Freschi di stampa, 1917-2017 (12)
Prosegue la serie di testi ispirati o ripresi dall'ADL nell’anno delle due rivoluzioni russe che hanno cambiato il mondo. La nostra redazione di allora poté "coprirle" entrambe con materiale di prima mano. Ciò grazie soprattutto ad Angelica Balabanoff, fautrice degli stretti legami sviluppatisi tra i socialisti italiani e russi impegnati, insieme al PS svizzero, nella grande campagna di “guerra alla guerra”. Campagna lanciata con la Conferenza di Zimmerwald. E culminata nella Rivoluzione d'Ottobre.
Ancora una calunnia
Un trafiletto di taglio basso a firma “internazionalista” sulla prima pagina dell’ADL del 9 giugno 1917 s’incarica di respingere come ennesima calunnia della stampa “intesofila” la tesi secondo cui i profughi russi rientrati attraverso la Germania dopo la Rivoluzione di febbraio avrebbero seguito: «Tale cammino in quanto germanofili e quindi perché… agenti degli Imperi Centrali» (ADL 9.6.1917).
In realtà, le vicende successive – il rovesciamento dell’impero prussiano e di quello austro-ungarico – mostra come le accuse contro i socialisti internazionalisti tradiscano solo una scarsa comprensione delle dinamiche storiche in atto.
Dalle testimonianze rese di fronte alla "Commissione socialista internazionale di Stoccolma" emerge che le condizioni di viaggio lungo la via Parigi-Londra rendono sconsigliabile questo itinerario di rientro: «Già solo le pratiche per ottenere il passaporto durano più di tre settimane a Parigi ed il visto definitivo è concesso quasi esclusivamente a profughi atti al servizio militare (…) I trasporti per mare avvengono sotto scorta militare armata ed i profughi vengono soggetti alle più umilianti perquisizioni e vessazioni poliziesche» (ADL 9.6.1917).
Perciò ben si comprende, continua l'articolo, che gli esuli, e soprattutto quelli residenti nella Svizzera, «abbiano preferito di ritornare in Russia approfittando delle concessioni delle autorità tedesche. Già il 14 maggio ben 257 erano in tal modo arrivati nella Svezia; fra i quali tutto uno stato maggiore di compagni alla testa del movimento operaio russo, come Martoff, Bobroff, Martinoff e la compagna Angelica Balabanoff.» (ADL 9.6.1917).
Dai documenti dell'Ufficio politico centrale presso il Quartier generale di Berlino, i passeggeri risultano essere in numero inferiore rispetto a quello fornito dall’ADL: “Uomini 147, donne 14 e bambini 32”. In tutto 193 viaggiatori. Un numero di 253 persone a bordo del treno viene raggiunto nei documenti dell’Ufficio politico di Berlino includendo il personale tedesco. «Anche questa volta i costi per il biglietto delle persone e dei bagagli come pure per il vitto sono stati sostenuti dai passeggeri, su loro esplicito desiderio», riferisce il funzionario del Reich.
Lo “stato maggiore di compagni alla testa del movimento operaio russo” di cui parla l’ADL è, in realtà, formato da socialdemocratici e socialrivoluzionari che, un passo dopo l'altro, si avviano verso una inattesa e brutale uscita di scena. Sul loro treno, a quanto pare, non viaggiano seguaci né di Plechanov né di Lenin. Né L’ADL fa cenno al primo treno, quello su cui Ilic Ulianov era partito due mesi prima.
«La Russia rivoluzionaria per la pace socialista», apre a tutta pagina L'ADL del 9.6.1917. È ormai chiaro che la parola “socialista” s'intende in molti modi. Le varie correnti del socialismo russo e internazionale si stanno posizionando ciascuna nel proprio “posto di combattimento”. Combattimento, ovvio, intorno alla pace. Ma quale pace? Nessuno lo sa dire con duro realismo (eccetto uno).
“Pace separata o pace generale?” titola l’editoriale firmato "F.M.". La sigla è quella del direttore, Francesco Misiano, la cui figura merita qualche indugio.
Giunge a Zurigo come “disertore” dall’Italia divenuta belligerante. È un convinto esponente del socialismo antimilitarista zimmerwaldiano. Assume un ruolo influente nel PSI in Svizzera e dal 1916 viene incaricato di dirigere L’ADL. Dopo la fine del conflitto, lo ritroviamo con Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht a Berlino. Nella breve ma sanguinosa guerra civile a sinistra, tra i socialdemocratici tedeschi approdati al governo dopo la caduta dell’imperatore e gli insorti spartachisti, Misiano si schiera con gli spartachisti, prendendo attivamente parte alla difesa armata del loro giornale, il Vorwärts, sotto l'attacco dei Freikorps filo-governativi. Finite le munizioni, si consegna alla polizia e viene arrestato. Sarà condannato a dieci mesi di carcere.
Rientra in Italia alla fine del 1919. Nel 1921 è a Livorno tra i fondatori del PCdI. A giugno viene eletto deputato del Regno. Ma proprio nella seduta inaugurale della XXVI legislatura trenta parlamentari in camicia nera, guidati da Farinacci, lo aggrediscono all’interno di Montecitorio. I fascisti covano un antico rancore contro Misiano sia perché è antagonista a Fiume di D'Annunzio (che ne chiede la morte) sia perché dalle colonne dell'ADL aveva costantemente deriso le pose di Mussolini propagandista di guerra un tanto al chilo. Così, quel 13 giugno 1921 i deputati del duce lo sequestrano in Aula e lo consegnano a una squadraccia in attesa fuori dal Parlamento. È sottoposto a violenze e umiliazioni. Gramsci scrive sull’Ordine Nuovo:
«La prima affermazione dei Fasci in Parlamento è un atto cui non si può attribuire, nemmeno con i più stiracchiati contorcimenti mentali, nessun significato politico: è un atto di pura e semplice delinquenza… Di fronte al fascismo italiano riacquistano nobiltà le più immonde figure di delinquenti che mai siano esistite» (14.6.1921).
Nel 1924, anno dell’assassinio di Matteotti, si trasferisce a Mosca. Vi fonda la casa di produzione cinematografica “Mezrabpom” sviluppando importanti attività di promozione della settima arte.
Nel 1936, accusato di trotzkismo, viene sottratto alla GPU dalla morte per malattia. Il funerale sarà per lo più disertato dai compagni comunisti italiani, per timore di Stalin.
Ma torniamo alla situazione del giugno 1917 e alla questione che Misiano solleva sull’ADL: “Pace separata o pace generale?”.
«Quando la versione della “rivoluzione russa fatta per l’intensificazione della guerra”, messa in giro dai Governi borghesi dell’Intesa, è apparsa menzognera ed ormai insostenibile», scrive, «gli stessi Governi si affrettarono a gettare a piene mani ombre e fango sulla “rivoluzione russa” e la dipinsero come opera di “venduti” ai tedeschi, di “visionari fuori della realtà della storia”. Fra questi due estremi si può ritrovare e cogliere un assai abbondante materiale di contraddizioni, di oscillazioni, di volgarità, di menzogne, di calunnie e di infamie». (ADL 9.6.1917)
I rivoluzionari russi sono accusati dai Governi dell’Intesa di voler “fare una pace separata” con gli Imperi Centrali, «il che darebbe ai medesimi una superiorità militare che porterebbe allo schiacciamento delle democrazie occidentali. Quindi, accuse conseguenti di tradimento della causa della democrazia, di servizio reso all’impero prussiano, ecc. ecc.». (ADL 9.6.1917)
Pace separata? Mesiano nega recisamente che si punti a questo obiettivo. La Russia rivoluzionaria vuole la “pace generale” per tutti i popoli. Affermazione in teoria veridica, se riferita alla quasi totalità delle forze attive nel Governo provvisorio di San Pietroburgo. E anche i Soviet abbracciano, in teoria, questa posizione, prevalente persino all’interno della frazione bolscevica.
«Pace separata? Non possono concepirla, non possono auspicarla coloro che, socialisti rivoluzionari, e rivoluzionari russi per giunta, riguardano il mondo intero dall’angolo visuale del socialismo», aggiunge il Direttore, tenendo ferma la posizione di principio “per noi socialisti internazionalisti”; e prosegue: «Esiste un dovere: farla cessare per riprendere l’altra guerra, quella tra le classi, che è la ragion d’essere della nostra fede. Ora, una “pace separata” tra la Russia e le Potenze Centrali, sarebbe la cosa più facile di questo mondo (…) Ma questa “pace separata” darebbe la pace? Ed a chi? Alla sola Russia. (…) Anzi, forse nemmeno alla Russia». (ADL 9.6.1917)
La Russia, se stipulasse una “pace separata”, verrebbe riassorbita “nel baratro di un’altra guerra”, sostiene Misiano, e non a torto. Per questo tutti si proclamano a favore della “pace generale”.
Tutti, eccetto Lenin, minoranza della minoranza. Ma il punto è ben altro. Perché gli USA sono appena entrati in guerra e le condizioni interne, internazionali e coloniali di ciascun soggetto belligerante coartano gli eventi dentro la morsa d’acciaio di mille necessità oggettive.
«Il gioco della rivoluzione è molto pericoloso. Col fuoco non si scherza», avvertiva già L’ADL del 24 marzo. No, non si scherza. E certo non bastano le emulsioni ideologiche «per un mondo di fratelli e di liberi» a fermare questa tremenda eruzione prima del suo esito piroclastico con collasso finale.
La “pace generale” non esiste.
Ma non esiste nemmeno la continuazione della guerra.
Il popolo russo non la sopporta più.
Dunque, quel che alla fine deve sopravvenire è proprio la “pace separata”, cioè: l’Ottobre Rosso, la Guardia bianca, il Comunismo di guerra, la NEP e tutto il resto.
(12. continua)