venerdì 24 aprile 2009

Elezioni europee - Un appello contro la deriva

Sul "Manifesto" è uscito qualche giorno fa nella rubrica delle lettere il seguente appello: 

ELEZIONI EUROPEE, DOMANDE UTILI PER CHIARIRE

Le elezioni europee sono alle porte e crescono ogni giorno le dimensioni della crisi che ne sono il contesto, eppure finora non si è parlato che di candidature. Rivolgiamo dunque un appello alla chiarezza a tutti i partiti che intendono sfidare l'attuale maggioranza di destra al governo in Italia.

    Per quanto riguarda le candidature, si intende seguire la destra mettendo in vetrina celebrità e leader politici al solo scopo di raccogliere voti, con il risultato sicuro di consolidare la fama di assenteismo dei rappresentanti italiani in Europa? O, peggio ancora, nel caso di dimissioni, ingannando gli elettori?

    Cosa si accingono a fare i nostri futuri rappresentanti in Europa, e insieme a chi? L'Europa si dibatte in una crisi non solo economica, ma riguarda anche il futuro del progetto europeo. I nostri rappresentanti si impegneranno per un'Europa più solidale, democraticamente integrata e più vicina ai cittadini o seguiranno la visione perdente di un'Europa somma dei suoi governi? Con quali strumenti intendono affrontare le sfide del clima, dei diritti e della pace? La questione della collocazione dei nostri futuri rappresentanti in Europa non è marginale: motivo di più per uscire da una confusione tutta italiana su questo punto.

    Nel Parlamento europeo vige il bipolarismo di due gruppi: quello socialdemocratico e quello popolare, di fatto conservatore. I restanti, dall'estrema destra alla sinistra, ecologista e non, si posizionano, di volta in volta, lungo questi due assi. Al centro i liberali preferiscono non scegliere. Una geografia politica che, in Italia, sembra creare più problemi a sinistra che a destra. Fare chiarezza significa saper scegliere la propria collocazione e i candidati comuni alla presidenza della Commissione e del Parlamento, ed essere credibili per un'Europa politica.

    Non possiamo più permetterci le divisioni del passato, perciò chiediamo: un impegno a ristabilire un rapporto di lealtà con gli elettori, candidando persone non vincolate da altri mandati (presidenti regionali, sindaci di grandi città, parlamentari), disposte a esercitare con competenza quello europeo, fino alla scadenza; un impegno a precisare il gruppo parlamentare in cui insieme si collocheranno; il programma con cui intendono costruire l'Europa più integrata, perciò più democratica e più solidale che la crisi richiede.

Tana de Zulueta, Gian Giacomo Migone, Maria Pia D'Angelo, Luciano Gallino, Moni Ovadia, Franco Rositi, Alberto Tridente, Gustavo Zagrebelsky

Per aderire all'appello, le e-mail devono essere inviate ai seguenti indirizzi: g.gmigone@libero.it  e stefano.schwarz@gmail.com

Come hanno riportato alcuni giornali, l’appello ha avuto anche l’adesione del Presidente Scalfaro.
A proposito di questo appello, che invito a sottoscrivere, e delle recenti polemiche sulle candidature, mi chiedo come si sia giunti a questo punto – sembra scontato candidare alle elezioni europee i leader dei partiti o personaggi con incarichi di governo, pena ritrovarsi con liste di "nani e di ballerine" (per citare la Presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso), e quindi di scarso richiamo. Succede altrove in Europa?

    Quando è iniziata questa deriva italiana per cui anche la politica europea appare in funzione della politica nazionale (ovvero dei poteri nella vita politica nazionale), priva di qualsiasi profilo autonomo? Forse quando si è cominciato  a pensare alla politica in termini di leadership, di rapporto quasi esclusivo tra il leader e il suo elettorato, a scapito di tutto il resto? Come può svilupparsi in queste condizioni un vero spazio pubblico europeo al di  là della sfera nazionale, una vera democrazia europea? È una questione solo di capacità o di qualità (...ah, com’era alto il livello dei  politici della Prima Repubblica....), o non dipende piuttosto da strade (sbagliate) imboccate nel  recente passato che ci allontanano pericolosamente dall'Europa e impoveriscono la nostra democrazia?

    Quanti dei partiti italiani (anche di sinistra), quali altri soggetti politici e sociali si stanno dando da fare perché si iscrivano alle liste elettorali gli stranieri comunitari, che possono votare alle elezioni amministrative ed europee? I loro voti fanno schifo? Qualcuno può permettersi di sputare sopra il loro voto? O è che il loro voto non serve comunque a dare potere ai leader e ai loro amici o rivali, quindi diventa, in ogni caso, irrilevante? O è che non si gradisce alcuna gradazione tra "cittadini" e "stranieri" (di per sé "extracomunitari", e dunque "iloti"?) O è che, invece di governare democraticamente la complessità, allargando i diritti di cittadinanza, si persegue la riduzione dei soggetti legittimati a dire la loro e a "contare" (la Chiesa cattolica e pochi altri)? Per quanto tempo ancora staremo a vedere la nostra democrazia deperire senza reagire?

Francesca Lacaita