Parliamo di socialismo
a cura della Fondazione Pietro Nenni
http://fondazionenenni.wordpress.com/
di Riccardo Campa
Parlando della questione greca, nell’editoriale “La preghiera di Aiace” (la Repubblica, 16 maggio 2012), Barbara Spinelli propone alcune osservazioni molto acute. Intanto, mette il dito sulla piaga, ricordando – se ce n’era bisogno – che il modo in cui la crisi dei debiti sovrani è stata gestita dimostra che l’Europa non è ancora una nazione, un popolo, un’entità politica. È degenerazione, oligarchia, regno dei mercati, “plutocrazia”, legge senza giustizia. La tesi centrale dell’articolo è che non ci può essere un’Europa senza la Grecia, perché «chi sproloquia di radici cristiane d’Europa dimentica le radici greche, e l’entusiasmo con cui Atene, finita la dittatura dei colonnelli nel 1974, fu accolta in Europa come paese simbolicamente cruciale». L’autrice si dice inoltre preoccupata, perché cresce la tentazione di risolvere la crisi con il ritorno alle “finte” sovranità assolute degli Stati nazione, invece di marciare verso la fondazione di un vero e proprio Stato europeo, una “Federazione forte”. Per finire, Spinelli non nega gli errori della Grecia, ma li attribuisce alla “corruzione politica” e stigmatizza il fatto che non si voglia dare ascolto a Syriza – la Sinistra radicale – bollandola a priori come “forza maligna” antieuropeista.
Non si può che convenire. Non è solo una questione di mancata solidarietà nei confronti di uno spezzone d’umanità in difficoltà economiche, ma un problema di identità europea, di appartenenza alla stessa comunità di destino. Se “Patria” è la terra dei padri, non ci può essere Europa che escluda dal proprio perimetro la terra di Solone, Pericle, Alessandro il Macedone. Ma credo che l’analisi non possa fermarsi qui. Credo che sia necessario affondare più decisamente il coltello nella piaga. La corruzione greca (ma anche quella italiana), o l’immediata marginalizzazione di chi solleva domande sul sistema, come Syriza, sono soltanto riflessi secondari di un problema ben più grande.
Chi ha letto la Repubblica di Platone ricorderà che il filosofo ateniese ha voluto separare nettamente il potere politico dal potere economico. Al punto che i detentori del potere politico, i guardiani della Polis – uomini e donne – erano nullatenenti, dormivano accasermati, mangiavano in mense pubbliche, si amavano e riproducevano liberamente senza formare famiglie, dedicavano il loro tempo alle scienze, allo sport, alle arti marziali, alla politica. I loro sottoposti potevano invece commerciare, arricchirsi, formare famiglie, lasciare eredità ai figli, ma erano privati di qualunque potere legislativo o esecutivo. L’ideale era avere politici integralmente dedicati al bene pubblico, liberi da conflitti di interesse, senza però mettere in pericolo la libertà di commercio e la ricchezza economica della comunità.
Si tratta ovviamente di una costruzione ideale, irrealizzabile in questa forma, della quale si sono nutriti al meglio alcuni socialisti utopisti dell’età moderna. Sicché, non si pretende oggi che i detentori del potere politico vivano nell’indigenza. Tuttavia, quello che accade oggi in Europa è l’estremo opposto, un ribaltamento totale del principio platonico. Oggi, l’elite al comando controlla tutta la ricchezza economica e tutto il potere politico, perché i veri guardiani della Polis europea – lo abbiamo visto con i nostri occhi negli ultimi mesi – non sono i parlamentari eletti dal popolo, ma gli azionisti della BCE. Una banca privata stampa soldi e li presta ad altre banche private, le quali a loro volta li prestano (se lo ritengono conveniente) agli Stati nazionali, ai cittadini, agli imprenditori – perlopiù a tassi usurai. Inoltre, gli azionisti di questa banca privata dettano le leggi ai governi, nominano governi nazionali, decidono chi deve stare in Europa e chi deve stare fuori.
Non si capisce proprio come le sinistre europee abbiano potuto avvallare o permettere la costruzione di un simile mostro. Certo, il problema viene da lontano, perché già prima dell’unione monetaria le banche centrali dei singoli paesi erano SPA. Però, ora il problema è aggravato, perché non c’è più alcun potere pari o superiore alla banca centrale. Anche gli USA sono una “plutocrazia”, ma oltreoceano perlomeno ci sono istituzioni pubbliche potenzialmente in grado di controbilanciare il potere della FED: un Presidente eletto dal popolo con poteri quasi monarchici, il Congresso, le Forze Armate, la Corte Suprema. In Europa, attorno alla BCE c’è il deserto.
Come possiamo allora parlare di ideali, di Patria europea, di democrazia, se mettiamo tutto il potere politico ed economico nelle mani di un gruppo di affaristi privati? Comprensibilmente, il consiglio di amministrazione di quella azienda dovrà rispondere sempre e innanzitutto agli azionisti, e non alla volontà collettiva o all’interesse dei cittadini europei. La corruzione politica è soltanto un epifenomeno di questa mostruosità istituzionale. I tribuni della plebe non hanno scelta: o si mettono al servizio della grande finanza, o – al meglio – difendono la causa del compromesso onorevole. Quelli che criticano il sistema vengono accusati di follia, irresponsabilità, estremismo, da una stampa che è spesso una mera diramazione dei poteri finanziari. Ma la vera follia è nell’avere ribaltato la Repubblica di Platone. La vera follia è nell’avere istituzionalizzato la figura dei giudici in campo: privati cittadini che sono allo stesso tempo giocatori e arbitri del gioco catallattico. Una follia che sta gettando nella miseria milioni di persone.
Si dice spesso che l’Europa, per sopravvivere come progetto politico, deve darsi un autentico organo di Governo, un esercito continentale, una comune politica estera. Ora mi chiedo: sono “pericolosi rivoluzionari” coloro che chiedono anche una Banca federale pubblica, che stampi moneta, compri titoli di Stato e sia in grado di spezzare la schiena a qualunque speculatore osi minare il benessere dei cittadini? È mai possibile che cinquecento milioni di Europei, cittadini di Stati che hanno scritto la storia e che formano nel complesso la prima economia del pianeta, debbano restare in balìa di quattro banchieri e tre speculatori? È mai possibile che la stampa si ostini a chiamare “moderati” i sostenitori teorici e pratici di questa mostruosità?
Temo che non riusciremo a raddrizzare la situazione, finché non sarà chiaro a tutti che i veri pazzi sono i moderati.