martedì 6 giugno 2017

Freschi di stampa, 1917-2017 (10) - La compagna tacque

Freschi di stampa, 1917-2017 (10)

Prosegue la serie di testi ispirati o ripresi dall'ADL nell'anno delle due rivoluzioni russe che hanno cambiato il mondo. La nostra redazione di allora poté “coprirle” entrambe con materiale di prima mano. Ciò grazie soprattutto ad Angelica Balabanoff, fautrice degli stretti legami svilup­pa­tisi tra i socialisti italiani e russi impegnati, insieme al PS sviz­zero, nella grande campagna di “guerra alla guerra”. Campagna lan­ciata con la Conferenza di Zimmerwald. E culminata nella Rivoluzione d'Ottobre.

La compagna tacque

Dall'ADL del 12 maggio 1917 apprendiamo che Angelica Balabanoff è partita per la Russia.

«L'altra sera. Modesto simposio fra compagni per salutare la caris­si­ma compagna Angelica Balabanoff partente per la Russia. (…) Nei convenuti era un dolore: quello del distacco; un orgoglio: quello di aver conosciuto e apprezzato la valorosa milite del socialismo inter­na­zionalista; un pensiero proprio di gratitudine: per l'esempio (…); una vo­lontà: ch'Ella non ritardi oltre a portare in Russia, nel dibattito del­le varie correnti, il suo pensiero, la sua parola, la sua opera socialista (…); una speranza: di riaverla al più presto fra noi – dopo aver com­piu­ta l'alta e nobile impresa nella sua grande terra natale –, qui in Isviz­zera, in Italia – la sua terra d'adozione – a completare la gran­dio­sa opera di proselitismo per la rivoluzione sociale» (ADL 12.5.1917).

    Angelica dunque parte. Un mese dopo Lenin. Come per lui, anche per lei, prima del treno c'è un “modesto simposio” al Coopi. Nel locale socialista alcuni compagni entrano dalla porta principale, altri dal retro, come usano i membri del gruppo anarchico o quelli sotto sorveglianza di polizia.

    A differenza dell'Avvocato Vladimiro, arrivato lì in gran discrezione un mattino d'aprile per attendere di poter salire insieme al suo “seguito” sul famoso treno con i sigilli di piombo, la Dottoressa Angelica tiene un convivio serale. Sul treno salirà all'indomani, pubblicamente, per­correndo la centralissima Bahnhofstrasse tra due ali di folla festante.

    I giornalisti del luogo non afferreranno la ragione per cui le masse proletarie di Fremdarbeiter (cioè italiani) siano accorse a tributare un così grande omaggio a quella piccola esule russa. La stampa "indipen­den­te" sa poco o nulla delle migliaia di comizi, riunioni e manifesta­zioni che da quindici anni ormai la Balabanoff tiene nel mondo del socialismo italiano e internazionale. La sua popolarità è vasta.

    Durante la cena al Coopi parlano Armuzzi, rappresentante dell'anima popolare impegnata nei sindacati, e Misiano, che incarna la frazione intellettuale adibita all'attività di redazione. Armuzzi ama le pose teatrali, i gesti larghi, le formule ispirate. Misiano preferisce l'algebra di concatenazioni concettuali sfocianti in sillogismi rigo­ro­samente rivoluzionari. Ma in quella sera degli addii entrambi si commuovono e la sala si produce in un grande, grandissimo applauso:

    “La guerra è morta nell'infamia”, titola qualche giorno dopo l'ADL. E il catenaccio recita così: “In Russia si elabora la questione sociale: otto ore di lavoro, alleanza fra i popoli, terra e libertà ai contadini”(ADL, 12.5.1917).

    L'Ottobre è ancora lontano. Nessuno immagina neppure lonta­na­mente che poi verranno il comunismo di guerra e i gulag. Ma già s'in­travvede che le divisioni a sinistra porteranno con sé uno scontro duro. Errore politico fatale, perché dopo tre anni d'inutile macello i socialisti internazionalisti, che hanno mantenuto salda la loro opposizione alla guerra, sembrano adesso a un passo dalla vittoria più completa. In Russia l'autarchia zarista è venuta giù come le mura di Gerico. Altre case reali seguiranno. La Questione sociale avanza a passi da gigante. Finalmente le otto ore. E poi un nuovo ordine mondiale fatto di nuove libertà civili e di pane per tutti. Ma anche la condizione della donna cambierà radicalmente dopo la fine della sacra famiglia borghese!

    Questi, all'incirca, i discorsi del “modesto simposio” cooperativo. Di fronte a quell'entusiasmo rivoluzionario in una sera di maggio del 1917, tutti ora attendono che Angelica infiammerà ancor di più gli ani­mi già corroborati da torrenti di lambrusco. Tutti condividono il sen­ti­mento di un'imminente età della riscossa. E tutti – le  compagne e i com­pagni di Zurigo, di Schlieren, di Baden, di Oerlikon e di Brutti­sellen, convenuti lì per salutare la sua partenza – guardano ora verso Angelica, grande intellettuale poliglotta e cosmopolita, oratrice feno­me­nale. E, invece, lei…

«La compagna tacque: parlò nel suo silenzio». (ADL 12.5.1917)

Perché “tacque”? Che cosa significa: “parlò nel suo silenzio”? Sapeva che la sua è una missione quasi impossibile? Mediare tra il Governo provvisorio e l'opposizione bolscevica: altrimenti sarà guerra civile. E per evitarla occorrerà indurre le potenze belligeranti ad accettare – certo, anche nel loro stesso interesse – una pace “senza cessioni e senza riparazioni”. Ma come? Con quali mezzi?

    Angelica è troppo addottorata nella storia umana, è troppo profonda conoscitrice delle dinamiche politiche, per non sapere che i venditori di cannoni non si fermeranno e che il suo socialismo, avvicinandosi alla soglia del trionfo, incontrerà adesso, proprio adesso, le resistenze più forsennate.

    Non ci sarà pace in Europa e nel mondo fino alla catastrofe delle potenze belligeranti. E anche il “dibattito tra le varie correnti” in Russia si sta già predisponendo a divenire conflitto armato.

    Di fronte al silenzio di Angelica, che si appresta a partire nella speranza alimentata più dall'etica kantiana del dovere che dal principio di realtà, la “Commissione Esecutiva” del PSI in Svizzera redige un inusuale comunicato, che si conclude con queste parole:

«Compagna buona, generosa e grande, arrivederci presto

con un trionfo socialista in più». (ADL 12.5.1917)

Sul giornale della settimana successiva leggiamo che Angelica si pub­bli­camente è schierata «contro una “pace separata” giovante all'im­pe­ria­lismo tedesco». Una mezza dichiarazione di ostilità a Lenin. E una corsa contro il tempo, che prenderà le mosse di trattative di pace che s'intendono far partire dalla Svezia. Dove c'è l'appoggio dei dirigenti “zimmerwaldiani” Hèden, Oljelund e il giovane deputato Höglund, tutti e tre incarcerati durante la guerra e ora liberati per la pressione del vento rivoluzionario. I tre hanno una certa influenza sul loro partito, che va assumendo sempre più posizioni internazionaliste.

    Dall'altro versante, quello degli interventisti, fioccano, ovviamente, le accuse di “tradimento”. Gli esuli russi che rientrano attraverso la Germania non violano forse il patto d'onore con gli Alleati?

    No, no, e poi no! L'ADL del 19 maggio 1917 respinge decisamente ogni accusa in tal senso e pubblica in prima pagina un comunicato della Commissione Esecutiva recante il titolo “Solidali”:

    «La C.E. del Partito Socialista Italiano nella Svizzera, esaminate le ragioni che hanno indotto i compagni internazionalisti russi ad attra­versare la Germania per rimpatriare; considerata l'alta e nobile lotta per l'Internazionale che li attende in Russia; considerato il divieto opposto con mille tortuosi ripieghi dall'Inghilterra al loro passaggio per altra via; approva il loro atteggiamento» (ADL 19.5.1917).

    Gli internazionalisti russi non vorranno minimamente tradire gli Alleati, ma piuttosto puntano a costringere gli imperialismi «dell'uno e dell'altro gruppo belligerante a rinunciare ai loro nefasti programmi di prolungamento della guerra per inconfessabili appetiti».

    Come? Diffondendo «in tutti gli altri paesi d'Europa la rivoluzione sociale del proletariato, unico mezzo che assicuri ai popoli la fine di tutte le guerre» (ADL 19.5.1917).

    Quanto alla partenza del folto gruppo, trecento esuli e più, l'ADL pubblica una cronaca di I. M. Schweide, intitolata: “Sino al confine svizzero-tedesco”. Angelica “sotto una pioggia di fiori” arriva alla stazione di Zurigo.

    «La più festeggiata fra tutti è stata naturalmente la compagna Angelica Balabanoff. (…) La inconsolabile Rosa Bloch – che volle dare  libero sfogo alle cateratte lacrimatorie – ha ceduto il suo posto ai “bouquets” di fiori di cui è stata inondata la nostra compagna Balabanoff (…) Nessuno forse come lei avrà sofferto durante gli ultimi giorni, quando seppe che il suo distacco dal partito e dai compagni italiani si era reso inevitabile, e che l'Internazionale, la rivoluzione russa, il socialismo la chiamava altrove!» (ADL 19.5.1917).

   In prima pagina campeggia anche “Convoglio rosso”, un breve testo di Armuzzi: «Io ricordo oggi come in una visione di sogno, il treno fantasma che porta con sé il desiderio di milioni di cuori umani, ed in questo ricordo luminoso, incancellabile, io rinnovo il saluto della folla commossa che coperse di fiori i precursori e i poeti della grande rivoluzione», (ADL 19.5.1917).

Ecco, qui l'angelo della storia significa una doppia verità: c'è un crudo passaggio di lì a pochi anni dai fiori zurighesi alle purghe siberiane. Ma quel giorno di maggio del 1917, quel "ricordo luminoso, incancel­la­bile", come dice Armuzzi, resta sempre e comunque quel che esso è: un sole d'avvenire. O non è così?

(10. Continua)