giovedì 25 novembre 2010

IN BREVE

IN BREVE
a cura di rassegna.it

Governo, Carfagna verso le dimissioni  Il ministro delle Pari Opportunità Mara Carfagna sta per abbandonare Governo e Pdl. Secondo quanto riferisce l'agenzia Ansa, Carfagna starebbe valutando l'ipotesi all'indomani della votazione di fiducia al governo prevista per il 14 dicembre, a causa di insanabili contrasti con i vertici campani del partito e per "l'incapacità" dei coordinatori nazionali del Pdl di affrontare i problemi interni al partito in Campania. A quanto si apprende, alla base della scelta anche "gli attacchi volgari e maligni" di esponenti del partito come Giancarlo Lehner, Alessandra Mussolini e Mario Pepe.

Bossi, al voto anche se c'è fiducia  Berlusconi dovrebbe andare al voto comunque, vincere e tornare più forte di prima. Così Umberto Bossi che torna a parlare anche dell'ipotesi di governo tecnico: "Io e Berlusconi siamo contrari, se il presidente della Repubblica lo facesse provocherebbe una reazione del Paese troppo forte". Il leader della Lega ha anche dichiarato che starà con Berlusconi fino a quando non saranno fatte le riforme.


Camera: primo sì alla finanziaria   I voti a favore sono stati 303, i voti contrari 250, le astensioni 2. La legge di stabilità passa al Senato che dovrebbe approvarlo entro la prima decade di dicembre. A favore della manovra hanno votato il Pdl, la Lega e Fli. Si sono astenuti i deputati delle minoranze linguistiche, contrari Pd e Idv. Le misure del maxiemendamento ammontano in totale a 5,5 miliardi.

L'Italia dell'Istat: più vecchia, meno attiva I dati dell’Annuario statistico italiano: nel 2009 sono aumentati gli inattivi e i disoccupati. Per la prima volta dal 1994 si registra il calo dell'occupazione complessiva. Boom della cassa integrazione: si è quadruplicata nel giro di un anno. Siamo 60 milioni, ma la popolazione invecchia e aumenta con il contributo degli stranieri. Le donne meglio degli uomini all'università.


Biotestamento: il governo all'attacco dei Comuni  In una circolare i ministri Sacconi, Maroni e Fazio definiscono "illegittimi" i registri per le dichiarazioni anticipate di trattamento e aggiungono: "possibili responsabilità dei promotori". L'esecutivo rivendica per sé la materia del "fine vita".


Tirrenia, via libera Commissione Ue a privatizzazione  Semaforo verde della Commissione europea alla privatizzazione di Tirrenia. Lo scorso 16 novembre la Commissione aveva ha dato il primo sì alla procedura intrapresa dal governo che, dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza, l'ha inserita nel quadro della legge Marzano bis. Confermato dai sindacati lo sciopero nazionale di 24 ore del 22 novembre contro la cassa integrazione per centinaia di lavoratori.

Sommerso: Inps, in 10 mesi 55mila lavoratori in nero  Nei primi dieci mesi dell'anno, per mezzo di oltre 72mila ispezioni, l'Inps ha scoperto quasi 55mila lavoratori in nero per un'evasione contributiva accertata di oltre 930mila euro. Con questa progressione, ha detto il presidente Antonio Mastropasqua, si stima che entro fine anno l'evasione contributiva accertata potrebbe assestarsi intorno al miliardo e 200 milioni.

Incidenti lavoro: muore schiacciato da pressa a Cassino   Un operaio di 52 anni, Bruno D'Alessandro, è morto nella notte tra il 18 e il 19 novembre nella Cartiera di Cassino (Frosinone). L'uomo, originario di Pignataro Interamna (Frosinone), è rimasto schiacciato da una pressa che si era inizialmente bloccata. A quanto si apprende, stava cercando di capire l'origine del guasto, quando il meccanismo si è rimesso in moto, e la pressa lo ha travolto e schiacciato       

Fiat: Fiom, sciopero entro gennaio

LAVORO E DIRITTI
a cura di rassegna.it 
I delegati riuniti a Roma. La richiesta insieme alla Cgil: tavolo a Palazzo Chigi sulla presenza in Italia del Lingotto. Sacconi: "Il governo lo convoca solo se lo chiedono tutti". Ma Angeletti frena: "Sarebbe un teatrino inutile, partiamo da Mirafiori".

Una giornata di sciopero nazionale alla Fiat (secondo le agenzie di stampa si farà entro gennaio), ma anche l'inizio di un negoziato vero con l'azienda sulla sua permanenza in Italia. Sono i contenuti principali usciti l'assemblea dei delegati Fiom del gruppo automobilistico che si è riunita stamani (18 novembre) a Roma. La sigla di categoria, d’intesa con la Cgil, rivendica un tavolo a Palazzo Chigi con le istituzioni, anche per evitare la contrapposizione dei territori e degli stabilimenti. Ipotesi rilanciata dalla segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, che però sembra subito tramontata. Il ministro del Lavoro Sacconi ha risposto dicendo che il tavolo sarà convocato soltanto se sarà richiesto tutte le parti, ma la Uil ha già fatto sapere che lo ritiene "un teatrino inutile" e che preferisce passare alla contrattazione stabilimento per stabilimento, partendo da Mirafiori.

    Nel documento approvato dall'assemblea (qui il testo integrale, pdf) si affronta la situazione della Fiat in ogni aspetto. I problemi, si legge, nascono dalla "totale assenza di un’azione e di un progetto del governo in materia di politica industriale". Quanto alle scelte del Lingotto ("disdetta degli accordi aziendali sull’orario e sull’organizzazione e sui diritti ed agibilità sindacali, uso strumentale della cassa in deroga fino alla costituzione di Newco che sancirebbero il superamento del contratto nazionale"), secondo la Fiom sono "rivolte a scaricare i costi della crisi sulle sole condizioni di vita e di lavoro" sugli operai.

    L’assemblea, prosegue il testo, "respinge la campagna, falsa e offensiva verso le lavoratrici e i lavoratori, messa in atto dalla Fiat". E poi analizza uno per uno tutti gli aspetti del lavoro: politiche industriali ("devono prevalere le ragioni industriali su quelle finanziarie"), orari (la richiesta è più investimenti in cambio di flessibilità), condizioni di lavoro ("no a scelte imposte sulla nuova metrica"), sostegno al reddito ("almeno mille euro a tutti i dipendenti come riconoscimento dei costi della crisi"). Quindi un passaggio sull’unità dei lavoratori definita bene prezioso: "Le divisioni prodotte dalla Fiat e dal governo - si legge - possono e devono essere superate se tutte le organizzazioni sindacali accettano il pluralismo, rimettendo ai lavoratori le scelte negoziali e il giudizio sugli accordi, tranne che nel caso della messa in discussione di diritti indisponibili dove il voto non può essere libero".

    Per la Fiom, dunque, "i lavoratori assumono la responsabilità tutta e sempre, nella crisi più che mai", e perciò "non servono clausole per imporla", "l’associazione e l’azione sindacale deve restare libera nella costituzione". Confermato infine il no alla Newco, che "cambierebbe le relazioni sociali e configurerebbe una lesione democratica nel paese che riguarderebbe tutti,, non solo le parti sociali, ma anche la rappresentanza politica del lavoro".


IPSE DIXIT
Grandi interessi particolari - «Il motivo per cui Nenni desiderava l’unità del Partito non era solo nell’identificazione con la “vecchia casa socialista”, ma anche nella convinzione che l’unità del socialismo democratico era necessaria per confrontarsi con le forze conservatrici, affrontare la riforma dello Stato, democratizzarlo e sottrarlo al dominio dei grandi interessi particolari». – Felipe Gonzales

A Palazzo Chigi - «Ho sentito in coscienza il dovere di salire le scale a Palazzo Chigi per dire una cosa, contro la cosidetta provincializzazione dei termovalorizzatori: non è il modo di uscire dall'emergenza e non è il modo di sottrarre la questione all'illegalità». – Pierluigi Bersani

In Padania - «Non dimentichiamoci che la regione più mafiosa d’Italia non è la Sicilia, ma la Lombardia». – Nichi Vendola

Collegamento - «Il senatore Marcello Dell'Utri... ha svolto... un'attività di "mediazione" quale canale di collegamento tra l'associazione mafiosa Cosa nostra, in persona del suo più influente esponente dell'epoca, Stefano Bontate, e Silvio Berlusconi, così apportando un consapevole rilevante contributo al rafforzamento del sodalizio criminoso al quale ha procurato una cospicua fonte di guadagno illecito rappresentata da una delle più affermate realtà imprenditoriali di quel periodo». – Corte d'Appello di Palermo

       

martedì 16 novembre 2010

VERITA' ESIGE COLLABORAZIONE

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

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STRAGI: LUMIA (PD), VERITA’ ESIGE COLLABORAZIONE DI TUTTI I VERTICI DELLE ISTITUZIONI DEL TEMPO
(Roma, 11 novembre 2010) – “Anche dall’audizione di oggi con l’ex ministro Conso emerge uno spaccato incredibile degli anni delle stragi di mafia 92/93: uno Stato non all’altezza della sfida con Cosa nostra. Sulla trattativa tra Stato e mafia bisogna indagare sino in fondo e tutti i vertici delle istituzioni devono aiutarci di più per capire meglio cosa sia veramente accaduto e individuare le responsabilità. Nel corso dell’audizione ho chiesto a Conso chi avesse dato le informazioni sulla nuova leadership di Provenzano e sulla nuova strategia di Cosa nostra dopo l’arresto di Riina. Non mi risulta che i giornali allora ne abbiano parlato. Si trattava di informazioni in possesso solo degli addetti ai lavori, magari solo di qui servitori infedeli che stavano trattando con Cosa nostra e Ciancimimo. Mi auguro che l’ex ministro faccia uno sforzo di memoria per mettere a fuoco bene quel momento delicato e ricordare chi gli passò le informazioni sulla dinamica in atto all’interno di Cosa nostra. È importante che l’ex ministro possa tornare sui suoi ricordi per mettere a fuoco meglio quella che personalmente considero una grave decisione: non firmare la proroga del 41 bis a 140 boss mafiosi. Una scelta che sicuramente è stata interpretata come un cedimento dello Stato verso Cosa nostra”. Lo dichiara il senatore del Pd Giuseppe Lumia a margine dell’audizione di Giovanni Conso in Commissione Antimafia.



IN BREVE
a cura di rassegna.it 

Governo
Berlusconi: non mi dimetto, finiani votino contro 
Berlusconi non si dimette, dovranno essere i finiani a sfiduciarlo. A quanto si apprende da fonti della maggioranza, è questa l’intenzione manifestata dal premier: "Se Gianfranco Fini vuole, mi dovrà sfiduciare in Aula, alla luce del sole e davanti agli italiani". Così avrebbe detto il presidente del Consiglio, dal vertice del G20 a Seul che finirà il 12 novembre. Viene respinta la richiesta di dimissioni arrivata da Futuro e libertà, che dovrà votare contro in Parlamento. Al rientro del Cavaliere dal summit, dunque, ci sarà l'ultimo atto della crisi che ha sfaldato la maggioranza.

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Pompei
Pd presenta mozione sfiducia per Bondi 
Il Pd presenta la mozione di sfiducia contro il ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi, dopo il crollo della Casa dei gladiatori a Pompei. Bondi "si è dimostrato inadeguato al ruolo conferitogli", si legge. "Il ministro -ha privilegiato la sua attività di coordinatore nazionale del partito del Popolo delle libertà, piuttosto che i difficili compiti di direzione strategica e amministrativa del patrimonio artistico nazionale".



Finanziaria
Napolitano: serve solidarietà, non tagliare tutto 
Giorgio Napolitano stigmatizza "il buio, la confusione, il vuoto di riflessione e confronto sulla questione cruciale delle scelte da compiere sulla allocazione delle risorse pubbliche". L'allarme del presidente della Repubblica è arrivato stamattina nel corso della cerimonia per i 60 anni di "medici con l'Africa - Cuamm"."La situazione finanziaria è complessa e difficile – ha detto il Capo dello Stato - esistono obblighi che ci vengono dall'Europa, ma non dobbiamo tagliare tutto".

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G20
Vertice a Seul, accordo lontano 
Ancora una volta i G20 non sembrano nelle condizioni di trovare un accordo sui punti chiave: la questione dei cambi e quella degli squilibri delle bilance commerciali. Si apre con questa consapevolezza diffusa il vertice dei grandi del mondo ospitato questa volta a Seul, capitale della Corea del Sud, che finisce il 12 novembre. La città è blindata in attesa della grande manifestazione prevista per il pomeriggio alla quale parteciperanno almeno 50mila persone.

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Incidenti lavoro
Fabbro muore travolto da pannello 
Un fabbro che stava sistemando alcuni pannelli ad una finestra di un locale nella zona industriale di Pistoia è stato travolto da uno di questi ed è morto. L'uomo, 65 anni, di Pistoia, è stato colpito alla testa. L'incidente è avvenuto questa mattina. Sulla vicenda sono ancora in corso i rilievi.

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Ue
Bce alza stime crescita zona euro 
La crescita dell'area euro prende un po' di slancio, mentre la disoccupazione tende a rallentare. Almeno questo sembra emergere dalle previsioni degli economisti delle istituzioni finanziarie contenute nel bollettino mensile della Bce che riporta i risultati dell'indagine su 61 previsori esterni all'Eurotower. La crescita 2010 è stata rialzata all'1,6% (da 1,1% di tre mesi fa), quella del prossimo anno all'1,5% (da 1,4%), quella 2012 all'1,7% (da 1,6%).

Camusso (CGIL): "Sarebbe positivo un cambio di governo"

IPSE DIXIT

Stranieri - «Augusto Vuattolo mi insegnò che l’emigrato è un lavoratore non uno straniero. In un paese che considera soltanto il profitto e la produttività, tutti i lavoratori sono stranieri.» – Ezio Canonica

Sacconi - "Cattolico strappato ai cattolici e conquistato ai socialisti da Gianni De Michelis. . .  Questa è la storia politica di Sacconi come ve la raccontano i socialisti veneziani. Be', visti i risultalti, se lo lasciava lì forse era meglio".  - Massimo Bordin       

Il mondo del lavoro e la situazione politica

Intervenendo alla trasmissione televisiva 'Che tempo che fa' il neo Segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso, tra i tanti temi, affronta il caso FIAT: “Governo apra 'un tavolo' e l'azienda incontri tutte le organizzazioni sindacali”, bisogna discutere davvero “cosa è questo piano industriale, vogliamo sapere cosa c'è dentro e che prospettive ci sono”

La crisi, i giovani, le scelte del Governo, le affermazioni di Marchionne sulla produzione in Italia, i rapporti con la FIOM e con CISL e UIL. Questi i temi affrontati il 7 novembre dal neo Segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso ospite alla trasmissione televisiva di Fabio Fazio 'Che tempo che fa'  in onda su Rai tre.

    La certezza di un cambio politico in Italia “potrebbe essere una prospettiva positiva per il paese”, afferma Camusso nel rispondere ad una delle prime domande poste da Fazio in merito all'"incertezza politica” in cui si trova l'Italia in questo momento, ed aggiunge “è sempre un problema”, ma penso che la “certezza politica che abbiamo avuto negli anni alle nostre spalle sia stata un grande danno per il paese”, perchè, spiega la dirigente sindacale “è stata una certezza di politica di attenzione alle questioni private e di disattenzione al paese. Allora forse una certezza che dica 'si cambia' potrebbe essere una prospettiva positiva per il paese”. Ora, secondo il leader della CGIL “bisogna provare a ricostruire un'agenda che rimetta i problemi veri e le cose da fare come tema fondamentale di questo paese”.

    Non poteva mancare un riferimento alle affermazioni, che il 24 ottobre, sono state fatte da Sergio Marchionne, proprio in quello stesso studio, in merito alla produzione FIAT in Italia: “FIAT potrebbe fare di più se potesse tagliare l'Italia”. Affermazioni che hanno sollevato un grande risentimento da parte delle organizzazioni sindacali, ma anche dei lavoratori. Susanna Camusso nell'individuare il problema si chiede se “veramente la FIAT voglia discutere con i sindacati” perchè  non può essere che “ognuno di noi stacca un bigliettino e gli chiede se per qualche minuto ci può vedere e dirci delle cose”.

    E' ferma la volontà del neo Segretario Generale della CGIL “io riparto da qui: discutiamo davvero cosa è questo piano industriale, vogliamo sapere cosa c'è dentro e che prospettive ci sono, poi - prosegue Camusso - ci potranno essere anche l'organizzazione degli stabilimenti e i turni”. Il numero uno di Corso d'Italia chiede all'ad di FIAT se “sono i modelli che fanno della FIAT un'azienda che non riesce a stare sul mercato o sono le ricadute sul lavoro?”. Un ulteriore problema secondo Camusso è che c'è un sistema Paese che non fa nulla per attrarre investimenti e produzione industriale ed è pronta ad affermare che “su questo Marchionne ha assolutamente ragione”, ma perchè prosegue la dirigente sindacale “si scarica questo sulle pause dal lavoro di 10 minuti e sui lavoratori da 1.200 euro al mese?”. Dunque per sbloccare la vicenda FIAT, Susanna Camusso, propone che il governo avvii “un tavolo” e che l'azienda incontri tutte le organizzazioni sindacali.

    Tuttavia il leader della CGIL afferma che “questo è un Paese migliore di quello che spesso vediamo”, ma oggi “è un Paese a rischio” e ricorda che il nostro paese è reduce da due anni e mezzo di crisi, “i giovani non hanno futuro, le ineguaglianze sono sempre più pesanti, a cominciare da chi si trova sulle torri per chiedere diritti”. “Smettiamola di pensare al Ponte sullo Stretto - afferma indignata Camusso -, facciamo piuttosto asili nido”.

    Infine, nel parlare dei giovani e della loro drammatica situazione, Camusso ricorda il prossimo appuntamento della Confederazione, dedicato proprio alle giovani generazioni, ossia la manifestazione nazionale del 27 novembre a Roma: 'Il futuro è dei giovani e del lavoro'.

Guarda l'intervista (vai al video):
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-0b2653b2-cba3-4e71-9976-2c0651ee174b-ctcf.html#p=0      



Da "Casablanca" riceviamo e volentieri pubblichiamo

Dietro alle sbarre

Settantamila detenuti: oltre un terzo di origine extra-comunitaria. Gran parte poveri. Molti con problemi mentali, un quarto tossicodipendenti. Qualcuno si suicida. Ma sul 41bis…

di Sebastiano Ardita

La conoscenza dell’universo penitenziario, con le sue contraddizioni ed i suoi limiti strutturali, potrebbe essere oggi una buona opportunità per misurare lo stato di attuazione delle politiche penali della nostra Nazione, e non solo di esse. Avvolto nel mistero di fitte mura che poco o niente hanno lasciato intravedere dal di dentro, nell’immaginario della gente lo strumento del carcere è stato ritenuto per anni l’unica possibile risposta ai tanti crimini che abbiamo visto raccontati dalle cronache; ma, al tempo stesso, anche un luogo di rimozione del male e di chi lo ha compiuto.

    La sua storia, i problemi di chi vi opera, persino le sue regole appaiono tutt’oggi sconosciute ai più. E dunque anche la sua funzione è tuttora prigioniera di un mito: quello della sicurezza che è garantita ai cittadini dal fatto che i cattivi stiano al sicuro, separati dai cittadini onesti, e messi nell’impossibilità di compiere ancora del male. La fotografia del carcere di oggi è ben diversa da questa rappresentazione convenzionale.

    Una quota di questi inoltre non sono esattamente dei criminali – anche se hanno violato  la legge penale – ed anzi avrebbero avuto anche l’intenzione di lavorare, se fosse stata loro concessa una qualche opportunità.

    Aggiungiamo poi che tra i detenuti il 20% soffre a vario grado di disturbi mentali e che un quarto è rappresentato da tossicodipendenti.

    Ma vi è un’altra importante questione. Il carcere come luogo di detenzione stabile, come posto in cui si entra e si paga per le proprie colpe è poco meno che un’utopia.

    Da uno studio che ho commissionato nel 2007 è emerso che il 30% delle persone arrestate e condotte nei penitenziari ritrovano la libertà dopo appena 3 giorni. E addirittura il 60 % vi rimane per meno di un mese. Rispetto a questi dunque la detenzione, per la sua brevità, non è in grado di offrire offre né sicurezza per i cittadini, né trattamento rieducativo ai reclusi.

    Unendo i due dati ne consegue che, insieme a criminali pericolosi, anche una massa di poveri e disadattati entra in carcere e vi transita per qualche giorno. Affolla le strutture e rischia di essere reclutato dalla criminalità organizzata. Tra questi sventurati alcuni, già sofferenti per gravi disagi, si tolgono la vita. Spesso nei primi giorni di detenzione.

    Cosa viene da pensare leggendo questi dati? Innanzitutto che il nostro sistema penale nel complesso non funziona. Ma è solo un eufemismo. Potremmo anche dire che è sull’orlo del collasso, perché determina il fallimento di una grande parte delle sue intraprese e dunque non offre un servizio utile. Per fare un paragone è come se nel sistema scolastico il 60% dei giovani abbandonassero la scuola. Se nel sistema sanitario il 60% dei ricoveri finissero col decesso del paziente.

    La seconda considerazione è che ciò che manca è una regia complessiva nel sistema penale, non solo politica ma anche giudiziaria, che parta dalla osservazione di quante e quali detenzioni esso produce, e per quanto tempo, ossia si ponga la questione dei concreti risultati che riesce a realizzare.

    La terza osservazione è che gli operatori penitenziari sono i soggetti più produttivi tra tutti gli operatori penali, se non altro perché, intervenendo nell’ultimo segmento, sono chiamati a uno sforzo sovraumano per correggere le storture generate dalle altre parti del sistema: impedire il suicidio dei disperati, accogliere poveri e malati di HIV offrendo loro un lavoro o un altro interesse per vivere, interpretare il linguaggio e le problematiche degli stranieri. Si perché sino a quando sarà vigente questa Costituzione, in carcere più che in ogni altro luogo sarà impossibile ogni discriminazione di “razza, sesso, lingua e religione”.

    Per non dire della necessità di applicare con rigore le regole nei confronti di quanto hanno cercato di affermare la loro prevaricazione anche dentro gli istituti di pena: mafiosi ed esponenti di altri poteri criminali.

    Solo conoscendo questo mondo è possibile comprendere il compito che l’istituzione penitenziaria è chiamata a svolgere, e concepire il carcere come laboratorio antirazzista, come estrema frontiera dello stato sociale, ad un tempo come luogo di offesa e di riparazione dei valori della nostra Costituzione. E dunque, inevitabilmente, come spazio apolitico, anti ideologico, da tenere al riparo dalle spaccature che si sono determinate nella Nazione.

    Un luogo dove la sofferenza predomina, e dove la dignità dell’uomo deve affermarsi prima ancora dei suoi bisogni individuali. Dove gli operatori condividono il disagio coi detenuti e pagano sulla loro pelle il loro impegno in un ambiente estremo. Dove la malattia, la sofferenza, e persino il suicidio finiscono per accomunare i carcerati e quelli che ingenerosamente da qualcuno vengono ancora ritenuti i carcerieri. Non occuparsi del carcere è sprecare una occasione per conoscere lo stato di salute della nostra democrazia. Una occasione perduta, non solo per la società, ma anche per tanti addetti ai lavori del sistema giustizia che questo mondo non lo conoscono per niente. E tutto ciò mentre tanti benpensanti ritengono che tutti i cattivi stiano bene e stabilmente lì: al sicuro dietro le sbarre.       

mercoledì 10 novembre 2010

Di fronte alla crisi un Paese spaccato a metà

IN BREVE
a cura di rassegna.it 


Milano: esplode fabbrica chimica, 6 feriti gravi

Fiamme alla Eureco di Paderno Dugnano. Dieci feriti, sei in codice rosso. Incendio domato e autostrada chiusa. Ma il bilancio potrebbe essere provvisorio. L'azienda si occupa di servizi ambientali e smaltimento di rifiuti industriali e speciali.



Muore un operaio a Foggia

È morto schiacciato da una gru che si è ribaltata in un cantiere alla periferia di Torremaggiore, in provincia di Foggia. La vittima è Salvatore Silvestri, di 58 anni, di Foggia, dipendente della ditta di impianti e cablaggio 'All'. L'incidente è avvenuto nel pomeriggio in contrada Mezzana dei monaci.



Incidenti lavoro: Cassazione, ne risponde tutto il cda

Niente più 'scaricabarile' di responsabilità per la mancata predisposizione delle misure di sicurezza nelle fabbriche e nei posti di lavoro. A dirlo è la sentenza di oggi della Cassazione, in cui si afferma che, in caso di violazione delle norme sulla sicurezza, ne risponde l'intero consiglio di amministrazione, nessuno escluso.


Governo, nuovo botta e risposta Berlusconi-Fini 

"Se la maggioranza dovesse mancare a causa di chi si rende strumento nelle mani altrui, si dovrà tornare dagli elettori. Il governo tecnico sarebbe privo di legittimità, Fli deve chiarire se vuole staccare la spina". Lo afferma il premier Silvio Berlusconi parlando alla direzione del Pdl. 'Da Berlusconi un discorso deludente, tardivo e senza prospettiva", questo il commento con Gianfranco Fini ha bocciato l'intervento del premier.



Camusso, la Cgil non avrà mai vocazione minoritaria

"Sostituirci alla politica, farci partito, sarebbe il nostro più grande errore. Noi difenderemo sempre la nostra autonomia". È uno dei passaggi della segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, in occasione della festa per salutare il segretario uscente Guglielmo Epifani al teatro Quirino di Roma."Non siamo il signor no", ha poi chiarito la neo segretaria.. Sull'unità sindacale: "Bene irrinunciabile". Alla Fiom: "Non la lasceremo mai sola".



Marchionne, mai minacciato di lasciare l'Italia

L'amministratore delegato Fiat dopo l'incontro con il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani: "Ho solo detto che senza gli stabilimenti del nostro paese il conto economico sarebbe andato meglio". La Newco di Pomigliano "assumerà dal 2011". Il ministro: sette offerte per Termini Imerese.



Ambiente, la Ue "seppellisce" il nucleare

La Commissione europea vuole seppellire i rifiuti radioattivi in profondità e impedirne l'export, finora piuttosto diffuso, verso paesi extraeuropei. Finora le scorie sono state spesso smaltite in depositi di superficie, considerati troppo vulnerabili.



Di fronte alla crisi un Paese spaccato a metà

Secondo l'Istat il 48,4% degli italiani si dichiara "molto o abbastanza" soddisfatto della propria situazione economica, mentre il 49,3% lo è "poco o per niente". A sorpresa la situazione migliora rispetto al 2009, ma tra Nord e Sud c'è un abisso .       

Autonoma, socialista, laica

IPSE DIXIT

Fonte amara - «Mi fabbricai da me un villaggio, col materiale degli amari ricordi.» – Ignazio Silone

Amare il proprio paese - «Esiste un modo di amare il proprio paese che consiste nel non volerlo ingiusto, e nel dirglielo.» – Albert Camus     

SUSANNA CAMUSSO ALLA GUIDA DELLA CGIL

Autonoma, socialista, laica

Susanna Camusso è la nuova segretaria generale della CGIL. È la prima donna ad assumere la leadership del maggiore sindacato italiano: "Non siamo il signornò", ha chiarito subito dopo la sua elezione, definendo l'unità sindacale "un bene irrinunciabile". Quanto alla Fiom ha però puntualizzato: "Non la lasceremo mai sola, mai".

    Milanese, 55 anni e una figlia di 21, comincia la sua attività sindacale nel 1975 coordinando le politiche di formazione di base per la FLM di Milano, la categoria unitaria dei metalmeccanici CGIL, CISL, Dal 1977 dirige la FIOM, la categoria dei metalmeccanici della CGIL, in unaUIL. zona di Milano per poi cominciare a seguire le politiche del Gruppo Ansaldo. Nel 1980, entra nella segreteria FIOM di Milano, e nel 1986 in quella regionale della Lombardia. Dal settembre del 1993 alla fine del 1997 è in Segreteria Nazionale della FIOM con la responsabilità del settore auto prima e in seguito della siderurgia. Nel Dicembre '97 viene eletta Segretario Generale della FLAI Lombardia, incarico che ricopre fino all'elezione a Segretario Generale della CGIL Lombardia nel luglio del 2001.

    Nel novembre del 2005 dà vita, insieme ad un gruppo di altre femministe, al movimento di donne "Usciamo dal silenzio" che organizza il 14 gennaio 2006 una grande manifestazione che porta a Milano da tutta Italia oltre 200mila donne e uomini in difesa della libertà femminile, della legge sull'interruzione volontaria della gravidanza e delle conquiste civili.

    Nel 2008 entra nella Segreteria Confederale nazionale della CGIL, con responsabilità su settori molto diversi: politiche dei settori produttivi, cooperazione, artigianato e agricoltura. L'8 giugno 2010 viene eletta vicesegretario generale vicario della CGIL.

    Il 3 novembre 2010 è eletta segretario generale della Cgil con il 79,1% dei voti, succedendo a Guglielmo Epifani (insieme a lei nella foto qui sotto),al quale lo accouna una rigorosa formazione socialista-riformista.

Il movimento operaio italiano deve molto alle donne, alle molte grandi figure di dirigenti storiche, alle miriadi di quadri intermedi, ai milioni di compagne e lavoratrici costanti, ferme e determinate nel difendere i diritti operai.

    Da un secolo e più la CGIL è la maggiore organizzazione sociale progressista del nostro Paese. Dal vuoto politico nasce un rischio per il sindacato: "Sostituirci alla politica, farci partito, sarebbe il nostro più grande errore. Noi difenderemo sempre la nostra autonomia", ha detto la Camusso e ha ragione da vendere nel tener fermo a questo punto. Perché oggi la CGIL è, infatti, praticamente l'unico punto di riferimento per il "popolo di sinistra", rimasto orfano dopo gli tzunami abbattutisi vent'anni fa sui partiti storici del movimento operaio e dopo la lunga fuga valoriale di un'intera generazione di politici spaventati.

    Abbiamo assistito in vent'anni a giganteschi trasformismi (per lo più contrari a ogni buon senso oltre che al senso di responsabilità).

    L'ultimo di questi trasformismi è stato consumato con lo scioglimento dei DS nel PD. L'avventura veltroniana seguitane, disastrosissima quant'altre mai, ha comportato la caduta del governo Prodi, la lacerazione dell'intero tessuto del centro-sinistra italiano, la sconfitta alle elezioni politiche del 2008 e il ritorno di Berlusconi a Palazzo Chigi, le batoste a Roma, in Sardegna ecc., il crollo dei consensi dello stesso PD dal 33% al 23%.

    Noialtri, per quel che vale, ci siamo opposti per anni alla "deriva degli spaventati": il PCI-PDS-DS aveva dichiarato solennemente a Firenze nel 1998 di voler costruire anche in Italia un grande partito del socialismo europeo capace di candidarsi al governo del Paese; e quindi non avrebbe potuto abbandonare questo progetto originario, provocando l'ennesima spaccatura all'interno della sinistra italiana e internazionale. Pensavamo che ciò non sarebbe stato possibile senza causare più o meno questi tre effetti: a) un notevole spostamento a destra dell'asse politico in Italia; b) un sensibile spostamento a destra dell'asse politico europeo; c) un lieve spostamento a destra dell'asse terrestre. Pensavamo che non avrebbero fatto una cosa così stupida e dannosa. Invece no. E speriamo che sia finita qui. Vediamo ora se Bersani riesce a recuperare, almeno in parte, il danno.

    Nel nostro piccolo, noialtri, per quel che vale, l'avevamo detto e ripetuto. Per anni. Nel giugno del 2006 i compagni Belli Paci, Besostri e Pollio Salimbeni promossero a Milano un convegno nel quale, ancora una volta, illustrammo le ragioni per cui era meglio fermarsi prima del disastro. C'erano Mussi, Salvadori, Spini e altra gente seria.

    Anche Susanna Camusso intervenne quella sera nella sua Milano. E quando prese lei la parola, tutti, all'Auditorium San Carlo, anche quelli che ancora non la conoscevano, compresero che quella donna incarnava una speranza per la gente dell'intero paese.

    Insieme ai nostri più fervidi e sinceri auguri di buon lavoro a Susanna Camusso, riproponiamo alle nostre lettrici e ai nostri lettori il testo di quell'intervento, che ci sembra molto istruttivo.


Testo dell'intervento al convegno: Sinistra come in Europa. Autonoma, socialista, laica (Milano, 20 giugno 2006)

di Susanna Camusso

Ci sono in questa discussione molte cose già dette e vorrei evitare il rischio di ripetersi. Provo a introdurne due, con l'ottica del luogo in cui siamo, non solo una discussione nazionale, ma una discussione fatta a Milano, in Lombardia, cioè dove si sono perse tre elezioni di fila. Ritengo un bene partire anche dai dati concreti.

    Abbiamo sentito, subito dopo questa sequenza di sconfitte elettorali, che alcuni estimatori e autori di sondaggi che riscoprono la classe operaia; il termine devo dire ogni volta mi suscita qualche reazione, perché è in contraddizione con quanto continuo a sentirmi dire ovvero che la classe operaia non c'è più, perché siamo in pieno post-fordismo, ecc. poi leggo le analisi elettorali e ricompare la classe operaia.

    Questa strana cosa che è la classe operaia, reinventata dai sondaggi, ha votato il centro-destra, mentre, si dice, i lavoratori pubblici invece hanno votato a sinistra. Questo dovrebbe far riflettere il governo.

    Le donne si sono suddivise in gran parte per titolo di studio e tra chi ha attività professionale e chi è casalinga.

    Interessante diventa quella traslazione per cui, se abbiamo perso le elezioni, il problema sono i lavoratori, immagino quindi anche il sindacato, allora cambiamo referente, infatti un secondo dopo inizia una teoria che dice: il problema è l'imprenditore e la micro-impresa, la frantumazione dell'impresa, il piccolo imprenditore sta peggio del lavoratore; non si capisce perché, ma questo è l'assioma che viene utilizzato, quindi l'attenzione e suppongo la base elettorale di riferimento devono diventare l'imprenditore e le micro-imprese. Come strategia per la globalizzazione è geniale, la competizione in Europa così è garantita, siccome il nostro competitor principale si chiama Germania, e la Germania non ha paura a far crescere la grande impresa, noi abbiamo il problema di organizzare la piccolissima impresa.

    Vorrei segnalare agli estimatori di questa linea che lo stesso presidente di Confindustria ieri ha spiegato che il problema dell'assenza di competitività è la micro-impresa, che bisognerà far crescere l'impresa. Come si fa a fare questa operazione? Azzerando sistematicamente la memoria? Con uno sforzo si può invece ricordare che nel 1994 il collegio di Mirafiori votò uno psicologo di Forza Italia. Fu scandalo per 12 giorni e poi ce ne si è dimenticati. Adesso siamo esattamente nello stesso schema di allora e le analisi utilizzano lo stesso schema di allora.

    Perché si fa questo? Credo che questo sia uno dei problemi fondamentali, anche qui in Regione. Penso che il veleno del leghismo e di una serie di parole d'ordine sia ormai un veleno diffuso e si ragiona a partire da lì e da ciò che si vuole essere. Potrei apparire retrò, ma io penso che non si può ragionare di come si cambia un partito, se non si parte dal sapere che cosa è, come è radicato e quali problemi ha.

    Penso che la sconfitta elettorale in Lombardia alle regionali, alle comunali e alle politiche è figlia dell'assenza di un radicamento.

    Qualcuno di voi si ricorda che un minuto dopo il 9-10 aprile in base alle proiezioni avevano perso sindaci di centrosinistra in Lombardia. Non aveva perso la politica, avevano perso i sindaci perché, la vulgata dice che se in quel luogo governato dal centro-sinistra si perdono voti, non è la proposta politica del centro-sinistra, ma è quel sindaco lì che ha perso!

    È la conseguenza del partito leggero? Del partito degli amministratori che diventa il partito di quello che c'è in quel momento, e scompare l'idea del territorio, il suo senso del radicamento.

    Invece bisognerebbe ricordarsi che la Lega e Forza Italia non sono partiti leggeri, non sono solo il partito televisivo, sono anche radicati nel territorio. Forse quando si perde, si perde in ragione del fatto che questo radicamento non c'è.

    Poi si dice, sempre per stare al nord, ma noi non facciamo, non abbiamo in mente un partito nazionale, abbiamo in mente un partito federale. Si parla già del responsabile del partito federato democratico del nord. Allora una domanda, perché bisogna fare il partito federale? Perché ci pare in linea con l'idea della devolution? Perché abbiamo politiche così radicalmente diverse che non hanno una conduzione nazionale? Penso che le ragioni per cui ci si iscriva ad un partito o si sta in un partito sono difficilmente delle ragioni così diverse da una regione all'altra e che le articolazioni siano cose diverse. Ma fin qui sono i contenitori e le basi di riferimento poi ci sono i problemi di merito. In gran parte li ha ricordati Aurelio Mancuso prima, li cito per titoli: etica, lavoro, socialismo, sono i tre temi.

    Voglio provare a utilizzare un esempio al contrario. Una delle ragioni per cui si sostiene il partito democratico è il bisogno di consolidare Prodi e di favorire la tenuta del governo.

    La domanda diventa: è un governo solido quello che si divide perché giustamente il ministro Mussi decide di togliere il veto sulla ricerca in Europa? È un governo solido quello che quando la ministra Barbara Pollastrini manda una lettera al Gay Pride, scatena la bagarre? Ma se non c'è la politica che media sui grandi temi, tutto questo si scaricherà giorno per giorno sul governo.

    Allora ho la sensazione che si sta facendo un'operazione non di rafforzamento di Prodi, ma che lo indebolisce e insieme si mette in discussione un tratto fondamentale: ci si iscrive ad un partito in ragione di una carta dei valori condivisa e di un'idea di rappresentanza di interessi condivisa. Se non c'è una carta dei valori e un'idea di quali interessi si vogliono rappresentare, è complicatissimo fare un partito.

    Chiudo dicendo che fare: qui mi rivolgo in particolare ai compagni dei DS; so che c'è una grande discussione che propone di "andare rapidamente al congresso e lì decidere". Non sono assolutamente d'accordo. L'idea di invocare rapidamente il congresso è un'idea che chiude la discussione, non la apre. È un'idea che porta alla conta e penso anche a una deriva complicata. Siccome penso, anche questa sala lo dimostra, che in realtà dentro la Margherita come dentro ai DS, il dibattito sia molto più complicato di quello che qualche gruppo dirigente vuole far credere; allora la missione vera, se si vuole avere come obiettivo quello dell'esistenza di un partito di sinistra che guarda ai valori della laicità, del lavoro e del socialismo europeo, magari anche un po' internazionale, non solo europeo, la scelta è di continuare ad allargare la discussione e pretendere che la discussione si cominci e non si proponga di chiuderla, e non la si chiuda né coi direttori né con le primarie, perché né l'uno né l'altro strumento rappresentano la costruzione della carta dei valori.

       

martedì 2 novembre 2010

L'impegno dell'Italia per la crescita e la stabilità

Le idee - Europa e Cina nel XXI secolo

Intervento alla Scuola Centrale del Partito Comunista Cinese

di Giorgio Napolitano,
Presidente della Repubblica Italiana

Per secoli Occidente e Cina si sono guardati a distanza. Comunità cinesi, vivaci e operose, sono state a lungo presenti al di là degli oceani. Andavano e venivano, fiorivano seguendo le rotte dei commerci e la creazione di ricchezza, partecipandovi spesso con duro lavoro, sempre con dinamismo creativo.

    Remota, la Cina affascinava il pubblico europeo con fantasiose immagini che penetravano nel costume e nelle arti, per quanto più fedeli all'estetica che alla storia. Per lo più la curiosità occidentale si arrestava davanti all'impenetrabilità del "Regno di Mezzo". Superarla attraverso la tirannia della distanza richiedeva spiriti indomiti. Nel cercare la via della Cina, un italiano, Cristoforo Colombo,....scoprì le Americhe. Altri due italiani, Marco Polo e Matteo Ricci, furono fra i pochi a non darsi per vinti. La loro tenace lungimiranza fu ricompensata da una rara conoscenza di questa parte del mondo e, secoli dopo, dalla memoria che ne conservate, testimonianza della loro eccezionale impresa.

    Cinesi ed europei si sono dunque conosciuti a lungo senza veramente incontrarsi. Nei secoli XIX e XX si intensificarono i rapporti, ma in larga misura in termini conflittuali : le barriere rimasero in piedi. Nel 1949 con la nascita della Repubblica Popolare si aprì per la Cina una nuova storia : posso testimoniare personalmente come molti in Italia e in Europa guardarono a quell'evento come fonte di progresso e di speranza per il mondo e per le relazioni con la Cina. Ma una lunga strada avrebbe dovuto essere percorsa prima che si giungesse al più recente, travolgente cambiamento, che ha avuto la Cina per protagonista. Il cambiamento è stato talmente repentino e intenso che ci stiamo ancora adattando all'idea di recitare dallo stesso unico copione nel teatro del mondo.

    Oggi, il fiume della storia, possente e irresistibile come il vostro grande Yangtze, trascina insieme Cina e Occidente. La vostra cultura millenaria ci insegna a guardare con pazienza alle forze che ne determinano il corso. Sta tuttavia a noi scegliere la rotta nella corrente e plasmarne ed incanalarne le energie per il benessere dei nostri popoli.

    Non possiamo che navigare di conserva. Viviamo in un mondo in cui separazione ed isolamento non sono più possibili - né auspicabili. E' una scoperta eccitante, che apre orizzonti illimitati specie alle generazioni più giovani e alle società più dinamiche - quel dinamismo che è segno distintivo della Cina d'oggi.

    La Cina contemporanea conosce bene l'interdipendenza economica mondiale, molla della fenomenale crescita del vostro paese. Interdipendenza implica che nessuno può prescindere dal contesto globale né fare a meno del concorso altrui al proprio benessere. L'interdipendenza permette di fare causa comune di sforzi, risorse, capacità nazionali in una dinamica virtuosa in cui la somma finale è maggiore degli addendi.

    L'integrazione europea è figlia delle tragiche vicende della prima metà del Novecento. Un'esperienza di cui la mia generazione è stata partecipe e ha sofferto, impegnandosi a scongiurarne il ripetersi, né in Europa né altrove. Fu, all'inizio degli anni 1950, una decisione storica dalla quale sono discesi per i nostri popoli benefici immensi, pur non scevri da apprensioni e contraddizioni. L'Italia conosce bene gli uni come le altre per trarne un bilancio altamente positivo di oltre mezzo secolo. La nostra identità nazionale si è arricchita straordinariamente. All'interno della più ampia comunità di nazioni e di valori transatlantica, abbiamo scelto di fare della "Idea di Europa" una realtà politica ed istituzionale del tutto originale. Insieme agli altri europei, divenuti da ultimo Ventisette Stati membri per una collettività di 500 milioni di persone che condividono spazi, regole, opportunità economiche e libertà di movimento, abbiamo perseguito la costruzione europea con tenacia e perseveranza. Abbiamo incontrato, ed incontriamo ostacoli. Non abbiamo mai desistito ; non abbiamo mai guardato indietro. Questa è oggi l'Unione Europea.

    Sono qui per parlarvi di quello che la Cina e l'Europa possono fare insieme.
    Ancora alla soglia del XXI secolo l'Europa e la Cina erano molto distanti, non solo geograficamente. Pur nell'ambito del vecchio mondo bipolare avevano tuttavia maturato una non dissimile visione del mondo e la ferma determinazione di perseguire crescita economica e sociale in una cornice internazionale di stabilità politica e di sicurezza. Il disordine nega il progresso ; sviluppo e benessere gettano le basi della stabilità. Il binomio è inscindibile.

    Per la Cina questa consapevolezza, maturata attraverso una complessa esperienza, ha disegnato la traiettoria della "ascesa pacifica". I risultati sono davanti agli occhi di tutti, anche del visitatore più distratto.

    L'Europa risorge, 60 anni orsono, dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale, malgrado la nuova linea divisoria che taglia il continente, con la scelta storica della riconciliazione franco-tedesca. E' la condizione indispensabile per il non ripetersi di guerre sul suolo del continente. Pace e stabilità cominciano dallo scioglimento di quel nodo : il confine insanguinato fra Germania e Francia è il cuore dell'Europa. Questa visione è la chiave per capire la costruzione europea. Il resto, i contenuti economici prima, istituzionali e politici dopo, le conquiste sociali e il benessere diffuso, il graduale allargamento fin quasi all'intero continente, verranno di conseguenza. La lunga dinamica di un'integrazione sempre più stretta non ha ancora esaurito la sua spinta propulsiva e coagulante. Ma senza il decisivo passo iniziale l'integrazione dell'Europa sarebbe rimasta nel mondo delle utopie.

    Le diverse ma convergenti esperienze fondanti della Cina contemporanea e dell'Unione Europea ci portano a condividere un concomitante interesse alla stabilità nel mondo e ad una visione multilaterale delle relazioni internazionali.

    Nel 1989, la subitanea fine del confronto fra Est e Ovest dette il via all'abbattimento delle altre barriere che dividevano il mondo. Più graduale ma altrettanto irresistibile. All'epoca ce ne siamo resi solo confusamente conto. In Occidente continuavamo a sentirci al centro del mondo. La Cina ha colto ed espresso il cambiamento prima e più rapidamente di noi. Non solo il baricentro si stava riequilibrando verso il Pacifico. Stava venendo meno l'altro grande spartiacque internazionale, quello fra Nord e Sud, che aveva condannato alla povertà e negato diritti elementari alla maggioranza dell'umanità. Esitante e quasi impercettibile all'inizio, la liberazione dalle catene del sottosviluppo è diventata una forza trascinante del primo scorcio del XXI secolo. Alimentarla e sostenerla è una delle grandi scommesse del nostro tempo. Questo trasferimento di ricchezza, se gestito accortamente, solleva il Sud ma non deprime il Nord.

    La Cina, con tutta l'Asia, è stata grande protagonista. Ha affrancato dall'indigenza centinaia di milioni di esseri umani ; è passata da uno sforzo durissimo per l'autosufficienza ad una crescita economica e sociale sostenuta e continua. Non ne ha beneficiato da sola. La Cina ha avuto un ruolo determinante nell'abbattere il diaframma fra paesi "industrializzati" e paesi "in via di sviluppo", classificazione sempre meno categorica e ricca di movimento e variazioni. Ha fatto da battistrada. Il "miracolo cinese" è stato contagioso, specie per l'Asia. Non solo : quando la grave crisi finanziaria del 2008 si è abbattuta sul mondo industrializzato, la Cina è stata locomotiva dell'economia mondiale. Con tassi di sviluppo "stellari" che ha mantenuto, continua a farlo. Un ruolo che, in passate crisi, ricadde su paesi industriali maturi come la Germania, gli Stati Uniti, il Giappone. La Cina contemporanea non è da meno.

    Per continuare ad essere protagonista internazionale di prima grandezza, la Cina ha bisogno che si mantenga quella stabilità regionale e internazionale che ne ha accompagnato l'ascesa, tanto rapida quanto "pacifica".

    Oltre che dalle energie liberate all'interno da coraggiose e accorte politiche economiche e sociali, il successo cinese è stato alimentato da un'economia mondiale in crescita fino alla recessione del 2008-2009, dalla prevalente liberalizzazione commerciale, dalla parallela crescita dei paesi vicini. Per un ventennio l'ascesa della Cina è così continuata in un clima favorevole. Conditio sine qua non è stato il quadro esterno, regionale e mondiale, di stabilità e di equilibrio. Non c'è crescita senza pace. I leader che si sono succeduti alla guida del vostro paese, sulle orme della lungimirante visione di Deng Xiao Ping, ne sono sempre stati ben coscienti. E hanno concretamente operato per la stabilità e la sicurezza delle relazioni internazionali, specie in Asia e nel Pacifico. E' di vitale importanza l'impegno che la Cina dimostra nel continuare a operare in tal senso.

    Mezzo secolo fa, nello scenario molto diverso di Stati nazionali e società avanzate, ma duramente provate, l'Europa maturava una convinzione non dissimile. La promessa di una stabilità duratura, da secoli sfuggente, gettò le basi per ricostruire prima, per crescere e per consolidare benessere economico e coesione sociale poi.ù

    La storia europea è, largamente, una storia di guerre, in un continente piccolo e affollato, dominato per secoli dalla competizione fra le grandi potenze e dallo scontro dei nazionalismi. Nell'unità al di sopra e a fianco delle nazionalità, gli europei hanno trovato la soluzione per sottrarsi a questa infausta tirannia. L'Europa non è né sarà mai un solo Stato, un grande Stato unitario, come la Cina o gli Stati Uniti. Né aspira ad esserlo. Il progetto dell'Unione Europea è quello di un'integrazione al livello sovranazionale, sempre più stretta istituzionalmente e sempre più penetrante nel tessuto della società, che abbraccia le diversità, rispetta individualità dei paesi membri e, anzi, amplia i margini delle ricche specificità regionali e locali.

    L'integrazione europea e l'allargamento della cerchia dei paesi membri, dai Sei iniziali ai Ventisette attuali, sono altrettanto un "miracolo" di oltre mezzo secolo, politico, economico, sociale e culturale, quanto lo è il successo della Cina. Un miracolo, quello europeo, di compatibilità fra crescente integrazione e perdurante diversità. Il processo continua nei due sensi - del rafforzamento di forme di sovranità condivisa e dell'allargamento a quanti aspirano a diventare, a pieno titolo, membri dell'Unione. Penso, ad esempio, al negoziato con un grande paese europeo, quale la Turchia ; penso al futuro di tutti i Balcani.

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(Pechino, 26/10/2010) - Giorgio Napolitano e Chen Baosheng, al termine dell'intervento alla Scuola Centrale del Partito Comunista Cinese

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Siamo così riusciti a creare una larga e prospera area continentale, in pacifica espansione, di società economicamente avanzate, di benessere sostenibile e diffuso e di libertà di movimento. Abbiamo, naturalmente, problemi che affrontiamo quotidianamente - come il resto del mondo e in termini peculiari. L'invecchiamento della popolazione, la mobilità del lavoro, la permeabilità delle frontiere hanno creato flussi immigratori e confronti culturali con i quali le nazioni europee non si erano misurate in passato. Tuttavia i problemi che affrontiamo impallidiscono di fronte a quelli che abbiamo lasciato dietro le spalle. Il disordine, e le competizioni perverse che hanno a lungo segnato le vicende monetarie europee, ci avrebbero esposto a colpi fatali : nella scorsa primavera abbiamo dovuto sventare la crisi dell'Euro con misure straordinarie, ma guai se non avessimo avuto l'Euro, la moneta unica, nella tempesta globale del 2008-2009. L'Europa ha attraversato un momento difficile ; l'Unione ha tenuto.

    L'integrazione è una realtà della vita quotidiana in Europa ormai regolata dal diritto comunitario, grande conquista dell'integrazione. Ed è l'impatto sui cittadini il più sostanziale "acquis" comunitario, tant'è che le giovani generazioni lo danno per scontato. Per i ventenni europei è difficilmente immaginabile di aver bisogno di passaporto o di valuta diversa da quella nazionale per muoversi nel continente. Non era così fino a pochi anni orsono. Il pericolo è la perdita di memoria e consapevolezza del cammino compiuto. Il patrimonio che abbiamo faticosamente costruito va valorizzato e sviluppato.

    Vi è una certa tendenza a guardare all'Europa come ad un'isola felice, la cui pur rilevante influenza si esaurisce all'interno dei propri confini. Sulla scena mondiale l'Unione reciterebbe da grande attore esclusivamente nella sfera economico-commerciale. E' una valutazione riduttiva che l'Europa stessa - i suoi governi, le sue forze rappresentative - è in parte responsabile di aver accreditato. Ma l'Unione ha ben altra valenza e responsabilità. La radicale trasformazione delle condizioni politiche e di sicurezza nel continente incide anche al di là dei confini dell'Unione. L'Unione Europea ha creato stabilità interna, in un continente dove prima non esisteva, e proietta pace all'esterno.

    Partita da una visione audace - che si è realizzata adattandosi alle successive trasformazioni, in Europa e nel mondo - l'Unione Europea si è consolidata nella maturità. Tre generazioni di statisti e di dirigenze politiche ne hanno fatto un attore internazionale di primo piano. Forse non sempre appariscente, ma solido e presente in tutti i fori rilevanti e attivo in tutte le crisi mondiali, politiche o umanitarie. Essa deve e può superare i limiti entro i quali è finora riuscita a farsi sentire. Col Trattato di Lisbona l'Unione si è dotata degli strumenti per meglio e più efficacemente esprimere una politica estera e di sicurezza comune. Forgiarla, partendo da una pluralità di Stati sovrani, richiede ugualmente tempo e volontà politica. Ma è un fatto che nessuno dei paesi europei, da solo o attraverso gruppi ristretti, potrebbe aspirare ad esercitare lo stesso peso nel mondo.

    Una costante dell'azione internazionale dell'Europa è la stretta aderenza ai principi della carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, e insieme la fiducia nel sistema multilaterale e nella legalità internazionale.

    L'Italia in modo particolare e la Cina si riconoscono nella visione di una sempre maggiore rappresentatività delle Organizzazioni internazionali a cominciare dalle Nazioni Unite, condividendo un approccio costruttivo alla riforma del Consiglio di Sicurezza.

    Quello europeo non è certo un ruolo solitario. Non potrebbe esserlo. Gli europei hanno abbandonato la pretesa di essere al centro del mondo. Nel XXI secolo il mondo è una rete d'interdipendenze con più snodi : tramontato vent'anni fa il bipolarismo della guerra fredda, non era pensabile un mondo unipolare e nemmeno in qualche modo diversamente bipolare. La Cina, l'Asia, il Pacifico costituiscono un polo in ascesa di straordinaria vitalità e dinamismo col quale altre realtà mondiali sono chiamate a cooperare. Non si può esitare a riconoscerlo.

    Come europei, sentiamo tuttavia che il nostro non è neppure un ruolo di secondo piano. L'Europa ha ancora molto da dare al mondo. Intende continuare a recitare la sua parte da protagonista, sia pure su un palcoscenico più rappresentativo e più competitivo che in passato. Ha fiducia nei propri mezzi e nelle risorse della sua gente, del mosaico di popoli, di nazioni e di culture che sono la nostra grande ricchezza. Ha rappresentato, e rappresenta, tradizioni e valori in cui crediamo profondamente.ù

    L'Europa non aspira ad un ruolo che escluda altri. Non opponiamo barriere all'affermarsi sulla scena mondiale degli altri grandi attori internazionali quali la Cina, l'Asia e gli altri grandi paesi emergenti. Il G20 testimonia che l'ingresso è già avvenuto, il loro posto al centro delle vicende mondiali è fermamente assicurato.

    Il peso relativo della Cina, dell'Asia, del "resto del mondo", negli assetti internazionali è destinato a consolidarsi e a crescere. Da buon italiano e da buon europeo considero altamente positiva questa evoluzione. Il successo della Cina e dei grandi paesi emergenti - penso all'India e al Brasile - rappresenta un salto di qualità nelle relazioni internazionali dal quale tutti possiamo guadagnare. Non stiamo assistendo ad uno zero sum game, in cui la vostra crescita è il nostro declino. Possiamo essere tutti vincitori nei nuovi assetti internazionali che - insieme - andiamo costruendo.

    Per riuscirci abbiamo bisogno di mantenere, in un mondo senza più compartimenti stagno, le condizioni che sono state chiave del nostro, come del vostro successo : stabilità, sicurezza, legalità internazionale, rispetto dei diritti fondamentali. Dobbiamo sfuggire alla tentazione del might makes right. Non dobbiamo ricadere in un clima di reciproci sospetti ne' di gare per l'egemonia che ci farebbero ritornare alle tensioni del passato.

    Abbiamo sperimentato direttamente come la stabilità, interna, regionale, internazionale sia una condizione essenziale per sostenere nel tempo la crescita economica e disseminarne le ricadute sociali. Di stabilità ha bisogno la Cina, che malgrado i progressi vertiginosi e l'industrializzazione accelerata, malgrado le città scintillanti dalle audaci architetture, deve ancora strappare alla povertà e a condizioni di vita arretrate quote rilevanti della sua vasta popolazione e del suo territorio; ne ha bisogno l'Asia ; ne ha bisogno tutta quella parte del mondo, a cominciare dall'Africa, che deve ancora pienamente affrancarsi dalle catene della povertà e dell'ignoranza.

    Ne hanno parimenti bisogno l'Italia e l'Europa sia per il benessere e le aspettative dei nostri popoli sia per continuare nel ruolo positivo ed equilibrato su scala mondiale che ci viene riconosciuto. Vogliamo continuare a svolgerlo. Pace e sicurezza internazionale non sono vuote parole : servono a mantenere le basi della prospera maturità, europea e occidentale, come servono a mantenere i tassi di crescita e di generale sviluppo che la Cina persegue.

    Col successo crescono le responsabilità. La Cina è stato il primo grande paese emergente ; è diventato la seconda economia mondiale ; è membro permanente del Consiglio di Sicurezza. Per dimensioni, peso commerciale, risorse strategiche, proiezione politica, il ruolo cinese nel mantenimento della pace e della sicurezza nel continente asiatico è determinante. La Cina possiede una capacità unica d'influenzare positivamente il corso degli eventi nel Pacifico, dove scorre - come nell'Atlantico - molta della linfa vitale che alimenta il resto del pianeta. Può guidare con l'esempio. Cito, ad esempio, il ruolo centrale di Pechino nella penisola coreana e, in generale, nella lotta alla proliferazione nucleare. E gode d'influenza anche in altre realtà regionali, come ad esempio in Pakistan e Afghanistan.

    Il ciclo virtuoso ha bisogno di stabilità e pace, in Europa come in Asia, nel Pacifico, come nell'Atlantico. Il resto del mondo potrà beneficiarne. Mantenere queste dinamiche può essere il grande disegno strategico per il XXI secolo. Siamo tutti chiamati a realizzarlo insieme: innanzitutto, Cina, Europa e Stati Uniti per primi.

    Per l'Europa, la sfida del XXI secolo è di continuare a progredire sulla via dell'integrazione, faticosa e complessa ma necessaria alla nostra credibilità in un mondo più competitivo : l'Unione Europea deve parlare all'unisono sulla scena internazionale, e non solo di economia e di commercio. Soltanto così - ed essa soltanto, nessuno singolo paese europeo - può essere global player nella governance di una realtà planetaria sempre più articolata, insieme agli Stati Uniti e ai grandi paesi emergenti. La leadership cinese sa bene di quali risorse disponga l'Europa e comprende pienamente le potenzialità che essa può dispiegare quanto più sia unita ed autonoma ; ce ne sentiamo perciò incoraggiati e sollecitati a superare limiti e incertezze sulla via dell'integrazione e dell'azione politica comune. La Cina chiede all'Europa di essere lungimirante. L'Europa, soggetto politico, chiede alla Cina di continuare ad essere una forza d'impulso economico e di rassicurazione politica in Asia.

    Recentissimamente, il dialogo bilaterale con Bruxelles non ha dato tutti i risultati che la Cina auspicava. La delusione è comprensibile. La complessità delle istituzioni e delle procedure comunitarie può oscurare la grande visione politica della costruzione europea. Non è, tuttavia, possibile sottovalutare l'Europa, se si misura il cammino che essa ha percorso : volgendo lo sguardo per un attimo indietro, neanche troppo lontano. L'Europa dei miei anni formativi era molto diversa dal modello pacifico e prospero che oggi - fortunatamente - ci accompagna nel mondo.

    In meno di vent'anni, e malgrado la tragedia attraversata, l'Europa fu capace di voltare le spalle al passato e, con l'aiuto determinante degli Stati Uniti, di gettare le fondamenta di un futuro completamente diverso. Il processo d'integrazione innestò una dinamica positiva anche all'esterno. L'uno come l'altra hanno visto in prima fila - sconfitto il fascismo - l'Italia democratica della Costituzione repubblicana.

    Nei decenni della Guerra Fredda l'Europa comunitaria mantenne un suo profilo e una sua iniziativa, fece avanzare costantemente la linea di dialogo e di distensione, dalla Ostpolitik tedesca alla Conferenza di Helsinki, onde evitare un confronto esasperato fra i due blocchi. Operando all'interno della NATO, e nella fermezza della solidarietà atlantica, italiani ed europei sono stati portatori di una visione multilaterale delle relazioni internazionali. Vi rimaniamo fedeli. Il bipolarismo sovietico-americano congelò la dialettica internazionale, a costo di tensioni continue e di guerre per procura ; la breve stagione dell'unilateralismo ha mostrato presto la corda. Il futuro di un mondo diventato nel frattempo più "connesso" e interdipendente non può essere cercato in nuovi bipolarismi o in altre geometrie esclusive e restrittive : questo il filo di continuità nell'approccio italiano ed europeo alla politica internazionale che le sfide del XXI secolo non interrompono.

    Sono sfide in larga misura comuni, che spesso travalicano i confini nazionali o comunitari. Europa e Cina hanno interesse ad affrontarle insieme. L'unità d'intenti strategica non preclude passaggi diversi, come diversi sono stati i nostri punti di partenza.

    L'Europa cerca più integrazione. La Cina si appresta a passare da una crescita mirata quasi esclusivamente all'innalzamento delle condizioni di vita e di lavoro per il proprio popolo ad uno sviluppo aperto ai più ampi orizzonti dell'Asia e del Pacifico.

    In Europa molto resta ancora da fare. Troppo spesso il disegno europeo incontra timidezze, resistenze, miopie, di cui rischiano di fare le spese anche le relazioni con la Cina : viene da pensare all'anacronistica riluttanza a riconoscere la realtà della Cina come economia di mercato. Abbiamo abbattuto molte barriere statuali e istituzionali per riscoprire remore radicate più profondamente dentro di noi. Queste barriere sono spesso psicologiche. Vanno in controtendenza alle trasformazioni mondiali che rendono necessaria "più, non meno Europa" e che richiedono l'effettivo, conseguente riconoscimento del cambiamento intervenuto e in atto negli equilibri mondiali. E' una convinzione che riaffermo senza esitazioni, forte della tradizione europeista, ed integrazionista, dell'Italia.

    Le stesse trasformazioni spingono Cina e Asia ad impegnarsi maggiormente per una efficace concertazione regionale. L'impetuosa crescita economica dell'Asia-Pacifico non può superare fragilità e incognite senza un quadro regionale multilaterale, specie nell'ambito della sicurezza collettiva. In sua assenza possono affiorare le vecchie rivalità e le tentazioni di risolvere i problemi unilateralmente o con prove di forza. La Cina e i partner asiatici sono chiamati a uno sforzo d'immaginazione e di volontà politica che conduca al rafforzamento dei meccanismi di consultazione regionale, con l'obiettivo di creare un sistema multilaterale ben costruito e cooperativo. I fori esistenti sono ancora embrionali, non hanno sviluppato una solida matrice politica, sono del tutto lacunosi nella sicurezza collettiva.

    Gli enormi progressi cinesi non si misurano solo nella sfera economica. Il cammino intrapreso dalla Cina sulla via delle riforme politiche, del rafforzamento dello Stato di diritto, del rispetto dei diritti umani così come dell'apertura e liberalizzazione dei mercati è di fondamentale importanza per una armoniosa integrazione in un sistema internazionale aperto e per una piena sintonia con l'Europa. Sono profondamente convinto che sia nell'interesse cinese portare avanti, in piena autonomia, questo processo.

    Un'Europa ancor più fortemente integrata, soggetto politico globale, capace di esplicare tutte le potenzialità che i Ventisette, insieme, possiedono, può intavolare un dialogo da eguali con la Cina, e insieme alla Cina con quella parte del mondo che usavamo chiamare "Sud". Dall'interdipendenza economico-finanziaria possiamo passare ad una cooperazione interattiva reciprocamente vantaggiosa. L'Italia riafferma il suo impegno di fondo in questo senso.

    Abbiamo anche bisogno di capirci meglio. La Cina ha già dimostrato una straordinaria "voglia di capire" l'Occidente. L'impegno e le risorse che sono state dedicate all'istruzione, anche all'estero, delle giovani generazioni cinesi ne sono una prova, e sono tra le ragioni del vostro successo. L'investimento nello studio, nella ricerca e nell'innovazione paga dividendi altissimi di cui la Cina sta beneficiando. Sono adesso gli europei che hanno da imparare dall'esempio cinese.

    Le comuni minacce alla sicurezza sono un terreno ancora da esplorare, non solo con l'Unione Europea ma anche con le altre grandi istituzioni multilaterali euro-atlantiche : la NATO, il cui nuovo Concetto Strategico fa del dialogo con i grandi paesi emergenti una nuova priorità, come l'Italia ha particolarmente sostenuto ; ed insieme l'OSCE il cui prossimo Vertice si riunisce in dicembre a Astana, nel cuore continentale dell'Asia.

    Il mondo globalizzato del XXI secolo offre un terreno pressoché illimitato alla collaborazione euro-cinese : dalle minacce comuni del terrorismo e della proliferazione nucleare ai cambiamenti climatici, dalle migrazioni alla lotta alla criminalità organizzata, dal funzionamento del sistema multilaterale internazionale alla libertà commerciale, dall'equilibrio dei mercati finanziari e valutari allo sviluppo delle risorse energetiche, convenzionali e rinnovabili.

    Finora le potenzialità del dialogo fra la Cina e l'Unione Europea sono solo state sfiorate. E' aperto dinanzi a noi un ben piu' ampio orizzonte. Esploriamolo insieme.     

Verso una comune assunzione di responsabilità

IPSE DIXIT

Verso una comune assunzione di responsabilità? - «Io credo che l’indifferentismo etico e la caduta dei valori possono convivere con il formale rispetto dei sentimenti religiosi. La caduta dei valori in Europa non nasce dalla violenza di un sentimento anticristiano, ma da una indifferenza che convive con il rispetto formale della . . .  Il che pone anche alla Chiesa qualche problema un po’ più complicato che non sfidare il “laicismo” vecchia maniera . . .  Io vorrei dirvi: ingeritevi. Se non ora, quando?» – Massimo D'Alema

Big donors

Usa, petrolio e finanza investono contro Obama

Manca ormai poco alle elezioni di Midterm; i "big donors" spendono milioni per sostenere i candidati repubblicani. Due nomi su tutti: Chevron e Goldman Sachs . . .  Ma Obama non ha amici neppure a sinistra. E forse proprio per questo se la potrebbe cavare . . .

Chicago, pomeriggio di un venerdì caldissimo per la città. Strade strapiene, magnificent mile pieno di gente con troppi, troppi soldi per non essere un po' insultante in periodo di crisi – senza eccessi di moralismo. Del resto, diversi miliardari sono in grado di versare milioni per una campagna elettorale e sul New York Times di oggi c'è il resoconto di come alcuni spendaccioni repubblicani stiano dando una mano a Crossroads America (organizzazione messa su da Karl Rove per raccogliere molto spendere bene in campagna elettorale). Qui il ritratto di Bob Perry, texano DOC che regala soldi da secoli; qui un quadro generale nel quale si nota come Goldman Sachs, Chevron e altri stanno spendendo via Camere di commercio per sostenere i candidati repubblicani. Per i più pigri, un grafico riassuntivo. I nomi dovrebbero far riflettere i critici da sinistra di Obama: petrolio e finanza cercano di uccidere la maggioranza democratica.

    A proposito di big donors, ce n'è anche tra i liberal. George Soros ha speso un milione per Media Matters, sorta di osservatorio (democratico) che smonta gli eccessi e le bugie messi in giro dalle campagne conservatrici (e i contenuti degli spot). Rush Limbaugh, il guru della talk radio di destra, ha parlato di soldi stranieri. Peccato che Soros sia cittadino Usa come Arnold Schwarzenegger e, che so, Henry Kissinger. Parlando di big donors di sinistra, vene in mente l'epocale articolo di Tom Wolfe sui radical-chic. La categoria l'ha inventata lui parlando di un party dato da Leonard Bernstein per le Pantere nere. Era il 1970 e l'articolo è un capolavoro assoluto (come la copertina del New York Magazine che lo pubblicava). L'articolo è contenuto in una bella raccolta per il trentennale della rivista appena ricevuto in regalo.

    In fondo al magnificent mile c'è Barnes&Noble, la più grande catena di librerie d'America. Sullo scaffale di novità non-fiction potete trovare tutti i libri più improbabili di politica che possiate immaginare. Ci sono i Tea party manifestos, un volume chiamato Alle radici della rabbia di Obama, che spiega che le sue idee gli vengono dal padre (un africano degli anni 60). Questo forse è il più incredibile. Poi una serie di volumi su come riprendersi il Paese e sul socialismo obamiano. Sul fronte opposto troviamo Woodward (Le guerre di Obama) e Tariq Ali, che ha in copertina un Obama con la faccia che si scolora e dietro si intravede George W: Bush. Infine un volume sul fatto che Obama è un pupazzo di Wall Street. Il presidente non ha amici a destra e neppure a sinistra. Forse per questo se la potrebbe cavare . . .   

LAVORO E DIRITTI
a cura di rassegna.it

Fiat: qual'è il progetto?

Vincenzo Scudiere (Cgil): “A Marchionne chiediamo un’operazione verità: ci spieghi finalmente qual è il piano industriale della Fiat”

La Cgil chiede a Marchionne un’operazione verità: la Fiat spieghi finalmente qual è il piano industriale, che cosa intende fare negli stabilimenti del nostro paese e quali sono i modelli sui quali puntare. Ai microfoni di RadioArticolo1 Vincenzo Scudiere, segretario confederale Cgil, ospite della trasmissione Italia Parla ha chiamato in causa l’amministratore delegato del Lingotto: “Quando per troppo tempo non si dice qual è il piano industriale e si sceglie di andare avanti di rottura in rottura, chi ci rimette è tutto il paese. Viene da pensare che Marchionne sia alla ricerca di alibi: pensa di essere in America quando invece è in Italia, forse dovrebbe fare un’operazione verità”.

    “Lui parla di tanti problemi e tante questioni e non affronta il nodo principale da cui normalmente tutte le imprese partono quando sono alla ricerca di accordi: qual è il progetto per il futuro. Rispetto a questo è evidente anche la responsabilità del governo che lo ha lasciato fare in tutti questi mesi”.

    “Marchionne farebbe bene a spiegarci il suo piano industriale” ha proseguito Scudiere. “Farebbe bene a porsi come un interlocutore credibile e a non chiederci di essere d’accordo prima di conoscerne il contenuto.  Non è vero che la Cgil non è disponibile a ricercare accordi su specifici aspetti contrattuali, dal problema dei turni a quello del massimo utilizzo degli impianti. Facciamo tanti accordi con varie aziende, sia in momenti di crisi sia durante le fasi di crescita. Noi diciamo che viene prima il piano e una discussione seria sul futuro dell’impresa e dei suoi stabilimenti”.

    Per Scudiere “sarebbe paradossale che un’impresa che è tra le poche in Italia che dice di voler fare degli investimenti alla fine sia quella che crea più problemi e non cerca una via d’uscita”.

Per ascoltare la trasmissione:
http://www.radioarticolo1.it/audio/2010/10/26/6264/fiat-futuro-incerto-auto-torino-interviene-vincenzo-scudiere-segretario-confederale-cgil