lunedì 18 gennaio 2010

MUSULMANI IN EUROPA - COSÌ ESTRANEI DA NON POTERE ESSERE EUROPEI?


Ipse dixit Rimpianti 
"È difficile che io venga preso da un rimpianto, più facile che venga preso da quella che si chiama autocritica."
- Bettino Craxi 

       
VISTI DAGLI ALTRI

A cura di Internazionale - Prima Pagina

Un paese unito dal razzismo
Lo scrittore calabrese Antonello Mangano ha dato un'ottima descrizione delle condizioni di vita dei braccianti stranieri nel libro Gli africani salveranno Rosarno. E probabilmente l'Italia. Mangano l'ha scritto dopo la rivolta degli immigrati del dicembre del 2008, che protestavano contro le ennesime violenze subite dagli uomini della 'ndrangheta. Due ivoriani erano rimasti feriti gravemente e i loro amici africani avevano denunciato l'attacco alle autorità. Cos'è successo da allora a questi uomini coraggiosi? Ancora abusi e ancora attacchi da parte dei clan e dei cittadini. Finché il 10 gennaio molti di loro non sono stati allontanati da Rosarno.   


The Guardian, Gran Bretagna
http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2010/jan/10/italy-human-rights/print
La pista mafiosa

Rosarno ritorna lentamente alla vita. I piccoli bus che trasportano i lavoratori agricoli hanno ripreso servizio per portare gli immigrati (non africani) nei campi. Nei bar, invece, non si parla d'altro che della retata del 12 gennaio contro un clan locale della 'ndrangheta. Sono stati arrestati i membri di una delle famiglie mafiose che controlla la città, insieme a due abitanti di Rosarno che hanno partecipato alla caccia all'uomo del 7 e 8 gennaio.

Le Monde, Francia

http://www.lemonde.fr/europe/article/2010/01/13/emeutes-racistes-en-calabre-une-piste-mafieuse-a-l-etude_1291087_3214.html

Un'immagine contraddittoria Con la rivolta degli immigrati a Rosarno, l'Italia ha dato un'immagine di sé sconosciuta al resto del mondo. Le auto ribaltate, le vetrine distrutte e gli scontri hanno messo in evidenza le contraddizioni nella percezione che gli italiani hanno del loro paese. Dal punto di vista demografico l'Italia è un paese in rapido cambiamento. Secondo la Caritas, nel 2009 la percentuale di stranieri non residenti (7,2 per cento) era più alta che in Gran Bretagna. Il paese sta diventando sempre più dipendente dagli immigrati e dalla loro manodopera. Ma è molto lontano dall'idea di melting pot.

Time, Stati Uniti
http://www.time.com/time/world/article/0,8599,1953064,00.html  


Riceviamo e volentieri pubblichiamo
 
MUSULMANI IN EUROPA
COSÌ ESTRANEI DA NON POTERE ESSERE EUROPEI?

L’analisi di INTERSOS in merito al dibattito su integrazione, cittadinanza e islam

"I musulmani sono in Europa. Lo sono da secoli, o da immigrazioni più recenti, o da conversioni crescenti di autoctoni. Sono europei esattamente al pari dei cristiani o degli agnostici, con gli stessi diritti e doveri, le stesse libertà e le stesse restrizioni. Sono a casa loro. Occorre farsene una ragione una volta per tutte e sforzarsi di capire come riuscire a rafforzare il loro senso di appartenenza alla comune casa europea". E’ la risposta di Nino Sergi, presidente di INTERSOS, al dibattito sviluppatosi nei giorni scorsi a partire dall’editoriale del prof. Giovanni Sartori sul Corriere del Sera. Nell’ampio documento "Musulmani in Europa. Così estranei da non potere essere europei?" INTERSOS analizza il fenomeno della presenza musulmana in Europa e in Italia per ribadire che e necessaria, su un tema come questo, una riflessione molto attenta perché "come si costruiscono giorno dopo giorno il pluralismo, l'interculturalismo e la convivenza, si costruisce ugualmente anche l'intolleranza".

    E’ importante partire dai dati: oggi i musulmani in Italia circa un milione, l’1,7% della popolazione, in Europa circa 35 milioni, il 5%, mentre nel mondo sono oltre un miliardo e mezzo, quasi il 25%. Davanti a queste cifre e facile ricorrere a facili stereotipi che associano religione, clandestinita e terrorismo e che invocano la non integrabilita di questa tipologia di ‘diverso’. Tuttavia, queste posizioni non reggono ad una più attenta analisi e, soprattutto, risultano un po’ tardive rispetto all’ampio dibattito che si e sviluppato in vari paesi dell’Europa occidentale in questi ultimi decenni.

    Ridurre l’Islam ad una religione teologicamente irrazionale e tendenzialmente fondamentalista, oltre ad essere un’offesa alle centinaia di milioni di fedeli che vivono la propria fede con convinzione, grande senso dell’umano e senza alcun fanatismo, non tiene in considerazione la pluralità interna al mondo musulmano e le influenze esterne che ne mutano il vissuto nelle coscienze individuali e collettive. "Se qualcuno o qualche gruppo vive l’Islam in modo deviato, strumentale ad altri fini, fino a creare morte, il problema non è l’Islam ma le persone che lo in questo modo. Anche il Cristianesimo ha passato secoli di oscurantismo e di fanatismo, perfino il Ku Klux Clan ha incendiato e ucciso afro-americani all’insegna della croce cristiana, ma nessuno potrebbe affermare che è la fede cristiana ad avere guidato fanatismi e nefandezze, ben sapendo che sono persone, gruppi, poteri ad aver abusato del messaggio evangelico, tradendolo".

    INTERSOS insiste molto sulla dimensione europea dell’Islam, che "richiede all’Europa una propria visibilita e un proprio spazio, richiede cioe un ampliamento della pluralita esistente, mentre l’Europa non sa bene come rispondere, anche perché, da un lato la coscienza di sé, della propria identita, dei propri valori unificanti, delle proprie radici e del proprio destino non e cosi solida, chiara e condivisa". Se si vuole riuscire a convivere tra musulmani e non musulmani nell’Europa di domani, "come e indispensabile, a meno di tradire tutti i valori che rappresentano l’anima europea, occorre stabilire canali di ascolto e di dialogo, in un confronto franco e rigoroso ma da sviluppare con reciproci riconoscimento e attenzione e reciproca disponibilità all’ascolto e alla comprensione". INTERSOS e convinta che se nell’immediato la chiusura/rifiuto può dare un’effimera impressione di compattezza e forza, le conseguenze sul tessuto europeo, nel lungo periodo, sarebbero disgreganti.

    Il documento ribadisce che occorre avere la capacità di distinguere e tenere separati, senza mai confonderli, fede islamica, la fede di miliardi di musulmani nel mondo e nella nostra Europa, e terrorismo di matrice islamica. "Il terrorismo islamico va combattuto come ogni terrorismo, sia esso locale o globale. Anche il fanatismo va contenuto e combattuto, come ogni fanatismo che inquini il pluralismo e la convivenza". Secondo INTERSOS molti dei problemi che alcuni fanno ricadere scorrettamente e strumentalmente sull’Islam riguardano i più ampi temi della gestione dell’immigrazione, dalla regolamentazione dei flussi all’integrazione, e della sicurezza. Su di essi il documento si sofferma, analizzandoli e individuando possibili e utili indicazioni politiche. Il tema della sicurezza e collegato a quello della "paura della gente". Anche su questo punto il documento e chiaro: "Cavalcare il ‘dobbiamo ascoltare la gente e i suoi timori e decidere conseguentemente’ e giusto solo se basato sul severo rispetto di questi principi, riconoscimenti e garanzie, senza mai trasformarsi in una dittatura che decide, a seconda dei casi, sull’universalità o meno di essi".

    L’integrazione e oggi, nell’analisi di INTERSOS, la questione centrale e non più rinviabile, che deve essere affrontata a livello nazionale ma soprattutto a livello dei territori. Inoltre, "affrontare seriamente la questione migratoria e la presenza dell’Islam in Italia e anche l’occasione per ripensare le nostre societa sempre più complesse, plurali e globali, i principi e valori che ci possono unire e la loro traduzione quotidiana nelle scelte politiche e nella promozione della coesione sociale". In fondo, "l’Islam ci interpella, ma la nostra risposta finora e stata evasiva, talvolta con reazioni sconsiderate e arroganti, segno non di forza, ma di debolezza". La risposta non puo comunque essere solo italiana o localistica: essa va cercata a livello europeo.

    Il documento di INTERSOS si chiude con una ‘breve appendice’ sulla lotta al terrorismo di matrice islamica che non può dare grandi risultati "con la guerra e le occupazioni militari di territori altrui e con conseguenze disastrose sulle popolazioni civili. Queste – come si sta verificando – rappresentano in realta un terreno fertile per l’allargamento del fanatismo terroristico e una distrazione di risorse e di attenzione" rispetto ad altri interventi probabilmente più efficaci.

L’analisi e le proposte di INTERSOS si inseriscono nell’ambito degli approfondimenti tematici di "LINK 2007-Cooperazione in Rete". Per informazioni: Paola Amicucci, comunicazione@intersos.org, 06.85374332 – 328.0003609