martedì 7 febbraio 2012

Preoccupati per Mirafiori

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LAVORO E DIRITTI

a cura di  www.rassegna.it

 

Con Detroit sempre più centrale e il mercato europeo in sofferenza, sul futuro dello stabilimento Fiat si addensano molti interrogativi. Ne parliamo con Donata Canta , a capo della Cgil torinese, e Giorgio Airaudo , segretario nazionale Fiom

 

di Giovanni Rispoli

Dove va Mirafiori? Quali sono le sue prospettive? Dopo la conversazione con alcuni operai e sindacalisti nella sede della V Lega Fiom, a Torino, affrontiamo il tema con Donata Canta, segretaria generale della Camera del lavoro torinese, e Giorgio Airaudo, segretario nazionale e responsabile auto della Fiom.

    "C'è grande preoccupazione. Anche tra coloro che hanno detto sì a Marchionne, convinti che comunque ci sarebbe stato il rilancio dello stabilimento". Donata Canta tiene a sottolineare subito che gli interrogativi intorno al destino di Mirafiori non riguardano più soltanto Fiom e Cgil. "Non può non essere così, del resto. Parlano i fatti: il 2011 ha fatto registrare il numero più alto di ore di cig, il mercato è in caduta, nessun segnale viene dal fronte della ricerca e sviluppo, il 2012-2013 non lascia intravedere nulla. Più si va avanti, più il rilancio diventa problematico".

    Nei progetti del gruppo Torino non è più il centro del centro, ricordiamo. "Torino e il paese – osserva Canta –. Le nostre preoccupazioni circa il ruolo dell'Italia e delle istituzioni nell'operazione Chrysler erano fondate. Altrove i governi sono intervenuti; da noi, come sappiamo, il governo Berlusconi è stato del tutto assente. Ora, fra l'altro, sembra aprirsi un fronte ulteriore: l'Europa. Le dichiarazioni di Marchionne sulla ricerca di nuovi partner per affrontare l'asfittico mercato continentale fanno riflettere. Se l'orizzonte è questo i rischi, per noi, dico i rischi di ridimensionamento, potranno solo aumentare".

     "Vorrei però aggiungere – prosegue la segretaria torinese – che l'allarme non riguarda solo i lavoratori Fiat, c'è anche l'indotto". Forse se ne parla di meno perché negli anni la dipendenza dalla Fiat si è allentata, obiettiamo. "Certo, molte aziende non sono più monocommittenti. Però, a parte il fatto che la crisi riguarda anche gli altri, dalla Fiat comunque non arrivano segnali. È un punto centrale, questo dell'indotto. L'incertezza è sovrana, e il 2012 rischia di essere l'anno peggiore".

    Si è parlato molto, man mano che la Fiat cambiava la sua fisionomia, della Torino post fordista, della città industriale che andava dimagrendo a vantaggio del terziario, delle nuove occasioni di sviluppo che sembravano nascere in questo settore. Qual è la realtà? "Chi pensava che il terziario potesse compensare l'indebolimento del tessuto industriale ha sbagliato completamente le previsioni. Per composizione delle aziende, tecnologie e lavoro, il nostro terziario dà risultati assai poco soddisfacenti. La consapevolezza che l'industria manifatturiera non è sostituibile credo sia oggi maggiore".

    Tornando alla Fiat: il problema del futuro di Mirafiori si associa – meglio: è una cosa sola – con il modello di relazioni industriali imposto da Marchionne. Oggi la Fiom è fuori, non ha più diritto alla rappresentanza. Come risalire la china? "Le iniziative intraprese dalla Fiom, da quelle giuridico-legali al referendum, sono importanti e la Cgil le appoggia pienamente. Penso che, insieme, bisognerà provare anche a conquistarci relazioni diverse. Se l'impresa non è disponibile alla codeterminazione, per usare una formula cara a Claudio Sabattini, occorre modificare i rapporti di forza. È difficile ma questa è la strada. Bisogna ripartire allora dall'accordo interconfederale del 28 giugno dello scorso anno, applicarlo per davvero: misurarci quindi sul terreno della rappresentanza e rappresentatività, costruire una piattaforma e un contratto unitario dei metalmeccanici che contemplino il ritorno alla democrazia e le Rsu. È partendo da qui che si può ritornare poi a relazioni diverse anche in fabbrica". "Un compito – conclude Canta – che deve impegnare tutta la Cgil".

     "Mirafiori è il vero buco nero della Fiat. Senza 250mila vetture lo stabilimento non si giustifica. Marchionne dice che Mirafiori è un problema affettivo, noi pensiamo si tratti di un problema del paese". Le parole di Giorgio Airaudo, protagonista della vertenza che oppone la Fiom al gruppo italoamericano, sono chiare. "Si è molto discusso del possibile trasferimento della sede a Detroit. Ma per noi non c'è un problema di sede legale, figurarsi, la questione è un'altra". Quale? "L'intenzione di spostare la progettazione, dividerla fra Torino, Detroit e il Brasile: che significherebbe l'impoverimento del sito".

    Preoccupazioni acuite dagli scenari annunciati da Marchionne per l'Europa, la ricerca di un partner, la ristrutturazione che ne conseguirebbe, i pericoli ulteriori per l'occupazione. "Non credo proprio che un eventuale alleato europeo sarebbe disponibile a ristrutturare e quindi a ridimensionarsi. I governi europei, nella crisi, l'industria nazionale l'hanno difesa. Quello di Berlusconi no. Il primo stabilimento a rischio, nel nuovo scenario, sarebbe Mirafiori".

    Fabbrica Italia, in ogni caso, resta un mistero, il progetto non si vede. "Marchionne naviga a vista. Ma lo fa con una stella polare: gli Usa. Da noi, intanto, usufrisce del welfare: adopera gli strumenti che un modello considerato obsoleto gli offre. Sarebbe necessario discutere, confrontarsi: che il governo si muovesse, dunque, e si aprisse un tavolo negoziale".

    I timori per il destino di Mirafiori si accompagnano alla durezza del presente: le relazioni industriali stravolte, la Fiom privata dell'agibilità sindacale. "Una questione gravissima: ai lavoratori viene impedito di esercitare il diritto costituzionale a decidere da chi debbono essere rappresentati. Anche questo è un tema che riguarda l'intero paese". Una questione che la Fiom affronta muovendosi lungo diverse direttrici. Se si utilizzasse con convinzione l'accordo interconfederale del 28 giugno?, chiediamo. "Il 28 giugno c'è – risponde Airaudo –. Fiom e Cgil, su quell'accordo, hanno avuto una lunga discussione. Ma il 28 giugno c'è: non siamo noi, è la Fiat che deve rientrare nell'accordo: che deve ritornare, in altre parole, al contratto nazionale di lavoro. Adesso Bombassei, candidandosi alla presidenza di Confindustria, propone di estendere il modello Marchionne…". E il quadro dunque si complica. Ma l'accordo c'è, dice Airaudo. A fare i conti con qualche contraddizione, allora, sono Fim e Uilm. Come andare avanti? "Discutendo innanzitutto delle regole democratiche – conclude il segretario Fiom –. Che è quanto abbiamo proposto a queste organizzazioni".
 

IPSE DIXIT

Per me una cosa inspiegabile - «Come il boy scout sia diventato uno che prende soldi per sé per comprare delle case è per me una cosa inspiegabile.» – Francesco Rutelli

 
Vittima del garante - «L'alter ego finanziario della bottega "qui pane e cicoria" non era un parco asceta vegetariano ma un satrapo all'arraffo che esportava all`estero il danaro del partito, quei rimborsi che in nome di Rutelli otteneva e non spendeva ma accumulava. E poi, secondo l`accusa, faceva rientrare con lo scudo fiscale, come un evasore qualsiasi. E intanto Rutelli, che era cointestatario del conto del partito, approvava i bilanci che non leggeva. E mai si accorgeva che tutto il denaro gli veniva sottratto sotto il naso. E non se ne accorgevano i revisori e neppure le assemblee, e quando Lusi e il partito vennero citati in giudizio civile da Enzo Carra e Renzo Lusetti, Rutelli difese indignato la gestione economica del periodo 2009-2010. Si proclamava garante di un'economia di cui ora si dice vittima. Il Rutelli di oggi smentisce il Rutelli di ieri.» – Francesco Merlo