domenica 3 marzo 2019

Democrazia e populismo: il nero che avanza

FONDAZIONE NENNI 

 


Coloro i quali, oggi, dichiarano apertamente la propria fede fascista o piuttosto alludono ad una qualche appartenenza a una destra che si richiami all'ideologia propria del ventennio fascista, traggono la loro forza non soltanto dal clima politico generale formatosi nell'ultimo decennio…

 

di Maurizio Fantoni Minnella 

 

Coloro i quali, oggi, dichiarano apertamente la propria fede fascista o piuttosto alludono ad una qualche appartenenza a una destra che si richiami all'ideologia propria del ventennio fascista, traggono la loro forza non soltanto dal clima politico generale formatosi nell'ultimo decennio, ma da una serie di convinzioni e da un insieme di dati storici inconfutabili. Proviamo almeno ad enunciarli, senza tuttavia dimenticare che accanto all'antifascismo inteso quale premessa della nuova Costituzione e del nuovo assetto democratico, vi fosse l'anticomunismo come colonna portante e come prassi politica trasversale, ovvero comune a tutte le forze politiche non comuniste, ad eccezione dei socialisti con i quali vi fu dialogo ma anche dissenso. In quanto paese saldamente ancorato al Patto Atlantico, oltre che debitore del fiume di denaro relativo al Piano Marshall, l'Italia dell'immediato dopoguerra presentava tutte le dinamiche di un'insanabile contraddizione e le ambiguità politiche e morali che sarebbero esplose nella seconda metà del XX° secolo e successivamente (nel nuovo secolo) incanalate nell'assetto politico attuale in cui i molteplici fili tessuti per almeno mezzo secolo trovano dei punti nodali nell'insorgere di un nuovo nazionalismo sovranista condito di elementi razzisti, xenofobi e antisemiti che se nel nostro paese si richiama almeno in parte al ventennio fascista, in altre parti d'Europa, ad est come ad ovest, all'esperienza nefasta del nazionalsocialismo germanico. In Italia l'anticomunismo si è sempre ammantato di coloriture sia laiche che cattoliche, soprattutto mostrando una connotazione distorta, sovranazionale, facilmente identificabile con il comunismo sovietico, simbolicamente rappresentato dalla figura onnipotente e onnipresente di Josip Stalin e dunque inteso come il "male assoluto". Ancora oggi vi è, infatti, la tendenza ad ignorare (per ignoranza o per opportunismo), quello che effettivamente è stato il contributo dei comunisti italiani nella stesura della Costituzione democratica e nello sviluppo della società italiana per buona parte del XX° secolo. Vi è dunque, una retorica che per decenni ha alimentato l'anticomunismo come un'invisibile barriera di sicurezza da innalzare tra coloro che auspicavano il cambiamento verso una società egualitaria, pur tuttavia all'interno di un sistema di libero mercato e quanti invece, da differenti posizioni e visioni, ribadivano che quel sistema, per quanto non infallibile, fosse l'unica opzione possibile. Ora, l'anticomunismo entra in una nuova fase della sua storia, aiutato dalla stessa società liberale o liberista a sbarazzarsi perfino di quelle garanzie liberaldemocratiche o cattolico sociali che non potrebbero che intralciare il proprio superamento a favore di una società non solo finalmente liberata dai comunisti, ma pronta ad accogliere a livello di massa, come sta avvenendo in altri paesi europei, le istanze di un populismo reazionario e autoritario. Coloro che oggi si autodefiniscono fascisti hanno una storia che dopo la caduta del fascismo, paradossalmente, ha permesso, fin dal 1948, una sorta di autorigenerazione e uno sviluppo parallelo a quello delle forze politiche nate dalla lotta di Resistenza, proprio grazie ad un acronimo che inneggiava all'onnipresenza della figura di Benito Mussolini. Questo è dovuto principalmente a due ragioni. La prima, di carattere politico e giuridico, riguardava per un verso la non reale applicazione delle leggi (Scelba e Mancino) sulla ricostruzione del partito fascista e per altro verso il persistere di una complicità tra neofascismo e organi dello Stato (i cosiddetti Servizi deviati) che non poco contribuì all'insabbiamento della verità sulle stragi fasciste. La seconda, di natura antropologica, rivela più di un legame profondo con quel regime, o almeno, con quella mentalità che diremo autoritaria, incline all'esaltazione di un capo carismatico, laddove i vincoli democratici risulterebbero stretti per un

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Gregorio Candelieri
 
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