LAVORO E DIRITTI
a cura di www.rassegna.it
Con Detroit sempre più centrale e il mercato europeo in sofferenza, sul futuro dello stabilimento Fiat si addensano molti interrogativi. Ne parliamo con Donata Canta , a capo della Cgil torinese, e Giorgio Airaudo , segretario nazionale Fiom
di Giovanni Rispoli
Dove va Mirafiori? Quali sono le sue prospettive? Dopo la conversazione con alcuni operai e sindacalisti nella sede della V Lega Fiom, a Torino, affrontiamo il tema con Donata Canta, segretaria generale della Camera del lavoro torinese, e Giorgio Airaudo, segretario nazionale e responsabile auto della Fiom.
"C'è grande preoccupazione. Anche tra coloro che hanno detto sì a Marchionne, convinti che comunque ci sarebbe stato il rilancio dello stabilimento". Donata Canta tiene a sottolineare subito che gli interrogativi intorno al destino di Mirafiori non riguardano più soltanto Fiom e Cgil. "Non può non essere così, del resto. Parlano i fatti: il 2011 ha fatto registrare il numero più alto di ore di cig, il mercato è in caduta, nessun segnale viene dal fronte della ricerca e sviluppo, il 2012-2013 non lascia intravedere nulla. Più si va avanti, più il rilancio diventa problematico".
Nei progetti del gruppo Torino non è più il centro del centro, ricordiamo. "Torino e il paese osserva Canta . Le nostre preoccupazioni circa il ruolo dell'Italia e delle istituzioni nell'operazione Chrysler erano fondate. Altrove i governi sono intervenuti; da noi, come sappiamo, il governo Berlusconi è stato del tutto assente. Ora, fra l'altro, sembra aprirsi un fronte ulteriore: l'Europa. Le dichiarazioni di Marchionne sulla ricerca di nuovi partner per affrontare l'asfittico mercato continentale fanno riflettere. Se l'orizzonte è questo i rischi, per noi, dico i rischi di ridimensionamento, potranno solo aumentare".
"Vorrei però aggiungere prosegue la segretaria torinese che l'allarme non riguarda solo i lavoratori Fiat, c'è anche l'indotto". Forse se ne parla di meno perché negli anni la dipendenza dalla Fiat si è allentata, obiettiamo. "Certo, molte aziende non sono più monocommittenti. Però, a parte il fatto che la crisi riguarda anche gli altri, dalla Fiat comunque non arrivano segnali. È un punto centrale, questo dell'indotto. L'incertezza è sovrana, e il 2012 rischia di essere l'anno peggiore".
Si è parlato molto, man mano che la Fiat cambiava la sua fisionomia, della Torino post fordista, della città industriale che andava dimagrendo a vantaggio del terziario, delle nuove occasioni di sviluppo che sembravano nascere in questo settore. Qual è la realtà? "Chi pensava che il terziario potesse compensare l'indebolimento del tessuto industriale ha sbagliato completamente le previsioni. Per composizione delle aziende, tecnologie e lavoro, il nostro terziario dà risultati assai poco soddisfacenti. La consapevolezza che l'industria manifatturiera non è sostituibile credo sia oggi maggiore".
Tornando alla Fiat: il problema del futuro di Mirafiori si associa meglio: è una cosa sola con il modello di relazioni industriali imposto da Marchionne. Oggi la Fiom è fuori, non ha più diritto alla rappresentanza. Come risalire la china? "Le iniziative intraprese dalla Fiom, da quelle giuridico-legali al referendum, sono importanti e la Cgil le appoggia pienamente. Penso che, insieme, bisognerà provare anche a conquistarci relazioni diverse. Se l'impresa non è disponibile alla codeterminazione, per usare una formula cara a Claudio Sabattini, occorre modificare i rapporti di forza. È difficile ma questa è la strada. Bisogna ripartire allora dall'accordo interconfederale del 28 giugno dello scorso anno, applicarlo per davvero: misurarci quindi sul terreno della rappresentanza e rappresentatività, costruire una piattaforma e un contratto unitario dei metalmeccanici che contemplino il ritorno alla democrazia e le Rsu. È partendo da qui che si può ritornare poi a relazioni diverse anche in fabbrica". "Un compito conclude Canta che deve impegnare tutta la Cgil".
"Mirafiori è il vero buco nero della Fiat. Senza 250mila vetture lo stabilimento non si giustifica. Marchionne dice che Mirafiori è un problema affettivo, noi pensiamo si tratti di un problema del paese". Le parole di Giorgio Airaudo, protagonista della vertenza che oppone la Fiom al gruppo italoamericano, sono chiare. "Si è molto discusso del possibile trasferimento della sede a Detroit. Ma per noi non c'è un problema di sede legale, figurarsi, la questione è un'altra". Quale? "L'intenzione di spostare la progettazione, dividerla fra Torino, Detroit e il Brasile: che significherebbe l'impoverimento del sito".
Preoccupazioni acuite dagli scenari annunciati da Marchionne per l'Europa, la ricerca di un partner, la ristrutturazione che ne conseguirebbe, i pericoli ulteriori per l'occupazione. "Non credo proprio che un eventuale alleato europeo sarebbe disponibile a ristrutturare e quindi a ridimensionarsi. I governi europei, nella crisi, l'industria nazionale l'hanno difesa. Quello di Berlusconi no. Il primo stabilimento a rischio, nel nuovo scenario, sarebbe Mirafiori".
Fabbrica Italia, in ogni caso, resta un mistero, il progetto non si vede. "Marchionne naviga a vista. Ma lo fa con una stella polare: gli Usa. Da noi, intanto, usufrisce del welfare: adopera gli strumenti che un modello considerato obsoleto gli offre. Sarebbe necessario discutere, confrontarsi: che il governo si muovesse, dunque, e si aprisse un tavolo negoziale".
IPSE DIXIT
Per me una cosa inspiegabile - «Come il boy scout sia diventato uno che prende soldi per sé per comprare delle case è per me una cosa inspiegabile.» Francesco Rutelli