Di che cosa voglia dire innovare in Italia abbiamo avuto una incontrovertibile testimonianza in questi giorni nel settore delle Poste. Ci era stato spiegato che erano state privatizzate per funzionare meglio con tutta la retorica di contorno che si accompagna a simili operazioni. I fatti sono sotto gli occhi di tutti.
di Paolo Bagnoli
Il semplice cambio di un sistema informatico ha generato un caos vergognoso in un settore di quelli che una volta venivano definiti strategici per l'interesse nazionale. E le poste lo sono in tutti i Paesi del mondo ove lo diciamo non per scarso attaccamento alla patria - funzionano; in ogni caso, sempre meglio che nella penisola.
I danni e i disagi per l'utenza sono stati di grandissima portata,ma non ci risulta che né il Parlamento né il Governo abbiano chiesto ai dirigenti che pure,se non altro,sono gravati da responsabilità oggettiva di andare alla Camere,ossia di fronte al Paese,a dire qualcosa.
Anzi l'amministratore delegato di Poste spa,il dott. Massimo Sarmi, a vedere dai giornali, è apparso quasi seccato che gli si rendesse conto dell'avvenuto;sicuramente ha dato,almeno a chi scrive,l'impressione di uno che in un ufficio postale beato lui non ha mai messo piede:quasi mai, recentemente di sicuro.
Il fatto è che le Poste non sfuggono alla logica generale vigente in Italia:appena si privatizzano settori strategici gli utenti cessano di essere tali per divenire semplicemente dei clienti;ciò avviene per le Poste,per le Ferrovie,per le Austostrade,per la telefonia e potremmo continuare.
Il cambio di qualità consiste nel fatto che l'ente privatizzato, concepito per le esigenze della collettività tutta, perde come propria mission un termine che piace così tanto a quest'Italia fatta di convegnisti , analisti di professione e menager tanto da domandarsi dove trovano poi il tempo per fare cui sono incaricati essendo per di più lautamente retribuiti quella per cui quel tale servizio è stato istituito e concepito per assumermene una nuova;nel caso delle Poste:fare banca,vendere cd e telefonini, bambole, cartoline, libri, cancelleria, giochi da tavolo e via elencando.
La maggioranza dei servizi di istituto, poi, è naturalmente esternalizzata. I paradossi, nello specifico, sono addirittura indefinibili poiché in taluni, e non sono pochi, uffici postali, talora è difficile sapere addirittura dove si trovano i francobolli. La mission diviene il vendere, fare profitti, acquisire clienti; punto e basta.
Verrebbe da dire: evviva le privatizzazioni. Le vicende degli ultimi anni hanno dimostrato il fallimento epocale del "privato" che,naturalmente,socializza le perdite in barba al mercato e a tutte le fandonie che si raccontano in proposito.
Si dirà che l'Italia è l'Italia. Noi ne siamo ben convinti, ma riteniamo che ci debba essere un margine anche alla indecenza per quel minimo di decoro che un Paese, che ci ostiniamo a considerare ancora "civile", deve avere.