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A distanza di poche ore l'elezione di Mattarella produce i primi effetti politici. Non la sua persona ovviamente, ma il contesto con cui si è arrivati alla sua nomina fa la prima vittima, e di quelle eccellenti. Forza Italia è precipitata nel caos e il 'patto del Nazareno' si frantumano anche se non è escluso che rinasca dalle ceneri come l'Araba fenice.
"Denunciamo – si legge in un passaggio del documento approvato dal Comitato di presidenza di Forza Italia riunito in giornata – il metodo scelto dal Partito Democratico per arrivare alla designazione del candidato Presidente. La stima e il rispetto, umano e politico, per la persona designata, non possono farci velo nel giudicare inaccettabili le modalità adottate nella trattativa tra le forze politiche dal partito di maggioranza relativa. Modalità che hanno sconfessato quel principio di condivisione delle scelte istituzionali, elemento fondante del patto sulle riforme da noi sempre onorato". Parole pesanti che mettono una pietra tombale sull'accordo del Nazareno.
Una giornata convulsa quella di Forza Italia. Da una parte la 'voce contro', quella di Fitto che chiede l'azzeramento dei vertici del partito, i quali si riuniscono, mettono sul tavolo le loro dimissioni e si vedono confermare la fiducia da parte di Silvio Berlusconi. Fitto inceve incontra i giornalisti alla Camera proprio mentre a palazzo Grazioli si riunisce l'Ufficio di presidenza FI: l'europarlamentare azzurro ne fa parte ma da tempo ne ha disconosciuto la legittimità formale e quindi lo diserta. Fitto ribadisce che non pensa proprio di andarsene da Forza Italia. Al contrario "resto e porterò avanti questa battaglia dall'interno", al grido "vanno azzerati tutti i vertici: basta con i nominati dall'alto".
Ieri Berlusconi ha tentato di comporre le fratture incontrando prima Denis Verdini e poi lo stesso Raffaele Fitto e, in serata, ha riunito a palazzo Grazioli i fedelissimi. Ed è proprio a quella riunione che a tarda sera è stata decisa la convocazione prima dell'ufficio di presidenza 'ristretto', con la partecipazione dei soli aventi diritto di voto, ovvero una trentina di componenti, poi la convocazione dei gruppi di Camera e Senato nel pomeriggio. Fitto chiede tabula rasa ed ecco che capigruppo, vicecapigruppo e i vertici FI in blocco presenti al Comitato di presidenza affidano le loro dimissioni dai rispettivi incarichi a Berlusconi. Il quale le respinge, confermando a tutti piena fiducia. Dopo gli errori clamorosi degli ultimi tempi – afferma Fitto in una conferenza stampa alla Camera – c'è la necessità di un azzeramento totale degli organi del partito".
"Il patto del Nazareno è rotto, congelato, finito" annuncia a questo punto Giovanni Toti, consigliere politico di Forza Italia. E proprio il patto siglato tra Berlusconi e Renzi è finito sul banco degli imputati durante la riunione del comitato ristretto di Forza Italia. I vertici del partito di Berlusconi hanno duramente criticato le posizioni assunte dal presidente del Consiglio in occasione dell'elezione del nuovo Capo dello Stato. È stato proprio Renzi, dicono gli azzurri, a disattendere la parola data.
Dal Partito democratico arrivano le riposte. La prima dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti: "Contenti loro – dice – contenti tutti. Ognuno per la sua strada, è meglio per tutti. Per noi, sicuramente". La seconda di Debora Serracchiani, vice segretario del Pd: "Se il patto del Nazareno è finito, meglio così. La strada delle riforme sarà più semplice. Arrivare al 2018 senza Brunetta e Berlusconi per noi è molto meglio". Insomma il Pd non sembra stracciarsi le vesti, anzi ora vede più facile e senza ostacoli il cammino delle riforme. Ma il voto di Forza Italia, come ricorda Toti è stato "più volte determinante. I voti parlamentari non sono problemi nostri, noi siamo all'opposizione. Stando ai numeri che abbiamo espresso in Senato – conclude – io non starei così sereno". E poi aggiunge: "Forza Italia non è affatto antiriforme. Stando noi all'opposizione da oggi ci sarà un cammino diverso. Abbiamo dato mandato ai gruppi parlamentari di valutare di volta in volta i singoli provvedimenti e voteremo quello che sarà utile al paese. Il Pd non può pretendere di condividere ad intermittenza le scelte". Parole che a dire il vero non sono nuove. È da vedere ora se dalle minacce passeranno ai fatti. E soprattutto è da vedere cosa farà Alfano dopo la clamorosa giravolta sul Quirinale. "Per noi – dice al Tg3 il ministro dell'Interno – non è una buona notizia l'addio al Patto del Nazareno da parte di Forza Italia, sarebbe stato meglio che il Patto durasse. Noi ci stiamo per fare le riforme e cambiare volto al Paese. C'e' quindi la maggioranza per fare proseguire le riforme. Speriamo in un riaggancio di Forza Italia, ma in ogni caso noi ci siamo". Sempre dal Nuovo centro destra parla anche Lupi: "Alfano non deve dimettersi da ministro ma dobbiamo rilanciare la nostra azione di Governo: non dobbiamo cambiare organigrammi ma logica politica, non è questione di cariche ma di contenuti".
E sulla eventualità di una verifica di Governo interviene il segretario del Psi Riccardo Nencini: "La coralità del voto espresso sul Capo dello Stato rende vana ogni verifica di Governo. Bisogna invece 'spingere' con determinazione per affrontare ora le questioni aperte e in transito tra Camera e Senato per evitare colli di bottiglia con l'inizio della campagna elettorale per le elezioni regionali e amministrative".