martedì 1 febbraio 2011

Amnesty: "Si rischia un bagno di sangue"

Rivolta popolare in Egitto

Amnesty International chiede alle autorità egiziane di "riprendere il controllo delle forze di sicurezza" e sottolinea che i manifestanti "hanno il diritto di organizzare e svolgere le proteste senza paura di intimidazioni, violenze e arresti"

Le autorità egiziane "devono riprendere il controllo delle forze di sicurezza per evitare un bagno di sangue e smetterla di fare affidamento sul trentennale stato d'emergenza per vietare le manifestazioni e procedere a perquisizioni e arresti sommari". E' quanto dichiara in una notaHassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.

    Amnesty International sottolinea che i manifestanti hanno il diritto di organizzare e svolgere le proteste senza paura di intimidazioni, violenze e arresti. Al contrario, sottolinea l'ong, la scorsa notte le comunicazioni con gran parte dell'Egitto sono state interrotte, comprese Internet e la telefonia mobile. In precedenza, erano stati bloccati anche i servizi di messaggeria mobile, nonché Twitter e Bambuser. Noti attivisti per i diritti umani si sono visti disattivare le loro schede telefoniche.

    "Con questa decisione di impedire le comunicazioni tra gli egiziani - aggiunge Sahraoui - le autorità hanno mostrato fino a che punto sono determinate a impedire il diritto di manifestazione pacifica". Amnesty International ha quindi condannato l'uso sproporzionato della forza e il ricorso immotivato a proiettili di gomma e forza letale nei confronti dei manifestanti.

    L'intervento delle forze di sicurezza per stroncare la rivolta popolare in corso in Egitto da martedì 25 gennaio ha così provocato almeno otto morti e un numero maggiore di feriti. Secondo avvocati e attivisti per i diritti umani, i manifestanti arrestati sono almeno 1120. Alcuni di essi hanno riferito ad Amnesty International di essere stati picchiati durante e dopo l'arresto e di essere stati privati di cure mediche. Ieri, 27 gennaio, sono stati arrestati anche otto esponenti del direttivo dei Fratelli musulmani, tra cui Eissam Aryan e Mohamed Mursi, e altri 20 rappresentanti del movimento in varie città del paese    


LAVORO E DIRITTI
a cura di rassegna.it

Gli operai con la Fiom

Dopo i 30mila di Bologna, le tute blu Cgil incrociano le braccia e scendono in piazza in tutta Italia contro il modello Marchionne. Adesioni al 70%, cortei nelle città degli stabilimenti Fiat, sfilano anche gli studenti. Landini: "Ora sciopero generale"

di Maurizio Minnucci

Alla fine è andata come speravano in casa Fiom: adesioni massicce allo sciopero generale dei metalmeccanici del 28 gennaio delle tute blu Cgil contro gli accordi separati alla Fiat. Dopo l'anticipo del 27 in Emilia-Romagna, la protesta si è estesa al resto d'Italia con manifestazioni nelle città degli stabilimenti Fiat (Torino, Cassino, Pomigliano, Termini Imerese, Melfi e Lanciano) e di altre aziende come la Eaton di Massa in Toscana. Sommando i dati delle 18 manifestazioni regionali e delle quattro provinciali si può affermare che decine di migliaia di lavoratori, non solo metalmeccanici, sono scesi in piazza, anche se è impossibile fornire cifre esatte sulla partecipazione.

    Più precisi, invece, i dati sulle adesioni (media superiore al 70%) che sono andate ben oltre la percentuale delle tessere Fiom. È il caso delle della meccaniche di Mirafiori, stabilimento simbolo della vertenza Fiat, dove la percentuale di astensione dal lavoro ha toccato quota 80%, e della Iveco (70%). Negli stabilimenti di Cassino e Melfi ha aderito allo stop la metà dei dipendenti. Alte percentuali anche alla Marcegaglia di Alessandria (65%) e di Asti (95%). A Terni hanno incrociato le braccia otto dipendenti su dieci dello stabilimento ThyssenKrupp, il più grande dell'Umbria.

    La piazza chiedeva a gran voce lo sciopero generale e il segretario generale della Fiom Maurizio Landini, che ha concluso il corteo di Milano, non l'ha delusa: "Abbiamo bisogno che nella nostra discussione si metta in campo anche lo sciopero generale di tutti i lavoratori. Sappiamo che non è facile e che da solo non risolverà i problemi, ma la Fiom deve farlo, non per polemica contro qualcuno". I lavoratori, ha detto Landini tra gli applausi, "sono pronti a battersi. Va bene partecipare, ma è il momento di vincere questa battaglia, ci vuole il coraggio di agire, perché se non lo fai, di sicuro hai già perso". Il sindacalista ha sottolineato che "la maggioranza dei metalmeccanici è con la Fiom, anche quelli iscritti agli altri sindacati o non iscritti". Motivo in più "per continuare a difendere il contratto nazionale fabbrica per fabbrica e per dire no a Marchionne e a chi vuole cancellare i diritti, è un fatto di dignità e democrazia".

    Di diverso avviso Alberto Bombassei, vicepresidente degli industriali, secondo cui è stato "uno sciopero generale di un sindacato che, pur rappresentando una parte importante, è comunque una parte. In democrazia la maggioranza vince e gli altri si devono adeguare: non trovo in linea con questo principio lo sciopero di oggi". L'esponente della Confindustria si è anche augurato un calo della tensione sociale: 'Penso ci voglia la buona volontà da tutte le parti, da parte di Confindustria credo che almeno in un paio di occasioni nel passato abbiamo teso la mano per cercare di aiutarci a vicenda". Non cambia idea il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, che bolla lo sciopero come "iniziativa politica", definendolo "un errore".

    Non solo metalmeccanici. Tanti i giovani e gli studenti che hanno scelto di partecipare alle manifestazioni. "Siamo qui per reclamare il futuro per noi ragazzi, vogliamo un cambiamento", dice uno di loro arrivato a Cassino, lo stabilimento del frusinate che potrebbe essere il prossimo tassello del progetto Marchionne. "Non si può prevedere cosa accadrà nel 2011, con il calo delle vendite c'è il pericolo di tornare in cassa integrazione", osserva un operaio che lavora lì da trent'anni. "Mirafiori e Pomigliano - afferma ai microfoni di RadioArticolo1 - fanno paura, perché sono accordi che limitano i diritti dei lavoratori. Siamo preoccupati perché Marchionne annuncia 20 miliardi di investimenti, ma finora non si è visto nulla".

    La giornata si è svolta senza particolari incidenti, anche se un paio di momenti di tensione si sono registrati a Milano e Genova. Nel capoluogo lombardo, un centinaio di giovani antagonisti, staccatosi dalla manifestazione in piazza del Duomo, si è scontrato con la polizia schierata a presidio della sede di Assolombarda. Situazione analoga a davanti alla sede della Confindustria ligure. Atti di violenza da cui la Fiom di Genova si è immediatamente dissociata: "Chi viene al corteo deve rispettare la Fiom, le sue regole e i lavoratori metalmeccanici. Chi non lo ha fatto se ne assume la responsabilità. Noi non siamo disponibili a iniziative di questo tipo: la lotta dei metalmeccanici si fa in fabbrica, nelle piazze con le forme che decidono i metalmeccanici. Se altri vogliono prendere altre strade non vengano ai nostri cortei"