martedì 16 maggio 2017

Le idee - LEGGI ELETTORALI E SCELTE POLITICHE

Due sentenze della Consulta hanno dichiarato incostituzionali le ultime due leggi elettorali. Il referendum del 4 dicembre ha dimo­strato che occorre una legge elettorale che rispetti la volontà degli elettori. Ma la discussione di questi giorni sembra ignorare tutto ciò.

di Felice Besostri e Salvatore Salzano

Avremo una terza legge incostituzionale? Dobbiamo evitarlo: tre leggi incostituzionali di seguito rappresenterebbero un rischio per la credibilità e la tenuta delle istituzioni.

Occorre tenere conto dei principi che discendono dalle sentenze della Consulta e, soprattutto, delle questioni non ancora esaminate. La sentenza n. 35/2017 ha deciso sulle ordinanze di soli cinque Tribunali. Se i rimanenti dodici Tribunali si pronunciassero sui ricorsi ancora pendenti, l'impatto sui lavori della Commissione Affari Costituzionali della Camera sarebbe fortissimo. Teoricamente quattro o cinque pronunciamenti potrebbero arrivare prima del 29 maggio, data presunta per la conclusione dei lavori della Commissione e la trasmissione di un testo base all'aula di Montecitorio.

Esaminiamo le possibilità oggi in discussione.

Un sistema di collegi uninominali a riparto proporzionale, con premio di maggioranza, sarebbe incostituzionale per violazione degli artt. 48, 56 e 58 e dei principi del voto eguale, personale e diretto. Idem un sistema che abbassi la soglia per il premio e alzi quella di accesso, che abbia o no capilista bloccati. Stesso rischio per tutti i sistemi che confondono e complicano la volontà di espressione del cittadino.

Gli unici sistemi elettorali sicuramente costituzionali sono quelli semplici, cioè: 1) i sistemi proporzionali, con o senza una limitata soglia di accesso, con o senza un limitato premio di maggioranza legato a una soglia di accesso significativamente alta. Oppure 2) i sistemi maggioritari senza fronzoli, come quelli che impongono di ottenere la maggioranza parlamentare conquistando la maggioranza dei collegi uno per uno, senza trucchi.

Un maggioritario all'inglese, dove si vince per merito di candidati, conquistando la maggioranza dei seggi, secondo la volontà degli elettori, sarebbe perfettamente costituzionale, benché scandalizzi la maggioranza dei nostri amici e compagni e non sia tra le nostre opzioni preferite.

Il sistema alla francese, invece, è più distorsivo del maggioritario all'inglese. Nel modello francese, con il ballottaggio al secondo turno, prevale il meno peggio o il voto contro, che spesso è una cosa molto diversa dalla iniziale volontà dell'elettore.

Cosa fare allora?

La legge elettorale non è un dettaglio tecnico. Si tratta di una scelta politica, che va pensata in un'ottica di lungo periodo e nell'interesse del Paese, non di uno o più partiti.

Non fu così con Mattarellum, Porcellum e Italicum, alla base dei quali c'erano calcoli per favorire gli interessi di partito: il Partito Popolare nel primo caso, il PdL nel secondo e il PD nel terzo. Calcoli che si sono per giunta rivelati sbagliati e che hanno condannato il Paese a oltre un decennio di paralisi e degrado della politica.

I due partiti egemoni nei due Poli – Forza Italia e PDS-DS-PD –erano d'accordo su tre punti: sistema politico bipolare tendenzialmente bipartitico; sistema elettorale maggioritario; togliere ai cittadini la scelta dei loro rappresentanti, grazie a collegi uninominali e liste parzialmente (Mattarellum) o totalmente bloccate (Porcellum) fino all'invenzione dei capilista bloccati (Italicum). Su quest'ultimo punto va ricordato che abolire il voto di preferenza senza fare una legge sulle regole democratiche dei partiti, secondo l'art. 49 della Costituzione, ha lasciato la nomina dei candidati ai capipartito o, nei casi migliori, alle oligarchie al potere. Sappiamo che chi non è candidato non può essere eletto, quale che sia il sistema elettorale proporzionale, maggioritario o misto.

Nel 2009, nelle Giunte delle Elezioni di Camera e Senato, nell'esaminare i ricorsi contro la legge elettorale, si dichiarò il Porcellum perfettamente costituzionale, con voto all'unanimità che includeva i rappresentanti di partiti ufficialmente contrari a quella legge.

Quando nel 2014 la Corte Costituzionale dichiarò l'incostituzionalità del Porcellum, questo Parlamento formalmente legale ma in sostanza delegittimato fu utilizzato per alterare, con una nuova legge elettorale e la modifica alla Costituzione, gli equilibri tra i poteri dello Stato, cer­can­do di imporre la supremazia del capo del Governo sia sulle Camere, sia sul Presidente della Repubblica, sia sulla Corte Costituzio­nale. Si voleva creare un premierato assoluto, senza nemmeno i pesi e contrap­pesi di un sistema presidenziale, che prevede la separazione dei poteri esecutivo e legislativo.

Quel disegno non è riuscito per vari motivi. In primo luogo a causa degli elettori, che nelle elezioni 2013 hanno creato dal nulla un terzo polo con forza equivalente agli altri due votando per il M5S. Inoltre si è sottovaluta la tenacia degli avvocati antiporcellum e antitalikum. Quest'ultimi hanno promosso un'azione giudiziale parallela e unitaria in 22 tribunali sui 25 delle città capoluogo di distretto di Corte d'Ap­pel­lo. Infine, l'esito del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, vinto dai comitati per il NO.

Questa è stata la storia politica di questi ultimi venti anni. Adesso si deve ripartire dalla nostra Costituzione, restituendo la sovranità al Popolo. Pertanto, sarebbe un errore riproporre un centro-sinistra con una legge che premi le coalizioni, e per giunta con Renzi alla guida del PD, come se non fosse successo nulla.

Non si può pensare di ricorrere a mezzucci come primarie farlocche o, peggio ancora, “premi” a coalizioni improbabili in cui i partiti si mettono insieme solo per convenienza elettorale. Occorre una legge elettorale che affermi una diversa idea di Politica, in cui i rappresentan­ti eletti abbiano “disciplina e onore” in quanto rappresentanti della Nazione. Far tornare in Parlamento idee e programmi che in questi anni sono stati emarginati è l'unico modo per cambiare una società ingiusta nella ripartizione della ricchezza e del potere.

Se invece il centrosinistra dovesse nascere con una coalizione impo­sta da leggi elettorali come quelle di questi ultimi vent'anni, farebbe la fine di Italia Bene Comune, dove il PD ha utilizzato il premio di mag­gioranza per fare cose diverse da quelle concordate. D'altra parte, co­me si fa a parlare di CENTRO-SINISTRA, quando la componente di CENTRO è chiara, mentre quella di sinistra non si sa dov'è? Se la vittoria di Renzi è dovuta alla riscossa dei liberali di sinistra, questi dovranno comunque cercare un'intesa con i socialisti di sinistra di stampo europeo, e costoro devono essere chiaramente identificabili dagli elettori.

La sinistra, come il Paese, hanno bisogno di un'operazione verità, che soltanto un sistema elettorale proporzionale può dare, perché la maggioranza di governo deve nascere dalle urne e da un successivo accordo fra le forze politiche presenti in Parlamento, non da un algoritmo che trasformi in maggioranza chi non lo è!

Siano gli italiani, con i loro voti, a scegliere se vogliono un nuovo centrosinistra, oppure le larghe intese oppure qualcos'altro.

Infine, è finito il tempo che un unico partito della sinistra possa vincere da solo. In Austria al ballottaggio presidenziale mancavano i due tradizionali partiti: Popolari e Socialisti, lo stesso in Francia, con l'esclusione di Gollisti e Socialisti dal ballottaggio presidenziale. In Spagna l'impossibilità di un accordo PSOE-Podemos ha fatto vincere la destra. Persino Syriza in Grecia, con la scomparsa del PASOK e l'ostilità dei Comunisti, governa solo grazie ad un partito nazionalista di destra. Così anche il socialdemocratico Robert Fico in Slovacchia. La SPD senza Verdi e Linke, è solo l'appendice di una grande coalizione a guida CDU-CSU.

Oggi la democrazia rappresentativa, nella sua dimensione nazionale, è minacciata dal peso crescente del capitalismo finanziario, dalle multinazionali e dalle decisioni di organizzazioni e istituzioni internazionali non elette dai popoli.

In Italia la risposta a questa situazione sta nella formazione di un Fronte Popolare Democratico per il Lavoro e la Libertà, che raggruppi tutta la sinistra rosa, verde o rossa che sia, e tutti i sinceri democratici, compresi i veri liberali di sinistra, uniti dai valori della nostra Costituzione Repubblicana, che, se fosse attuata in pieno, sarebbe di per sé un ottimo programma di governo.