lunedì 24 settembre 2012

Spini alle primarie del Centro-Sinistra ?

Riceviamo e volentieri pubblichiamo


Progettiamo il futuro: giovani, crescita e partecipazione

 

In un momento di crisi dei partiti e della rappresentanza, che si accompagna ad una situazione per molti versi drammatica del nostro Paese, investito da una crisi economica e finanziaria senza precedenti, pensiamo che sia necessario inaugurare una stagione di nuova partecipazione alla vita politica, democratica e sociale del Paese.

    Crisi economica e futuro incerto rappresentano la cornice stabile in cui i giovani di oggi sono abituati a vivere: una generazione esclusa, una generazione senza lavoro, senza rappresentanza e senza casa.

    Essere giovani è invece poter inaugurare visioni affermative di progettazione del futuro e di rilettura del passato: è nuova creazione di valore, nuova produzione di senso, esplorazione di infiniti possibili.

    Quante energie vengono sprecate a causa della mancanza di azioni di valorizzazione di questo grande capitale umano collettivo?

    Ripartire dai giovani è riattivare la crescita, stimolare la partecipazione.

    Gli elementi fondamentali per costruire un futuro di cambiamento sono la conoscenza, la condivisione, la dimensione sociale, la coesione, la valorizzazione delle soggettività e dell’iniziativa individuale.

    In sintesi, un nuovo patto intergenerazionale che tenga insieme il Paese e ne ridisegni il futuro per una crescita equilibrata.

    Non accettiamo la forbice tra difesa dell’esistente e nuovismo a tutti i costi, spesso privo di contenuti. Così come non accettiamo ambiguità su molti altri temi: dalla riforma elettorale al taglio dei parlamentari, dall’uguaglianza dei diritti civili per tutti ad una crescita rispettosa dell’ambiente e perequata.

    Proprio perché, come giovani, vogliamo impegnarci in prima persona, vogliamo fare una scelta aldilà delle categorie tradizionali e guardare alla sostanza delle battaglie fin qui condotte dagli esponenti politici.

    Chiediamo a Valdo Spini di accettare la nostra richiesta di mettersi alla guida di una classe dirigente credibile, che abbia nel rapporto fra l’esperienza di chi ha dimostrato di sapere fare per davvero e l’intraprendenza di chi, magari per la prima volta, vuole diventare protagonista, la ragione del proprio essere e la realizzazione dei propri valori. Per questo chiediamo a Valdo Spini di candidarsi per le primarie di Centro-Sinistra. Crediamo che Spini possa essere un vero garante di serietà, coerenza, passione civile e rinnovamento: le nostre istanze possono trovare concreta risposta ed attenzione nel suo impegno costante, in tutte le sedi in cui opera.

    Per riformare la politica e le istituzioni, per una nuova crescita fatta di cultura, territorio, ambiente e sviluppo, per ‘fare comunità’ attraverso coesione e solidarietà, per un nuovo patto intergenerazionale e per un nuovo futuro per il Paese, chiediamo a Spini di essere la guida di una rinnovata classe dirigente, fatta di quell’unione tra generazioni che veda nei giovani e nella questione di genere i propri assi di riferimento.


Paola Barile, Tommaso Codignola, Luca Giorgetti, Alessandro Guadagni (Giovani del Circolo Rosselli), Dario Orzali (Giovani del Circolo Rosselli), Umberto Pascucci. Hanno manifestato la loro adesione all’appello, fra gli altri, anche Federico Perugini (Circoscrizione V del Comune di Firenze), Sebastiano Di Francesca, Giovanna Amato.

 

Quaderno Rosselli dedicato

ad Amelia Pincherle Rosselli


Il 22 settembre 2012 alle 10.30, al Festival della letteratura di Narni, presso il Museo Eroli, presentazione di Una donna nella storia. Vita e letteratura di Amelia Pincherle Rosselli, di Giovanna Amato, con scritti di Biancamaria Frabotta e Marina Calloni, n.1/2012 dei QCR (Alinea editrice). Conversazione con Esther Basile, Francesco De Rebotti, Antonio Fresa.

 

 

Riceviamo e volentieri pubblichiamo


Libertà repubblicane e dimensione sociale


In quanto "libere" le istituzioni repubblicane non possono legittimare, come ricordano Salmi e Morigi, il dominio dell’uomo sull’uomo. Prosegue la riflessione intorno al volume "Repubblica, repubblicanesimo e repubblicani in Italia, Portogallo, Brasile in prospettiva comparata".


di Rino Giuliani

Istituto Fernando Santi, Roma


Una ricerca storica sull’arco di tempo che va dagli anni della prima internazionale alla fine della monarchia sabauda non può non imbattersi ai diffusi fenomeni di contaminazione reciproca fra repubblicani e socialisti riformisti come pure fra quest’ultimi e i loro compagni sindacalisti rivoluzionari. Erano questi con il linguaggio di oggi dei repubblicani “senza se e senza ma ”. Questa contaminazione si fonda sulla convinzione che fra liberalismo e comunitarismo sussista una sorta di terza via, il neo-repubblicanesimo, appunto, che si proietta, fino alla nostra Costituzione per canali e forme fra loro diversi ma non antagonisti.

    Seguendo lo svolgimento del saggio di Salmi e Morigi un primo punto cardine della elaborazione è, a mio giudizio, quello della instaurazione e della vita delle repubbliche romane del medioevo.

    In tema di ascendenze del repubblicanesimo, per un non “addetto ai lavori”, qual è chi scrive queste note, è apparso di grande interesse (e più convincente del richiamo ad Aristotele) il riscontro della tradizione che inizia con l’antica Roma e prosegue a varie riprese nelle citate repubbliche medievali.

    Calasso ha scritto pagine memorabili sulla traditio di valori, validi anche per il futuro, pervenutici grazie all’iterazione di una cultura anche, ma non solo giuridica, segnalando nel campo privatistico nessi e trasformazioni dalle norme del diritto romano in direzione di quello divenuto consuetudinario nel medioevo. Ciò avvenne per una meritoria azione dei grandi centri di cultura e di potere politico costituiti dalle abbazie.

    La repubblica romana di Cola di Rienzo con il suo governo di tredici priori, citata nel testo, fu un’emblematica anticipazione della Repubblica romana di Mazzini, la quale si diede un’effimera quanto però fondamentale Costituzione (penso in specie agli otto “principi fondamentali”). Essa ci offre una misura di come istituzioni e individui risultino vincolati a una praxis che fa e disfa. I rapporti e le correlazioni di forza restano pur sempre un dato ineliminabile nell’esercizio del conflitto sociale che è legittimo e che viene invece escluso da una società come quella comunitaristica, che per principio lo vieti (anche se Lombardo Radice, scrivendo nel 1956, la associa anche a quest’ultima).

    Già la repubblica gentilizia instaurata intorno alla fine dell’anno 1000 dagli aristocratici romani costituitisi in Senato (divenuto poi il Senato plebeo del 1143), si collocava in continuità con la Roma antica, rivendicando perciò il diritto di eleggere il papa e l’imperatore.

    Il popolo romano mette in atto altalenanti comportamenti tra autenticazione della falsa donazione costantiniana, l’instaurarsi di un cristianesimo dogmatico e il prevalere della potente famiglia Pierleoni nella vita della città come nelle vicende del papato. L’istituzione repubblicana sopravvisse nel tempo, fra capovolgimenti di alleanze con gli imperiali e con gli amici stranieri di papi (più mondani che dediti alla missione salvifica).

    Il programma di Cola di Rienzo (“il popolo romano è la fonte di ogni potere”) definisce il profilo della sua repubblica. Non tutte le repubbliche sono eguali e non tutti quelli che definiamo repubblicani sono sino in fondo e senza riserve sostenitori del governo del popolo (e basti qui citare una per tutte la Repubblica Sociale Italiana). Cola Di Rienzo voleva una confederazione italiana con capitale Roma. Morì trucidato e appeso ai piedi. Prevalse la ragione di Stato nel cui nome più volte sono stato commessi crimini contro l’umanità. Ma Cola di Rienzo e il contesto che lo aveva espresso seminarono un seme che rinascerà nel Risorgimento, negli suoi ideali d’indipendenza, unità d’Italia e Riforma della Chiesa.

    Machiavelli è un secondo cardine del ragionamento sul neo-repubblicanesimo di Salmi e Morigi. Dapprima Segretario della repubblica fiorentina (fino al 1512) Machiavelli si adattò a vedere il Principe nella famiglia de’ Medici. Il testo (citando il professor Viroli) sottolinea che un filone di umanesimo civile continua a sussistere anche in una Italia che resta a lungo periferia rispetto ai centri mondiali del potere di allora malgrado la calata degli eserciti stranieri e della controriforma.

    In qualche modo Machiavelli coglie e rielabora una determinante essenziale della tradizione repubblicana e cioè il fatto che la libertà non è data dall’assenza d’interferenze (quella che in economia è nota con l’espressione del liberismo “laissez faire”) ma dall’assenza di “dominio”, termine che ritroviamo anche in Gramsci, in diverse forme elaborato, prima del congresso di Lione e dopo nei Quaderni dal carcere.

    Di Machiavelli come traghettatore della tradizione romana antica, filtrata da Polibio (che sostiene vi sia un ripetersi ciclico dei destini degli stati) mi sembra importante richiamare il concetto di virtù che certo è intesa come virtù civile, dei cittadini, ma anche come somma di requisiti di singoli grandi uomini cui ci si deve rivolgere quando l’istituzione, a volte anche per “corrompimento” interno, decade e deve rialzarsi.

    L’ideale repubblicano in Machiavelli appare sincero ma temperato da questa condizione.

    Vi è chi sostiene come “il suo concetto di virtù creò un intimo ponte di collegamento tra le tendenze repubblicane e quelle monarchiche e, senza venir meno ai suoi principi egli potè fondare le sue speranze nel principato dei Medici, al crollare della repubblica fiorentina, e scrivere per loro il libro del Principe. Collegamento intimo che subito dopo gli permise di riprendere nei Discorsi anche il filo repubblicano e di bilanciare la repubblica col principato”, così Federico Meinecke ne L’idea di Stato nella storia moderna.

     Il punto innovativo e moderno di Machiavelli sta nel concetto di “conflitto” considerato come la via di accesso del popolo alla politica e come condizione per lo sviluppo della civile libertà per il consolidamento della repubblica. La forza della repubblica consiste nell’anteporre il principio associativo all’egoistica chiusura individualistica. Il conflitto insomma come risorsa e non come problema.

    Dall’accettazione della lotta sociale conseguono i diritti soggettivi (che emergono dal basso), il rapporto fra appartenenza e cittadinanza e lo stato di diritto a sua volta da porre in connessione con il principio della sovranità popolare.

    Certo la “politica come movimento perpetuo” e il “potere costituente come prodotto di una interna e immanente dinamica sociale” – che Hardt e Negri (citati nel testo) colgono dal pensiero del Machiavelli – non hanno lo stesso significato se, così come li significhiamo noi oggi, li assumiamo per leggere le vicende di Roma nei primi tre secoli del secondo millennio o se, per la comprensione delle vicende legate alla riforma agraria posta in essere fra il 123 ed il 133 a.C. dai tribuni Caio e Tiberio Gracco, adattassimo il noto ben più tardo schema novecentesco “classe contro classe”, che si voleva adottare per la presa del potere all’epoca della Terza Internazionale nel nome di quel determinismo che anche nel testo viene sottoposto a critica.

    La tradizione di Machiavelli che prende e poi cede il testimone di una corsa verso la modernità e l’inverarsi incessante delle vicende storiche sono un tutt’uno con l’esaltazione delle virtù civili e dell’amor patrio repubblicanamente intesi nell’attaccamento alle proprie libere istituzioni. Ma proprio in quanto tali, le libere istituzioni repubblicane non possono legittimate, come ricordano Salmi e Morigi, il dominio dell’uomo sull’uomo. (2/3 - continua)


Stefano Salmi (a cura di), Repubblica, repubblicanesimo e repubblicani in Italia, Portogallo, Brasile in prospettiva comparata", Archetipo Edizioni, Bologna 2012.