lunedì 22 maggio 2017

Freschi di stampa, 1917-2017 (9) - Tic-tac, tic-tac

Prosegue la serie di testi ispirati o ripresi dall'ADL nell'anno delle due rivoluzioni russe che hanno cambiato il mondo. La nostra redazione di allora poté “coprirle” entrambe con materiale di prima mano. Ciò grazie soprattutto ad Angelica Balabanoff, fautrice degli stretti legami svilup­pa­tisi tra i socialisti italiani e russi impegnati, insieme al PS sviz­zero, nella grande campagna di “guerra alla guerra”. Campagna lan­ciata con la Conferenza di Zimmerwald. E culminata nella Rivoluzione d'Ottobre.

Sulla prima pagina dell’ADL in uscita il 5 maggio del 1917 continuano a campeggiare titolazioni “internazionaliste” inneggianti, cioè, alla pace tra gli oppressi e alla solidarietà di classe.

Il titolo a tutta pagina esordisce con un cubitale “Pasqua dei lavoratori”, e nel catenaccio c'è la parola d’ordine: “Internazionalismo in azione – In tutti i paesi, in tutte le favelle i lavoratori chiedono: Pane, pace, libertà”.

Questa parola d'ordine riassume il sentimento ormai prevalente emerso dalle manifestazioni del Primo Maggio, cui allude la “Pasqua”. Parola che s’intende non in modo generico come festa grande del movimento operaio, ma anche come vera e propria resurrezione.

Dopo le complicità belliche che avevano portato la socialdemocrazia europea a divedersi per votare i crediti di guerra mettendo la “nazione” davanti alla “classe”, la rivoluzione in Russia riporta l’interna­zio­na­li­smo nelle piazze come forza politicamente e culturalmente egemone:

«Ai compagni operai di tutta Europa ancora sotto il martellare della morte e della fame e dello sfruttamento più iniquo”, si legge a conclusione dell’editoriale, “il nostro plauso e il nostro incitamento. Come nella giornata del Primo Maggio 1917 la parola culminante fu in tutti i nostri comizi operai di Europa e di America l’“Abbasso la guerra” e l’“Evviva la rivoluzione”, così per l’oggi e per il domani… la parola d’ordine sia “abbasso la guerra, evviva la rivoluzione sociale!”».

Lenin, ormai rientrato a San Pietroburgo, ha pubblicato sulla “Pravda” del 20.4.1917 le sue dieci Tesi d’Aprile nelle quali invita l’esercito alla fraternizzazione con il cosiddetto “nemico” e dichiara che – dopo questa prima fase “borghese” della rivoluzione – i bol­sce­vichi devono prepararsi a una “seconda fase”, cioè alla “rivo­luzione proletaria”. Che porterà al controllo dell’economia e della società sotto l’egida dei Soviet. I bolscevichi cambieranno nome al loro partito, che non sarà più “socialdemocratico”, ma d'ora in poi “comunista”, e che costituirà il nucleo di una nuova “Internazionale”.

Queste posizioni non coincidono affatto con il programma della sinistra socialista e internazionalista d’Europa, la quale punta semmai a una pacificazione bilanciata (“senza annessioni e senza riparazioni”), all’instaurazione di democrazie ovunque possibile e a un programma rivoluzionario sì, ma in senso “sociale”. Perché – per ora lo si nota poco, ma con il tempo lo si vedrà meglio – c’è una bella differenza tra la “rivoluzione proletaria” con la quale i comunisti intendono rovesciare il “governo borghese” in Russia e il programma di riforme radicali che i socialisti di sinistra intendono portare avanti nel primo dopoguerra. Questo programma è la “rivoluzione sociale” di cui parlerà il riformista Turati quattro anni più tardi nei suoi celebri discorsi al Congresso di Livorno.

Angelica si riconosce sostanzialmente nelle posizioni “socialrivoluzionarie” e non certo in quelle leniniane, che rimangono per ora decisamente minoritarie anche all'interno della stessa frazione bolscevica in Russia e che mai avrebbero potuto conquistare la maggioranza, se il governo provvisorio e soprattutto Kerenskij non avessero imboccato con tanto disastrosa determinazione la prosecuzione della guerra.

Sono questi primi giorni quelli in cui Kerenskij compie il suo errore politico più grave, incontrando la delegazione dei socialisti francesi ai quali assicura il suo appoggio, nel Governo e nel Soviet, sulla linea di continuazione delle operazioni militari. E c’è un filo diretto che lega gli abbracci tra Kerenskij e i compagni francesi alla sua fuga dal Palazzo d’Inverno nelle prime ore del 9 novembre 1917 (25 ottobre 1917).

Ma ormai “l’orologio della storia mondiale” ha iniziato a battere forte: “Tic-tac, tic-tac”, recita il titolo dell'articolo di spalla, firmato con lo pseudonimo “arrisan”, dietro al quale si cela verosimilmente Angelica:

«Tic, tac, tic, tac… e l’ora è suonata. Suonò l’ora della rivoluzione russa, come suonò quella della guerra, come suonerà l’ora della rivoluzione europea, l’ora della pace.

Tic, tac, tic, tac, batte imperturbabile l’orologio della storia, preannunciando giorni di interesse universale.

Il tic tac dell’orologio pietrogradese risuona nella capitale germanica. Ed il signor Filippo Sccheidemann misura il suo tempo traverso l’orologio del Palazzo imperiale di Berlino: egli si è accorto che mentre per i Romanoff erano suonate le ore 12, per gli Hohenzollern l’orologio segnava le 11.55.

Ecco perché questo aborto di Giulio Cesare parlamentare esclamò preoccupato al Reichstag prussiano: “Signori, mancano cinque minuti alle ore dodici”.

Cinque minuti di vita concesse il medico Scheidemann al suo malato Guglielmo II!

(…) Il tic tac dell’orologio pietroburghese ha disturbato anche il sonno degli ospiti di Schönbrunn. E il neo-Kaiser di Vienna, parlando collo scrittore svedese Björn Björusen, ha confessato di trovarsi in una situazione difficilissima. Questo giovane e inesperto Carlo I (il primo e l’ultimo forse) disse di avere un vasto programma…

Siamo cioè verso il crollo di un’altra dinastia. Andiamo incontro ad un’altra rivoluzione, che darà forza e vita ad una rivoluzione europea. Ed allora verrà anche la pace sociale, la nostra pace.» (ADL 5.5.1917).

Sul breve periodo quasi tutto si svolgerà come previsto, fatta eccezione per… la Rivoluzione d’Ottobre. Di lì a 18 mesi cadrà il Kaiser a Berlino, e subito dopo il Kaiser a Vienna. Ma la pace non verrà affatto. Tra il 1917 e il 1918 si conclude solo la prima puntata, puntata terribile, ma quella meno terribile, del sanguinosissimo suicidio europeo. Segue un inquieto armistizio lungo diciotto anni. Prossimo appuntamento: Spagna 1936. Poi nel 1939 Hitler darà inizio al più grande conflitto armato della storia e verrà sconfitto in forza del prevalente tributo di sangue versato dal popolo russo.

Nel 1945 il mondo ne uscirà completamente cambiato sotto il profilo geo-politico: la maggior parte dell’umanità – dal mar Adriatico al mar del Giappone, dalla Jugoslavia alla Cina – si ritroverà socialmente congelata oltre una cortina di ferro dentro regimi illiberali d’ascendenza sovietica.

E sarà soprattutto il soft power della socialdemocrazia europea e della liberaldemocrazia americana a motivare i popoli dell’Est verso un superamento della glaciazione comunista.

Peccato che, dopo quei “trent’anni gloriosi”, abbattuto il Muro di Berlino e caduta l’Urss, il capitalismo globale si sia scatenato di nuovo, come prima e più di prima. Tic, tac, tic, tac. 9. continua