martedì 1 aprile 2014

Parliamo di socialismo- Antieuropeismo

FONDAZIONE NENNI

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Fra due mesi si vota per le elezioni europee e tutti i sondaggi danno in crescita le formazioni politiche critiche verso l’Europa, ormai percepita da un’ampia fetta di elettori come potere burocratico e distante che impone austerità e rigore nei conti, senza alcun beneficio immediato.

di Alfonso Isinelli

Da ieri i sondaggi, almeno in Francia, si sono incontrati con la realtà, è il Front National, rivitalizzato dalla gestione di Marine Le Pen, al grido di “basta Europa, più Francia”, ha conquistato il ballottaggio da posizioni di forza, in importanti realtà municipali.

Dunque un segnale forte, che conferma una tendenza europea alla protesta e alla disaffezione verso Bruxelles, che potrebbe essere favorita anche dal sistema elettorale proporzionale previsto per le elezioni europee. In un quadro di astensionismo sempre più forte, la tendenza si dispiega in maniera non omogenea: in Grecia ci sono i neonazisti di Alba Dorata che sono stimati, purtroppo, in doppia cifra, mentre a sinistra Alexis Tsipras, uscendo con la lista che porta il suo nome anche dai confini patri (come da noi in Italia) si candida a Presidente della Commissione Europea, per dare una svolta radicale alle politiche comunitarie. In Olanda riprende il fiato dopo la botta d’arresto il populista Geert Wilders; nella già poco europeista Gran Bretagna, il partito indipendentista britannico di Nigel Farage viaggia tra il 15 e il 20%.

In Germania i fermenti anti europeistici sono di segno opposto: Alternativa per la Germania, chiede più austerità e meno soldi dei contribuenti tedeschi ai paesi europei più deboli. E in tutto questo si innestano richieste sempre più forti di indipendenza territoriale. Sembra essere sempre più alle porte la separazione tra fiamminghi e valloni in Belgio, in autunno la Scozia deciderà con un referendum se staccarsi dalla Gran Bretagna e lo stesso, anche se in questo caso Madrid lo ritiene illegittimo, potrebbe accadere l’anno prossimo in Catalogna. E il referendum “autogestito” in Veneto, di cui qualcuno ha sorriso, sottovalutandolo, è un segnale più preoccupante di quanto sembri.

Ecco, veniamo all’Italia, cosa succederà il 25 maggio? Renzi ha messo le mani avanti dicendo che non sarà un referendum sul suo governo. E’ consapevole che potrebbero non bastare 80 euro in tasca ai lavoratori (due giorni dopo il voto…) a contrastare l’aria fra disincanto e rabbia che si respira nelle strade, nei mezzi di comunicazione, nei social network. L’astensione e Grillo rischiano di uscirne ancor più vincenti.