martedì 31 ottobre 2017

Freschi di stampa, 1917-2017 (20) - Notte bianca come non te l'aspetti

L'ADL del 3 agosto 1917 “celebra” il terzo anno di una guerra, scop­piata il 28 luglio 1914, che è già costata almeno dieci milioni di morti. L'Italia è “belligerante” dal maggio 1915, in seguito a un colpo di mano istituzionale. L'ADL del 3 agosto 1917 va in stampa dodici mesi dopo la Sesta battaglia dell'Isonzo (Gorizia) che era iniziata il 4 agosto del 1916 e si era conclusa tre­di­ci giorni dopo, con un bilancio di circa cinquanta mila morti da en­tram­be le parti. Fu uno dei massacri più assurdi che la storia militare ricor­di, la cui memoria risuona nelle note di "Gorizia, tu sei maledetta!", la canzone clandestina che veniva in­tonata sul fronte del macello in quei giorni ( vai al video su YouTube ).

Quando esce L'ADL del 3 agosto 1917 mancano ottantatré giorni all'inizio della Dodicesima batta­glia dell'Isonzo (Caporetto) che provocherà circa tredicimila morti italiani e altrettanti nell'esercito austro-ungarico, oltre che un milione di pro­fughi civili trasferiti dal Friul-Veneto alle altre regioni d'Italia. Lo sfondamento del fronte azzererà ogni pur magro risultato "ir­re­den­tista“ finora comprato dal regio governo ”con alto tributo d'italico sangue".

Dalla Russia rivoluzionaria, intanto, arriva un'altra sorprendente lettera di Angelica Ba­la­banoff. A San Pietroburgo si percepiscono ormai tutte le inevitabili avvisaglie di un'incipiente guerra ci­vi­le: «Più si va avanti, più scarso diventa il numero di cittadini capaci di credere che l’attuale assetto della Russia sia il suo assetto definitivo. In tutti, reazionari e rivoluzionari, è la consapevolezza profonda che così non si può andare avanti, che bisogna cambiare, consolidare», esordisce la Dottoressa Angelica: «Qui la battaglia si combatte su due fronti. Il fronte strategico è lontano dai vostri occhi, ma quello sociale è qui… e nessun atto della tragedia sfugge!» (ADL 3 agosto 1917).

Bisogna cambiare, consolidare: ma che significa? Vuol dire che si deve andare avanti «sulla via delle conquiste, dar loro un contenuto sociale, eliminare sempre più tutto ciò che nelle conquiste rivoluzio­narie v’è stato di accidentale; dare al vero protagonista della rivo­luzione, al proletariato, il posto che la storia gli assegna», spiega la Balabanoff.

Ma un grido «erompe dall’animo del colosso» – ag­giu­nge la dirigente internazionalista. E quel grido «non lo andate a cercare nei “meeting”… nei quali, annunziati da grandi manifesti, esibiscono la loro arte oratoria emissari di paesi alleati che, in una lingua dal popo­lo non compresa, esaltano le barbarie della guerra, e parlano gli spe­cialisti della guerra come Kerensky ed esibiscono la loro arte delle bal­lerine. Ivi non troverete il popolo» (ADL 3 agosto 1917).

Dai ritrovi mondani sciamano le entusiaste signorine di buona fami­glia: «Che angelo il Kerensky! Che simpaticone, e che musica incante­vo­le! Abbiamo speso bene la serata e il denaro dell’ingresso», così si burla di Kerenskij e delle sue “signorine” la veterana del femminismo Balabanoff.

Il popolo, invece, “comizia” in piazza: «Nell’atrio della Duma, nelle grandi officine dove lavorano decine di migliaia di ope­rai, e si ha un bel dare la caccia a Lenine ed ai suoi seguaci: l’anima della nuova Russia si plasma là ove la borghesia vorrebbe che si fab­bricas­sero soltanto merci, armi per la guerra fratricida», è la diagnosi della Dottoressa. E qui anch'essa ci presenta il laburista Kerenskij (nuovo ca­po del Governo provvisorio) e il bolscevico Lenin (di nuovo esule, in Fin­­landia) cime i due punti di riferimento nello scontro in atto, che la­cera il cam­po socialista tra internazionalisti e fautori della lealtà na­zionale.

Il sentire della Piazza ha divorziato dalla sordità del Palazzo. E «s’il­luderebbe chi credesse che in quei comizi improvvisati si facciano dei ragionamenti semplicisti. L’animo russo non si appaga di inter­pre­tazioni superficiali od unilaterali; quel bisogno di approfondire, di com­plicare, magari, che l’Europa occidentale ha scorso, ammirandola o odiando­la, negli scrittori russi si manifesta nelle spontanee radunate del popo­lo» (ADL 3 agosto 1917).

Formalmente, tra i due duellanti della nuova Russia, la Balabanoff si mostra sulle prime fautrice di una terza via equidistante: «Vogliamo pace, terra, libertà; vo­gliamo pane, né pace separata coll’im­pe­rialismo germa­ni­co, né trattati segreti coll’imperialismo dei paesi alleati». Simmetria apparente, però, per­ché: «in nessuno dei paesi martorizzati dalla guer­ra l’avversione ad essa può essere profonda come in Russia». Ed è per questo che, alla fine, «non giovano i bei discorsi del Kerensky, fatti per convincere le si­gnorine della necessità di battersi e di morire sul fron­te lontano», necessità astrat­ta­mente altrui (ADL 3 agosto 1917).

Il Palazzo resta sordo alla voce del popolo, denuncia Angelica, senza lasciarsi sedurre dal potere, nuovo o vecchio che sia. Così, dopo avere frequentato importanti riunioni e congressi, «io cerco di sentire, di ascoltare quella voce. E la colgo anche nei ritrovi quasi esclusi­va­mente femminili, nelle “code”». La vecchia femminista contrappone alle signorine di Kerenskij non tanto, o non subito, i soldati "mar­to­rizzati", quanto le badanti, le casalinghe e le operaie dalle quali l'8 marzo era pur scoccata la scintilla rivoluzionaria. Sono le donne delle “code” che «in piccolo, in forma concentrata rispecchiano la scon­finata pazienza sovraumana di quella maledetta rassegnazione di cui sono dotati i diseredati di tutti i paesi e anzitutto quelli della Russia» (ADL 3 agosto 1917).

«Donne e bambine di tutte le età, ma, naturalmente, non di tutte le classi», stanno in fila ad aspettare un paio di scarpe o un pezzo di pane e intanto «allattano i bambini, ivi pregano, fanno la calza e magari leggono un giornale o un libro», come fosse la situazione «più naturale del mondo» (ADL 3 agosto 1917).

Ma poi c'è che la capitale pullula anche di nuovi paria, gli ultimi degli ultimi: i cinesi! «Persino nell’incredibile disordine e nella sporcizia delle strade russe saltano agli occhi i poveri cinesi! Sem­brano dei cenci fatti di carne ed ossa… Tante volte il vostro piede s’imbatte in essi, raggo­mitolati nelle vicinanze delle stazioni, sulle soglie delle chiese.» Dopo le donne, le vedove della guerra e gli orfani, e persino sotto i soldati mutilati che almeno passano la notte in ospedale, ci sono questi stra­nieri dell'estremo oriente “liberati” dalla santa madre Russia. Qualche giorno prima di scrivere la lettera all'ADL su un tram «un cinese venne trattato con sgarbo, gli si rivolse una di quelle apostrofi colla quale si saluta un ospite sgradito (…). Il cinese non comprende, rimane impacciato, ed allora (…) gli si dà un lieve spintone perché non fa passare il passeggiero. Allora, un vec­chietto, con le stigmate della fatica e della fame in volto, dice: “La­scia­telo in pace, non vedete che in mezzo a noi è un muto?». Ascoltare il popolo, ascoltare le donne, ascoltare i muti… Ascoltare tutti quelli che stanno in coda. «Centinaia di cinesi… fanno parte della schiera dei pazienti e bastonati che aspet­tano il turno nei dintorni dei negozi» (ADL 3 agosto 1917).

E dopo aver detto delle “code” in generale, passiamo ora a quelle notturne: «Già alle dieci, talvolta alle sei del pomeriggio, cominciano a formarsi le cosiddette “code” per l’accesso al negozio di scarpe o di alimentari che si aprirà all’indomani. Donne e uomini, madri di famiglia e donne di servizio si siedono o si coricano alla meglio, si premuniscono, oltre che di pazienza, anche di un “samowar” o di un cuscino, e stanno lì delle serate e delle nottate intere». In effetti, questo tipo di nottate appare lontano dal tipo vita di Palazzo. E la Dottoressa Angelica si domanda fino a quando durerà la pazienza, tanto più che «durante le ore d’involontario ozio, questi secolari schiavi emettono dei giudizi e fanno dei ragionamenti che vi danno la certezza che verrà il momento in cui le porte e i depositi di merce dovranno cedere all’ira popolare» (ADL 3 agosto 1917).

«Butto giù queste poche, disordinate righe, tornando alle due di notte da un comizio tenuto a Crasnoye Sielo in un club di soldati socialisti. È una notte bianca. Potrei fare anche a meno del lume per scrivere», annota Angelica. “Poche e disordinate righe”: come a dire che l'accenno ai soldati è del tutto casuale. Ma poi conclude, et in cauda venenum, con linguaggio solo lie­ve­mente cifrato: «Passo vicino i palazzi della Kcechinsky sul cui tetto sventolano ban­diere rosse: “Comitato Centrale del Partito Socialista Operaio Russo, Organizzazione militare aderente al Partito Socialista Operaio”» (ADL 3 agosto 1917).

“Organizzazione militare aderente”... Notte bianca. Ottobre rosso. Il dado è tratto. Firmato Balabanoff.

(20. continua)