Chi cerca trova Il problema dei rifugiati e quello delle carceri. di Giuseppe Tamburrano Vi sono due enormi problemi umani e sociali, ai quali abbiamo già accennato, che non si risolvono perché prevale il disinteresse per non dire il cinismo. Il problema dei rifugiati e quello delle carceri. Circa il primo abbiamo già detto che quella povera umanità in maggioranza non cerca di sbarcare in Italia per restarvi: i barconi si dirigono verso le coste italiane poiché sono le più vicine, ma molti migranti sono diretti verso altri paesi europei. Dunque questo è un problema europeo che deve essere affrontato dall'Europa. L'Italia invece di "pigolare" ed essere additata come responsabile dell'atroce destino di chi muore in mare, o è affollato in "centri" evitati anche dai topi e affronta la sua odissea nel modo più disumano , faccia la sua parte con fermezza in Europa perché, ripeto, questo è un problema europeo e va affrontato dall'Europa. Noi invece dopo le ultime due tragedie abbiamo dovuto trovare fondi-con questa crisi!- per pattugliare il Mediterraneo! Il Governo chieda con urgenza una decisione europea, che coinvolga tutti i paesi interessati a rendere comune il problema. A mo di esempio si potrebbe costruire, col consenso delle autorità locali, centri di accoglienza umani all'imbarco dove i migranti potrebbero trattare la loro "pratica" ed essere quindi imbarcati e trasportati nei luoghi di destinazione. Una iniziativa del genere fu avviata in passato: ma c'era Gheddafi.Forse potrebbe essere più agevole oggi? I modi possono essere diversi, ma è indecoroso che non si dedichi a tanti fratelli il decimo del tempo dedicato al 3% del deficit. L'altro problema riguarda le carceri, sollevato dal capo dello Stato con la richiesta della grazia e dell'indulto. Capisco le perplessità. Ma non capisco perché non si usano tanti edifici pubblici inutilizzati o sottoutilizzati per ristrutturarli e farne istituti penitenziari: insieme con il tragico problema della sovrappopolazione carceraria si concorrerebbe ad alleviare il non meno tragico problema dell'occupazione. Le soluzioni dei problemi si trovano, ma bisogna cercarle. |
LAVORO E DIRITTI - 1 a cura di www.rassegna.it Camusso: la patrimoniale non può essere un tabù Il segretario della Cgil torna sulla necessità dell'introduzione di una tassa sui grandi patrimoni e sulle rendite, "cosa che è normalità nel resto d'Europa". Ma mentre imprenditori e studiosi sostengono questa ipotesi, per la politica resta un tabù. "La patrimoniale non può più essere un tabù in Italia, ci sono varie personalità che si sono spese in questa direzione, solo la politica sembra bloccata in questo senso". Il segretrio della Cgil Susanna Camusso, a margine degli Stati generali della Cgil Lombardia, torna a rilanciare il tema della necessità di una tassa patrimoniale in Italia. "Da noi – ha detto ancora Camusso - non si ha il coraggio di nominare la parola patrimoniale che è normalmente nominata in Europa. Credo che la patrimoniale sia per certi versi un tabù, basta pensare a quanti mesi abbiamo impegnato nella discussione sul se poteva rimanere o meno l'Imu". "Oggi – ha proseguito Camusso - abbiamo una legge di stabilità che non dedica abbastanza risorse al lavoro, poi per fortuna esistono studiosi e imprenditori - ha aggiunto il segretario Cgil - che colgono la necessità di ricostruire un sistema di tassazione nel nostro Paese che sia progressivo e prenda in considerazione anche le rendite i patrimoni, cosa che è normalità nel resto d'Europa". Insomma, secondo Camusso, "il problema vero è la politica che deve abbandonare una logica di tabù per proporre invece un progetto per il Paese che abbia l'equità e la giustizia fiscale come fondamenta". A chi le chiedeva se il passaggio in parlamento della legge di stabilità possa essere la chance per introdurre la patrimoniale, Camusso ha risposto che "sarebbe necessario fosse la volta buona, perché non c'è un tempo infinito dinnanzi a noi per cominciare a fare politiche anti-cicliche". |
Da MondOperaio Dinanzi alla "piazza" Per caso ascoltavo dei ventenni su un pullman che conversavano sulle recenti manifestazioni romane . . . di Danilo Di Matteo Come ci poniamo dinanzi alla "piazza"? Come accogliere le istanze degli "indignati" senza appiattirsi su di esse e provando anzi a interpretarle e decodificarle? Per caso ascoltavo dei ventenni su un pullman che conversavano sulle recenti manifestazioni romane. Una studentessa a un certo punto sosteneva che i principi di fondo della protesta corrispondono a quelli del socialismo: libertà, pace, uguaglianza. Se così è, come rispondere a tali motivi ispiratori? Si tratta, come è ovvio, di tradurli in scelte e in atti concreti. Ciò implica la capacità di trovare le risorse e i mezzi necessari. Occorre cioè saper fare di conto, senza confidare nelle soluzioni estreme – come l'esproprio – e senza ignorare le compatibilità. E al fondo di tutto, quasi si trattasse di una quadratura del cerchio, non di rado bisogna coniugare spinte fra loro in almeno apparente contraddizione: si pensi a quelle volte all'eguaglianza e alla libertà. Ѐ in ciò la quotidiana azione riformatrice, è in ciò la difficile pratica del riformismo. Senza con questo dimenticare che sia dietro i proclami generali sia dietro una concezione ragionieristica e tecnocratica delle riforme e della politica possono celarsi pulsioni e interessi conservatori. Credo, in definitiva, che al fine di animare un pensiero socialista largo e inclusivo ci si debba muovere tenendo conto di tali coordinate. |