Piacerebbe agli italiani che gli stranieri venissero a fare qui le loro campagne elettorali?
Esiste poi un altro problema sollevato da un deputato, Ugo Intini, in occasione del dibattito parlamentare che precedette, nel 2001, l' approvazione della legge Tremaglia. Intini, oggi viceministro degli Esteri nel governo Prodi, ricordò che l' Italia avrebbe dovuto affrontare prima o dopo il problema del voto per gli immigrati e disse: «Che cosa accadrà allora?
Accadrà che un peruviano che abita in Italia da anni, che lavora in Italia, che parla italiano, che capisce la politica italiana, non potrà votare, mentre un peruviano che ha un nonno italiano su quattro, che ha chiesto il passaporto italiano - e lo ha ottenuto - non per venire in Italia, ma per andare a lavorare in Germania (come spesso avviene), che non parla italiano e che non è mai stato nel nostro Paese, potrà invece votare per il Parlamento italiano». La gara al conformismo dei due schieramenti fece sì che la voce dissenziente di Intini, in quella occasione, non venisse ascoltata. Speriamo che l' esperienza fatta in questi due anni abbia rinsavito i suoi colleghi.”
L’esperienza fatta sino all’11 aprile 2008, quando sono state scritte queste parole di Sergio Romano, forse non era ancora sufficiente a rinsavirli. Adesso, quel momento potrebbe finalmente essere giunto in seguito all’esperienza traumatica derivante dall’incredibile scandalo Di Gerolamo.