giovedì 9 maggio 2013

Per il Partito della Sinistra Italiana

La situazione è grave. È grave per la sinistra italiana, per il centro-sinistra italiano, per la Repubblica. Una crisi di sistema e che viene da lontano, ma che oggi sta vivendo la sua fase più acuta.

di Fabio Vander


La vicenda della rielezione del Presidente della Repubblica ha evidenziato in modo preoccupante l'incapacità del Parlamento, dei partiti, della classe dirigente, dell'intero sistema democratico di funzionare in modo adeguato. Questo mentre la situazione economica si aggrava diffondendo povertà, disoccupazione, ingiustizie e allarme sociale.

Per reagire a questa situazione di fatto occorre una risposta politica alta, strutturata, consapevole delle proprie responsabilità.

E invece il panorama offerto dalla cronaca è tutt'altro.

Quello di una destra come mero comitato d'affari personali, concentrato di pulsioni anti-democratiche, anti-costituzionali, reazionarie, corriva con il peggio della società italiana. Tutti gli altri tentativi di proporne un profilo più moderno, democratico ed europeo sono falliti: da Casini, a Fini, ai vari "Terzi Poli", da ultimo Monti.

Anche il PD, che doveva essere l'altra gamba del "bipolarismo" italiano si è mostrato invece un potente fattore di crisi di sistema. È un progetto fallito, non solo per insipienza tattica, ma per vizio strategico. Il fallimento era scritto nel suo codice genetico, frutto dell'equivoco di fondo di tenere insieme ciò che in una condizione di normalità andrebbe distinto: sinistra e centro, moderati e riformatori, ex-democristiani ed ex-comunisti. Nati per rappresentare l'alternativa a Berlusconi, ne hanno invece garantito la perpetuazione, l'inamovibilità dal centro della scena politica nazionale. Confermatasi clamorosamente con la nascita del governo Letta, nonostante la sconfitta elettorale e la perdita di milioni di voti.

Il PD ha perso con Veltroni e con Bersani, in versione moderata e in versione laburista, come "partito a vocazione maggioritaria" e come partito "coalizionale". Le stesse "primarie", presentate come il nuovo strumento democratico del XXI secolo, si sono rivelate solo vettore di disastro politico ed elettorale per Prodi nel 2006, per Veltroni nel 2008, per Bersani nel 2013.

Questi i risultati del 'nuovismo', di una cultura della democrazia improvvisata e tralatizia.

A questo si aggiunga che dopo il fallimento di Bersani il partito è rimasto schiacciato a destra sull'asse Letta-Renzi e legato ad un'esperienza di governo succube a Berlusconi.

Per non dire della sinistra. Il Paese delle "due sinistre" si trova da anni senza nessuna sinistra. Né radicale, né riformista, né parlamentare, né dei movimenti.

La verità è che anche qui dopo la scomparsa dei grandi soggetti storici della democrazia italiana: dal Partito comunista, al Partito socialista, alla tradizione laico-repubblicana, nulla è rimasto di serio ed adeguato.

La parabola di Rifondazione è stata mesta e senza sbocco, come dimostrato da ultimo dallo svanire del progetto di "Federazione della Sinistra".

La proposta di Ingroia è finita, come inevitabile, nel nulla.

Quanto a Sinistra ecologia e libertà è un altro dei fattori gravi della crisi attuale. Quello di Vendola è stato sin dagli inizi un progetto politico asfittico e miope, lo sciagurato slogan "non voglio un partito ma riaprire la partita" ha portato a non avere né un partito di sinistra, né la riapertura della partita politica. La tardiva riscoperta della necessità di un "nuovo partito della sinistra di governo", per non apparire opportunistica, dovrà vedere SEL collocarsi al servizio di un più ampio processo costituente della sinistra italiana; un processo partecipato, democratico e chiaro nelle sue premesse e nei suoi fini: rifondare la sinistra per rifondare l'Italia.

La domanda urgente è allora: data la sconfitta elettorale di "Italia Bene Comune" ovvero l'ennesimo fallimento dei gruppi dirigenti del centro-sinistra italiano, che fare?

Occorre un nuovo partito della sinistra. Un nuovo centro-sinistra. Una nuova democrazia dell'alternanza.

La sinistra ha bisogno, per tornare ad essere, di un nuovo partito. Che sia radicato nei luoghi di lavoro, nella società, nel territorio. Chi dice che il partito politico è una forma di organizzazione novecentesca e dunque superata, è un ignorante in fatto di politica e teoria politica ovvero è in malafede. In democrazia i partiti sono una componente indispensabile del sistema, un modo di raccogliere istanze e bisogni della società e portarli, "con metodo democratico", a determinare la politica nazionale. Come recita la nostra Costituzione. E noi restiamo fermi al dettato costituzionale. Certo "con metodo democratico". Il nuovo partito dovrà rinunciare a leaderismi e personalismi, a forme di investitura plebiscitaria, garantendo modalità di partecipazione, decisione e controllo da parte degli iscritti. In questo quadro il riequilibrio di genere è un valore, una risorsa costituita dalla capacità delle donne di portare nel discorso politico nuove istanze di qualità e di cittadinanza.

Ma dovrà trattarsi soprattutto di un partito di sinistra, democratico e socialista. Nazionale e internazionalista. Di sinistra perché indispensabile superare la logica stessa di un centrismo anonimo e asfittico; democratico sia nel senso che la democrazia è amputata se non c'è la sinistra, sia quanto alla vita politica interna; socialista poi perché irrinunciabile è una critica radicale e al tempo stesso democratica del capitalismo. Non basta essere anti-liberisti. La centralità del lavoro, non è istanza laburista o sindacalista, ma architrave sociale e valoriale di una prospettiva di giustizia ed eguaglianza per i lavoratori, le persone, la società.

Un nuovo centro-sinistra è poi indispensabile. La sinistra è disponibile ad un accordo con le forze riformiste e democratiche nella prospettiva di dare al Paese un governo autorevole, di cambiamento e di progresso. Idee, programmi, uomini e donne della sinistra sapranno contribuire, in forma autonoma ed originale, alla definizione appunto di un progetto e di un programma adatto all'Italia e all'Europa del XXI secolo.

Ma la soluzione di continuità con le esperienze degli ultimi decenni dovrà essere tangibile. Se infatti l'orizzonte europeo è imprescindibile, imprescindibile è anche rompere con le politiche liberiste e dell'austerità, che sono state i veri fattori di crisi e di instabilità. L'Europa negli ultimi venti anni è peggiorata. Peggiorato lo stato dell'economia complessiva, peggiorata la condizione dei lavoratori e dei loro diritti, come quella dei disoccupati, dei precari, dei giovani, degli anziani.

L'Europa che vogliamo è quella della giustizia, della eguaglianza, di una effettiva democratizzazione delle sue istituzioni.

Alternativa per noi è portare un progetto di rinnovamento e di giustizia al governo del Paese. Un progetto alternativo appunto a quello della destra. Al grumo di interessi, modi pensare e stili di vita che essa rappresenta. Siamo anzi convinti che tanto più il centro-sinistra sarà capace di accreditarsi come forza di autentico rinnovamento, quanto più la destra sarà costretta a riqualificarsi in senso democratico ed europeo. Ponendo finalmente termine al ventennio berlusconiano.

La democrazia nel suo complesso trarrà giovamento da una nuova sinistra e da un nuovo centro-sinistra. Andando oltre la stagione della cosiddetta Seconda Repubblica nell'unico modo progressivo possibile: superando gli attuali soggetti politici e contribuendo ad una democrazia articolata secondo la netta distinzione fra una sinistra e una destra, entrambe rinnovate, credibili, europee.