Per il primo ministro ungherese Viktor Orbán l'addio al fiorino non avverrà prima del 2020. Il governo vara un piano ambizioso che prevede la creazione di un milione di nuovi posti di lavoro entro dieci anni.
a cura di Osservatorio sociale mitteleuropeo
Le recenti dichiarazioni del primo ministro ungherese Viktor Orbán non danno spazio a visioni ottimistiche sull'adozione dell'euro: per il premier infatti l'addio al fiorino non avverrà prima del 2020. A suo modo di vedere i termini per l'adozione della moneta unica stanno subendo una modifica radicale e rendono necessaria una politica fiscale unitaria all'interno dell'Unione europea con aliquote uguali e questo darebbe luogo a una perdita di vantaggio competitivo per l'Ungheria.
Orbán che è anche presidente di turno dell'Ue ritiene che allo stato attuale delle cose sia meglio star fuori dall'euro e considera l'Estonia un paese coraggioso per essere entrato nell'eurozona lo scorso primo gennaio. Non capita di rado che le dichiarazioni del premier magiaro e dei suoi più stretti collaboratori mostrino una sostanziale divergenza dalla filosofia comunitaria. Di certo c'è che il suo governo ha dovuto prendere le redini di un paese duramente provato da una crisi interna iniziata ben prima di quella globale e incapace di soddisfare i requisiti richiesti dall'Ue per l'adozione dell'euro.
Nel 2008 Fmi, Unione europea e Banca mondiale hanno concesso all'Ungheria un prestito di 20 miliardi di euro. L'attuale governo di centrodestra non ha tuttavia voluto sottoscrivere nessun nuovo accordo con l'Fmi e ha detto di non voler utilizzare nuove tranche del prestito come se la crisi fosse passata, cosa, quest'ultima, che non risponde a verità. L'economia ungherese deve essere rilanciata e di questo Orbán è cosciente.
Il piano Széchenyi – Il piano che porta il nome del conte István Széchenyi, nato a Vienna nel 1791, uomo politico, economista e scrittore, uno dei promotori dello sviluppo sociale ed economico del paese, è stato presentato dal governo all'inizio dell'anno e ha l'obiettivo di rilanciare l'impiego attraverso misure che diano luogo a un vero e proprio sviluppo economico e sociale. Si tratta di un piano assai ambizioso in quanto prevede la creazione di un milione di nuovi posti di lavoro in un periodo di dieci anni. Certamente più ambizioso di quello del primo governo Orbán (1998-2002) che si limitò a un tentativo peraltro modesto di rilanciare l'economia nazionale con 120 miliardi di fiorini che non bastarono a realizzare gli obiettivi individuati dal Fidesz.
Oggi il governo intende destinare 7.000 miliardi di fiorini (al cambio attuale un euro equivale a 270 fiorini) al piano Széchenyi, per il periodo che va dal 2011 al 2014. L'intervento, secondo il ministro dell'economia György Matolcsy, dovrebbe far aumentare il tasso degli investimenti annuali di 5 punti.
Il ministro dello sviluppo Tamás Felleg ha precisato che la somma riservata al piano dovrebbe essere alimentata da fondi nazionali e comunitari. Entro il 2013 dovrebbero essere disponibili finanziamenti europei per un valore di 2.000 miliardi. Per Orbán il successo del piano Széchenyi è vitale per il futuro del paese in quanto è stato concepito per equilibrare il budget, mantenere il deficit al di sotto del 3% e ridurre il debito.
Le priorità - Il piano che viene presentato come un cambiamento radicale della politica economica ungherese, individua i seguenti punti principali: il miglioramento della vita politica e del settore sanitario, lo sviluppo delle energie rinnovabili e di un'economia sostenibile e rispettosa dell'ambiente, la politica degli alloggi, gli incentivi alle imprese, ai settori delle scienze, dell'innovazione, dell'impiego e dei trasporti. Tra i progetti pensati all'interno del piano vi sono quelli relativi al miglioramento delle infrastrutture, della rete stradale, la costruzione di un ponte pedonale tra le due sponde di Budapest, la ricostruzione dello stadio intitolato a Puskás (ex Stadio del Popolo) e l'estensione delle piste ciclabili per migliorare la qualità della vita cittadina.
Incentivi alle piccole e medie imprese - Uno dei compiti del nuovo piano economico consiste nell'incentivare il sistema delle piccole e medie imprese che secondo il primo ministro rappresenta la base di un'economia solida. È quindi previsto l'alleggerimento degli iter burocratici e amministrativi necessari per richiedere e ottenere sovvenzioni. I settori produttivi dell'Ungheria postcomunista sono stati ristrutturati e sostenuti dal capitale straniero. A differenza di quanto avveniva all'epoca del regime l'ossatura dell'economia ungherese è rappresentata soprattutto dalle piccole e medie imprese, quindi la misura concepita dal governo ha un senso; tali imprese dovranno però inserirsi in un processo moderno sul piano della produttività. Il problema sarà comunque sviluppare una cultura di impresa che allo stato attuale delle cose manca.
Riforme sociali - Il primo ministro ha sottolineato il fatto che ogni ungherese dovrà dare il suo contributo alla ricostruzione del paese e che il governo esclude la possibilità che i cittadini meno responsabili e volenterosi si sottraggano al mondo del lavoro e ai loro doveri a spese dei contribuenti. Il piano prevede una serie di tagli alla spesa sociale, tra gli altri la riduzione degli aiuti da dare ai disoccupati e delle prestazioni gratuite in ambito sanitario. C'è da sperare che gli effetti benefici del piano promessi dall'esecutivo si facciano sentire presto nel mondo del lavoro caratterizzato da una situazione di crisi. Non bisogna infatti dimenticare che in Ungheria il tasso di impiego è tra i più bassi dell'Unione europea.
L'anno scorso la disoccupazione è aumentata sensibilmente e nel mese di aprile ha raggiunto il valore dell'11%. Oggi il tasso di disoccupazione continua ad essere di quell'ordine e ha raggiunto il 27% nelle fasce giovanili. Oltre la metà dei disoccupati è senza lavoro da circa diciotto mesi mentre nel 2009 la media era di sedici mesi. I corposi licenziamenti effettuati nella funzione pubblica non hanno certo contribuito a migliorare la situazione e si prevede la soppressione di 25.000-30.000 altri posti di lavoro nel medesimo settore. Il ministro dell'economia ha promesso 300 mila nuovi posti di lavoro entro il 2014. Il governo dovrà dimostrare l'efficacia del suo programma d'azione per risanare un'economia depressa.
IPSE DIXIT
Il Badalucco - «Il Badalucco non c'entra in sé con Berlusconi. Ma ci porta a pensare la figura dell'adulto italiano. È il Furbone, che noi conosciamo tutti. Quell'essere per cui Cesare Zavattini proponeva di defurbizzare l'Italia. Si tratta di defurbizzare l'Italia. Viviamo in un mondo in cui tutti sono furbi. Hanno imparato a essere furbi... Questa cosa dell’essere furbi, se voi ci pensate bene, ti toglie il pensiero del fatto che tu sei: un mortale. Che arriverai: a quel punto lì. Furbo o non furbo.» – Gianni Celati
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