Non si sa perché, ma quanto più ci si avvicina alle elezioni,
tanto più la pianta dei partiti sembra riprendere vitalità.
di Paolo Bagnoli
Che la democrazia italiana abbia bisogno, se vuole pensare di salvarsi, di partiti veri è quasi una banalità; che quanto appare di ripresa in atto – un tema sul quale, ci pare, contraddicendosi un po' sono recentemente intervenuti sia il presidente del Quirinale che quello di Palazzo Chigi – corrisponda all'esigenza non ci pare proprio essere.
Vediamo. Casini sta cercando di trasformare l'Udc per farne una specie di partito di raccolta del cattolicesimo politico democratico; Grillo, il comico che ama più insultare che non far ridere, sta strutturando il suo movimento che, a quanto dicono i sondaggi, veleggerebbe già sul 7% dei consensi; qualche settimana fa, con poca fantasia invero, la figlia di Craxi ha lanciato il raggruppamento dei "Riformisti"; a Firenze, pochi giorni orsono, ne è stato presentato un altro, promosso dai soliti professori adusi agli appelli, che si contraddistingue per una concezione politica completamente ascendente e poi, questione ben più seria, il tornare alla ribalta del Psi guidato da Nencini che ha proposto la "casa dei riformisti", magari includendo Vendola – notare che nel programma della Sel la parola "socialismo" è del tutto assente - con l'obiettivo di siglare un armistizio operativo con il Pd. Berlusconi stesso vuole cambiare registro rispetto al fallimento del Pdl e, inoltre, vi sono anche altri movimenti, per ora sottotraccia, ma che tra un po' si affacceranno alla ribalta della politica nazionale.
Parafrasando il titolo di un bellissimo libro di Clara Sereni, Il gioco dei regni, ci sembra sia iniziato quello de "il gioco dei seggi". Di quelli futuri; del futuro Parlamento della Repubblica.
Il problema è serio, ma lo spettacolo è tutto dentro un'asmatica politique politicienne tanto più svelata quanto poiché i partiti non si fondano, o si rifondano, alla vigilia delle elezioni. Altro è il tempo e, poi, altre le cadenze che connettono il fatto con i fattori di riferimento di un partito politico: vale a dire, lo Stato, la politica democratica, gli interessi sociali che si vogliono rappresentare. La situazione italiana, inoltre, richiede una consapevolezza storica di fondo, di natura prospettica che nessuno, peraltro, sembra voler affrontare. Registriamo, al momento, come ognuno si posizioni per inserirsi nel gioco a lui più profittevole. Lo spettacolo non contribuisce certo a ricostruire seriamente quanto dovrebbe essere ricostruito.
Quella del partito socialista è, tra le tante, la questione più rilevante le cui ragioni più volte abbiamo da queste pagine ricordato. Ci domandiamo – fermo restando che non abbiamo nulla da eccepire sulla risposta data da Nencini a Cicchitto che aveva rilevato come proprio il partito berlusconiano sia il luogo dei socialisti – ma è proprio possibile pensare che possa rinascere il socialismo italiano in questo modo? E' proprio possibile ritenere che basti avanzare una propostuccia, per lo più abbastanza confusa, per ridare al soggetto storico della classe operaia italiana, al partito storico della demcorazia italiana, quel ruolo, quella funzione e anche quella dignità politica che gli spettano? Noi, naturalmente, pensiamo di no; siamo convinti che occorra ben altro e che questo "ben altro" si cominci a metterlo sul piano proprio partendo dalla ricorrenza del 120° della fondazione del Psi soprattutto in un passaggio storico di estrema durezza che chiama alla lotta per la democrazia, la libertà e la giustizia sociale coloro che credono che il mondo non possa né debba essere governato dal profitto, ma nel nome di una concezione alta e civile dell'uomo cui assicurare una vita degna di essere vissuta. Crediamo, cioè, che per prima cosa occorra muovere dalle idee fondative, dai parametri ideologici, dall'analisi della fase attuale del capitalismo mondiale, della situazione penosa di un'Europa che giorno dopo giorno crea più problemi di quanti dovrebbe aiutare a risolvere. Ripartire da qui e da qui rimotivare, aprendosi al concorso di quanti credono in tali idee e intendono farne seguire concreti passaggi organizzativi, tutti coloro che socialisti di ieri e socialisti di oggi, socialisti lo sono soprattutto per il socialismo di domani. Il socialismo non rinascerà inseguendo seggi o ruoli di governo, ma avendo consapevolezza della lotta da fare e degli strumenti che occorrono per riformare strutturalmente il capitalismo della barbarie combinando cultura e politica;militanza e organizzazione; sacrificio e senso della storia; e, perché no, anche quello dell'attesa.
Celebriamo, allora, veramente come si deve il 120° della nascita del socialismo italiano; se ci riusciremo - come si deve, appunto - il resto, se deve seguire, seguirà; celebriamolo con l'intento unico, da nessuna altra cosa sviato, se non quello di ridotare, in un lavoro di ricostruzione nella legittimità costituzionale, il Paese di uno strumento fondamentale per il suo essere civile, libero e democratico. E, va da sé, più giusto di quello attuale.