martedì 2 maggio 2017

Grande impudenza di Mussolini, “rivoluzionario guerraiuolo”

Freschi di stampa, 1917-2017 (7)

Prosegue la serie di testi ispirati o ripresi dall'ADL nell’anno delle due rivoluzioni russe che hanno cambiato il mondo. La nostra redazione di allora poté “coprirle” entrambe con materiale di prima mano. Ciò grazie soprattutto ad Angelica Balabanoff, fautrice degli stretti legami svilup­pa­tisi tra i socialisti italiani e russi impegnati, insieme al PS sviz­zero, nella grande campagna di “guerra alla guerra”. Campagna lan­ciata con la Conferenza di Zimmerwald. E culminata nella Rivoluzione d'Ottobre.

"L’opposizione socialista alla guerra prepara ed affretta la rivoluzione": Anche l’ADL del 21 aprile 1917 dedica un titolo a tutta pagina alla situazione bellica e ai fatti di Russia, ma questa settimana l’attenzione è rivolta contro Mussolini e i “rivoluzionari guerraiuoli” che reclamano una sorta di primazia sul regime change a San Pietroburgo, dove Lenin è giunto il 16 aprile 1917.

Senza por tempo in mezzo, il leader bolscevico chiarisce la sua posizione con le Tesi d'Aprile, che vengono enunciate già all'indomani del suo arrivo, nel discorso tenuto al Palazzo di Tauride, sede del Soviet di San Pietroburgo, il 17 aprile del 1917. Le Tesi appariranno poi sulla Pravda tre giorni dopo con il titolo Sui compiti del prole­ta­riato nella rivoluzione attuale. Il programma leninista mira al rove­sciamento del governo borghese e a un ordine nuovo che conferisca tutto il potere ai consigli operai (soviet) e ponga fine, anche unilate­ral­mente, alle ostilità sul fronte russo.

Nell'ondata di grande entusiasmo popolare e di grandi speranze di pace che la Rivoluzione di Febbraio aveva suscitato in tutta Europa, anche Mussolini e gli altri interventisti ex socialisti, che pure erano divenuti nemici giurati di ogni pacifismo zimmerwaldiano, si videro indotti a schierarsi sul caso russo. E seguirono due tattiche. In primo luogo accentuarono le figure retoriche dell'eroismo maschile irridendo l'ideologia effeminata dei pacifisti, caduti ormai preda delle virago internazionaliste, e in particolare di Angelica Balabanoff, presentata dagli ex compagni come gran corruttrice dell'italica virtù.

In secondo luogo rivendicarono gli eventi rivoluzionari russi, quasi che questi discendessero dall'interventismo italiano. A queste nuove formule della propaganda di guerra reagisce, dunque, l'ADL del 21 aprile 1917 sia nel ripercorrere il calvario delle donne socialiste esuli per causa di tirannia bellicista, sia respingendo i volgari attacchi a Angelica Balabanoff (a pagina 2), sia soprattutto contrastando le rivendicazioni del futuro duce sulla Rivoluzione russa di Febbraio.

Parte importante della stessa frazione bolscevica e la quasi totalità della galassia socialista russa guarda con perplessità alla linea di radicalizzazione rivoluzionaria prospettata dall'esule al suo rientro in patria. Lo stesso dicasi per il vasto panorama politico internazionalista e zimmerwaldiano negli altri paesi, panorama di cui L'ADL è parte, e in cui prevalgono posizioni socialiste-rivoluzionarie e anti-bolsceviche.

Ma nel nuovo governo russo – il cui maggiore esponente social-rivoluzionario è il ministro di Giustizia e futuro premier Aleksandr Kerenskij – non vengono assunte misure cautelative contro le velleità incendiarie del leninismo, ispirate e in parte anche finanziate dal patto di ferro con il Kaiser di Berlino.

Kerenskij – che nutre sentimenti filo-francesi e si sente combattuto tra l'etica dell'onore nazionale nei riguardi degli Alleati e l'acuta esigenza popolare di pace – non farà arrestare Lenin anche a causa dell'antica amicizia che lega lui e la sua famiglia agli Uljanov, appartenenti anch'essi alla piccola aristocrazia della città di Simbirsk, come si chiamava allora l’odierna Uljanovsk.

Rovesciato infine dalla Rivoluzione d'Ottobre, Kerenskij, esule a sua volta a New York, racconterà di non avere mai voluto spiccare un ordine di arresto nei confronti di Lenin perché a trattenerlo era stata sua madre, dalla quale quotidianamente si recava l'anziana madre del capo bolscevico a implorare per l'incolumità personale di Vladimir Ilič, unico figlio rimastole dopo che Aleksandr era stato impiccato dal regime zarista all'età di 21 anni.

 “I volgari inganni e le losche speculazioni dei traditori del socialismo, frantumati dalla analisi della verità”, recita il catenaccio al titolo di prima pagina, che rinvia all’editoriale di Francesco Misiano intitolato "Il colmo dell'impudenza":

«Il grandioso episodio della rivoluzione russa ha dato nuovo modo ai rivoluzionari guerraiuoli, delle radiose giornate di maggio, di dimostrare come nel campo del “girellismo politico”, e della più sfacciata impudenza essi non abbiano competitori.

Si affannano ora ad affermare (...) che gli avvenimenti russi furono da essi previsti, da essi determinati, che questi avvenimenti sono il frutto della loro azione guerrafondaia, che senza l'intervento dell'Italia in guerra essi, avvenimenti rivoluzionari, non si sarebbero verificati, che, in una parola, la “rivoluzione” è nata dalla guerra, e che quindi era bene entrare in guerra, se dalla guerra nasce la rivoluzione. (...) Vediamo un po' quali sono i fattori-causa della rivoluzione russa. Li raccogliamo in tre riassuntivi principali:

1. Carestia, fame, dolori e sventure conseguenti alla guerra.

2. Tradizione rivoluzionaria mirante a rovesciare un sistema di governo anacronistico.

3. Atteggiamento di opposizione alla guerra da parte del Partito socialista rivoluzionario russo.

(...) Non occorre ricordare quanti dei suoi [del Partito socialista rivoluzionario, Ndr] fossero stati, durante la guerra, succhiati dalle prigioni, o eliminati con l'esilio, o con sistemi più rapidi, quelli del patibolo. È notorio che, anche più del nostro Partito italiano, il Partito socialista russo, è rimasto tenace assertore del socialismo, che è contro le guerre, e contro i massacri fra popoli, fra proletari, e come per questo suo reciso atteggiamento abbia affrontato ogni sacrificio di libertà e di sangue. (...) Un Partito socialista che in un qualunque paese belligerante d'Europa si ponesse – come in Francia, come in Germania, – a collaborare per la guerra con la borghesia, viene a svolgere una funzione che, nei riguardi della rivoluzione, è perfettamente in completa opposizione (...).

Ecco perché noi che fummo contro la guerra, che la guerra la subimmo, crediamo che (...) non potranno dire i Mussolini ed i Bissolati, che consigliano al popolo l'astinenza ed il sacrificio di fronte alla fame ed alla morte, in nome della "santità" della guerra, di essere essi i provocatori volenterosi della rivoluzione (...) Che i cialtroni dell'interventismo rivoluzionario italico dicano pure che ad essi va il merito della rivoluzione russa: la verità è ben altra» (ADL 21.4.1917).

Nelle pagine successive continua la rassegna internazionale e di seguito uno stralcio dal discorso del compagno Hoffmann al Reichstag tedesco: “Il militarismo tedesco e il dispotismo tedesco sono responsabili della guerra. Soltanto quando saranno eliminati questi, il popolo respirerà. / Voi deputati di destra, con la vostra politica screditate la Germania. / Voi avete piani annessionistici, pazzi e delittuosi” (ADL 21.4.1917).

7. continua