giovedì 16 maggio 2013

Le idee - Di riffa o di raffa questo è e resterà un governicchissimo

 di Felice Besostri

 

Nelle mie analisi parto sempre dalla ferita grave inferta alla nostra Costituzione dall'approvazione della legge 270/2005 di riforma della legge elettorale: una legge di fatto concordata tra i due poli apparentemente alternativi. E' sufficiente ripercorrere l'iter parlamentare per scoprire il gioco delle parti: quando si esce dalla sede deliberante per protesta tutti  capiscono, che si vuole l'approvazione della legge. D'altra parte il suo modello era la legge elettorale toscana. Si è introdotta una specie di elezione /designazione diretta del Primo Ministro in una Costituzione con forma di governo parlamentare. Un sistema maggioritario travestito da proporzionale, così da sommare i difetti dei due sistemi.

    Con quella legge e con il suo abnorme premio di maggioranza  era inevitabile la creazione di un bipolarismo artificiale, un sistema diviso in due campi necessariamente alternativi: bastava un voto un più del blocco avversario per prendersi il premio di maggioranza. Non solo si era costretti a dar vita a coalizioni altrettanto posticce, incapaci di governare. Coalizioni che non reggevano ad una legislatura come le vicende del 2006 e del 2008 e infine del 2013 hanno dimostrato. Le liste bloccate hanno dato il colpo finale alla democrazia rappresentativa: un centinaio di persone ( ad essere larghi ) che nominano 945 parlamentari invece di farli eleggere da 44 milioni di cittadini. Uno spropositato ed incontrollato potere  in mano ad oligarchie, nel migliore dei casi, quando non, a destra e sinistra, nelle mani di un capo o padrone di una lista. In nessun paese c'è un tale potere in capo a partiti in assenza di ogni legge regolatrice degli stessi: una regolamentazione tra l'altro richiesta dall'inattuato art. 49 della Costituzione.

    In tale contesto la delegittimazione del capo dello schieramento avversario non era un espediente ma una necessità. Quando si sono invocate le Grandi Coalizioni tedesche ci si dimentica che quello è un sistema proporzionale con soglie di accesso e che i partiti hanno una chiara identità politico-programmatica: mentre in Italia la vocazione maggioritaria ha comportato partiti, con unico vincolo quello del successo elettorale: PD e PdL ne sono l'esempio. Si sono intaccate le prerogative presidenziali nella scelta del Presidente del Consiglio dei Ministri( chiamiamolo con il suo nome) e di fronte al fallimento delle coalizioni indicate dagli elettori (2006 e 2008) o alla mancanza di un'univoca indicazione(2013) era naturale l'espansione dell'unico potere costituzionale legittimo e in grado di decidere: il Presidente della Repubblica.

    L'altro potere, quello legislativo, teoricamente il più importante in una democrazia rappresentativa con forma di governo parlamentare era ed è fuori gioco: si tratta di nominati che non rispondono ai loro elettori, ma a chi li ha collocati, d'autorità o in seguito a trattative tra gruppi di potere, in posizione eleggibile. Nelle vicende dell'elezione del Presidente della Repubblica è stato chiaro che nelle scelte dei parlamentari a voto segreto non c'è l'esclusivo interesse della Nazione( art. 67 Cost.) o la disciplina di partito, ma la dinamica dei gruppi federati momentaneamente in un partito.

    Chi vede gli effetti e non le cause si è messo a gridare al tradimento della Costituzione, di inammissibile interventismo presidenziale, addirittura di degenerazione presidenzialista. In Italia, a differenza della Germania dove il Cancelliere è eletto a scrutinio segreto dal Bundestag, tutti i governi sono governi del Presidente, perché è il Presidente che li nomina ed entrano in carica con pieni poteri con il giuramento nelle sue mani. La fiducia parlamentare è una ratifica, che presuppone parlamentari senza vincolo di mandato.

    Da qui, da uno stato di necessità, cui per insipienza politica tutti i soggetti parlamentari e partitici hanno concorso, passare ad un'esaltazione di un accordo il passo è più lungo delle gambe. Questo è e resta un governicchissimo. Per dimostrare il contrario dovrebbe dare quello che non può assolutamente fare: una nuova legge elettorale. Non lo farà perché teme per la sua durata, se ci fosse una legge elettorale più potabile e meno incostituzionale, alle prime difficoltà andrebbe in pezzi. Quindi prende tempo e lega la riforma elettorale alla diminuzione del numero dei parlamentari  e alla riduzione di costi della politica ( abolizione del finanziamento pubblico ai partiti) tanto per dare qualcosa in pasto ad un'opinione pubblica intossicata), cioè a scelte contro il pluralismo della rappresentanza invece di riformare la politica e i partiti.

    Che duri o no il governo è irrilevante, se non per le emergenze finanziarie, ma i problemi del nostro sistema politico di assetto non europeo resteranno tutti irrisolti